Oppenheimer (2023) è il film forse più ambizioso della filmografia di Christopher Nolan, già costellata di pellicole di grande successo, che si distinguono ogni volta per la loro superba qualità tecnica.
La pellicola si è rivelata uno dei più grandi incassi del 2023 – al terzo posto nella classifica mondiale – con quasi un miliardo di incasso in tutto il mondo a fronte di appena 100 milioni di dollari di budget.
Candidature Oscar 2024 per Oppenheimer (2023)
in neretto le vittorie
Miglior film
Migliore regista
Miglior sceneggiatura non originale
Miglior attore protagonista a Cillian Murphy
Migliore attore non protagonista a Robert Downey Jr.
Migliore attrice non protagonista a Emily Blunt
Miglior colonna sonora
Miglior fotografia
Migliori costumi
Miglior montaggio
Migliore trucco e acconciatura
Migliore scenografia
Miglior sonoro
Di cosa parla Oppenheimer?
La pellicola segue la storia di Robert Oppenheimer, considerato impropriamente padre della bomba atomica, ma sicuramente una delle figure più interessanti e complesse del secolo scorso.
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Oppenheimer?
Assolutamente sì.
Oppenheimer è un film che mi ha letteralmente travolto, per il suo ritmo frenetico e incalzante, il suo apparato tecnico elegantissimo e sublime, oltre ad una scelta di interpreti di prim’ordine, a partire dell’attore feticcio di Nolan – ma mai protagonista finora – Cillian Murphy.
Anche se le tre ore di durata possono far paura, personalmente non riesco a considerare questa pellicola pesante, proprio per la scelta di far proseguire la trama spedita e su più piani temporali: al più la definirei una pellicola complessa, ma in generale anche comprensibile dagli spettatori meno esperti.
Per me, Nolan ha finalmente raggiunto il suo capolavoro.
In questa recensione ho scelto di seguire la scansione temporale cronologica del film, così da fare chiarezza circa eventi raccontati.
Il profeta acerbo
Sulle prime, Oppenheimer è un profeta acerbo.
Immerso nelle visioni di un mondo spaventoso e incomprensibile – la realtà quantica – ma incapace per questo di applicare le sue conoscenze al mondo reale e pragmatico – da cui i suoi fallimenti in laboratorio.
Disprezzato da compagni e professori, Oppenheimer infine si decide a tornare in America per esportare il bagaglio di conoscenze acquisito, non arrendendosi neanche davanti alla presenza di un unico studente al suo primo giorno di corso.
Ma in poco tempo l’aula si riempie di nuovi volti, di seguaci che gli permettono di far conoscere le sue teorie, che beneficiano anche dell’impossibilità di essere dimostrate pragmaticamente, rimanendo ancora limitate ad un mondo astratto e puramente concettuale.
Ma la guerra è alle porte.
La corsa cieca
Davanti alla sua crescente popolarità nel mondo accademico, il protagonista viene scelto come salvatore del mondo libero.
Los Alamos nel suo piccolo rappresenta il sentimento statunitense durante la Grande Guerra: una corsa sfrenata verso la vittoria, malamente smorzata da tentativi fin troppo deboli di tenere a freno l’ambizioso Progetto Manhattan.
Infatti, al tempo ancora incapaci di comprendere l’immensità della loro creazione, le menti dell’Atomica si ribellano coscientemente alle più basilari direttive governative volte al mantenimento della segretezza del progetto, limitate in realtà da un controllo fin troppo clemente.
Se nel dopoguerra le simpatie comuniste e i sospetti di tradimento riemergeranno in tutta la loro gravità, durante la corsa alla bomba molte macchie sul curriculum vengono celate, molti timori vengono nascosti sotto al tappeto.
Ma l’atomica è ancora una bomba di carta.
Finché si spazia nella pura teoria, in un mondo di fatto amorale, Oppenheimer può sentirsi al sicuro. Ma una più angosciosa previsione smorza momentaneamente l’entusiasmo: la possibilità di diventare il tanto temuto distruttore di mondi.
E non bastano i più semplici e saggi consigli di Einstein circa l’idea abbandonare il progetto, ma è sufficiente abbassare la possibilità di un’apocalisse a quasi uno zero per dimenticarsi quasi del tutto dell’assennato consiglio di Niels Bohr:
Ma l’angoscia permane.
L’epifania
E infine anche la realtà materiale viene a bussare alla porta.
Se fino a quel momento il protagonista – e i suoi colleghi – erano quasi dei cani sciolti, quando gli Stati Uniti vedono un’occasione per raggiungere la pace e la fine della guerra tramite la loro invenzione, cominciano a metterli alle strette con dei frettolosi ultimatum.
Pur fuori posto per molti versi nella realtà politica del suo paese, Oppenheimer ritrova comunque conforto nell’astrattismo dei numeri che raccontano le vite salvate grazie all’uso dell’atomica, intestardendosi quasi fino all’ultimo sull’efficacia della stessa per la pace eterna.
Ma la vera epifania avviene durante il test.
Se fino a quel momento la bomba era una realtà astratta, al pari di una stella morente visibile solamente nei sogni più sfrenati, con l’approcciarsi della messa in atto l’angosciosa consapevolezza della pericolosità dell’operazione riaffiora nel suo creatore.
Non a caso, durante Trinity Oppenheimer organizza una sorta di via di fuga, ascoltando finalmente i saggi consigli di Einstein dell’abbandonare il progetto qualora la distruzione mondiale si rivelasse qualcosa di effettivamente reale.
Ma a poco serve scegliere il giovane Kenneth Bainbridge come guardiano dell’umanità: la bomba infine si mostra nella sua immensità, con un interminabile silenzio punteggiato dai respiri ansiosi degli astanti, per poi rivelare infine la sua forza distruttiva in un assordante boato.
Così quella tesa quiete rappresenta gli anni della riflessione e ideazione, lo scoppio la nuova realtà inarrestabile che prende piede.
Contro la bomba
Dopo un’euforia iniziale per il successo del progetto, Oppenheimer comincia ad essere divorato da una bruciante angoscia, scatenata in primo luogo dall’impossibilità di avere ulteriore voce in capitolo sull’uso della sua creatura.
E così il mondo materiale comincia a mutare: richiamato a confermare il suo successo, il protagonista si limita a vuoti slogan ad effetto, oppresso da quella verità sempre più concreta che non riesce a togliersi da davanti agli occhi, ma che sembra invisibile al resto del mondo.
Non riuscendo fra l’altro a concepire l’effettiva immensità della tragedia solo per la limitatezza della sua fantasia…
E quando comincia a combattere contro la bomba, entra in scena Strauss.
La visione di questo ambizioso politico è del tutto opposta a quella del protagonista: un mondo dominato dal bianco e nero, simbolicamente rappresentativo della sua ristrettezza di vedute, il mondo di un bambino che capricciosamente non vuole rinunciare al suo giocattolo – o bomba che sia.
Nel mondo di Strauss, Oppenheimer non è più l’eroe che ha salvato l’America, ma invece l’antagonista, il guastafeste, la voce sempre più fastidiosa che vuole mettere a tacere la folle prospettiva di creazione di un mondo atomico ormai pericolosamente vicino.
Lewis Strauss Oppenheimer
Così Oppenheimer capisce la ristrettezza delle sue vedute.
Durante la creazione dell’atomica, il protagonista pensava di poterne definire i limiti d’uso.
La realtà della Guerra Fredda è ben diversa: un mondo del tutto politico, materialistico, in cui gli Stati Uniti ambiscono a diventare la più grande potenza mondiale e sbaragliare ancora una volta il nemico, con lo sguardo fisso unicamente sulle tensioni dello scacchiere internazionale.
Un mondo in cui il vero colpevole di una delle più grandi tragedie dell’umanità – il presidente Truman – offre ad Oppenheimer un fazzoletto per pulirsi il sangue di centinaia di migliaia di vittime, rivendicando con orgoglio la sua scelta, e anzi disprezzando il protagonista per le sue infantili proteste.
Ormai Oppenheimer è un personaggio da mettere da parte.
Punizione…
La punizione di Oppenheimer è subdola.
Un personaggio già di per sé così problematico, ma che, soprattutto, si rifiuta di accettare il meraviglioso passo avanti del nuovo mondo atomico – la Bomba H – va distrutto dalle fondamenta.
Oppenheimer viene riportato sui banchi di scuola, in uno spazio angusto e claustrofobico, per la resa dei conti, per riuscire a giustificare l’ingiustificabile: la sua opposizione instancabile alla sua stessa creazione.
Un caso costruito ad arte, una vendetta personale non solo da parte di Strauss, ma di tutti gli Stati Uniti, per mettere finalmente a tacere le sciocche opposizioni di una parte del mondo accademico così geniale nelle creazioni, ma così poco pragmatico sul piano del reale.
Le motivazioni – anche per portare ad un’idea folle come la collaborazione con i Sovietici – non mancano: le simpatie comuniste, la pochezza della gestione della sicurezza a Los Alamos, un pensiero troppo contraddittorio e poco ambizioso per essere accettato.
E tanto basta per mettere Oppenheimer da parte.
…e riscatto
Ma bastano cinque anni per ottenere il riscatto.
Come Einstein gli aveva predetto, quando gli Stati Uniti lo hanno punito abbastanza da renderlo un martire, lo fanno ritornare ad essere l’eroe americano.
Uno scenario grottesco, dove finalmente l’America sceglie di mettersi un freno e accettare quella dolorosa macchia sul curriculum, intraprendendo la via più ragionevole – e pacifica – per evitare l’Apocalisse nucleare.
E per liberarsi dei propri peccati, è necessario un eroe, una Cassandra per tanto tempo rimasta inascoltata, che viene riportata alla ribalta come simbolo del cambio di passo, con un Oppenheimer fin troppo felice di lasciarsi usare.
Ma come ci sono i vincitori, ci sono anche i vinti.
Per un crudele gioco del destino, pochi anni dopo Strauss viene punito nella stessa maniera con cui aveva punito Oppenheimer: rimesso davanti alla sua vita e alle sue scelte, svelato per la sua vera natura e per i suoi preziosi altarini.
E, nella furia amara per la sconfitta, questo politico ormai decaduto si mostra ancora una volta cieco davanti ad una realtà più profonda, e derubrica la sua disfatta ad una vendetta personale di Oppenheimer e del mondo scientifico, da sempre contro di lui.
Ma il Nuovo Mondo è molto più complesso.
La distruzione silenziosa
Il vero significato di Oppenheimer viene rivelato nelle sue ultime battute.
Il protagonista dà finalmente sfogo alle sue crescenti paure, davanti all’unica persona che sembra capace di comprenderle – nonché l’autore della miccia iniziale (pur inconsapevole) che ha portato al Mondo Atomico.
La distruzione è avvenuta, ma è invisibile: dalla creazione dell’atomica l’uomo ha perso la sua natura umana, ha smesso di combattere con delle mere armi mortali, ascendendo ad essere divino, e potenziale responsabile della sua stessa distruzione.
È diventato onnipotente, ma mai davvero consapevole della sua incapacità di esserlo.