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Il villaggio dei dannati – La prole mostruosa

Il villaggio dei dannati (1995) di John Carpenter, conosciuto anche come John Carpenter’s Village of the Damned, è il remake dell’omonimo film del 1960.

Nonostante il finale fosse piuttosto aperto, il film fu un tale fiasco al botteghinoappena 9,4 milioni di dollari di incasso a fronte di un budget di 22 milioni – che non se ne sentì più parlare…

Di cosa parla Il villaggio dei dannati?

In una tranquilla cittadina della California un improvviso blackout fa svenire tutti gli abitanti della città. Subito dopo, molte donne si ritrovano improvvisamente incinte…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Il villaggio dei dannati?

Lindsey Haun in una scena di Il villaggio dei dannati (1995) di John Carpenter

Dipende.

Il villaggio dei dannati purtroppo non si può annoverare fra le migliori opere del maestro dell’horror americano, in particolare per via di una sceneggiatura estremamente debole e difettosa – e, infatti, non opera di Carpenter – pur a fronte di un primo atto salvato da una regia ed un montaggio ben pensati.

Uno di quei film da vedere senza farsi aspettative, ma magari rimanendo intrattenuti dall’assurdità delle svolte narrative e dall’incubo degli effetti speciali – ingiustificabili davanti ad un The Thing (1982) di pochi anni prima.

Insomma, abbastanza dimenticabile, ma non tutto da buttare.

Un buon inizio

Il primo atto de Il villaggio dei dannati è il meglio riuscito.

La tranquillità della fiera cittadina viene stravolta da un blackout improvviso, senza che ci sia alcun tipo di preparazione in merito, riuscendo effettivamente a prendere contropiede lo spettatore, con anche una regia piuttosto indovinata.

Altrettanto azzeccato è il montaggio successivo, in cui si susseguono diverse scene con dialoghi spezzati, in cui le donne del paese scoprono della loro improvvisa gravidanza, con alternanza di gioia e di profonda angoscia, sopratutto da parte del pensieroso Dottor Alan.

Lo scambio fra il suo personaggio e Jill fa da prologo ad un’inquietudine che serpeggia costante anche nei momenti subito successivi, a fronte di una scena anche troppo realistica in cui il governo prende i cittadini per il portafoglio, riuscendo a renderli protagonisti del suo piccolo esperimento scientifico.

Così, al netto degli effetti speciali tremendi, la prima vittima di questi terribili bambini è al centro di una scena complessivamente ben raccontata, in cui il terrificante potere dei neonati nel controllare la volontà degli adulti viene mostrato in tutta la sua drammaticità.

Ma i problemi cominciano dopo.

Una terrificante ingenuità

Kirstie Alley in una scena di Il villaggio dei dannati (1995) di John Carpenter

Per ovvie necessità di sceneggiatura, i bambini demoniaci non potevano rimanere neonati…

…ma è assurdo come gli adulti si comportino con loro.

Sarebbe bastata una linea di sceneggiatura per raccontare la crescita vertiginosamente veloce di questi infanti, così da superare il pesante problema della poca credibilità del secondo atto: se i bambini sono cresciuti naturalmente, dovrebbero ormai essere passati quantomeno dieci anni…

…e così non è verosimile che gli adulti – non invecchiati neanche di un minuto – sembrino raggiungere la consapevolezza della pericolosità di questi personaggi solamente a questo punto, come se prima il pericolo non fosse visibile.

Lindsey Haun in una scena di Il villaggio dei dannati (1995) di John Carpenter

L’unica parte che effettivamente funziona di questo atto centrale è lo scambio fra i bambini e la Dottoressa Susan – il personaggio più magnetico della pellicola – e il terribile incidente oculistico, che mostra come queste creature siano davvero vendicative e senza pietà.

Al contempo, Carpenter ebbe la fortuna di lavorare con dei bambini piuttosto abili nel reggere la parte, particolarmente la brillante Lindsey Haun, che interpreta la terribile Mara – in un certo senso il villain principale della pellicola.

Poi, il delirio.

Repetita iuvant?

Lindsey Haun in una scena di Il villaggio dei dannati (1995) di John Carpenter

L’atto finale presenta due problemi principali.

Anzitutto, la terrificante ripetitività delle scene: a fronte dei primi incidenti – i due con protagonista Barbara e l’accecamento – i successivi attacchi dei bambini risultano incredibilmente monotoni sia per la messinscena che per le dinamiche.

Sembra, insomma, di vedere per diverse volte la stessa scena.

E, ancora una volta, i personaggi – ad eccezione del Dr. Alan – sembrano solamente carne da macello, totalmente ignari dei poteri dei bambini e così incapaci di combatterli o anche solo di evitarli per non morire tutti nella stessa stupida maniera.

Lindsey Haun in una scena di Il villaggio dei dannati (1995) di John Carpenter

Proprio su questa linea, i personaggi principali sono riportati in scena e fatti morire quasi a casaccio, e senza che la loro storia abbia un particolare significato – nello specifico, l’inutile dipartita del Reverendo George.

Particolarmente sprecata la morte della Dottoressa Susan, la cui scoperta della vera natura delle creature cade quasi nel dimenticatoio, all’interno dello scontro finale fra il Dr. Alan e i bambini che sembra più puntare sulla tensione che sull’essere effettivamente interessante.

E per fortuna il finale aperto non ha mai avuto un seguito…