Napoleon (2023) è un biopic dedicato alla figura del mitico condottiero che portò la storia europea ad una nuova era politica e militare, ma con un taglio piuttosto inaspettato…
A fronte di un budget assai ingente – 200 milioni di dollari – è stato un importante insuccesso commerciale, con solo 218 milioni di dollari di incasso, anche se meno da quel disastro chiamato The Killers of the Flower Moon...
Candidature Oscar 2024 per Napoleon (2023)
in neretto le vittorie
Migliore scenografia
Migliori costumi
Migliori effetti speciali
Di cosa parla Napoleon?
La pellicola ripercorre le più importanti tappe della vita di Napoleone Bonaparte, con un particolare focus sulla turbolenta relazione con la prima moglie, Joséphine.
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Napoleon?
Dipende.
Se vi aspettate un racconto preciso e documentaristico della vita politica e della strategia militare di Napoleone, non è il film che fa per voi: anche per via di un obbiettivo squilibrio fra le parti, il film di Ridley Scott si propone di raccontarne solo le tappe più importanti – e spesso in maniera neanche molto approfondita.
Al contrario, se vi può interessare una visione più brutalmente verosimile del dietro le quinte, un’effettiva distruzione del mito di uno dei personaggi più importanti della storia europea, potrebbe essere una visione gratificante.
A voi la scelta.
L’uomo
La parte più strettamente umana di Napoleon è quella più discussa.
Il Napoleone presentato è piuttosto lontano dal mito creato da lui stesso e dai vari storici nel corso dei secoli, andando invece a tratteggiare un uomo quasi ridicolo, pieno di debolezze e piccole e grandi ossessioni.
Ma, a differenza di quanto potrebbe sembrare, il ritratto del Napoleone di Scott è molto credibile.
Per quanto fosse un abile stratega e osservatore – come viene fra l’altro rappresentato – è altrettanto vero che, agli occhi delle grandi case aristocratiche europee, Napoleone non era altro che un buzzurro con un’origine non particolarmente brillante – la tristissima Corsica.
Allo stesso modo, Bonaparte era profondamente legato alla tradizione corsa, nello specifico al suo stringente tradizionalismo – infatti non fece certamente sue grandi battaglie sociali – e mosso da una strabordante ambizione.
In questo senso, per quanto sia d’accordo sul fatto che Phoenix sembri un po’ imbrigliato in una recitazione a tratti limitante, allo stesso modo la performance che ci porta in scena racconta perfettamente questo carattere ambiguo, con le sue luci e ombre…
Lo stratega e…
In Napoleon Scott si impegna a rappresentare lodevolmente la parte più meritevole dell’opera di Napoleone.
Ovvero, la sua capacità da stratega.
Bonaparte visse una carriera militare piuttosto lampante, che gli permise di collocarsi nel solco della Rivoluzione Francese, e così acquisire una posizione di grande potere politico, fino a diventare l’Imperatore della Francia post-rivoluzionaria.
Pur piegando date ed eventi a suo favore, in particolare nella scena della decapitazione di Maria Antonietta – storicamente inesatta – l’occhio attento di Bonaparte sull’apice della Rivoluzione ne racconta indirettamente la consapevolezza del mutato scenario politico tutto da riscrivere.
Per questo si impegnò in diverse campagne militari, sempre necessarie per riuscire a mantenere il potere politico, con una serie di guerre lampo – forse in questo caso anche troppo frettolosamente raccontate – che lo portarono agilmente al successo.
Per questo la scena del bombardamento in Egitto e dell’incendio in Russia sono complementari: in entrambi i casi Scott racconta in maniera molto semplice ed immediata per uno spettatore inesperto due momenti fondamentali della carriera militare del protagonista.
Infatti come l’Egitto fu una vittoria schiacciante e determinante per la sua popolarità, allo stesso modo l’incendio a Mosca – nella realtà storica solo accidentale – rappresenta il fuoco distruttivo di tutte le altre potenze europee che, infine, lo schiacciarono.
E, nondimeno, quell’incendio fu anche rappresentazione di un successo molto precario e momentaneo: anche a fronte di ambiziose conquiste come una capitale così simbolica, allo stesso modo le fondamenta del suo potere erano fin troppo fragili…
Concetto raccontato anche, con un simbolismo piuttosto calzante, nella scena del faccia a faccia con la mummia, a cui un Napoleone ancora all’inizio della sua ascesa pone in testa il suo capello, quasi si rivedesse in quella rappresentazione di una gloria assai passeggera…
Josephine o…
Il focus fondamentale di Napoleon è il rapporto con Josephine.
Lo stesso, ha più funzioni.
Anzitutto, un racconto abbastanza naturale del proseguire degli eventi: tramite le lettere appassionate all’amata, Napoleone riesce a raccontare lo svolgersi degli eventi militari e politici, soprattutto quando era lontano dalla Francia.
In secondo luogo, rappresenta la grande debolezza del personaggio: anche se appassionatamente innamorato – come dimostrano le varie lettere a lei dedicate – Napoleone era anche un personaggio piuttosto opprimente dal punto di vista relazionale.
Se da una parte si dimostrò più volte un genitore e un amante affettuoso, è altrettanto vero che aveva una visione molto tradizionalista della donna, da cui l’atteggiamento oppressivo nei confronti di Josephine, e lo squallore delle scene di sesso, finalizzate unicamente ad un consolidamento della sua posizione.
E infine, Napoleone arrivò a soffocare la sua amante, tenendola da parte in un cassetto e portandola solamente ad essere più sola e triste, impedendole di vivere veramente una seconda vita relazionale al di fuori di lui.
Ma è possibile anche una seconda interpretazione.
…la Francia?
L’importanza del personaggio di Josephine all’interno della pellicola permette una seconda interpretazione.
In questa visione, la donna amata di Napoleone simboleggia la Francia stessa: qualcosa di cui Bonaparte, nonostante le sue origini, era profondamente innamorato, ma che gli portò anche diversi dispiaceri e angosce.
In questo senso il brusco ritorno in patria dall’Egitto – del tutto reale e documentato – per via del tradimento della moglie – non altrettanto veritiero – può essere letto come una sorta di presa di consapevolezza dello stato deplorevole della Francia in sua assenza – come testimoniato dal suo stesso scambio col Direttorio.
E così, la necessità di rimetterla in riga.
Allo stesso modo, la conclusione del matrimonio racconta un’altra tendenza del personaggio.
Napoleone non si accontentò mai di rendere sicura e compatta la Francia, ma aspirò sempre ad avere il controllo su molti altri territori, rivaleggiando con le diverse potenze europee, tanto da finire per utilizzare milizie non francesi per il suo esercito.
Una scelta spesso considerata motivo del fallimento finale della sua avventura, e che potrebbe essere proprio traslato nella scelta di abbandonare l’amore per Francia – Josephine – per conseguire le sue ambizioni politiche, proprio sposando una straniera – Maria Luisa d’Austria.
La riscrittura del mito
Questa riscrittura storica potrebbe turbare molti spettatori.
Ma è proprio questo il punto.
La vera vittoria di Napoleone non è stata tanto l’aver incarnato il cambiamento della Rivoluzione e l’aver fatto tremare l’intera Europa per vent’anni, ma l’essere riuscito a costruire e a mantenere un mito personale che perdura tutt’oggi.
Questo elemento si nota particolarmente nell’ultima scena, che fa riferimento al fondamentale Memoriale di Sant’Elena: Napoleone fu, fino all’ultimo, attivo nel tramandare una storia e un’immagine di sé stesso il più vantaggiosa possibile, anche se deviata.
Non a caso, se si vanno meglio ad indagare i singoli eventi fondamentali – fra tutti, la possibile disfatta al Parlamento, salvata in extremis dal fratello Luciano – si scopre tutta la fragilità del mito e della quantità di momenti in cui la fortuna salvò la sua ascesa.
Per questo, è così sbagliato provare a mettere in bocca allo spettatore una storia che non ha mai sentito, piuttosto che la solita celebrazione di cui siamo ormai ubriachi?