Samurai Champloo (2004) è un anime giapponese di Shinichirō Watanabe – lo stesso che ha curato la regia Cowboy Bebop (1998 – 1999), per intenderci.
La serie è stata importata in Italia solo nel 2008 con Panini Video.
Se non sapete niente di Samurai Champloo, continuate a leggere. Se invece siete i massimi esperti della serie, cliccate qui.
Samurai Champloo guida alla visione
Piccola guida alla visione se non avete mai visto Samurai Champloo.
Di cosa parla la serie
La storia ruota intorno a tre improbabili compagni di viaggio: Mugen – un vagabondo con grandi abilità nell’ uso della spada dai modi poco ortodossi – Jin – guerriero dall’atteggiamento molto più elegante e posato – e la giovane Fuu, che li ha reclutati per trovare il misterioso samurai che profuma di girasoli.
La struttura
La serie si articola in 26 episodi, tendenzialmente auto conclusivi, pur spesso con piccole duologie o trilogie, che raccontano le varie e piuttosto strambe avventure del terzetto, perennemente alla ricerca di un modo per non morire di fame e di continuare il viaggio.
L’ambientazione
Conoscere l’ambientazione di Samurai Champloo è fondamentale per comprendere il senso della serie stessa.
Gli episodi sono ambientati agli sgoccioli del periodo Edo (1603 – 1868), che rappresentò l’ultimo momento di chiusura del Giappone verso il resto del mondo, prima dell’intrusione forzata degli Stati Uniti ed il ripristino del potere imperiale.
Infatti, per diversi secoli il centro politico era Edo – diventata Tokyo nel 1969, da cui il periodo prende il nome – sede dello shōgun – la carica militare più alta per l’esercito Giapponese – che col tempo andò a soverchiare quello dell’imperatore stesso.
Come si vede molto bene nella serie, questo periodo fu caratterizzato dal sakoku, ovvero l’isolamento totale del paese dal resto del mondo, con un particolare accanimento nei confronti del cristianesimo e delle incursioni europee, nello specifico quelle olandesi nell’area di Nagasaki.
Samurai Champloo gioca molto su questo concetto, raccontando un Giappone immaginario che ormai è stato infiltrato dalla cultura occidentale, con anche delle palesi anacronie – come la presenza dei rapper, del baseball, e di oggetti del tutto fuori posto per una società sostanzialmente feudale.
Questi elementi tuttavia non sono inseriti forzatamente, ma mischiati in maniera simpatica ed irriverente all’interno della narrazione: non a caso champloo deriva dal termine dialettale chanpurū, che significa proprio mischiare, fondere.
Perché guardare Samurai Champloo
Samurai Champloo è uno splendido esperimento televisivo, che riesce a portare in scena tante piccole storie, che non risultano mai banali, ma che anzi riescono ad esplorare varie tematiche e situazioni tipiche del Giappone di quel periodo, attraverso un’ironia ben bilanciata.
Ma è del tutto naturale a fronte di un terzetto di protagonisti pronti ad esplodere per le loro differenze e i loro comportamenti imprevedibili, che li portano ad incastrarsi in avventure davvero pericolose e improbabili, in un mash-up irresistibile.
Insomma, una serie da riscoprire.
Mugen Samurai Champloo
Mugen è l’incarnazione della serie stessa.
Infatti il suo nome – 無限 – significa effettivamente infinito, senza limiti, proprio a rappresentare il suo carattere esplosivo e senza freni, nonchè estremamente imprevedibile.
E non è finita qui.
L’abbigliamento e lo stile di combattimento rappresentano un incontro piuttosto improbabile fra presente e passato.
Infatti, il personaggio indossa degli abiti tradizionali, ma reinterpretati in una sorta di street wear, oltre a mischiare varie tecniche di combattimento con anche uno stile molto simile alla breakdance.
Mugen è insomma una scheggia impazzita, anzi per questo molto spesso diventa un vettore fondamentale della narrazione, proprio per la sua tendenza ad essere una calamita per i guai.
Una delle poche persone che il personaggio rispetta è proprio Jin, che rappresenta il suo totale opposto.
Infatti, entrambi i personaggi condividono una profonda solitudine e un passato complicato alle spalle, che li porta ad essere spesso perseguitati da vecchi nemici, anche se per motivi diversi.
Per il resto, Mugen è un personaggio totalmente anarchico, che anzi preferisce morire per suicidio che farsi giustiziare – come si vede in Nell’oscurità della notte – ma che per i suoi ideali è pronto a sacrificare anche sé stesso.
Nondimeno Mugen dimostra più volte di non essere totalmente una testa calda, ma di sapersi anche mettere in gioco per salvare le persone a cui tiene, anche se dovesse trattarsi di rinunciare alla propria spada…
E così nel finale giunge alla stessa conclusione di Jin, in una sorta di incontro fra passato e presente, proprio nel momento in cui il Giappone si apprestava ad affrontare un drastico cambiamento culturale.
Jin Samurai Champloo
Jin è esattamente l’opposto di Mugen – e in parte anche di Fuu.
Il suo personaggio ricopre la figura più classica del samurai tutto d’un pezzo: cresciuto ed educato all’interno di un dojo, sogna di poter praticare l’arte della guerra in un mondo dove non c’è ormai più spazio per lui.
Questo elemento è evidente dal suo aspetto semplice e posato, anche piuttosto arcigno e riservato, con rari sorrisi e una generale imperscrutabilità.
Il suo comportamento così riservato e severo è dovuto soprattutto alla sua educazione rigida e tradizionale, ma anche al terribile delitto di cui si è involontariamente macchiato, ma che di fatto racconta molto del suo personaggio.
Infatti, uccidendo il suo maestro, è come se Jin avesse ucciso anche quella tradizione che stava effettivamente tramontando, assumendo così un atteggiamento non meno anarchico di Mugen, e scegliendo di diventare un ronin – un samurai decaduto e senza padrone – ma anche l’unico custode di un mondo ormai alla sua fine.
Infatti, Jin è in una sorta di costante lotta contro la novità che minaccia le tradizioni che rappresenta.
Non a caso, il suo primo e principale nemico è Mugen.
Mugen rappresenta uno stile di combattimento e, in qualche misura, anche una novità inaccettabile, ma al contempo è uno dei pochi avversari che Jin considera veramente al suo livello – tanto da riservarsi il diritto di ucciderlo.
Jin Samurai Champloo
Nondimeno, l’aspetto relazionale è di grande importanza per il suo personaggio.
Nonostante abbia scelto per molto tempo di coltivare più l’arte della spada che dell’amicizia, Jin si dimostra piuttosto sensibile ed attento sia ai suoi compagni di viaggio, sia ad altri personaggi che incontrerà lungo la strada.
In questo senso, è indicativa tutta la vicenda della liberazione della prostituta in Vivere da ebbri e morire nel sogno.
Col tempo, questi due aspetti della sua personalità sembrano trovare un equilibrio.
Dopo essersi più volte offerto di combattere nemici piuttosto minacciosi per salvare la vita dei suoi compagni, infine Jin nella trilogia Vita e morte sceglie di affidare la vita di Fuu a Mugen, dimostrando finalmente di fidarsi di lui.
E, in conclusione di questa incredibile avventura, proprio davanti alle spade che si rompono, Jin ammette finalmente di accettare una nuova parte della sua vita altrettanto importante: l’amicizia con Fuu e Mugen.
Fuu Samurai Champloo
Per certi versi, Fuu può essere considerata una simbiosi fra Jin e Mugen.
Infatti, malgrado l’abbigliamento piuttosto tipico e la giovane età, il suo personaggio è determinato e spesso anche più acuto e intelligente dei suoi compagni di viaggio – come si scoprirà proprio nel finale.
Spartisce con Mugen quel lato più irriverente e imprevedibile, a tratti anche piuttosto ingenuo – come quando viene rapita in Pandemonio e in Orecchie da mercante – e così anche nel suo piano di vendicarsi del padre…
…ma spesso è anche la figura che riesce a mettere più di tutti in riga i suoi bodyguard, nello specifico Mugen, quando non si impegnano per portare il pane in tavola o quando sembrano disinteressati alla missione.
In generale, soprattutto nelle prime puntate, Fuu vive un dramma piuttosto comune per le donne nel Giappone dell’epoca: essere usate come merce di scambio per saldare debiti o scommesse perse.
Nonostante questo, la ragazza trova sempre una via di fuga, incoraggiando anche altre donne a ribellarsi.
Per questo, anche Fuu può essere letta come un elemento chiave nella trasformazione del nuovo Giappone.
La sua ricerca del padre, inizialmente molto vendicativa, conclusasi invece serenamente, rappresenta in questa visione una sorta di pacificazione della figura femminile – ancora adesso molto discriminata – con il vecchio modello, con uno sguardo verso il futuro.
Infatti, il risentimento verso il padre è derivato non solo dal suo abbandono, ma anche dall’impotenza della madre, che non ha potuto ritagliarsi un’esistenza dignitosa al di fuori del suo matrimonio, morendo in povertà.
Per questo, la scoperta che Fuu ha saputo gabbare due simboli così importanti del Giappone maschile e tradizionale – Jin e Mugen – racconta una figura femminile che impone nuovi spazi nel Giappone che verrà.