Non aprite quella porta (1974) di Tobe Hooper è un cult del genere horror slasher, considerato fondativo per il genere.
A fronte di un budget minuscolo – appena 140 mila dollari, circa 800 mila oggi – fu un enorme successo commerciale: 30 milioni in tutto il mondo.
Di cosa parla Non aprite quella porta?
Cinque ragazzi si fermano per una sosta in una vecchia casa abbandonata. Ma il proprietario di casa non fra i più accoglienti…
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Non aprite quella porta?
Sì, ma…
Per quanto probabilmente sul pubblico odierno non avrà lo stesso impatto che al tempo dell’uscita, nondimeno Non aprite quella porta è una pellicola che lascia molto poco all’immaginazione, portando in scena una violenza crudele, caotica…
…capace di stregare lo spettatore grazie anche ad una regia veramente tagliente e splendidamente sperimentale, che lavora ottimamente con il poco a disposizione per restituire atmosfere lugubri fin dalla primissima scena.
Insomma, da vedere.
Presentazione
La presentazione di Non aprite quella porta potrebbe apparire quantomeno bizzarra vista oggi…
…ma al tempo era fondamentale.
Uscendo nei primissimi anni del successo del genere slasher, in un certo senso il film doveva preparare psicologicamente lo spettatore a quello cui stava andando incontro, in quanto lo stesso non era abituato né a questo tipo di narrazione né a questo livello di violenza.
E la bellezza è anche nel saper lavorare con il poco che si ha.
Non potendo mostrare più di tanto, l’incipit lavora ingegnosamente nel definire anche visivamente il taglio del film, con una regia particolarmente ispirata che mostra un cadavere deturpato che appare e scompare, e che impreziosisce la scena con rumori di fondo di qualcuno che sta lavorando…
…chiudendo infine questo crudelissimo incipit con la voce fuori campo di una radio che racconta il contesto della pellicola, di una comunità già allertata per la presenza di un pazzo che ha deturpato delle tombe per un misterioso quanto agghiacciante fine.
Ed è una voce fondamentale…
Ingenuità
I semi della tragedia sono piantati fin da subito.
L’introduzione del gruppo protagonista avviene con il sottofondo di questo inquieto notiziario, la cui voce si attenua gradualmente fino a quasi scomparire sullo sfondo, proprio a raccontare la totale inconsapevolezza dei protagonisti – la stessa che li porterà alla loro già annunciata morte.
Una inconsapevolezza ribadita nelle scene immediatamente successive, dalla visita alla tomba integra del nonno – una magra rassicurazione – fino all’arrivo alla casa, dove sono presenti tutti gli indizi del panorama di morte che dominerà i due atti successivi…
…ma di cui, ancora una volta sono del tutto inconsapevoli.
Finché…
Irruzione
Per quanto la tensione sia ben preparata, l’entrata in scena di Faccia di Cuoio è sconvolgente.
Una porta si apre improvvisamente, e un personaggio dall’aspetto più mostruoso che umano sferra un feroce colpo in testa alla sua prima vittima, e serra un attimo dopo la porta davanti a sé, ma lasciandola in realtà ben aperta per la sua prossima vittima…
Parte così una passerella degli orrori, in cui uno ad uno i protagonisti vengono catturati, massacrati, fatti a pezzi in maniere anche piuttosto creative, fra cui spicca sicuramente l’iconica sequenza della ragazza appesa al gancio del macellaio.
L’umano così diventa bestia, carne da macello…
…e cibo da servire in tavola.
Svelare
L’ultimo atto svela la vera natura di Non aprite quella porta.
Quello che si pensava essere un mostro temibile ma isolato, si rivela invece parte di un’affiatata famiglia di cannibali, al punto che Faccia di cuoio è forse anche il meno pauroso del gruppo, apparendo solo come una bestia selvaggia, ma senza una particolare programmaticità.
E l’ultimo momento del delitto sembra questa deliziosa cena in famiglia, un racconto splendidamente satirico sulla mostruosità insita nell’apparente perfezione della famiglia americana (e repubblicana) degli Anni Settanta, dove gli autori di atti indicibili durante la Guerra del Vietnam si andavano a rifugiare.
Una realtà con radici profonde nel tempo – da cui la presenza del nonno – e che non può essere eradicata: per quanto la disordinata fuga di Sally la metta in salvo dalle grinfie della famiglia Sawyer, tanto da farla infine esplodere in un’isterica risata, la stessa nasconde l’amara consapevolezza di un mostro non ancora sconfitto…