A Complete Unknown (2024) di James Mangold è un biopic dedicato a Bob Dylan con protagonista Timothée Chalamet.
A fronte di un budget di circa 60 milioni di dollari, ha avuto una partenza non entusiasmante, che lo porterà probabilmente ad essere un discreto flop commerciale.
(in nero le vittorie)
Miglior film
Migliore regista
Miglior attore protagonista per Timothée Chalamet
Migliore attore non protagonista per Edward Norton
Miglior attrice non protagonista per Monica Barbaro
Migliore sceneggiatura non originale
Migliori costumi
Miglior sonoro
Di cosa parla A Complete Unknown?
La pellicola ripercorre i primi, turbolenti anni della figura di Bob Dylan, personalità che non ha mai voluto farsi inquadrare.
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere A Complete Unknown?

In generale, sì.
Non mi sbilancio nel consigliarvi questa pellicola perché, per quanto mi abbia nel complesso anche molto soddisfatto, mi rendo conto che un discrimine fondamentale è la conoscenza pregressa del personaggio e le aspettative nei confronti di un biopic a lui dedicato.
Infatti, non dovete aspettarvi una dissertazione sulla vita di Dylan, ma bensì un bozzetto sulla sua personalità e sugli inizi della sua carriera, in cui i contorni della sua storia e dei vari personaggi di contorno rimangono, appunto, di contorno, venendo poco approfonditi.
Ma, se questo elemento non vi disturba, è una visione assolutamente consigliata.

Germoglio

Bobby è un germoglio che va coltivato.
I primi momenti della pellicola raccontano programmaticamente un ragazzo molto riservato e chiuso in se stesso, che parla esclusivamente attraverso la sua musica, e che lascia per questo fin da subito incantati i suoi ascoltatori, soprattutto considerando il genere.
Infatti la musica folk appare già in questo frangente in una posizione piuttosto fragile, in cui ogni tassello, anche il più recente, va documentato e archiviato perché sia mantenuto nella memoria collettiva, proprio perché rischia di cadere nel dimenticatoio.

Per questo Dylan – quanto la sua controparte femminile, Joan – è la figura ideale per far appassionare del genere anche le nuove generazioni, che invece si stavano orientando verso un altro tipo di musica nascente – la nuova musica popolare.
Ma Dylan non può essere ingabbiato.
Miccia

Due sono i momenti fondamentali dell’evoluzione del personaggio.
La pellicola riesce molto bene a raccontare la popolarità improvvisa del protagonista, che lo porta ad essere assolutamente irresistibile per il pubblico, preso continuamente d’assalto dai propri fan, e così impossibilitato a vivere una vita normale, con una visione claustrofobica, quasi soffocante.

Una popolarità che si traduce anche in un senso di oppressione, di essere totalmente nelle mani del pubblico, dei suoi manager che vogliono incasellarlo in un ruolo molto preciso, a cui Dylan è fin da subito insofferente, come ben racconta la scena della festa in cui gli viene chiesto di esibirsi…
…e lui sbotta che non vuole essere assoldato per una gig (volgarmente, spettacolino).
Una dinamica che lo accompagna verso il secondo momento fondamentale.
Consapevolezza

Bob Dylan è estremamente consapevole della sua posizione.
Per questo in un primo momento non si ribella, ma anzi cerca di rimarcarla in occasione del Folk Festival, in cui ritorna nelle vesti della star del momento, osservando da dietro le quinte l’esibizione di Johnny Cash, un tempo suo punto di riferimento, ora un semplice relitto del passato.

Una dinamica che non ha bisogno di parole, ma solamente di un’inquadratura fissa sul sorriso sornione di Dylan che osserva attento l’esibizione di tutto quello che ormai si è lasciato alle spalle, e che ora è pronto a scalzare con la sua inarrestabile popolarità.
Ma non gli basta.
Focus

A Complete Unknown vuole parlare di Bob Dylan.
E basta.
Il protagonista si muove all’interno di un panorama di fantasmi, in cui i contorni della sua vita e i personaggi che la popolarono vivono unicamente in sua funzione, e per questo sono solamente abbozzati – tanto che di alcuni sappiamo praticamente solo il nome.

In questo senso entrano in gioco le aspettative verso la pellicola: come non esiste un modo giusto o sbagliato per produrre un biopic, se siete fan di Bob Dylan forse sarete rimasti contrariati da questa scelta, che vuole totalmente focalizzarsi sul carattere problematico del suo protagonista, ignorando tutto il resto.
Personalmente, pur comprendendo le critiche nei confronti della pellicola, ho apprezzato questo taglio narrativo, anzi sono rimasta estremamente coinvolta da una narrazione così puntuale nei confronti di un artista così problematico di cui non conoscevo che pochi pezzi.
Ma è tutta questione di aspettative, appunto.