Stranger Things 2 è la seconda stagione di una delle serie tv di punta di Netflix, cresciuta di pubblico e popolarità nel corso degli anni.
La seconda stagione arrivò a solo un anno di distanza dal primo ciclo di episodi (a differenza delle successive), cercando di proporre qualcosa di nuovo per un seguito che non era stato originariamente veramente pensato.
Non avevo un ricordo del tutto positivo della seconda stagione. Per fortuna ad una seconda visione mi sono dovuta ricredere, apprezzandola quasi quanto la prima.
Tuttavia, questa stagione ha un problema fondamentale: compie un tentativo incredibilmente fallimentare di ampliare la narrazione, dimenticandosi ingenuamente dei suoi punti di forza.
Di cosa parla Stranger Things 2
Stranger Things 2 si concentra su diverse storyline, la cui principale riguarda Will: ad un anno di distanza dal suo terribile viaggio nel Sottosopra, il ragazzino è tormentato da una nuova minaccia…
Vi lascio il trailer per farvi un’idea.
Vale la pena di vedere Stranger Things 2?
In generale, sì.
Se avete apprezzato la prima stagione e se soprattutto vi siete appassionati ai protagonisti, non potete perdervi il secondo ciclo di episodi.
Per quanto in parte sia un po’ la stagione minore di quelle finora uscite, continua a non sbagliare un colpo e ad essere un ottimo prodotto di intrattenimento, colmo di citazioni alla cultura pop e alla produzione cinematografica degli Anni Ottanta.
Se non avete mai visto Stranger Things, che cosa ci fate qui? Ho scritto un articolo apposta per voi.
Top Stranger Things 2
Will: l’inaspettato
Non è stato per nulla facile scegliere il mio personaggio preferito per questa stagione.
La mia scelta è infine ricaduta su Will.
Rimasto praticamente fuori scena per la maggior parte nel primo ciclo di episodi, nella seconda stagione diventa quasi più protagonista di Eleven. Ho davvero apprezzato la costruzione della sua storia, temendo davvero per la vita di Will, personaggio apparentemente inerme davanti al Mind Flayer che lo domina.
Inoltre, davvero inaspettata la recitazione di Noah Schnapp, che a soli dodici anni è riuscito a portare una performance veramente convincente e al contempo straziante, utilizzando ottimamente tutte le sue capacità per la recitazione corporea.
Peccato che alla fine della stagione il suo personaggio venga di nuovo messo da parte, tendendo un po’ a dimenticarselo nelle stagioni successive.
Max: the new girl
Max è la grande introduzione della stagione.
I Duffer Brothers avevano l’arduo compito di portare in scena un nuovo personaggio femminile in un cast ancora principalmente maschile, con il rischio di appiattirla come la ragazza del desiderio dei protagonisti.
Ammetto che Max non è mai stato un personaggio con cui mi sono affezionata, sia perché è una ragazza chiusa e con cui è difficile empatizzare sulle prime, sia perché l’ho poco apprezzata nella terza stagione.
Tuttavia, Mad Max è un personaggio interessante, che non vuole essere una Eleven parte 2, ma al contrario una ragazzina con un passato tormentato e all’interno di una relazione violenta con il fratello adottivo.
E che è infine capace di mettere i giusti paletti nella loro relazione, dopo una stagione passata ad essere terrorizzata da Bill.
Oltre a questo, ancora vincente la sua relazione con i protagonisti, abbastanza simile per dinamiche a quelle di Eleven: cerca di essere il più possibile realistica e credibile, sia per la sua riluttanza ad entrare nel gruppo, sia per la sua incredulità rispetto al Sottosopra.
Dustin, Steve & Dart
Una bella scoperta della stagione è stato Steve, personaggio comunque non del tutto appiattito neanche nella scorsa stagione, ma che finalmente diventa un personaggio interessante.
E chi poteva portarlo lontano dall’inutilità della quota teen della serie se non Dustin, che non a caso è, insieme ad Hopper, il mio personaggio preferito di Stranger Things. Letteralmente Dusty, quando Steve si sta recando da Nancy per riconciliarsi, lo prende per mano e lo coinvolge nell’avventura.
E, inaspettatamente, Steve si rivela buon amico e fratello maggiore per Dustin, cercando di aiutarlo a farlo sentire più sicuro di sé stesso e per riuscire a conquistare Max.
Nonostante gli dia dei consigli veramente stupidi, è adorabile lo sbocciare del loro rapporto, che ha il suo climax nelle scene finali del ballo della scuola.
Al contempo, per quanto secondario, ho trovato davvero piacevole l’arco narrativo di Dustin e Dart, il demodog che Dustin alleva come un suo piccolo animaletto, e che riesce a tenerlo a bada fino all’ultimo, in una scena davvero adorabile.
Bob: eroe o carne da macello?
Da questa stagione in poi i Duffer Brother hanno cominciato a prendere la fastidiosa abitudine di introdurre personaggi a cui il pubblico si affeziona immediatamente, per poi farli morire nel peggior modo possibile.
Bob è infatti una parte bellissima e terribile di questa stagione: un’occasione per Joyce di trovare una felicità e una vita semplice altrove, un personaggio fondamentale nella risoluzione del mistero, ma evidentemente anche un personaggio sacrificabile quando smette di essere utile.
E non è stato certo un caso la scelta di un attore così amato dal grande pubblico: Sean Astin è l’indimenticabile Sam della trilogia de Il signore degli anelli, personaggio entrato nel cuore di molti.
Hopper e Eleven: un rapporto in divenire
Il rapporto fra Hopper e Eleven è probabilmente la parte più toccante della stagione: per quanto non mi abbia convinto del tutto il modo in cui inizia, in quanto non adeguatamente spiegato, la loro relazione è potente quanto straziante.
Di fatto troviamo un padre che cura una ragazza sconosciuta come se fosse sua figlia e al contempo la stessa che si crede invincibile ed è, per questo, incontrollabile. E questo porta anche ad un antagonismo e ad una mancanza di fiducia tipica dei rapporti del periodo dell’adolescenza, che si evolverà ulteriormente nella prossima stagione.
Tuttavia, infine i due riescono felicemente a riconciliarsi, ammettendo in maniera molto matura le rispettive colpe, gettando le basi per un nuovo e importante rapporto.
Flop Stranger Things 2
Uno spin-off mancato
La settima puntata di questa stagione è universalmente considerata la peggiore ed è un evidente tentativo di mettere le basi per uno spin-off della serie. Le motivazioni dietro a questo fallimento sono diverse, e riguardano sia la puntata in sé sia il percorso che è stato fatto per arrivarci.
Per la puntata di per sé, i Duffer Brother (o chi se ne è occupato) sembrano essersi dimenticati il punto di forza di Stranger Things: i suoi personaggi.
Qui veniamo introdotti ad un gruppo di personaggi uno più stereotipato dell’altro, con dinamiche che nulla c’entrano con la serie e sembrano, appunto, di un altro prodotto.
Oltre a questo, il personaggio di Eleven ha una storyline non inutile, ma certamente troppo distaccata dalla trama generale, tanto che il suo intervento alla fine ha un forte sapore di deus ex machina: non esattamente indice di una buona scrittura.
Vicende accessorie
Sempre su questa idea, anche la trama di Nancy e Jonathan sembra piuttosto accessoria e distaccata dal resto della trama. Non inutile, anche perché ha una conseguenza importante nel finale.
Non fastidiosa come mi ricordavo, tuttavia la parte meno interessante dell’intera stagione, anche perché la quota teen rimane per me quella meno vincente.
Oltre a questo, nella scorsa stagione era già troppo tardi per dimenticarsi di Barb, personaggio che per motivi misteriosi continua ad essere riportato in qualche modo in scena.