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Il Padrino: Parte II – La grande eredità

Il Padrino: Parte II (1974) è il secondo capitolo dell’iconica trilogia di Francis Ford Coppola con protagonista Al Pacino e, in questo film, anche l’allora stella nascente di Robert De Niro. Nonostante De Niro abbia un minutaggio decisamente minore rispetto a Pacino, il film fu un buon trampolino di lancio per l’attore, pochi anni prima di cominciare il proficuo sodalizio con Scorsese nell’iconico Taxi Driver (1976).

Con un budget più che raddoppiato (13 milioni contro i 6 del primo film), la pellicola incassò decisamente di meno rispetto al precedente capitolo (solo 47 milioni, contro l’incasso di 243 milioni de Il Padrino). Fu tuttavia acclamato dalla critica e vinse sei Oscar con 11 candidature, fra cui il primo Oscar di De Niro come Miglior attore non protagonista.

Purtroppo, ancora una volta, la grandezza dell’interpretazione di Al Pacino non ottenne il risultato previsto: venne candidato come Miglior attore protagonista, ma non si portò a casa la statuetta.

Di cosa parla Il Padrino: Parte II

Il Padrino: Parte II è ambientato a circa sette anni di distanza dal primo capitolo, raccontando le vicende di Michael Corleone, che ha ormai assodato il proprio potere come nuovo Padrino, ma è comunque continuamente insidiato da nemici interni ed esterni. Al contempo, pur con un minutaggio molto più ridotto, si raccontano le origini di Vito Corleone, da quando venne mandato ancora bambino negli Stati Uniti alla sua scalata al potere a New York.

Vi lascio il trailer per farvi un’idea.

Vale la pena di guardare Il Padrino: Parte II?

Assolutamente sì, soprattutto se vi è piaciuto Il Padrino (1972). Per me Il Padrino: Parte II è un’ottima conferma delle capacità di Coppola di portare in scena una storia complessa e avvincente, all’interno di un film dalla durata monumentale. A questo proposito, il mio consiglio è di guardarlo quando avete tempo da spenderci, in quanto non è un film semplice da seguire e da digerire, oltre ad avere appunto una durata piuttosto importante.

Tuttavia è ancora una volta un film che non può mancare nel vostro bagaglio cinefilo. Tuttavia, prima delle visione, è bene che siate coscienti di un problema non da poco.

La mia terribile esperienza con Prime Video

Qui si apre una polemica fra me e la sottoscritta, ma che può essere utile a chi si approccia per la prima volta alla pellicola. Ho guardato il film su Prime Video e ho avuto immense difficoltà a seguire le parti in cui i personaggi, in particolare De Niro, parlano in italiano con forte accento dialettale. Potete immaginare, con tutto lo sforzo che indubbiamente ci ha messo De Niro, come possa suonare un americano che cerca di parlare in italiano dialettale: una combo micidiale.

Il problema è che non solo queste parti all’interno del film rappresentano interi ed importanti dialoghi, ma, almeno sulla piattaforma di Prime Video, in quelle scene non sono presenti i sottotitoli. Con la poco piacevole conseguenza che ho trovato al limite dell’impossibile seguire certe scene.

Non so se sia una scelta autoriale del regista stesso e non ho idea del tipo di distribuzione che avuto questo film ai tempi e su altre piattaforme. Tuttavia, è bene arrivare alla visione con la consapevolezza di questo problema.

Perché Il Padrino: Parte II è anche migliore del primo film

Al Pacino nei panni di Micheal Corleone in una scena de Il Padrino: Parte II (1974) diretto da Francis Ford Coppola

Per quanto abbia apprezzato Il Padrino, ho trovato il seguito addirittura superiore: oltre all’altissimo livello della recitazione, la storia è ancora più intrigante, in quanto arricchita da un maggiore trasporto emotivo per via del tradimento non più di un nemico esterno, ma del fratello di Michael stesso.

Una vicenda ancora più intricata, spezzata da uno sguardo (meno ampio di quanto mi aspettassi) sulle origini di Vito Corleone e dell’impero da lui creato. Una regia sempre di altissimo livello, cadenzata da momenti al cardiopalma e una violenza cruda e ben dosata, che rende le scene vive e indimenticabili.

Michael Corleone

Per quanto sia stata al tempo maggiormente apprezzata la recitazione di Robert De Niro, per me Al Pacino in questa pellicola è mostruoso. Riesce infatti a dosare la sua recitazione per questo personaggio spietato e calcolatore, con il suo iconico sguardo gelido e omicida. Tuttavia, non un uomo senza sentimenti: poche ma fondamentali le scene in cui perde la calma, di solito quando non ha il controllo sulla situazione.

Così ha una reazione terribile quando Kay gli rivela di aver abortito alle sue spalle, altrettanto perde il controllo quando gli annunciano la perdita del suo nascituro e infine stampa un bacio ferocissimo sul volto sconvolto del fratello Fredo quando gli rivela che conosce il suo tradimento.

Ma ancora più terribile è come allontana da sé le persone, con una freddezza terrificante e frasi lapidarie: così chiude la porta in faccia a Kay quando torna per rivedere i figli, così congeda Fredo, dicendogli Tu non sei più nulla per me.

Ma in fondo è un uomo che soffre terribilmente, rimasto solo dopo aver assassinato il fratello che aveva finto di perdonare. La pellicola si chiude un commovente flashback con cui Michael ricorda quando la sua famiglia era ancora viva e unita.

Ora, invece, è un uomo solo.

Vito Corleone

Per quanto Robert De Niro sia un attore che apprezzo moltissimo e che in questa pellicola ci regali una performance più che ottima, non mi ha del tutto convinto la sua scelta per questo ruolo. Al tempo delle riprese De Niro aveva già trent’anni, mentre avrebbe dovuto essere massimo uno sbarbato ventenne. E, in generale, non sono riuscita ad associare il suo volto a quello del Vito Corleone di Marlon Brando.

Tuttavia ho apprezzato la sua recitazione, perfettamente coerente rispetto a quella di Marlon Brando nel precedente capitolo. A differenza del figlio, Vito Corleone, soprattutto all’inizio, si pone come un boss assolutamente bonario, furbo e convinto delle sue capacità di ottenere il rispetto degli altri.

Così riesce ad ingannare Don Fanucci e ucciderlo a sangue freddo, così accoltella senza pietà Don Ciccio, il boss siciliano che aveva attentato alla sua famiglia quando era ancora un bambini indifeso. Un momento di passaggio al pari di quello del figlio nel primo capitolo della trilogia, con l’omicidio Sollozzo.

Fredo Corleone

La figura di Fredo emerge prepotentemente rispetto al fratello, da cui non potrebbe essere più diverso. Come Michael è abile e calcolatore, Fredo si getta all’interno di un disgustoso tradimento per pura gelosia del fratello minore, che ha inaspettatamente preso potere a suo svantaggio.

Si vede la sua inettitudine quando cerca di scappare disordinatamente dal fratello a Cuba, così si fida dello stesso quando, al funerale della madre, lo abbraccia come un bambino, fingendo di perdonarlo.

In seguito a questo evento, Fredo non sembra avere il minimo sospetto che Michael stia cercando infine di attentare alla sua vita. E pronuncia la sua ultima preghiera, del tutto inconsapevole di star celebrando la sua estrema unzione.

Cosa non mi ha convinto, nonostante tutto

Al di là della questione linguistica, non sono stata del tutto convinta dalla scelta della storia da raccontare. Non mi ha infastidito il fatto che la trama fosse fondamentalmente identica a quella del primo capitolo, ma più che altro non ho trovato del tutto vincente l’inserimento della storia delle origini di Vito Corleone.

Infatti mi aspettavo che la sua storia avesse decisamente più spazio, mentre è contenuta in un minutaggio piuttosto limitato e, anche per questo, mi è sembrata molto accessoria. Avrei preferito piuttosto che il film non la includesse, parlando solamente della storia di Michael. Tuttavia, come detto, non per questo non l’ho apprezzata.