Il capo perfetto (2021) di Fernando León de Aranoa è una commedia amara uscita lo scorso anno e che ha avuto un discreto riscontro anche in Italia. Io inizialmente mi sentivo poco attirata da questa pellicola, perchè avevo paura che fosse la classica commedia dei buoni sentimenti. Mi aspettavo infatti una storia riguardo al capo di una piccola azienda che avrebbe dovuto gestire drammaticamente le disgrazie dei suoi dipendenti, con magari un finale consolatorio.
Non avrei potuto sbagliarmi di più.
Il budget non è noto, ma, nonostante la presenza di una star come Javier Bardem, probabilmente sarà stato molto risicato. E ha avuto anche un incasso piuttosto ridotto, di appena 7 milioni.
Di cosa parla Il capo perfetto?
Julio Blanco è a capo dell’azienda di bilance ereditata dal padre. Nonostante all’esterno sembri una persona specchiata, che tiene ai suoi dipendenti come se fossero i suoi figli, in realtà rivela subito la sua natura subdola e meschina…
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Perchè Il capo perfetto è un film da recuperare
Il capo perfetto è una commedia assolutamente irresistibile, il cui l’umorismo si basa proprio su come lo spettatore oscilla fra l’essere coinvolto dalle terribili azioni del protagonista, quanto spinto dalla volontà di vederlo punito per le stesse. La comicità è tanto più incalzante quanto più le sue azioni si spingono al limite (e oltre).
Un’ottima pellicola che ha l’ardore di portare in scena un protagonista assolutamente negativo, senza banalizzarlo, anzi creando una sensazione di tridimensionalità per nulla scontata in un prodotto del genere.
Un film da recuperare, senza dubbio.
E da recuperare in lingua originale, possibilmente.
Javier Bardem: che sorpresa!
Ammetto di non aver seguito tanto da vicino la carriera di questo attore, apprezzandone comunque di volta in volta le sue interpretazioni. Ma sicuramente non l’avevo mai visto recitare nella sua lingua madre e sopratutto in un ruolo comico-grottesco come in questo caso.
E sono rimasta stregata.
Barden riesce a portare in scena un personaggio incredibile, molto più profondo e interessante di quanto potrebbe sembrare sulle prime, sulla scorta di un’incredibile capacità espressiva che si adatta alle diverse situazioni e scene, oltre che i ruoli che interpreta.
Un personaggio che ti viene da respingere ma che al contempo anche ti appassiona sinceramente, non riuscendo a tifare per lui perchè è troppo respingente e freddo, ma al contempo l’eccesso della sua meschinità è tremendamente appassionante.
Essere gli eroi della nostra storia
Il film lavora su un interessante concetto psicologico, ovvero quello per cui ci sentiamo i protagonisti della nostra storia, nonchè gli eroi. Raramente nella nostra vita riusciremo ad ammettere effettivamente di essere in torto e di non aver avuto delle buone ragioni o delle motivazioni circostanziali che ci hanno spinto a determinate azioni.
Così ci sentiamo sempre i buoni della situazione.
Anche in questo caso, in un toccante monologo verso il finale, Blanco ammette candidamente e anche in maniera piuttosto sconsolata che si comporta così perchè effettivamente spinto a proteggere la sua azienda, in tutti i modi possibili.
Anche se questo significa ricadere nei più classici vizi del capo: mancanza di empatia, nepotismo, avances inappropriate verso i dipendenti, oltre che allo sfruttamento di una potente rete di conoscenze politiche.
Il significato del finale
Il finale ha una drammaticità inaspettata, ben raccontata dall’incontro con la Commissione come una scena estremamente luminosa e patinata. Ma noi, dopo aver vissuto una settimana nell’azienda, sappiamo cosa nasconde questa apparente scena idilliaca.
Di fatto, quella di Blanco è stata una gara di meschinità, in cui è dovuto sottomettersi ad una persona anche più meschina di lui, ovvero Lilliana, che si vendica nei suoi confronti per ottenere quello che vuole. Ma, visto il comportamento terrificante di Blanco nei suoi riguardi, non possiamo che essere un pochino dalla sua parte…
Il capo perfetto
Allo stesso modo il licenziamento di Miralles non arriva pacificamente nè racconta un tipo di maturazione di fatto dovuta del personaggio. Semplicemente Blanco vuole infine liberarsi di un personaggio che sta portando danno alla sua azienda, e che infine rivela tutta la falsità del loro rapporto: non sono mai stati veramente amici, ma Miralles è sempre stato un suo sottoposto.
E anche in questo caso Blanco lo vince con la sua meschinità e furbizia, che l’altro evidentemente non possiede.
Ma il finale veramente amaro è quello con Fortuna, il padre di Salva, il ragazzo che muore proprio per colpa di Blanco. La situazione che si crea è l’esempio massimo della pochezza d’animo del protagonista: con il suo tentativo di uccidere il suo ex dipendente fastidioso, fa perdere la vita ad un ragazzo già invischiato in traffici poco puliti. Lo stesso che aveva promesso di riportare sulla giusta vita.
E persino a quel punto non può non commuoversi, sentendo, forse per la prima volta, il peso delle sue scelte.