Don’t worry darling (2022) è l’ultima pellicola di Olivia Wilde con protagonisti Harry Styles e Florence Pugh. La seconda pellicola della regista, dopo l’ottimo Booksmart (2019), in Italia noto con l’infelice titolo di La rivincita delle sfigate.
Una pellicola circondata da moltissimi pettegolezzi (che non ho intenzione di approfondire) e la cui presenza di Harry Styles potrebbe essere un boomerang (di cui bisogna parlare).
Per ora ha aperto molto bene nel primo weekend, con 30 milioni in tutto il mondo. A fronte di un budget di 35 milioni di dollari, è possibile che ci sia un buon rientro economico.
Di cosa parla Don’t worry darling?
Alice e Jack sembrano vivere una vita perfetta, in una perfetta comunità esclusiva degli Anni Sessanta. Ma le anomalie del mondo che li circonda sono sempre più evidenti…
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Don’t worry darling?
Davanti ad una pellicola complessivamente interessante e godibile, non è un film che considero personalmente imperdibile. Non mi verrebbe per nulla di bocciarla (come tanti hanno fatto), ma neanche di esaltarla.
Nonostante la regia sia dinamica e la storia abbastanza interessante, presenta una sceneggiatura in non pochi punti difettosa, arrivando ad una conclusione non banale, ma neanche del tutto soddisfacente.
Insomma, se volete dargli una chance, dategliela. Ma non aspettatevi qualcosa di alto livello o davvero originale come era stato per il precedente film della regista.
Harry Styles ha attirato il pubblico sbagliato?
Anche senza aver visto il film, appare del tutto evidente che non stiamo parlando di un filmetto da pomeriggio di Italia 1, nè di un prodotto esattamente per tutti i palati.
Tuttavia, dalla mia esperienza in sala, ho scoperto che questa pellicola ha attirato non pochi spettatori non abituati alla sala e sopratutto attirati solamente dalla presenza di Harry Syles.
Ed è un peccato.
Perché a parte tutto posso dirvi che Harry Styles non è un attore di richiamo messo lì apposta e senza nessun talento, ma un neonato attore che in questa pellicola ha davvero dato il suo meglio.
Tuttavia, visto anche il riscontro tiepido (se non peggio) della pellicola, la presenza di questo interprete potrebbe renderlo un successo economico, ma essere bocciato da un pubblico che è corso in sala per un film che non era pensato per lui.
Fuggire la realtà
La rivelazione finale è stata da parte mia non poco apprezzata, in quanto riesce ad aggiornare ai giorni nostri un film con una dinamica piuttosto tipica, con piccoli cult come La donna perfetta (2004). E infatti io mi aspettavo un finale simile.
E invece mi ha sorpreso.
Da questo punto di vista racconta un problema sociale che, con le dovute differenze, è assolutamente presente, ovvero il fuggire dal mondo reale in quello virtuale. Come Jack porta all’estremo questo concetto rinchiudendo la compagna in una realtà virtuale, così non poche persone ritrovano una vita alternativa e più soddisfacente online che offline.
Il che può essere una cosa positiva come molto negativa.
Jack, perché?
Per quanto le motivazioni di Jack non siano più di tanto approfondite, bastano poche battute per comprendere il suo personaggio. Jack di fatto si incasella in quella pressione sociale maschile di sostenere la sua donna, nonostante la stessa sia perfettamente capace di farlo da sola.
Emblematico in questo senso quando, in uno dei flashback, Jack dice ad Alice E ora come farò a prendermi cura di te?, proprio a sottolineare proprio questo tipo di esigenza. La stessa trova poi sfogo nell’idea mondo virtuale dove di fatto rinchiudere le donne, probabilmente anche con l’idea di renderle più controllabili.
E non è un caso che il mondo sia ambientato in un contesto storico per nulla favorevole per l’emancipazione femminile.
Di fatto Jack non è un villain, ma un personaggio molto diviso con se stesso e che sente dentro di sè di star veramente facendo la cosa giusta.
Troppo poco (ma non sempre)
Uno dei grandi difetti della pellicola è il poco approfondimento che viene dato a certi aspetti della storia. In particolare viene dato tanto, forse troppo, spazio alla scoperta del mistero da parte di Alice (cosa non per forza negativa) e la rivalsa finale è invece molto più rapida e, di fatto, carente.
Il film lascia troppe domande senza risposta: perché se si muore nel mondo virtuale si muore anche in quello reale? L’areoplano che vede Alice è un bug del sistema? Perché effettivamente la moglie di Frank lo accoltella? E si potrebbe andare avanti…
Al contrario mi sento del tutto di approvare la scelta di un finale aperto, che ci salva da quei noiosissimi finali consolatorio dove il protagonista, una volta che si è salvato, riesce a recuperare la sua vita.
Questo finale è invece proprio quello che serviva per non appesantire la narrazione.