The Wonder (2022) è un film Netflix del regista cileno Sebastián Lelio, il primo a vincere l’Oscar al miglior film straniero nel 2017 per Una donna fantastica.
Non un novellino, insomma.
Quindi ancora una volta vediamo il lato più positivo di Netflix, che investe (anche in pubblicità) su autori meno noti e che in sala purtroppo non avrebbero lo stesso riscontro che in streaming, sopratutto in questo periodo…
Di cosa parla The Wonder?
1862, Irlanda. Elizabeth è una giovane infermiera vedova che viene chiamata ad essere testimone di un miracolo…
Non vi consiglio di guardare il trailer, ma ve lo lascio comunque qui:
Vale la pena di vedere The Wonder?
Sì, ma con un grosso avvertimento.
In questo caso è quanto mai dovuto un trigger alert: per quanto non ci sia niente di esplicito, si parla di violenza su bambini, in momenti che mi hanno profondamente angosciato.
Non è infatti un film leggero, anzi ha un ritmo molto lento e compassato, nonostante la durata contenuta. Se vi piacciono i film dal taglio mistery e profondamente psicologico, guardatelo.
Ma, come detto, vi sconsiglio di guardare il trailer: per come è raccontato, sembra uno di quei prodotti del sottogenere horror delle possessioni che hanno intestato (e infestano ancora) il nostro cinema.
E non potrebbe essere più lontano da quel tipo di film.
Quando Dio è vicino
Per quanto la rappresentazione della religiosità del film sembri molto lontana da noi, era una mentalità del tutto normale fino a non molto tempo fa. Anche nel nostro paese.
Una religiosità popolare, per cui Dio è vicino ed è ovunque e per cui, come si dice nello stesso film, chiunque può essere scelto come santo e martire. E non a caso, i protagonisti della prima tradizione martiriale erano molto spesso personaggi di umilissime origini, che però avevano mostrato una fede particolarmente sentita.
Ed è proprio questo il punto del film.
Il valore della penitenza
In quel contesto la fede era particolarmente sentita in realtà molto povere e umili. Con un aldilà visto anche come un premio, un traguardo da raggiungere dopo una vita di stenti.
Ma era anche una religiosità molto materiale: fare tanto con il poco che si poteva, solitamente penitenza quindi fisiche, legate al cibo o al sesso. In particolare una penitenza per sciogliere o alleviare i dolori dei purganti o, in questo caso, liberare un dannato dalle fiamme dell’Inferno.
E così la piccola Anna si prende sulle sue fragili spalle l’assoluzione del fratello davanti al terrificante incubo dell’aldilà infernale. E per una colpa che è stata fatta contro lei stessa…
Raccontare la morte
Per quanto si veda, tutto sommato, di come questo film sia stato fatto con un budget abbastanza contenuto, la messinscena è davvero affascinante.
Una fotografia molto spenta, quasi gotica, che racconta un paesaggio brullo e desolante, dove solamente la luce di un miracolo può portare sollievo. Persino quando quel miracolo diventa morte e malattia, nel racconto così sentito e vicino di una bambina priva di forze per mancanza di cibo. La stessa bambina che all’inizio, anche per l’essere venerata come una santa, sembrava florida e in salute…
Un aggancio emotivo semplice, ma che ho fortemente sentito.
L’importanza del martirio
I martiri sono dei simboli.
Per una persona di fede sono di fatto dei modelli da cercare il più possibile di seguire, che sopportano le peggiori torture e disgrazie grazie alla forza della loro fede, venendo anche ovviamente premiati.
In questo caso non si tratta strettamente di un martirio, ma di un miracolo, che si trasforma inevitabilmente in un martirio. Ed è davvero agghiacciante come la comunità intorno ad Anna la porti a fare un sacrificio, che in un certo senso è a beneficio di tutti.
Perché in qualche modo, come lei può raggiungere la beatitudine, gli altri possono vivere della sua luce e avere Dio ancora più vicino…