Perfect blue (1997) di Satoshi Kon è un lungometraggio animato di produzione nipponica, dalle forti tinte thriller, quasi horror. Un film che mi ha profondamente sorpreso, vedendolo totalmente a scatola chiusa.
A fronte di un budget contenuto (90 milioni di YEN, circa 700 mila dollari), incassò circa lo stesso, con una distribuzione mista fra cinema e TV anche negli anni successivi.
Di cosa parla Perfect blue?
Mima è una idol, parte del gruppo di J-pop CHAM!, che decide di cambiare carriera e diventare un’attrice. Una scelta più dolorosa del previsto…
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Perfect blue?
Assolutamente sì.
Perfect blue è una sorpresa continua, con una costruzione magistrale che coinvolge passo passo lo spettatore in un vortice di follia, in cui ci si ritrova totalmente spaesati davanti ad un intrecciarsi fra realtà e finzione semplicemente sconvolgente…
Il racconto di una realtà lontana dall’immaginario occidentale, in maniera dolorosamente realistica, oltre ad essere incredibilmente avanguardistica nella rappresentazione della figura femminile, soprattutto in una società restrittiva come quella nipponica…
Il fenomeno delle idol è stato (ed è tuttora) piuttosto controverso in Giappone quanto in Corea del Sud.
Si tratta solitamente di adolescenti che hanno un boom di popolarità – solitamente passeggero – come attrici, modelle, ma, soprattutto, cantanti. Il loro successo non è tanto per il loro talento, ma per il loro aspetto fisico, che curano spasmodicamente.
Il pubblico di riferimento delle idol è principalmente maschile e sente di avere un rapporto molto personale con i loro idoli, anche proprio al di là della loro bravura.
L’aggancio ingannevole
Guardare Perfect blue a scatola chiusa è davvero un’esperienza.
A primo impatto sembra un film molto innocuo, con una storia raccontata dal punto di vista ingenuo e dolcissimo della protagonista, che si fa trascinare inevitabilmente in una nuova vita e una nuova carriera, fiduciosa e totalmente ignara delle conseguenze.
Il primo tassello dell’orrore è la scoperta del sito La stanza di Mima, che svela come la protagonista sia fondamentalmente vittima di stalking continuo e ossessivo, il cui colpevole è in realtà stato già rivelato dalle primissime sequenze.
E il film poteva già essere angosciante così.
Ma è solo il primo passo.
Una storia a tre
La storia di Perfect blue solo apparentemente ha due attori principali – la vittima e l’antagonista. In realtà è articolata in un terzetto di personaggi, le cui identità vengono rivelate a mano a mano.
E che soprattutto si scambiano le vesti e i ruoli in maniera imprevista.
L’ossessione
Mamoru Uchida – o Me-Mania – è apparentemente l’unico vero antagonista del film.
Il suo aspetto grottesco è già di per sé indicativo della sua personalità, e il suo ruolo da stalker lo rende l’antagonista perfetto: un uomo profondamente innamorato non tanto di Mima, ma dell’immagine idealizzata che coltiva nella sua mente.
Infatti, come all’inizio il diario che scrive della sua idol è basato su eventi reali, più la pellicola procede e più le frasi sul sito raccontano i pensieri che Mamouru vorrebbe che la ragazza provasse, nel totale disprezzo della Mima falsa.
Perché la vera Mima, con cui dialoga continuamente, non farebbe mai certe cose…
Il pentimento
Rumi è apparentemente la prima e più importante alleata di Mima.
In realtà si trasforma in poco tempo nel suo peggior incubo, nutrito dall’ossessione della donna nel voler proteggere la figura della protagonista. Ma Mima non è obbediente, non sceglie le vie più sicure per mantenere intatta la sua bellezza e purezza agli occhi del pubblico.
Nonostante tutti i tentativi di Rumi.
E allora la donna si perde in un delirante tentativo di ristabilire l’ordine, sentendosi per estensione colpita dalle scelte di Mima, in cui rivede profondamente sé stessa. E così sceglie infine di prenderne il posto, come la vera Mima, il vero idolo del pubblico.
La vergogna
Mima è il primo nemico di sé stessa.
È molto più ossessionata dalla sua immagine di quanto è disposta ad ammettere, perennemente perseguitata dal suo stesso fantasma, che alla fine si concretizza nella figura di Rumi e nella sua ossessione.
Ed è tanto più interessante quanto la protagonista non è davvero vergognosa di per sé, non è a disagio né il suo personaggio è umiliato per le sue scelte. Anzi, si sente molto più libera, uscita dall’opprimente seminato di idol.
Infatti, il problema è esterno.
L’icona intoccabile
Con trame di questo tipo, sarebbe stato veramente facile prendere la via sicura dell’umiliare il personaggio femminile per le sue scelte, raccontarlo come vittima di una società in cui l’ipersessualizzazione è la chiave del successo.
Invece è esattamente il contrario.
In Perfect blue Mima si sente libera e sicura delle sue scelte, prendendo anche strade inaspettate e socialmente poco accettabili, in cui racconta in maniera sconvolgente e spregiudicata la sua sessualità.
Ed è davvero potente in questo senso la scena dello stupro, che dovrebbe essere drammatica e straziante, ma che in realtà è ben contestualizzata dallo scambio fra Mima e l’attore che la starebbe violentando sul set.
E si rivela infine una scena davvero potente perché mostra le vere capacità di Mima al di fuori dell’opprimente ruolo della idol.
Cosa significa il titolo di Perfect blue?
A primo impatto il titolo potrebbe far riferimento ad un concetto in realtà proprio della lingua inglese, in cui solitamente il termine blue viene associato alla tristezza, come quella della protagonista della pellicola.
In realtà in giapponese il colore blu fa riferimento alla purezza e all’energia femminile, il punto di arrivo proprio delle figure delle idol.