Niente di nuovo sul fronte occidentale (2022) di Edward Berger è un film che racconta la fine della Prima Guerra Mondiale dal lato tedesco attraverso il punto di vista di uno dei soldati.
Il film è stato presentato al Toronto International Film Festival 2023 e distribuito in poche sale, per poi essere rilasciato a livello internazionale su Netflix. Fra l’altro un prodotto con un budget sorprendentemente contenuto: appena 20 milioni di dollari.
Candidature Oscar 2023 per Niente di nuovo sul fronte occidentale (2022)
(in nero i premi vinti)
Miglior film
Miglior film internazionale (Germania)
Miglior fotografia
Miglior scenografia
Miglior trucco e acconciatura
Migliori effetti speciali
Miglior sceneggiatura non originale
Miglior sonoro
Migliore colonna sonora
Di cosa parla Niente di nuovo sul fronte occidentale?
1917, Germania. L’appena diciottenne Paul Bäumer si arruola nell’esercito tedesco per combattere nella Prima Guerra Mondiale. Ma i suoi propositi di eroismo si dimostrano fin da subito un miraggio…
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Niente di nuovo sul fronte occidentale?
Assolutamente sì.
Niente di nuovo sul fronte occidentale è un film che mi ha veramente sorpreso: non sono una grande amante dei film di guerra – soprattutto quando vi trovo un’eccessiva idealizzazione o un pietismo troppo spinto.
E forse proprio per questo mi è piaciuta questa pellicola.
Un’opera profondamente cruda e realistica, che riesce a raccontare un’esperienza traumatizzante e profondamente ingiusta come la Prima Guerra Mondiale. Il tutto con una regia piuttosto indovinata, interpretazioni più che ottime e una fotografia spettacolare.
Anche per questo, un trigger alert è dovuto: si tratta di un film davvero molto realistico, con scene e inquadrature estremamente esplicite e di grandissimo impatto. Alcune probabilmente non ve le toglierete mai più dalla testa…
Ho voluto inserire nella recensione alcuni versi della canzone “La guerra di Piero” di Fabrizio De Andrè, che si adatta perfettamente alla pellicola.
Nessun eroe
L’incipit racconta già tutto del film.
Siamo immediatamente portati al fronte, a seguire la storia di un giovanissimo soldato – Heinrich Gerber. A sorpresa, però, non è il protagonista del film: in appena cinque minuti vediamo come il ragazzo muore sul campo, viene spogliato dei suoi vestiti da soldato, che vengono raccolti e riciclati per le future reclute.
La pellicola ben racconta come i protagonisti della Prima Guerra Mondiale non erano uomini, ma pedine sul campo, soldatini usa-e-getta che potevano essere usati e buttati via, avendone sempre di nuovi per ogni occasione e necessità.
Un meccanismo terrificante, alimentato dalle false promesse di eroismo.
La guerra degli altri
A capo di questo meccanismo, gli uomini di potere alimentati da un arrogante desiderio di rivalsa, oltre ad una totale cecità sulla realtà del fronte.
Diverse inquadrature del film sono volte a sottolineare la vita agiata e priva di ogni preoccupazione che era condotta da chi decideva della vita e della morte di migliaia – se non milioni – di uomini. Fra l’altro un’esistenza immersa in ambienti silenziosi e quieti, con grande contrasto con il chiasso assordante del fronte.
Il personaggio più rappresentativo in questo senso è il Generale Friedrichs: per sua stessa ammissione non ha mai messo piede in un campo di guerra, ed insiste fino all’ultimo testardamente per portare a casa una vittoria che porti gloria al suo paese – e a sé stesso.
E ottiene solo un’altra carneficina senza significato.
L’alienazione
Questa guerra era senza significato tanto più che nessuno dei soldati ha volontà di essere un eroe o difendere la propria patria.
Infatti, si combatte per la sopravvivenza.
Uomini che nella loro vita non avrebbero alzato le mani contro nessuno, costretti a gettarsi in campo come automi senza volontà, uccidendo con disperazione, prima di tutto per salvare la propria vita. Del tutto alienati, in una realtà dove l’umanità non esiste, dove implorare pietà è inutile.
In più momenti il protagonista si trova faccia a faccia con il nemico, e basta un momento per guardare negli occhi un altro uomo, un ragazzo non tanto diverso da sé stesso. Inquadrature drammatiche e travolgenti, in cui per pochi momenti il protagonista sfugge a questa alienazione e si rende conto delle sue azioni.
Ed è devastante.
Da questo punto di vista emerge una possibile critica.
La scrittura dei personaggi non è particolarmente approfondita, ma definita da pochi tratti, e così la storia non è particolarmente originale, ma strettamente legata alla realtà storica. Insomma, al pari di Babylon (2022), è un film che vuole più raccontare delle situazioni e dei personaggi tipo piuttosto che una storia vera e propria.
E questo può piacere o non piacere.
Personalmente questo elemento – che comunque ho notato – non mi ha rovinato la piacevolezza complessiva del film, anzi per certi versi mi ha permesso di immergermi più profondamente nella vicenda raccontata: la poca caratterizzazione del protagonista lo rende un personaggio in cui chiunque può rivedersi.
La fortuna maligna
Proprio come non ci sono eroi, non serve alcuna abilità per sopravvivere alla guerra.
Solo la fortuna.
La sopravvivenza è determinata dalla pura coincidenza, dal non mettere il piede nel punto sbagliato, dal non far scoppiare una mina, dal non beccarsi un colpo mortale, dal non avere esitazioni…
E, proprio come ogni morte del finale si sarebbe potuta evitare se Paul e Kat non avessero rubato le uova, se il protagonista non avesse dovuto tornare in campo, più in generale si sarebbero salvate 37 milioni di vite se l’arroganza di pochi non avesse determinato la sorte di molti.