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Il ragazzo e l’airone – Come vivrai?

Il ragazzo e l’airone (2023) – traduzione piuttosto impropria di 君たちはどう生きるか, lett. E voi come vivrete? – è l’ultimo (per ora) film creato dalla meravigliosa mente di Hayao Miyazaki.

A fronte di un budget piuttosto importante per un film animato orientale – 64 milioni di dollari – si sta rivelando uno dei maggiori incassi del genere degli ultimi anni: 137 milioni di dollari in tutto il mondo.

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Candidature Oscar 2024 per Il ragazzo e l’airone (2023)

in neretto le vittorie

Miglior film d’animazione

Di cosa parla Il ragazzo e l’airone?

Tokyo, 1943. Nel bel mezzo del Secondo Conflitto Mondiale, il giovane Mahito e il padre si ritirano nella loro tenuta di campagna. Sarà l’occasione per il protagonista per riscoprire sé stesso e il suo passato…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Il ragazzo e l’airone?

L'airone in una scena de Il ragazzo e l'airone (2023) di Hayao Miyazaki

Dipende.

Non voglio assolutamente sminuire il grande valore artistico de Il ragazzo e l’airone, ma mi rendo conto che è un film che potrebbe lasciare spiazzati molti spettatori, soprattutto se abituati alle altre opere di Miyazaki, in cui l’elemento simbolico è sempre secondario rispetto all’impianto narrativo.

Al contrario, con la sua ultima fatica, il maestro nipponico confeziona un’opera incredibilmente metaforica e simbolica, che si apre a diverse e variegate interpretazioni, in cui i temi tanto cari al regista – l’ambientalismo e la guerra – si intrecciano al racconto del suo passato e del suo presente.

Insomma, un’esperienza a cui bisogna arrivare pronti.

ovvero quanto è pericoloso vedere questo film doppiato.

Conoscerete sicuramente la follia di Cannarsi per lo scandalo del doppiaggio Evangelion, che è stato solo lo scoppio di un problema già interno e che ha guastato negli anni la bellezza di moltissimi prodotti dello studio Ghibli.

Nel caso di Il ragazzo e l’airone il pericolo non esiste.

Perché?

Dopo tanti anni di attività, la Lucky Red ha finalmente deciso di affidare il doppiaggio a qualcuno che non sia Cannarsi. E, per questo, finalmente è un film godibile anche doppiato.

Evviva, evviva!

Questa recensione non sarà fatta in ordine cronologico, ma personaggio per personaggio, elemento per elemento, proprio per la natura stessa dell’opera.

Il ragazzo

Mahito in una scena de Il ragazzo e l'airone (2023) di Hayao Miyazaki

Mahito si presta ad un ampio ventaglio di interpretazioni.

La lettura più semplice è ritrovare nel protagonista Miyazaki stesso, andando a ricalcare alcuni momenti chiave della sua vita – pur con date e situazioni diverse – e il suo ritrovarsi sotto la guida di Yasuo Ōtsuka, il suo maestro, per poi intraprendere la propria personale carriera artistica.

Mahito in una scena de Il ragazzo e l'airone (2023) di Hayao Miyazaki

Ribaltando invece i ruoli, il protagonista potrebbe in qualche misura rappresentare Hiromasa Yonebayashi, collaboratore storico dello Studio Ghibli, che ha lavorato alla maggior parte dei titoli prodotti dallo stesso, proponendone anche uno proprio – Quando c’era Marnie (2013)

…ma che nel 2015 ha scelto di distaccarsi da Miyazaki e fondare il proprio studio – lo Studio Ponoc.

Quindi forse una delle poche persone che erano interne allo Studio Ghibli in cui Miyazaki vede una sua possibile eredità artistica – lo stile di Yonebayashi è evidentemente erede di quello del maestro – davanti all’evidente incapacità del figlio – di cui bisogna fare un discorso a parte.

Il ragazzo e l’airone

Mahito in una scena de Il ragazzo e l'airone (2023) di Hayao Miyazaki

Ad un livello invece più generale, Mahito può rappresentare la generazione post-atomica.

Il tema della rinascita dopo la tragedia della bomba atomica – e del secondo conflitto mondiale in generale – è estremamente tipico del cinema orientale – lo si può trovare esplicitamente in Gen di Hiroshima (1983) e City of life and death (2009), o, più indirettamente, in Akira (1988).

Di fronte alla drammaticità di eventi che segnarono così profondamente l’immaginario nipponico, il protagonista de Il ragazzo e l’airone potrebbe appunto rappresentare una generazione che ha deciso di non arrendersi, di non rifugiarsi in una realtà altra, ma di trovare il meglio possibile nella propria.

L’airone

L'airone in una scena de Il ragazzo e l'airone (2023) di Hayao Miyazaki

L’airone è una figura incredibilmente enigmatica.

Ad un livello prettamente narrativo, il suo personaggio è la maligna presenza che cerca di attirare il protagonista nella torre per volontà del prozio stesso, per poi riuscire a convincerlo a prenderne il posto.

Leggendo invece il suo personaggio da un punto di vista artistico, l’airone potrebbe rappresentare le creazioni stesse di Miyazaki – è infatti la creazione del prozio – che in più occasioni ha sperimentato con creature fra l’animale e l’umano – si veda Haku in La città incantata (2001) e, soprattutto, Howl in Il castello errante di Howl (2004).

L'airone e Mahito in una scena de Il ragazzo e l'airone (2023) di Hayao Miyazaki

In questo senso – e riabbracciando l’interpretazione per cui Mahito rappresenta Hiromasa Yonebayashi – l’airone rappresenterebbe l’eredità artistica di Miyazaki, e così il suo tentativo di conciliare la stessa con un suo possibile successore.

Questa interpretazione ben si accorda con la malvagità della pietra con cui è creato il mondo alternativo, come una sorta di ripensamento disilluso del maestro nipponico riguardo la sua opera, che appare ad oggi mancante di un vero futuro.

Il ragazzo e l’airone

L'airone e Mahito in una scena de Il ragazzo e l'airone (2023) di Hayao Miyazaki

Secondo un’altra interpretazione, l’airone potrebbe essere Gorō Miyazaki.

Se infatti Yonebayashi si è dimostrato un buon erede del maestro, lo stesso non si può dire per il figlio di Miyazaki, particolarmente nel suo tentativo del tutto fallimentare di rilanciare lo studio con l’animazione 3D con Earwig e la strega (2020).

Forse nella severità del prozio nei confronti della sua creatura possiamo intravedere un sofferto ammonimento del maestro nei confronti del figlio, ma anche un tentativo di conciliazione delle parti – Yonebayashi e Gorō – per trarre il meglio della sua eredità.

Ma il figlio si può ritrovare anche in un terzo personaggio.

Il limbo

La realtà sotterranea rappresenta indubbiamente un mondo altro e forse ultraterreno – da cui la frase, tratta da Inf. III, 5, fecemi la divina podestate.

Proprio come l’airone, il mondo immaginario al di là della torre potrebbe essere una rappresentazione degli alti e dei bassi – almeno secondo la visione di Miyazaki – della sua produzione – e la difficoltà dello stesso di tenerla ancora insieme.

All’interno di questo mondo altro il Re Parrocchetto potrebbe essere una punzecchiata proprio al figlio, che si credeva ormai padrone dello Studio Ghibli, cercando di far cambiare totalmente strada allo stesso, ma risultando infine del tutto incapace.

In un altro senso, nel mondo sotterraneo è racchiusa un’amara riflessione sull’umano.

Trovandosi in una realtà in cui non si riconosce più, il prozio del protagonista si è rifugiato in un mondo alternativo, creandolo, proprio come un dio, secondo la sua visione, trovandosi tuttavia infine a creare un’alternativa per nulla migliore rispetto al mondo di partenza.

In questa realtà alternativa, infatti, l’umano si è comportato al suo peggio, in particolare nei confronti degli animali, diventati aggressivi e davvero umani, ma proprio perché costretti dallo stesso a diventare tali.

Non a caso, Kiriko spiega che in quel mondo ormai ci sono più morti che vivi.

Il creatore

Il prozio in una scena de Il ragazzo e l'airone (2023) di Hayao Miyazaki

L’azione del creatore è in ultimo fallimentare.

In questo senso è molto più probabile che in questa figura Miyazaki volesse rappresentare un sé stesso ormai incapace di tenere in piedi un mondo – lo Studio Ghibli – che lui stesso ha creato, nonostante ci siano tutte le possibilità per farlo – la pietra buona che infine trova per ricostruirlo.

Al contempo, la sua posizione è definita dai simboli della vita e della morte.

Questa dicotomia è racchiusa nelle due sorelle, Hisako e la zia Natsuko.

La gravidanza contenuta dentro al mondo del prozio potrebbe rappresentare un desiderio sopito, ma forse impossibile, di produrre ancora qualcosa – anche non in prima persona – all’interno dello Studio Ghibli.

In questo senso, non è decisamente un caso che questa pellicola, creata a seguito dal suo abbandono dalle scene, sia un’opera così poco tipica

Il ragazzo e l’airone

Mahito e Hisako in una scena de Il ragazzo e l'airone (2023) di Hayao Miyazaki

Allo stesso modo Hisako può rappresentare sia la tragedia storica – la bomba atomica – sia la tragedia personale – la morte della madre di Miyazaki e, soprattutto, l’improvvisa scomparsa del suo compagno ed amico, nonché cofondatore dello Studio Ghibli, Isao Takahata.

Il protagonista prende infine le mosse dalla stessa, accettandola dentro sé stesso e decidendo così di proseguire con la sua vita: così Miyazaki ripensa al suo essere riuscito a proseguire con la sua carriera pure dopo la morte dell’amico proprio con questa pellicola…

…volendo forse incoraggiare un suo possibile erede – chiunque sia – a continuare la sua eredità nonostante la situazione dubbia dello Studio.

Ma, proprio per questo, Miyazaki gli chiede: E tu, come vivrai?

A dieci anni di distanza, con Il ragazzo e l’airone Miyazaki porta nuovamente in scena la sua tecnica precisa e impeccabile, pure con qualche novità.

L’evoluzione più evidente è l’animazione di alcune scene particolarmente intense – specificatamente quelle dell’incendio – con una tecnica magnetica e ricca di movimento, che riprende le mosse da Si alza il vento (2013):

Se invece per buona parte dei volti umani Miyazaki rimane su tratti semplici e simili all’opera precedente…

…stupisce con le nuove e ampie sperimentazioni sui volti anziani:

E, al contempo, per la prima volta utilizza un modello di un volto maschile per un volto invece femminile:

Ma la punta di diamante è indubbiamente lo splendido character design dell’airone, con il suo aspetto estremamente mutaforme, e le splendide animazioni che lo portano in vita:

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Si alza il vento – Vivere un sogno

Si alza il vento (2013) rappresenta l’ultimo film di Miyazaki dopo al suo temporaneo ritiro dalle scene, per poi tornare 10 anni dopo con un altro film, Il ragazzo e l’airone (2023).

La seconda avventura italiana dopo Porco Rosso (1992).

A fronte di un budget piuttosto consistente – 30 milioni di dollari – incassò piuttosto bene: 136 milioni di dollari. In Italia è stato distribuito nel 2014.

Di cosa parla Si alza il vento?

Giappone, 1918. Il giovane Jiro vorrebbe diventare pilota aeronautico, ma la sua miopia glielo impedisce. Ispirato da un sogno con protagonista il leggendario ingegnere Caproni, capisce che il suo destino sarà invece quello di progettare gli aerei…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Si alza il vento?

Joro e Caproni in una scena di Si alza il vento (2013) di Hayao Miyazaki

Assolutamente sì.

Ma…

Si alza il vento è una pellicola da approcciare con la giusta mentalità: è un film assai atipico per la produzione di Miyazaki, in cui solitamente i personaggi si muovono in ambienti fantastici o immaginari, con storie dal sapore molto avventuroso.

Al contrario l’ultima (?) opera di Miyazaki è un film drammatico con un taglio fortemente realistico, che racconta il Giappone post-bellico con un’inedita lucidità e con un protagonista che vive nei suoi sogni, ma che al contempo vive in un mondo drammaticamente reale…

ovvero quanto è pericoloso vedere questo film doppiato.

Conoscerete sicuramente la follia di Cannarsi per lo scandalo del doppiaggio Evangelion, che è stato solo lo scoppio di un problema già interno e che ha guastato negli anni la bellezza di moltissimi prodotti dello studio Ghibli.

Nel caso di Si alza il vento il pericolo è incredibilmente basso.

Non so cosa sia successo a Cannarsi nel 2013, ma incredibilmente è riuscito a proporre un doppiaggio che, al netto di certi momenti che appaiono forzati, complessivamente è un risultato ascoltabile.

In ogni caso, il mio consiglio rimane sempre lo stesso:

Non guardate i film dello Studio Ghibli doppiati e sarete per sempre al sicuro.

Il sogno…

Joro in una scena di Si alza il vento (2013) di Hayao Miyazaki

Joro è quel tipo di persona che diremmo che ha sempre la testa fra le nuvole.

Letteralmente.

La concezione onirica degli aerei, come oggetto di libertà e fantasia, gliela offre Caproni proprio all’interno di un sogno. Un luogo dove la mente può viaggiare libera, sfrenata, senza limiti, dove tutto si crea e si distrugge in un attimo…

E sempre lì che Joro concepisce il mezzo perfetto, capace di rivaleggiare con quelli oltreoceano, semplice ma esemplare: l’aereo non come strumento commerciale o di conflitto, ma un sogno che diventa realtà.

…la realtà

Joro in una scena di Si alza il vento (2013) di Hayao Miyazaki

Ma la realtà è ben più dura.

Un Giappone distrutto dai disastri naturali, dall’arretratezza e dalla guerra passata e imminente, incapace di stare veramente al passo con il mondo che avanza. Un paese fragile e profondamente impoverito…

…proprio come l’Italia.

E in due realtà storiche non tanto dissimili, né Joro né Caproni si sono lasciati ingabbiare dalla ristrettezza di vedute o dal limite materiale che il mondo che li circondava voleva loro imporre, ma hanno continuato a vivere il loro sogno.

E a realizzarlo.

Infatti, proprio qui sta la morale di Si alza il vento.

Si alza il vento significato

Le vent se lève, il faut tenter de vivre

Si alza il vento, bisogna tentare di vivere

Il verso che appare prima dell’inizio della pellicola – e che dà il titolo al film stesso – è l’ultimo verso di un poemetto di Paul Valéry, Cimitero marino.

Il significato di questo passo è abbastanza evidente, soprattutto pensando alla storia raccontata nel film: la vita è come un vento impetuoso, è travolgente, intrattabile, ma dobbiamo imparare a cavalcarla, a viverla.

E infatti la vita di Jiro è una tempesta devastante, che lo sbatte di qua e di là, in Giappone, in Europa, dove tutto sembra sfuggire di mano, scomparire, niente è stabile e sicuro.

Ma non per questo il protagonista si arrende.

Un amore infelice?

 Nahoko in una scena di Si alza il vento (2013) di Hayao Miyazaki

L’elemento più sfuggente della vita di Joro è la relazione con Nahoko.

La donna è un elemento aleatorio della sua vita: conosciuta per caso durante il terremoto, ne perde subito e facilmente le tracce, per poi rincontrarsi tanti anni dopo.

Ma anche quella felicità sembra preclusa.

Infatti, Nahoko è gravemente malata, cerca costantemente di guarire per trovare la sua felicità con il suo amato, ma è tutto inutile. Alla fine, i due decidono di sposarsi, così da stare insieme fino alla fine.

Nahoko in una scena di Si alza il vento (2013) di Hayao Miyazaki

Un amore dolcissimo, che non vuole essere distrutto neanche dal destino infausto di Nahoko, che per questo decide infine di andarsene: non vuole che il sogno si spezzi, non vuole che il suo amato la veda addolorata e infelice.

Ma Joro percepisce comunque la sua morte: mentre si trova alla gara degli aerei, per un momento il tempo per lui si interrompe, sembra distaccato dal clima di festa che lo circonda. E così capisce che Nahoko se n’è andata.

La rincontra nel suo sogno, che è anche un contatto con una sorta di aldilà.

E Nahoko lo incoraggia a tentare ancora di vivere.

Chi è il tedesco Si alza il vento

Il misterioso amico tedesco di Joro sembra una sorta di indovino con una visione lucida ed esatta degli eventi imminenti sia per la Germania che per il Giappone.

Scoprendo il suo nome, tutto diventa più chiaro.

Il personaggio infatti si chiama Castorp, proprio come il protagonista de La montagna incantata (1924) di Thomas Mann, romanzo dal taglio fortemente simbolista, che di fatto racconta lo stato della Germania prima e dopo il primo conflitto mondiale.

Per questo il Castorp di Si alza il vento può essere considerato il personaggio alla fine del suo percorso di maturazione del romanzo, con una particolare consapevolezza dell’evolversi delle vicende mondiali…

Per Si alza il vento Miyazaki non mostra particolari evoluzioni del suo stile, anzi facendo dei – graditi – passi indietro rispetto al precedente Ponyo sulla scogliera (2008).

Anzitutto, ritornano gli sfondi con tecnica di pittura ad olio, che ho sempre adorato delle sue produzioni:

Mentre per i volti protagonisti rimane sui suoi modelli più tipici, non mancando di un tratto preciso e pulito:

Tuttavia, non mancano dei volti inediti, sia con Kurokawa, il capo di Jiro, che con Castorp:

Ma la vera punta di diamante della pellicola sono le splendide transizioni e animazioni che caratterizzano le scene più movimentate:

Interessante anche il fatto che con Jiro molto probabilmente Miyazaki abbia voluto rappresentare sé stesso da giovane: