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The Suicide Squad, un capolavoro ignorato

Per la regia di James Gunn, in quella strana estate del 2021 è uscito The Suicide Squad. Un progetto nato da un’ingiustizia: il visionario regista, uscito a sorpresa dal cinema indie, aveva firmato i due Guardiani della Galassia (2014) e Guardiani della galassia Vl.2 (2017), ricevendo un’ottima risposta di pubblico e critica.

E, poco dopo, il dramma. Riemergono una serie di tweet del regista un po’ salty (sinceramente anche poco divertenti), e, praticamente da un giorno all’altro, James Gunn è fatto fuori dalla Disney. E la DC, ancora in una gestione molto fumosa del suo universo, decide di buttarsi a pesce. Prende Gunn e gli dà carta bianca. E lui, grande appassionato di fumetti, recupera i più improbabili personaggi, i più secondari, secondarissimi, e li porta sullo schermo in maniera convincente ed azzeccata.

Di cosa parla The Suicide Squad

The Suicide Squad ha una trama non troppo complessa: riprende l’idea del fumetto e del disastroso Suicide Squad (2016), di una squadra di supercattivi (se così vogliamo chiamarli), in questo caso più avanzi di galera con capacità eccezionali, che dovranno imbarcarsi in una missione suicida appunto, sotto la guida della severissima Amanda Waller, interpretata dalla esplosiva Viola Davis, che riprende il suo ruolo del precedente film.

The Suicide Squad è non è quindi un requel: fa riferimento ad alcuni avvenimenti del film del 2016 e anche a Birds of Prey (2020), ma è di fatto un reboot, perché si può vedere il film e comprenderlo anche senza aver visto i precedenti.

Per il resto, lascio la parola al trailer.

Questo film fa per me?

Probabilmente no. Ancora mi stupisco che abbiano potuto lasciare così carta bianca al Gunn. Il film può essere tremendo o stupendo, a seconda dei vostri gusti. Aspettatevi di digerire molto sangue, membra, squartamenti estremamente grafici che troverete raramente nel cinema commerciale. Oltre a questo, battute davvero cattive e pesanti, nonché parecchio volgari.

Ripeto, non per tutti.

E, per favore, tenete lontani i bambini da questo film. Si, perché in Italia il film non è stato vietato e famiglie ignare si sono recate in sala, per fuggire a gambe levate dopo pochi minuti.

Una recensione onesta

Non sarò mai oggettiva su questo film. Ieri sera l’ho visto per la terza volta in meno di un anno. Mi ha entusiasmato fin dalla prima visione e i motivi sono presto detti: la storia è ben strutturata, per nulla banale (anche se a prima vista potrebbe non sembrare), i personaggi sono esplosivi.

Ha degli elementi veramente strani per un il cinema mainstream statunitense: propone un ritratto degli USA ferocemente realistico, ben incarnato dal personaggio di Peacemaker (interpretato dall’ex-wrestrer John Cena), il cui nome è tutto un programma. E in un momento in cui il sogno americano si sta lentamente deteriorando, colpire dove fa più male (le presunte guerre di pace e per portare la democrazia) fa male, malissimo.

La violenza non è facilmente digeribile, anche per me, che sono una grande fan dello splatter: veramente tanta, veramente esplicita, veramente costante. In dei momenti l’ho trovata in parte anche rivoltante.

L’umorismo è veramente da spanciarsi nella maggior parte dei momenti: si ride tanto, e di gusto. Unica nota dolente, per me: Harley Quinn l’ho trovata noiosa. Non mi ha fatto mai ridere, nonostante ci provi costantemente. E forse non è un caso che la battuta che mi ha fatto meno ridere di tutto il film è sua (quella della pioggia, che si vede anche nel trailer).

Verdetto finale.

Lo promuovo a pienissimi voti. Nonostante ci siano delle cose che ho trovato troppo estreme persino per me, è un film veramente incredibile, e che, probabilmente non avrà un futuro.

Non per cuori sensibili.

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The King’s man – Le origini grottesche e ridicole

Penso che il titolo sia già piuttosto esplicativo di cosa ne penso di The King’sman – Le origini. Sono una discreta fan della saga King’s Man: ho recuperato il primo fuori tempo massimo, il secondo al cinema alla sua uscita. Il primo l’ho apprezzato e non poco, nel secondo sentivo già scricchiolare qualcosa. Per questo mi sono davvero cadute le braccia.

Di cosa parla The King’sman – Le origini

The King’s Man – Le origini è un prequel della fortunata saga King’s Man appunto, che racconta la nascita del gruppo di agenti segreti britannici. In questo caso i protagonisti sono Orlando (interpretato da Ralph Finnes) e il figlio Conrad (interpretato da Harris Dickinson, che interpretava il principe Filippo nella saga di Maleficent). Orlando ha dedicato la sua vita a portare aiuto nelle zone di guerra e realtà del terzo mondo. E ora, da pacifista convinto, cerca di intervenire nell’intrigo di eventi che scatenanti della Prima Guerra Mondiale, cercando di portarla alla più veloce conclusione. Per questo si oppone alla scesa sul campo del figlio, il quale, da bravo giovane patriota del suo tempo, non vede l’ora di mettersi in gioco per il suo paese.

Lascio il resto al trailer.

Cosa funziona.

Qualcosa, incredibilmente, funziona. L’ambientazione è davvero affascinante, ben curata e anche, quando vuole, storicamente credibile. Gli attori sono generalmente convincenti e la trama, nonostante zoppichi vistosamente, sulla carta ha degli elementi intriganti. Sulla carta, appunto.

Cosa non funziona

Tutto. Per essere un film di intrattenimento, l’ho trovato veramente estenuante. La trama si perde in sé stessa, prende una strada, poi cambia idea, e torna indietro. La risoluzione è ridicola, i villain sono da mani nei capelli.

Rasputin è un pessimo antagonista. È grottesco, ridicolo, financo disgustoso. La regia per il suo personaggio è ambiziosa, non posso dire di no, ma per me è semplicemente inaccettabile. La riscrittura storica degli eventi sembra fatta da un bambino di 10 anni molto fantasioso. Soprattutto per quanto riguarda le scene post-credit. Ralph Finnes come protagonista action non è convincente. Viene mostrato fino ad un certo momento in un modo, e alla fine occupa tutta la scena, nella maniera meno credibile che possiate immaginare.

The King’sman – Le origini fa per me?

Dipende. Se vi piacciono le cose pesantemente trash, proprio stile primi anni 2000, livello American Pie però negli Anni Venti, The King’sman – Le origini potrebbe piacervi. Se vi estasiate per riscritture storiche fantasiose stile la serie Hunters, anche. Se siete fan della saga, non saprei dirvi: io sono discretamente fan e l’ho odiato, ma ho sentito altri che ne sono rimasti convinti.

Io comunque vi ho avvertito.

Mi tolgo qualche sassolino con spoiler

rasputin interpretato da Rhys Ifans nel film The King'sman - Le origini del 2022

La scena di Rasputin è fra le scene più disgustose che abbia visto in tempi recenti. Mi ha fatto volare con la mente agli anni d’oro della commedia americana primi anni 2000, come quel capolavoro di Dodgeball (2004), e a più recenti e discutibili film come Pitch Perfect (2014). Ci vuole davvero genio per scrivere un personaggio così stupidamente volgare.

Inoltre inserisce velatamente l’elemento magico, visto che alla fine la gamba di Orlando è stata curata effettivamente grazie alla lingua di Rasputin. Il tutto però sembra solamente un meccanismo per mandare avanti la trama.

Non ho mai visto un patriottismo britannico così sfacciato: dalla dichiarazione iniziale della compianta Emily su come aiutino gli altri e quanto siano bravi, alla dichiarata superiorità del re di Inghilterra, che rispetto agli altri capi di stato appare saggio e maturo, mentre gli altri sono dei poveri infanti. Inoltre, a chi è venuta l’idea di far interpretare lo zar, il kaiser e il re allo stesso attore?

Poi, ci sono un paio di cose che danno fastidio a me personalmente.

Le cose che danno fastidio a me personalmente

daniel bruhl in King's man le origini film del 2022 su DIsney Plus

Non sono totalmente contraria alla riscrittura storica fantasiosa: la già citata Hunters a me è complessivamente piaciuta, lo stesso per la serie The Great che è dichiaratamente storicamente inesatta. In questo caso, però, ridurre tutto il conflitto a dei dispetti fra bambini l’ho trovato veramente ridicolo.

Non sarebbe ora di smetterla di far interpretare personaggi non anglofoni da attori che non parlano la lingua che dovrebbero parlare? Il senso di mettere nel cast un attore di grande valore come Daniel Bruhl, che è tedesco, e farlo recitare in inglese per la parte di un tedesco non la capisco proprio. Dover ancora sentire personaggi che parlano fra loro non in inglese, ma in inglese con accento caricato (soprattutto in un doppiaggio italiano da piangere), è insostenibile. Soprattutto se mi trovo pellicole incredibilmente mainstream come The Forever Purge (2021) dove ci sono personaggi messicani che parlano giustamente nella loro lingua madre. Non è difficile.

Eppure questo film non è l’unico che ancora continua a fare questo errore.

Ultimo ma non meno importante, l’inclusione forzata e fuori luogo. In un epoca dominata da uomini bianchi, la produzione ha deciso che era una buona idea mettere dei token per rappresentare una donna e un uomo nero. Nelle parti dei buoni, ovviamente. La non storicità del personaggio nero la posso anche accettare in un contesto di riscrittura fantasiosa, ma è assolutamente insostenibile la strada che ha preso certo cinema contemporaneo nel rappresentare le donne come delle insopportabili Mary Sue.

È ora di dire basta.

Per i più coraggiosi, vi lascio con la videoclip ufficiale di Rasputin.

Buona visione.