Al cinema…?
Categoria: Sony
Spider-Man: Across the Spider-Verse (2023) di Joaquim Dos Santos, Kemp Powers e Justin K. Thompson è il sequel del quasi omonimo film del 2018, con protagonista Miles Morale – l’altro Spiderman.
Un film che promette molto bene al botteghino: a fronte di un budget di circa 100 milioni, ha già raddoppiato i suoi costi di produzione, con 208 milioni di incasso nel primo weekend.
Candidature Oscar 2024 per Spider-Man: Across the Spider-Verse (2023)
in neretto le vittorie
Miglior film d’animazione
Di cosa parla Spider-Man: Across the Spider-Verse?
Dopo più di un anno dall’incontro con lo Spider-Verse, Miles e Gwen stanno facendo i conti con i loro irrisolti problemi familiari…
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Spider-Man: Across the Spider-Verse?
Assolutamente sì.
Spider-Man: Across the Spider-Verse compie diversi ed importanti passi avanti rispetto al precedente film – che era già ottimo: una tecnica artistica che si evolve in nuove direzioni, raccontando visivamente in maniera nuova e fresca i diversi universi, retta anche da una scrittura molto più consapevole.
Infatti, questo film nasce inizialmente come un unico prodotto, ma si è scelto successivamente di dividerlo in due parti. E, a fine visione, sono sicura che di questo capitolo non avreste tolto un minuto: un’introduzione potente e robusta per una storia monumentale.
Insomma, assolutamente imperdibile.
Ricominciamo da Gwen
Spider-Man: Across the Spider-Verse ricomincia, a sorpresa, da Gwen.
Il suo personaggio è quanto essenziale, quanto poco esplorato nel precedente capitolo. In questo caso, invece, domina la scena per la primissima parte della pellicola, ri-raccontando per certi versi – ma in maniera più approfondita – il trauma personale che la definisce come Spider Woman.
E da qui si sviluppa anche il dramma del rapporto non risolto col padre, che si esplica anche in un senso di forte solitudine, di necessità di trovare un’identità e di far parte di un gruppo – ovvero la Spider Society.
Ma con una scelta che la porta – e per non poco tempo – ad abbandonare il padre stesso…
I super problemi
La seconda parte del primo atto è invece dedicata a Miles.
Anche il giovane protagonista sta affrontando questioni non tanto dissimili da quelle di Gwen, anche se con un taglio narrativo decisamente molto più ironico – in funzione del finale, che invece raggiunge un picco drammatico non indifferente.
Ancora una volta, scopriamo Miles prima come Miles, e poi come Spiderman.
Un ragazzo che sta vivendo un momento di passaggio in realtà abbastanza tipico per il suo personaggio: pensare a che tipo di vita costruirsi oltre alla sua identità segreta, a vivere il peso di rivelare la stessa ai genitori – soprattutto al padre.
Ma anche Miles si lascia momentaneamente il problema alle spalle, per unirsi alla Spider Society.
Un villain di contorno?
Spot ha un ruolo tutto particolare.
Inizialmente sembra veramente un villain puramente comico, il villain della settimana, che Spiderman sconfigge facilmente, per poi passare al prossimo super problema.
Ma lui stesso si ribella da questo ruolo, riuscendo invece a riscoprire i propri poteri come molto più interessanti di quanto aveva compreso finora. Purtroppo, le sue motivazioni sono molto banali: vendicarsi su Spiderman.
Per questo motivo nel terzo atto di fatto scompare, rimanendo solo come una minaccia nell’ombra, che aggrava ancora di più una situazione già di per sé assai spinosa…
Il problema del canone
Il vero nemico di Spider-Man: Across the Spider-Verse è Spiderman stesso.
Con un ottimo gioco metanarrativo, si racconta come tutti gli Spiderman, proprio per riuscire a mantenere intatto quello che volgarmente chiamiamo Spider-Verse, devono accettare e di fatto sottostare alle regole del canone.
In questo modo si giustifica come il personaggio, nelle sue varie incarnazioni cinematografiche – in particolare quelle della Sony – ripercorra bene o male le medesime tappe e affronti i medesimi problemi, pur con le dovute differenze.
Ma è questo il vero dramma.
Spiderman per essere tale è costretto ad affrontare anche traumi davvero sconvolgenti, che solitamente riguardano la perdita degli affetti.
Per questo il personaggio di Miguel O’Hara è così tanto grigio: avendo vissuto sulla sua pelle cosa significa davvero andare contro il canone e vivere solamente per sé stessi, lo impone giustamente (?) anche a tutti gli altri.
Ma Miles è ancora troppo giovane, troppo inesperto – ancora una volta – e non è pronto ad affrontare un nuovo trauma in così poco tempo. Un trauma che, con ogni probabilità, lo porterebbe ad una distruzione della sua identità e a chiudersi in sé stesso.
E allora cos’è più importante?
Salvare sé stessi o salvare il multiverso?
Spider-Man: Across the Spider-Verse finale spiegazione
Il finale di Spider-Man: Across the Spider-Verse è piuttosto oscuro.
Quantomeno inizialmente Gwen ottiene un finale positivo: anche se scopre che per colpa sua il padre ha lasciato il lavoro da poliziotto, in questo modo non diventa capitano della polizia, non seguendo quindi la strada del canone che l’avrebbe portato alla morte.
Invece il finale di Miles è quasi macabro.
Finalmente pronto ad affrontare i suoi genitori per rivelare la sua identità segreta, il protagonista si confida con la madre, che sembra non capire di cosa stia parlando. E, se in un primo momento la situazione sembra credibile, minuto dopo minuto la verità comincia ad emergere…
Miles ha sbagliato universo, è finito in quello da cui deriva il ragno che l’ha morso, dove proprio per questo manca uno Spiderman. E non è neanche la cosa peggiore: Miles, perdendo il padre e non essendo morso dal ragno, è diventato un supercattivo, Prowler.
Ed è piuttosto credibile: nel primo film veniva raccontato quanto Miles fosse legato allo zio, quindi è altrettanto comprensibile che, in mancanza di un’altra strada, si sia lasciato sedurre dalla possibilità di essere super, ma dalla parte sbagliata…
Spider-Man: Across the Spider-Verse Andrew Garfield Donald Glover
Spider-Man: Across the Spider-Verse è il miglior racconto del multiverso di Spiderman portato finora al cinema.
La tecnica narrativa e artistica si arricchisce, portando nuovi e fantastici personaggi, ognuno definito da una propria estetica, peculiare e unica: dallo Spider Punk all’Avvoltoio di Età Rinascimentale.
Ma anche Gwen ha una propria identità visiva, quasi espressionista: una realtà molto sfumata, che cambia a seconda delle sue emozioni.
Un multiverso incredibilmente intelligente, che riesce anzitutto a portare un’ironia metanarrativa particolarmente indovinata:
Ma, soprattutto, sembra mettere finalmente un punto al rapporto fra live action e realtà animata nell’Universo Marvel-Sony.
Semplicemente, i personaggi in live action rimangono tali, non cambiano entrando nell’universo animato. E così il film si collega a tutti gli altri Spiderman della Sony, in maniera molto più organica rispetto a No Way Home (2021).
Ma il collegamento più importante è anche quello che potrebbe sfuggire: Donald Glover nei panni di Prowler, che molti potrebbero essersi dimenticati che è apparso – pur con un minutaggio limitato – in Spiderman: Homecoming (2016):
Quindi già al tempo sapevamo dell’esistenza di Miles Morales nell’universo live action.
Quindi è probabile che questi due mondi – animato e live action – rimangano divisi – e che altrettanto probabilmente ci sarà un Miles Morales diverso in live action (nel già annunciato film) e un sequel di No Way Home, che sembra già essere in produzione.
Così, se tutto va bene, non faranno un disastro.
Spider-Man: into the Spider-Verse (2018) di Bob Persichetti, Peter Ramsey e Rodney Rothman è un lungometraggio animato di produzione Sony, con protagonista l’Uomo Ragno in una veste inedita.
Un prodotto che ebbe maggior successo nel suo rilascio in streaming, a fronte di un riscontro economico non eccellente: con un budget di 90 milioni, incassò appena 375 milioni – meno del prodotto più debole della Marvel lo stesso anno, Antman and the Wasp.
Di cosa parla Spider-Man: into the Spider-Verse?
Miles Morales è un ragazzino di quattordici anni, che vive stressato dalle aspettative del padre poliziotto e nell’ammirazione dello zio, non sapendo quali strade prendere nella sua vita. Un incidente gli cambierà per sempre la vita…
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Spider-Man: into the Spider-Verse?
Assolutamente sì.
Spider-Man: into the Spider-Verse è stata una grande sorpresa per molti, soprattutto dopo il recente successo dello Spiderman di Tom Holland, e quando il multiverso al cinema era ancora solo timidamente esplorato.
Io non lo vidi in sala – per colpa anche di una distribuzione piuttosto anomala in Italia – ma lo riscoprì grazie all’ottimo passaparola un paio di anni dopo.
E ne rimasi estremamente soddisfatta: un film veramente ben scritto, con una tecnica d’animazione pazzesca ed originale, che gioca fra l’altro in maniera perfetta con l’elemento metanarrativo.
Insomma, non ve lo potete perdere.
Un inizio (non) ridondante
Raccontare le origini di Spiderman non è affare da nulla.
La sua origin story è nota tanto quanto quella di Batman, e raccontarla identica per l’ennesima volta poteva apparire incredibilmente ridondante e – di fatto – noioso. Per questo Spider-Man: into the Spider-Verse ha scelto la via più intelligente.
L’autoironia.
Collegandosi direttamente – ma non troppo – a Spiderman (2002) di Raimi, riassume in prima battuta la storia dello Spiderman più canonico, per poi passare a raccontare Miles prima di tutto come personaggio e, solo dopo, come l’Uomo Ragno.
Ma c’è di più.
Non il solito Spiderman
L’altro elemento di grande novità di Spider-Man: into the Spider-Verse è che Miles non è Peter Parker.
Anche se le origini sono simili, il fatto che non si tratti del medesimo personaggio permette di spaziare nella scoperta di poteri altri oltre a quelli canonici dell’Uomo Ragno, e, soprattutto, di giocare in maniera davvero interessante con la figura di Peter Parker stesso.
Se infatti Miles si aspettava di avere come mentore il suo eroe del cuore, in realtà si trova in mezzo allo psicodramma di un Peter Parker nella sua versione più fallimentare, che ha preso tutte le scelte sbagliate nella vita.
Sapore di verità
L’altro elemento che ho particolarmente apprezzato è quanto Miles sia un eroe molto quotidiano.
Un aspetto che avevo già adorato in Spiderman: Homecoming (2017), prodotto però mancante – per ovvi motivi – di tutta la parte del primo approccio ai poteri del protagonista.
Una sezione invece presente sia in Spiderman (2002), sia in The Amazing Spider-Man (2012), ma che non mi aveva mai veramente soddisfatto.
In questo caso la scoperta delle nuove abilità non solo ha un taglio molto realistico e piacevole, ma è riuscita anche ad avvicinarmi emotivamente al protagonista, nella sua confusione per questa inedita situazione…
Scoprire sé stessi
A primo impatto il modo in cui Miles accetta i suoi poteri potrebbe apparire forzato.
In realtà, è perfettamente coerente col personaggio.
La figura di Spiderman è legata all’istinto e ai sensi ragneschi. Per questo è del tutto comprensibile che, per riuscire a diventare effettivamente l’Uomo Ragno, il protagonista debba riuscire a fare questo salto di fede e accettare istintivamente questi poteri come propri.
E, sempre per i motivi di cui sopra, ho amato il fatto che l’estetica del suo costume è perfettamente coerente con il suo personaggio e, soprattutto, che Miles non debba crearsi – come in The Amazing Spiderman – il costume da solo, ma solo renderlo suo.
Fantastici secondari
Uno dei punti di forza di Spider-Man: into the Spider-Verse sono le versioni alternative dell’Uomo Ragno.
Elemento che probabilmente – e felicemente – si confermerà anche in Spider-Man: across the Spider-Verse (2023).
Particolarmente vincente l’idea di portare in scena personaggi così tanto diversi da loro, ma pur sempre legati al canone. E un grande successo è stato anche scrivere così bene Spider-Woman, quando c’erano tutti i presupposti per renderla una Mary Sue…
Ma il mio preferito è sicuramente Spiderman Noir, la versione alternativa più iconica e rimasta nel cuore degli spettatori.
Parlando invece di Peni Parker…
Peni Parker Spider-Man: Into the Spider-Verse
Capisco tutto di Peni Parker.
Capisco la necessità di inserire un ulteriore personaggio femminile in un team principalmente maschile, di fare ancora una volta un passo verso il pubblico orientale…
Ma il suo personaggio è veramente l’unica cosa che non mi è piaciuta del film.
Oltre ad essere una versione troppo diversa dal personaggio di partenza, l’ho trovata davvero di troppo, non riuscendo a comunicarmi granché, se non un sincero fastidio…
Spider-Man: into the Spider-Verse animazione
Spider-Man: into the Spider-Verse è ricordato anche per la tecnica veramente rivoluzionaria.
Un incredibile incontro fra animazione 3D e 2D, in questo caso particolarmente azzeccata per rendere – anche metanarrativamente – la dimensione fumettistica.
Una boccata d’aria fresca all’interno di produzioni animate ormai abbastanza standardizzate, che ha aperto la porta anche ad altre interessanti sperimentazioni in questo senso.
Fra le più interessanti, la serie Arcane (2021 – …) e Il gatto con gli stivali 2 – L’ultimo desiderio (2022).