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Il dittatore dello stato libero di Bananas – Un passo indietro?

Il dittatore dello stato libero di Bananas (1971) è uno dei primi film di Woody Allen, immediatamente successiva alla prima pellicola di questa rubrica, Prendi i soldi e scappa (1969).

Con un titolo tanto più ingannevole e, di fatto, spoileroso, la pellicola è forse ancora più sperimentale della precedente.

Ma forse non nella direzione giusta…

Anche in questo caso una produzione fatta con pochissimo: appena 2 milioni di budget, che però non portarono ad un come il precedente, ma ad incasso di quasi 12 milioni.

Di cosa parla Il dittatore dello stato libero di Bananas?

Fielding, interpretato dallo stesso Woody Allen, è un mediocre impiegato che, deluso dall’amore, parte per il paese sudamericano Bananas, rimanendo involontariamente coinvolto nelle sue macchinazioni politiche…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Il dittatore dello stato libero di Bananas?

Woody Allen in Il dittatore dello stato libero delle Bananas (1971) di Woody Allen

In generale, sì.

Personalmente considero questa pellicola come una delle più deboli della prima produzione di Allen. Come dinamiche è abbastanza vicino al precedente Prendi i soldi e scappa, ma in questo caso premendo l’acceleratore sui tasti comici sbagliati.

In generale rimane comunque un film da recuperare per esplorare le prime sperimentazioni del regista in ambito cinematografico e soprattutto comico. In questo caso Allen è scatenato, tanto che mi ha ricordato – con le dovute differenze) – Jim Carrey in Ace Ventura (1998).

Una comicità diversa

Come attore, siamo abituati a vedere un Woody Allen interpretare personaggi timidi e ingenui, spesso considerati (non del tutto a torto) dei totali idioti. Tuttavia in questo caso il regista sperimenta in un’altra direzione, giocando con un tipo di comicità molto slapstick e di chiara ispirazione al cinema muto.

E questo personalmente è stato un elemento che non mi ha del tutto entusiasmato della pellicola. Personalmente preferisco l’umorismo più surreale di altri prodotti, che in questo caso indubbiamente non manca, ma che è in parte guastato da questa scelta di una comicità più spicciola e, per me, molto meno divertente.

Affogati nelle gag

Il dittatore dello stato libero delle Bananas (1971) di Woody Allen

Il problema principale della pellicola è avere una storia poco solida, costruita principalmente su gag comiche, che non appaiono come intermezzi alla storia, ma come un elemento portante, appunto.

E personalmente vedere momenti comici anche interessanti e geniali, come tutta la sequenza iniziale, davanti a gag di base livello come quella in cui il protagonista guarda in camera con sguardo furbetto quando scopre di avere l’occasione di succhiare il veleno del morso di un serpente dal seno di una sua compagna.

E le gag si susseguono interminabili senza che la trama prenda effettivamente uno slancio significativo, neanche alla fine.

Due camei che non ti aspetti

Il dittatore dello stato libero di Bananas è uno di quei film che vengono citati quando si raccontano primi camei degli attori in film improbabili.

In questo caso, Sylvester Stallone.

Personaggio estremamente secondario, protagonista di una gag in cui rappresenta uno dei due bulli che importunano le persone nella metropolitana. E con nessuna battuta. Ben prima del successo dei suoi ruoli iconici, insomma.

La seconda apparizione simpatica da notare è quella di Louise Lasser, la seconda moglie di Woody Allen, che qui interpreta Nancy. E di cui riconoscerete il volto per averla già vista in Prendi i soldi e scappa come la ragazza che viene intervistata verso la fine dopo l’arresto del protagonista.

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Prendi i soldi e scappa – L’arte del paradosso

Prendi i soldi e scappa (1969) è una delle prime pellicole di Woody Allen, in un periodo in cui sperimentava ampiamente con il surreale e con quel tipo di comicità che è diventata la sua firma.

L’ho scelto come prima tappa per la mia (ri)scoperta di questo regista perché è stato forse il primo film che ho visto della sua cinematografia e fra i primi film che mi hanno fatto innamorare del cinema.

Una pellicola prodotta veramente con niente: appena 1.53 milioni di dollari (circa 12 milioni oggi), con un incasso di 2,9.

Di cosa parla Prendi i soldi e scappa?

Nella forma del mockumentary, il film racconta la storia di Virgil, timido ragazzo cresciuto nella criminalità e il degrado e che non è mai riuscito a trovare il suo posto nel mondo. Per colpa di una serie di improbabili situazioni, diventerà uno dei criminali più ricercati degli Stati Uniti.

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Prendi i soldi e scappa?

Woody Allen in una scena di Prendi i soldi e scappa (1969) di Woody Allen

Assolutamente sì.

Prendi i soldi e scappa è un film abbastanza particolare, proprio per i suoi due elementi portanti: la forma del finto documentario e la comicità assolutamente surreale, che gioca in maniera intelligente con lo slapstick.

In generale è un film che vi consiglierei di guardare un po’ a prescindere, anche per vedere le prime mosse che Allen muoveva all’inizio della sua produzione. Tuttavia, se questi elementi di cui sopra non sono nelle vostre corde, potrebbe non essere così godibile.

Il mockumentary before it was cool

Woody Allen in una scena di Prendi i soldi e scappa (1969) di Woody Allen

Prima Allen il cinema aveva sperimentato con il genere mockumentary, a partire dal classico della cinematografia, Quarto potere (1941). La particolarità di Prendi i soldi e scappa è utilizzare questo taglio narrativo in maniera comica.

E l’effetto comico nasce anzitutto dalla voce della voce fuori campo che racconta la maggior parte degli avvenimenti, con il classico tono del documentario più agèe, rimanendo del tutto seria ed imponente anche quando racconta qualcosa di evidentemente comico.

Fra le scelte più esilaranti, le mie preferite sono sicuramente i genitori di Virgil, che viene raccontato con estrema serietà che si coprono il viso per la vergogna del figlio, e quando si riferisce il commento speranzoso del protagonista riguardo alla sua condanna a 800 anni galera:

At the trial, he tells his lawyer confidently that with good behavior, he can cut the sentence in half.

Al processo, ha detto al suo avvocato in confidenza che, grazie alla buona condotta, può dimezza la sua pena.

Esilarante.

L’arte del paradosso

Woody Allen in una scena di Prendi i soldi e scappa (1969) di Woody Allen

Come detto, la colonna portante del film è la comicità paradossale: oltre all’utilizzo comico del documentario, Allen si dimostrò fin da subito capace di ridere di sé stesso. Il regista, spesso protagonista delle sue pellicole, ha infatti un aspetto ormai iconico e innocuo, che nel contesto del film appare davvero ai limiti del paradosso.

Ovviamente la narrazione è estremizzata, raccontando Virgil proprio come un idiota, che diventa uno dei criminali più ricercati degli Stati Uniti nonostante abbia partecipato a crimini uno più improbabile dell’altro.

Tematica su cui Allena tornerà, seppur in maniera diversa, in altre pellicole successive dal taglio anche più drammatico, come Criminali da strapazzo (2000)

La comicità mai scadente

La comicità della pellicola è a tratti fantozziana, ma, a differenza di questa, non scade mai nello slapstick puro e, di fatto, prevedibile. Al contrario lavora sempre sull’effetto sorpresa, sia nei momenti comici più elaborati, sia in quelli di comicità più semplice.

Ad esempio, all’inizio è esilarante l’assurdità della situazione per cui Virgil suona nella banda cittadina, ma non può di fatto farlo perché per suonare il violoncello ha bisogno di stare seduto.

O ancora il climax comico dell’arresto alla fine, quando l’amico che sta rapinando gli prende gentilmente la pistola di mano e gli dice di essere un poliziotto.

Un tipo di comicità più semplice, ma mai scadente, è quella per esempio della scena in cui in prigione il protagonista cerca di piegare la camicia col macchinario apposito, ma questa gli si rivolta contro.

Insomma, una comicità che non sbaglia un colpo.

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Bad Teacher – La rivincita della cool girl

Bad Teacher (2010) di Jake Kasdan è una commedia spassosa e irriverente con protagonista Cameron Diaz.

Non un grande film, ma un film che porto veramente nel cuore.

Con un budget veramente ridotto (appena 20 milioni), si portò a casa la bellezza di 216 milioni di dollari in tutto il mondo.

Di cosa parla Bad Teacher?

Elisabeth è la classica maestra che si approfitta della sua posizione a discapito dei propri studenti. La sua vita viene scombussolata quando non riesce a combinare un matrimonio vantaggioso che l’avrebbe sistemata a vita…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Bad Teacher?

Cameron Diaz in una scena di Bad Teacher (2010) di Jake Kasdan

Dipende.

Bad Teacher è un’ottima commedia che prende le mosse dai prodotti comici tipici dei primi Anni Duemila, come l’indimenticabile Dodgeball (2004). Tuttavia porta anche un racconto più originale e maturo, senza mai sfociare nel cattivo gusto.

Ve lo consiglio principalmente se vi piacciono questo tipo di commedie e se soprattutto amate Cameron Diaz come attrice comica, in questo ruolo in forma smagliante, circondata da altri attori comici di grande valore come Jason Segel e Eric Stonestreet.

Perché siamo dalla parte di Elisabeth…

Cameron Diaz in una scena di Bad Teacher (2010) di Jake Kasdan

Bad Teacher porta in scena una protagonista affatto positiva, anzi: viene subito presentata nelle sue contraddizioni, di come lavori in una scuola per tutti i motivi sbagliati (per sua stessa ammissione) e non abbia in realtà alcuna voglia di insegnare, né di avere alcun tipo di relazione con i propri alunni, di cui non conosce neanche il nome.

Alla prima occasione si approfitta di un matrimonio di convenienza, che però va gambe all’aria e la riporta forzatamente dietro la cattedra. L’unico movente che infine la spinge ad insegnare veramente ai suoi alunni è il puro e semplice profitto.

Allora perché siamo dalla sua parte?

Cameron Diaz in una scena di Bad Teacher (2010) di Jake Kasdan

Proprio per il suo comportamento eccessivo Elisabeth è un personaggio irresistibile, e al contempo è anche molto umano: una donna estremamente attraente e desiderabile, che ha basato tutta la sua vita solamente su questo, anche andando a banalizzarsi. In realtà è un personaggio con grandi capacità (e volontà) di aiutare gli altri.

E infatti nel finale assume il ruolo che avrebbe sempre dovuto avere: consulente scolastico, una sorta di psicologo della scuola. Non a caso in diversi momenti del film, pur nel suo modo particolare, si è spesa nell’aiutare gli altri (la collega Lynn, il suo alunno Garret…), con consigli concreti ed effettivamente utili.

…e non di Amy

Lucy Punch in una scena di Bad Teacher (2010) di Jake Kasdan

Per quanto Amy sia apparentemente il personaggio positivo, o almeno quello che vive nella legalità, è decisamente quello più negativo di tutti.

Sicuramente è una maestra che si impegna nel suo lavoro, che cerca anzi modi creativi per incoraggiare i propri studenti a studiare. Tuttavia è del tutto evidente che anche lei, seppur per motivi diversi da Elisabeth, non insegna per il piacere di insegnare.

Infatti proprio per la questione del concorso verso la fine del film, è chiaro che Amy si impegni così tanto nel suo lavoro solo per avere un riconoscimento sociale, e convincere di fatto sé stessa di essere la migliore.

Quindi capiamo anche la sua frustrazione nell’essere scalzata da una mediocre come Elisabeth.

Accontentarsi di uomini mediocri

Justin Timberlake in una scena di Bad Teacher (2010) di Jake Kasdan

Il grande difetto di Elisabeth, che è al centro della sua maturazione nel film, è la sua incapacità di valorizzarsi, e per questo di cercare relazioni solamente con uomini mediocri.

Questo è il paradosso della cool girl, della ragazza popolare troppo cresciuta: l’incapacità di andare oltre le dinamiche adolescenziali e cercare relazioni appaganti, preferendo rincorrere la fama e i soldi.

Proprio mentre parla con Garret, Elisabeth si rende conto di star usando la stessa superficialità di Chase, andando a scegliere gli uomini che hanno un valore sociale più che un valore relazionale. Quindi nel caso della giovane Chase, il ragazzo più popolare, nel caso di Elisabeth, l’uomo più ricco.

Justin Timberlake e Cameron Diaz in una scena di Bad Teacher (2010) di Jake Kasdan

E infatti, il suo futuro marito all’inizio si rivela fin da subito una drama queen, fra l’altro incapace di gestire la propria relazione senza l’ingombrante figura materna. E Scott ancora di più è un uomo che oggettifica le donne solo per il loro aspetto, è un razzista e un conservatore, oltre che incapace di avere delle relazioni sane.

Questo è l’altro grande passo avanti che Elisabeth compie nella pellicola: scegliere di avere una relazione con un uomo che non è né bellissimo né ricco, ma che è con cui è davvero affine e che è capace di darle una relazione soddisfacente.