The worst person in the world(2021) è un film norvegese, per la regia di Joachim Trier, cineasta già attivo da molti anni e che con questo film chiude la sua Trilogia di Oslo. La pellicola è stata candidata a Miglior film internazionaleagli Oscar 2022 (perdendo contro Drive my car) e al Festival di Cannes 2021 ha conquistato il premio per Miglior interpretazione femminile.
Un film che si propone di raccontare il dilemma generazione dei millenials, all’interno di una commedia romantica.
Ci è riuscito?
Di cosa parla The worst person in the world
La pellicola racconta di Julie, una ragazza di quasi trent’anni che cerca costantemente di trovare la propria strada nella vita, stressata dalla generazione più vecchia di lei per prendere una decisione e far fronte alle sue responsabilità. E, per questo, si barcamena fra due relazioni sentimentali.
Vi lascio il trailer per farvi un’idea.
Perché The worst person in the world non funziona (secondo me)
Come anticipato, The worst person in the world sembrava voler raccontare un dilemma generazionale: i millennial sono una generazione di adulti trattati dalla società con gli stessi parametri di una realtà culturale ormai tramontata. Troppo giovani per essere presi sul serio, ma abbastanza adulti da prendere scelte importanti sulla propria vita.
La pellicola pare appunto voler partire da queste premesse, sviluppando la tematica attraverso il racconto delle relazioni romantiche travagliate della protagonista. In realtà, a parte qualche concetto femminista buttato lì e qualche problema generazionale non particolarmente esplorato, The worst person in the world non è altro che una commedia romantica di medio livello, che cade nel facile patetismo sul finale.
La persona peggiore del mondo?
Il film si propone fin dal titolo di raccontare il dramma e il conflitto della protagonista, che si sente appunto la persona peggiore del mondo per le sue scelte di vita. Il problema è che sicuramente Julie fa delle scelte che moralmente non sono del tutto condivisibili, ma sono anche le migliori per lei. E questo, che sembrava dover essere il tema principale della pellicola, non viene affrontato fino in fondo, non riuscendo di conseguenza a contestualizzare adeguatamente il titolo e la tematica.
Ho visto molto più focus, soprattutto nella parte finale, sul personaggio di Aksel, il fidanzato quarantaquattrenne con cui Julie ha un evidente conflitto generazionale. A lui viene infatti viene dedicato ampio spazio nelle ultime sequenze, in particolare con un monologo dal forte impatto emotivo. Insomma, il suo personaggio mi è sembrato decisamente più profondoed esplorato rispetto a quello della protagonista, complice probabilmente anche il fatto che chi ha scritto e diretto la pellicola fa parte della generazione di Askel, appunto.
Vale la pena di vedere The worst person in the world?
Nonostante il film sia a mio parere fallace nel rendere al meglio la tematica trattata, è complessivamente un film godibile, soprattutto se apprezzate le commedie romantiche. In particolare se siete amanti della produzione europea, generalmente estranea agli stereotipi più smaccati del genere, come invece tipico del cinema statunitense.
Semplicemente, non aspettatevi un film particolarmente brillante come si propone di essere.
Rapunzel (2010) è un lungometraggio animato di casa Disney, il cinquantesimo fra i suoi Classici, nonché, insieme al Re Leone (2019), il film animato più costoso della storia del cinema.
E così, con un budget di 260 milioni di dollari, incassò bene: quasi 600 milioni in tutto il mondo.
Ed è fra i miei prodotti animati preferiti in assoluto.
Di cosa parla Rapunzel?
Rapunzel è una ragazza che sta per compiere diciotto anni, passati tutti nella torre in cui è stata imprigionata da Madre Gothel, che vuole sfruttare il suo potere…
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena guardare Rapunzel?
Assolutamente sì.
Rapunzel è un ottimo prodotto di animazione, che riesce facilmente ad intrattenere e a divertire.
Oltre a non avere mai dei momenti morti, presenta una narrazione incalzante, porta in scena due protagonisti con un’ottima chimica, una storia d’amore davvero coinvolgente, pur nella sua semplicità. Inoltre, una serie di personaggi secondari genuinamente divertenti e ben scritti.
Insomma, non ve lo potete perdere.
Rapunzel
Rapunzel è una protagonista all’avanguardia per i tempi.
oltre ad essere, insieme a Mulan, una delle poche principesse a possedere un’arma, come Mirabel in Encanto (2021), è un personaggio intraprendente e che prende in mano la propria vita, nonostante tutti gli ostacoli che le vengono messi davanti.
Ovviamente il maggiore ostacolo è Madre Gothel e i suoi ricatti emotivi, ma anche Flynn inizialmente cerca di ingannarla e manipolarla.
Ma Rapunzel è inarrestabile.
In particolare, la protagonista della pellicola ha due punti di forza: non ha un principe e si salva da sola.
Salviamoci insieme
Non solo Rapunzel si salva da sola, ma salva anche il principe.
Una caratteristica ben poco presente per i personaggi femminili, che solitamente sono figure passive che devono essere salvate, spesso premio di una prova del personaggio maschile.
In questo caso Rapunzel decide autonomamente di intraprendere il suo viaggio e riesce, pur con qualche difficoltà, a difendersi, sia fisicamente che psicologicamente, da Flynn e infine da Madre Gothel.
Inoltre, appunto, salva Flynn in almeno due situazioni: quando stanno scappando dai gendarmi dalla taverna, quando stanno per affogare, e infine, anche se indirettamente, quando Flynn è effettivamente morto.
E l’unico momento in cui viene effettivamente salvata non è il solito salvataggio della principessa in pericolo.
Flynn
Molto spesso nella narrazione classica si portava una rappresentazione del protagonista maschile che doveva essere il sogno di ogni bambina: trovare un uomo bello e ricco da sposare, possibilmente che sapesse mettersi in gioco per salvarci la pelle.
Tuttavia le prospettive e i desideri del pubblico già dieci anni fa si erano ampliati.
Per questo Flynn Rider è stato il primo anti-principe della Disney.
A questo esperimento ne è seguita una pallida imitazione con Kristoff in Frozen, e in parte Nick in Zootropolis (2016). Quindi personaggi maschili che si affiancano le protagoniste femminili più come compagni di avventure che (solo) come interessi amorosi.
Nel caso di Flynn troviamo un personaggio assolutamente inusuale per l’epoca: viene anzitutto presentato come fondamentalmente negativo, in quanto fuorilegge, furbo e approfittatore, oltre che vanitoso (caratteristica rara nei personaggi maschili protagonisti, se non per sottosensi queer).
Nonostante tutti questi difetti, Flynn ci sta subito simpatico perché è un personaggio umano.
Uscire dallo stereotipo
A differenza di Rapunzel, che è un personaggio più tipico, Flynn è un personaggio profondamente umano.
Come ci spiega lui stesso, Flynn non è rappresenta la sua reale persona, ma è una facciata che si è costruito. Anche se non è spiegato nel dettaglio, sicuramente proviene da una realtà di grave povertà, forse persino da un orfanotrofio.
Per cui rubare non era mai stato un atto di avidità, ma un modo di sopravvivere, e anche di inseguire, seppure in maniera negativa, il sogno di una vita migliore. La validità del suo sogno viene tuttavia più volte ridimensionata, anzitutto da Uncino, che gli dice Il tuo sogno fa schifo.
Compagno di vita
Così, come nel migliore dei buddy movie, Flynn insieme a Rapunzel riesce a crescere e a migliorarsi, con un effettivo lavoro di squadra, che non sia solo unidirezionale.
Infatti Flynn non salva Rapunzel in senso stretto, ma più che altro la aiuta a compiere quell’atto finale che non riusciva a compiere lei stessa, per via lavaggio del cervello cui era stata sottoposta: tagliare definitivamente i ponti, e così il cordone ombelicale metaforico con la madre.
Oltre a questo, Rapunzel riesce a tirare fuori il meglio da lui, portandolo ad abbandonare Flynn per tornare ad Eugene, ovvero una persona che si interessa a qualcun altro oltre che a sé stesso, e che ha mire definitivamente più oneste e positive.
Ovviamente all’interno di un finale molto semplice e prevedibile, ma del tutto funzionale.
L’innamoramento
Un grande pregio del film è che il rapporto Flynn e Rapunzel, nonostante sia basato sui più classici e funzionali tropoi di enemy to lovers, è ben costruito.
Inizialmente entrambi, appena si scoprono, sono quantomeno colpiti. Soprattutto Flynn, che rimane sbigottito vedendola per la prima volta, anche perché in quella scena la ragazza è disegnata in maniera più adulta.
Immediatamente, sono entrambi sulla difensiva davanti all’ignoto: Rapunzel si difende disordinatamente con la padella, Flynn con i suoi stupidissimi metodi di approccio, che potrebbero funzionare con altre donne, ma non con Rapunzel.
Poi ci riprova, vedendola in difficoltà, usando trappole emotive al pari di Madre Gothel, anche se ovviamente non in maniera così diabolica.
L’ultimo inganno a cui la sottopone è quello decisivo: alla taverna, invece di arrendersi definitivamente, Rapunzel si dimostra nuovamente capace di gestire la situazione, portandola a suo vantaggio.
E così è anche la prima volta che Flynn è genuinamente interessato a lei, come si vede dal mezzo sorriso che le rivolge mentre sono nel tunnel sotto alla caverna. Da questo momento in poi comincerà a non considerarla più una ragazzina sprovveduta.
Ed è anche la prima volta in cui Rapunzel si rende conto delle sue capacità, e di non essere una buona a nulla come raccontava Madre Gothel.
Le ultime tappe
La scena del falò è un altro momento decisivo.
Finalmente entrambi si svelano l’uno all’altro, in maniera in cui nessuno dei due aveva mai fatto con nessuno. A quel punto Rapunzel è già evidentemente già innamorata, ma Flynn non può concedersi questo passo: la guarda ammaliato, poi abbassa lo sguardo, genuinamente sorpreso, e si allontana con una scusa.
E in quel momento Rapunzel fa la mossa finale: dimostra di accettarlo per chi davvero è, e non per la facciata che Flynn ha dovuto usare tutta la vita. E da come lo guarda si vede che è definitivamente innamorata.
Lo stesso sguardo è negli occhi di Flynn quando in città vede Rapunzel con i capelli intrecciatidi fiori. Ma, ancora una volta, davanti allo sbeffeggiamento di Maximus, cerca di allontanare quel pensiero.
L’amore fra i due è finalmente rivelato prima quando si trovano mano nella mano durante la danza nella città, e infine sulla barca, quando si dichiarano vicendevolmente, senza più imbarazzo.
Così il breve distanziamento fra i due, che per fortuna non viene eccessivamente drammatizzato ed è anzi occasione per Rapunzel di avere la sua rivalsa su Madre Gothel, viene risolto con la dichiarazione reciproca dell’amore di entrambi.
E non con un semplice ti amo, ma con una dichiarazione più profonda.
Sei il mio nuovo sogno.
Madre Gothel
Madre Gothel è villain da manuale.
un antagonista piuttosto tipizzato, ovvero quel tipo di cattivo la cui cattiveria non è particolarmente esplorata.
Tuttavia, leggendo più a fondo il suo personaggio, si scopre che non è così superficiale come potrebbe sembrare. Anzitutto, le sue motivazioni: non cattiva perché cattiva, ma perché ossessionata non tanto dalla vita eterna, ma proprio dalla bellezza.
Non a caso Madre Gothel è una donna fascinosa e magnetica, che utilizza anche questo suo potere a suo vantaggio.
Così ammalia uno dei delinquenti della taverna per sapere dove sbuca il tunnel sotterraneo, così inganna i due compari di Flynn Rider per utilizzarli a suo vantaggio.
E sempre sulla bellezza punta quando vuole sminuire Rapunzel, sia durante la canzone Mother knows best, quando le dice che è trasandata, persino grassa (a little chubby).
Ma soprattutto durante la scena del falò, quando le afferra i capelli per sbeffeggiarla e le dice Pensi che sia rimasto impressionato? ribadendo quanto la figlioccia sia strana, trasandata e per nulla attraente.
Ma, soprattutto, Madre Gothel è definita nella dicotomia luce – buio, in contrapposizione con Rapunzel.
Essere inghiottiti dall’oscurità
Secondo un topos molto semplice, ma non per questo meno efficace, Madre Gothel è strettamente collegata al concetto di oscurità. Anzitutto per i colori del suo personaggio, molto intensi e scuri appunto, così per la maggior parte delle scene in cui compare, sempre in ombra o penombra.
Inoltre, questa dicotomia si trova nella già citata canzone Mother knows best: tutta la scena è la donna che cerca di togliere la luce alla figlioccia, sia in senso metaforico che effettivo.
Come le spegne le candele che Rapunzel cerca di accendere per fare luce, così Madre Gothel utilizza la luce a suo vantaggio, facendo vedere quello che vuole lei, e ottenebrando la mente della ragazza con paure insensate.
Un’ombra
L’ombra di Madre Gothel accompagna Rapunzel anche quando non è presente in scena.
Quando la ragazza è profondamente divisa sul da farsi, avendo paura di deludere la madre, nelle scene di spensieratezza l’ambiente è luminoso e con colori pieni, quando è invece triste e preoccupata la vediamo in ambienti nell’ombra o nella penombra.
Altrettanto importante per questo simbolismo è l’incontro del falò: la donna abbraccia Rapunzel, non per affetto ma per ingabbiarla nuovamente, la afferra per un polso e cerca di trascinarla con sé, lontano dal falò e quindi dalla luce, verso la foresta nera da cui è emersa.
E così tutta la canzone, che serve a sbeffeggiare la figlioccia e impiantare in lei il seme del dubbio, si svolge nell’ombra.
Ancora la tematica della luce quandoRapunzel acquisisce consapevolezza: in inglese nella canzone delle lanterne dice Now I see the light, ovvero Ora vedo la luce, in senso sia letterale, sia metaforico.
E il parallelismo è scontato è quando assume la definitiva consapevolezza della sua identità, vedendo proprio i soli simbolo della sua famiglia nella sua stanza, e quindi la luce e la verità che gli era sempre stata nascosta.
Ma Rapunzel si fa anche tentare da una luce ingannevole: quando finalmente (e per fortuna temporaneamente) Madre Gothel la fa tornare a sé dopo averle fatto credere al tradimento di Flynn, è accanto ad una lanterna.
Ma è una lanterna di una luce fredda, verdognola, di un colore solitamente associato al veleno e all’inganno.
E si potrebbe andare avanti…
Non solo il tuo animaletto
Per quanto si sarebbe potuto desiderare un villain più profondo, che non fosse limitato alla sua cattiveria apparentemente superficiale, la spietatezza con cui Madre Gothel tratta Rapunzel è da brividi.
Non c’è mai un momento in cui dimostra qualche tipo di effettivo affetto verso la figlioccia, che considera sempre invece come uno strumento, come una risorsa per sé stessa ed il suo tornaconto.
Non solo uno strumento, ma anche un animale: nella sua prima canzone, Mother knows best, Madre Gothel chiama Rapunzel proprio pet, e in più di un’occasione le tocca la testa come si fa con gli animali da compagnia appunto.
Questo gesto è ribadito nell’ultimo atto, quando Rapunzel le si ribella, prendendola violentemente per il polso e impedendole di farlo.
E finalmente torreggia su di lei.
Personaggi secondari indovinati
Un altro merito di questo film sono sicuramente i personaggi di contorno.
Anzitutto i malviventi incontrati alla taverna, che nel finale diventano fondamentali. Soprattutto per la loro canzone dove vengono presentati, non sono altro che un’estensione di Flynn: criminali ma dal cuore d’oro e con altre passioni oltre al crimine di per sé.
Tra l’altro spassosissima la loro sfilza di interessi assolutamente anacronistici per il periodo rappresentato.
Altra punta di diamante della pellicola è Maximus.
Era forse dai tempi di Mushu che non si vedeva un animale così ben raccontato ed animato, con una mimica al limite della perfezione, che lo fa sembrare prima un uomo, poi un cane (nella scena in cui incontra Rapunzel). Maximus è proprio una storia a parte.
Nota a margine per Pascal: sembra un personaggio molto secondario, e invece ha un ruolo chiave nella vicenda. Infatti, fino alla fine, Madre Gothel neanche sa che esista e Rapunzel glielo nasconde volutamente.
Pascal è infatti la voce della ragione, una figura enigmatica e silenziosa che invita subito Rapunzel ad uscire, che veglia su di lei, riuscendo ad addomesticare Maximus e accettando tacitamente la sua relazione con Flynn.
E non è un caso che è Pascal stesso che interviene per rendere definitiva la dipartita di Madre Gothel.
Rapunzel: un’altra interpretazione
Il potere di Rapunzel è luminoso e puro e, una volta tagliato, perde il suo valore.
Non sarò la prima né l’ultima a dirvi che Rapunzel può essere letto in un’altra ottica.
Il dono di Rapunzel è in realtà la sua verginità, in una visione ovviamente molto tradizionalista. Così Madre Gothel la promette ai malviventi, in maniera davvero inquietante, così dice a Rapunzel che Flynn vuole solo una cosa da lei, come se dovesse sedurla per avere un rapporto sessuale e poi abbandonarla.
Una narrazione piuttosto utilizzata e radicata profondamente nell’immaginario collettivo, anche odierno. E il fatto che si parli di Rapunzel e del suo potere legato al fiore e della preziosità della corona, l’unico interesse di Flynn secondo Madre Gothel, non fanno che confermare questa visione.
Così, quando alla fine si baciano sulla torre e l’inquadratura si allontana, senza far mai vedere che escono o altro, i più maliziosi potrebbero intendere quello come effettivamente il momento in cui portano il loro rapporto ad un altro livello.
Miglior film Miglior sceneggiatura non originale Miglior attore per Troy Kotsur
Coda (2021) è il classico film dei buoni sentimenti, nonché remake della pellicola francese La famiglia Belièr (2014), di cui condivide la trama e le dinamiche in maniera quasi identica.
Il film è diventato uncaso quando qualche giorno fa ha trionfato agli Oscar, vincendo Miglior film, Miglior sceneggiatura non originale e Miglior attore non protagonista. La polemica è nata appunto intorno ai premi conquistati, con cui ha scalzato film molto più quotati.
Parlando di questa pellicola non si può infatti lasciar da parte la questione degliOscar: anche solo candidare un film è un riconoscimento del suo valore. Quindi le pellicole candidate non possono essere considerate come le altre, soprattutto se candidate e vincitrici di premi così importanti. Non a caso per Spencer ho scritto una critica molto più analitica rispetto al solito sulla recitazione di Kristen Stewart, proprio perché è stata candidata come Miglior Attrice protagonista.
Ma andiamo con ordine.
Di cosa parla Coda
La trama di Coda (che è una sigla per indicare la comunità dei sordomuti) racconta di Ruby, diciassettenne che fa parte della famiglia Rossi, composta appunto da persone non udenti. Lei è l’unica della famiglia ad essere invece udente, e per questo si porta sulle spalle il grande peso di aiutare i suoi familiari a gestire i propri affari ed il rapporto col mondo esterno.
Il problema sorgerà quando la ragazza deciderà di partecipare ad un concorso per entrare in una famosa scuola di canto, dovendo così però abbandonare la propria famiglia.
Vi lascio al trailer per farvi un’idea.
Perché Coda non funziona
Coda è un film che può riuscire a colpirti per un solo motivo: se ti piacciono le commedie dei buoni sentimenti e riesci ad essere quindi coinvolto nella storia. Con me non è ci è riuscito: oltre ad essere un genere che non fa per me, l’ho trovata una pellicola estremamente banale.
Il film ha infatti una trama e delle dinamiche veramente scontate e di cui puoi capire l’evoluzione dal primo minuto. Non manca davvero niente: ci sono battute scialbe sui sordomuti; ci sono non uno, ma ben due montaggi musicali per far passare il tempo; e, infine, c’è una dramma spinto inutilmente in una certa direzione.
Un film costruito a tavolino per suscitare determinate emozioni, senza portare nulla di nuovo, lasciando anzi molti fili narrativi senza soluzione.
Perché Coda non è tutto da buttare
Coda è un film fatto con le migliori intenzioni: riprendere il film francese che era stato tanto criticato per non aver incluso persone non udenti e per non aver dato una rappresentazione rispettosa della comunità, e portare qualcosa che sia di valore. Tuttavia, il risultato, come accennato, è davvero deludente.
Tuttavia in generale si vede che gli attori si sono davvero impegnati nei loro ruoli: sono molto in parte, nonostante non siano, per me, prove artistiche da Oscar. In particolare Troy Kotsur, che interpreta il padre di Ruby, è un buon attore comico e in certe scene ha un’espressività veramente esplosiva.
Due parole con spoiler
In generale penso sia stata una buona cosa che questo tipo di film sia stato preso in mano da una persona parte della comunità rappresentata. Ha infatti portato in scena alcuni aspetti meglio di come avrebbe potuto fare una persona senza il suo tipo di prospettiva. Ad esempio, la scena a teatro quando chiaramente i genitori non possono sentire la figlia cantare. Semplice, ma efficace.
Tuttavia, che senso ha rifare un film che già di per sé aveva una trama davvero prevedibile ed era nel complesso molto mediocre? Ribadisco, onorevole provare a portare in scena una comunità poco rappresentata, ma perché non scegliere una storia più profonda e interessante, oltre che maggiormente rappresentativa della tematica?
Oltre a questo, come anticipato, alcune linee narrative non trovano un vero scioglimento: il dramma è caricato pesantemente ed il problema raccontato è reale, ma non viene mai spiegato come venga risolto. È solo una drammaticità a favore di pubblico, non per raccontare una storia con un vero significato, ma solo per farci piangere e sospirare per la dura scelta di Ruby. Scelta di cui non vediamo mai le conseguenze: come farà la famiglia Rossi a continuare a pescare senza l’aiuto della figlia? Non lo sapremo mai.
Drammaticità spicciola
La drammaticità, come anticipato, è totalmente gratuita. C’era bisogno del dramma di Ruby che non riusciva ad andare alle prove per aiutare i suoi familiari? I telefoni non esistono più per chiamarsi quando si ha un imprevisto? Ovviamente no, altrimenti il dramma dove sarebbe. Oltre a questo, che bisogno c’era di creare questo conflitto inutile fra Ruby e il suo insegnante? Perché questo sembra totalmente incapace di capire il problema evidente della ragazza?
Io sono una grande appassionata del genere teen drama, soprattutto quello più becero primi anni 2000, quindi conosco tutte le dinamiche di questo tipo di prodotti. E per me funzionano solamente quando sono messe in scena in maniera o particolarmente trash o in qualche modo originale. Non è questo il caso.
Riflessioni sugli Oscar 2022
Quest’anno l’Academy ha dovuto fare una scelta: decidere se premiare un messaggio politico o un film meritevole. E non è una scelta scontata, perché dà un significato del tutto diverso su cosa sia questa premiazione. Era già successo con Green book(2018), altra commedia dei buoni sentimenti che trattava il tema del razzismo nella maniera più superficiale che possiate immaginare. Quando quell’anno c’era come candidato Vice. Credo non ci sia altro da aggiungere.
In questo caso Coda aveva come concorrenti film di altissimo valore artistico: fra gli altri, Il potere del cane e Licorice pizza. E alla fine l’Academy ha deciso che era meglio premiare il film che l’avrebbe fatta apparire meglio agli occhi del pubblico, piuttosto che dare prova di essere manifestazione cinematografica seria.
Coda meritava di vincere?
No, per me Coda non meritava di vincere. Non meritava neanche di essere candidato, ma se proprio avessero voluto fare i paraculi potevano candidarlo e non farlo vincere come era successo con Black Panther (2018). Invece hanno voluto spingere l’acceleratore, premiandolo per dei meriti che non aveva: non è un buon film, ha una sceneggiatura di una banalità accecante e non ha alcun merito artistico. Unica cosa che posso vagamente accettare è la vittoria di Troy Kotsur, che è stato comunque abbastanza bravo.
I film con persone con disabilità esistono. Anche bei film. Solo magari non film statunitensi e con produzioni importanti dietro. E l’unico motivo per cui Coda ha avuto questo tipo di riscontro è perché vi recitano attori sordomuti e perché è statunitense.
Miglior film Miglior regista Miglior sceneggiatura originale
Licorice Pizza (2021) è l’ultimo film di Paul Thomas Anderson e anche probabilmente una delle pellicole più strane in cui mi sia imbattuta in tempi recenti. E infatti sono in dubbio sul fatto di averne colto il vero significato.
Ma andiamo con ordine.
Di cosa parla Licorice Pizza
La vicenda ruota intorno a Alana, una ragazza di 25 anni interpretata dalla cantante Alana Haim, e Gary, un quindicenne interpretato dal giovanissimo Cooper Hoffman. I due intraprendono una relazione travagliata, per l’evidente gap di età, invischiandosi in continui e strani progetti commerciali.
Vi lascio il trailer per farvi un’idea.
Perché Licorice Pizza è un film strano
La trama di per sé non è complessa: stringi stringi, è esattamente quanto ho detto sopra. La stranezza sono le dinamiche fra i due personaggi: ci troviamo davanti ad un interesse romantico abbastanza disturbante, da cui Alana cerca continuamente di sottrarsi andando con uomini più grandi, che puntualmente si rivelano partner terribili.
Tuttavia Gary, nonostante la giovane età, non è da meno: è un personaggio possessivo e ossessionato dalla figura di Alana, anche a livello erotico, che non accetta il fatto che lei potrebbe non accettarlo nella sua vita. Per questo le fa continuamente pressioni emotive quando la vede con altri uomini.
Da parte sua Alana continua a buttarsi in relazioni sbagliate per i più svariati motivi. Ogni volta che un uomo sembra interessante o anche semplicemente entra nella sua vita, alla fine si rivela viscido e approfittatore. E per questo Alana torna periodicamente nelle braccia di Gary e nella sua ultima impresa finanziaria.
La definizione di relazione tossica, ma con un taglio romantico che mi ha spiazzata.
Gli adulti terribili
La scena è popolata da diverse figure di adulti, che vengono soprattutto in contatto con Alana, e che cercano appunto sistematicamente di approfittarsene. Fra questi spicca Jack Holden, interpretato da Sean Penn, e Jon Peters, interpretato da Bradley Cooper, l’allora compagno di Barba Streisand. In particolare Bradley Cooper, pur nel poco minutaggio, l’ho trovato più in parte qui che in tutto The Nightmare Alley(2021).
Anche Alana è un adulto terribile: è animosa, umilia Gary quasi quanto Gary umilia lei e, come detto, si avvicina costantemente agli uomini sbagliati e alle relazioni più tossiche, rimanendone ogni volta delusa.
Un film brillante?
Dal punto di vista della regia e della scrittura, entrambi di Anderson, nulla da dire: una regia peculiare, una fotografia perfetta, dialoghi brillanti e ben scritti.
In particolare posso fare un plauso a questo film per aver messo al centro della scena e come oggetto del desiderio una ragazza dalla bellezza non convenzionale come Alana Haim. La quale fra l’altro, nonostante fosse il suo primo film, è stata davvero convincente.
Rimango comunque ancora spiazzata da questa pellicola, forse dovendola pacificamente accettare come un’opera con un taglio profondamente realistico, che rappresenta una storia bislacca e disturbante, ma, appunto, profondamente vera.
Licorice Pizza fa per me?
Una interessante domanda, a cui posso rispondere in negativo: probabilmente vi innamorerete di questo film per i motivi per cui io non me ne sono innamorata.
L’atmosfera nostalgica degli Stati Uniti degli Anni Settanta, quella della fine della Guerra del Vietnam e della crisi del gas del 1973: lo sfondo di tutta la vicenda e che ha fatto innamorare molti. Così gli USA del capitalismo rampante e distruttivo, che coinvolgeva anche i giovanissimi, di una realtà televisiva ormai tramontata, quasi ridicola vista oggi.
Tutto questo troverete in Licorice Pizza. Io l’ho trovato, ma non sono riuscita a farmi travolgere.