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2022 Avventura Azione Dramma storico Drammatico Fantasy Film Nuove Uscite Film

The Northman – L’epopea estenuante

The Northman (2022) è l’ultima pellicola diretta da Robert Eggers, cineasta attivo solo da pochi anni, ma che ha già lasciato un’impronta importantissima nel mondo del cinema. Infatti le sue due prime pellicole, The Witch (2015) e The Lighthouse (2021), sono dei piccoli capolavori.

The Northman è il primo prodotto ad alto budget in cui Eggers viene coinvolto, riuscendo comunque a mantenere la sua inconfondibile forma autoriale. Tuttavia, essersi aperto al cinema mainstream potrebbe non essere la scelta migliore per questo regista.

Ma andiamo con ordine.

Di cosa parla The Northman

La trama prende ispirazione dall’Amleto di Shakespeare ed è ambientata nell’Europa del Nord del X sec. a. C. Il giovane Amleth è il primogenito ed erede al trono della dinastia del padre, il Re Corvo. Il genitore viene tuttavia ucciso davanti ai suoi occhi da un terribile tradimento, costringendo il giovane alla fuga, ma giurando vendetta.

Vi lascio il trailer per farvi un’idea.

C’è un po’ di Eggers in questo film

Alexander Skarsgård in una scena del film The Northman (2022) di Robert Eggers in uscita il 21 aprile

Io sono una grande fan di Eggers: ho apprezzato il suo The Witch per la freschezza che ha portato al genere, e mi ha incantato con la sua follia in The Lighthouse. Quindi le mie aspettative erano ovviamente altissime.

E, nel complesso, non posso dire che siano state deluse. Come anticipato, la firma di Eggers si sente: splendide sequenze oniriche, sempre al limite del fantastico e del delirio, l’elemento magico ben contestualizzato soprattutto nella figura dell’animale simbolo sempre presente nelle sue pellicole, personaggi potenti e monumentali.

Tuttavia, questa pellicola non è Eggers fino in fondo, e i problemi produttivi sono esplicativi in questo senso: il montaggio è derivato da un compromesso fra la produzione e il regista. Quindi se da una parte abbiamo un film comunque complesso, costruito con grande cura, con una ricerca storica precisa e lucida, dall’altra abbiamo il tentativo di rendere un prodotto più digeribile per il grande pubblico.

Quindi, come The Lighthouse mi era sembrato il punto di arrivo di una carriera già fulminante di un cineasta di altissimo livello, The Northman mi è parsa in parte una soluzione di compromesso. Insomma, una pellicola che, se Eggers fosse stato lasciato a briglie sciolte, mi sarebbe piaciuta probabilmente di più.

Ma non per questo mi sento di bocciarlo, tutt’altro.

Il cast delle grandi occasioni

Alexander Skarsgård e Anya Taylor Joy in una scena del film  The Northman (2022) di Robert Eggers in uscita il 21 aprile

All’interno di una trama con uno scheletro narrativo complessivamente semplice, il protagonista è invece complesso e tridimensionale. Interpretato dall’ottimo Alexander Skarsgård, che è anche produttore e ideatore del film, Amleth è un personaggio profondamente tormentato, violento e ossessionato, oltre che estremamente fallibile. Quindi tutt’altro che un eroe di un’epopea in senso classico, ma un uomo guidato ed accecato da una profonda e terribile vendetta.

Oltre a questo, Eggers ha avuto come sempre a disposizione un cast di altissimo livello: anzitutto Anya Taylor Joy, attrice praticamente scoperta da questo regista, conosciuta soprattutto per la serie tv La regina degli scacchi, ma che ha dato prova di grandi capacità anche in prodotti più di nicchia come appunto The Witch e il più recente Emma (2020). Inoltre, un’ottima prova attoriale di Nicole Kidman: nonostante la difficoltà dell’espressività del volto dovuta alla pesante chirurgia plastica cui si è sottoposta (per sua stessa ammissione), è stata premiata da una regia indovinata, che le è stata cucita addosso per esaltare al meglio le sue capacità recitative. E infine l’inarrestabile Ethan Hawk, che appare per poco ma che è ancora in splendida forma (per quanto mi avesse fatto perdere le speranze nel recente Moonknight).

Un cast delle grandi occasioni, appunto.

The Northman fa per me?

Ethan Hawk in una scena del film di Robert Eggers in uscita il 21 aprile

C’è solo un prodotto a cui mi sento di paragonare The Northman, ovvero la serie Sky nostrana Romolus, creata dall’ottimo Matteo Rovere. Quindi se vi è piaciuta quella serie, guardate The Northman.

Nello specifico, se apprezzate le saghe epiche, con una contestualizzazione storica praticamente perfetta, un ritmo incalzante, in un contesto assolutamente brutale e violento, può fare certamente per voi. Tuttavia, se siete fan puristi di Eggers come me, ridimensionate le aspettative.

Rimandare la vendetta

Alexander Skarsgård in una scena del film The Northman (2022) di Robert Eggers in uscita il 21 aprile

Una delle cose che mi hanno poco convinto della pellicola è stato l’andamento del piano di Amleth: si ha la sensazione che il protagonista continui ad annunciare la sua vendetta, ma si prenda tantissimo tempo prima di metterla in atto.

Allo stesso modo, ho trovato quasi estenuante questo continuo rimando dello scontro finale, come se dovesse essere per forza costruito a tavolino. Capisco che Amleth volesse seguire la sua profezia, ma sembra quasi doverla forzare perché si avveri: ne è un esempio chiarissimo il fatto che debba darsi un appuntamento sul vulcano per il maledetto duello con Fjölnir, come prescritto dalla predizione, e questo non possa avvenire quando i due si trovano faccia a faccia, con ai piedi i cadaveri dei loro congiunti. Ma è l’unico problema effettivo che mi sento di segnalare, dovuto fra l’altro, a mio parere, al compromesso di montaggio di cui sopra.

Personaggi femminili vincenti

Anya Taylor Joy in una scena del film  The Northman (2022) di Robert Eggers in uscita il 21 aprile

Una delle cose che riesco meno a sopportare, più dei personaggi femminili stile Mary Sue, sono i personaggi femminili forzati in situazioni dove appaiono totalmente fuori luogo. Uno degli esempi che per primo mi viene alla mente è quello della bambina protagonista di Dumbo (2019): povera in canna, realisticamente analfabeta, anacronisticamente interessata alla scienza, con un personaggio falsamente al passo coi tempi.

Invece la bellezza di questo film è anche di non aver neanche pensato a provare ad introdurre personaggi femminili irrealistici, magari donne guerriere fuori dal tempo. Invece si è deciso di sfruttare quello che si aveva disposizione nella realtà storica rappresentata, forti anche di una solida ricerca al riguardo: anzitutto Olga, ridotta schiava, legata al mondo della magia e dell’esoterismo, che si rifiuta violentemente di sottomettersi alla sua condizione e che aiuta il protagonista ad attuare il suo piano.

Ma soprattutto nota di merito per il personaggio di Nicole Kidman, Gudrún: invece di essere ridotta al ruolo di madre e moglie fedele, è una donna che ha ritrovato una vita felice alle spalle di un marito che l’aveva forzata ad una gravidanza e ad un matrimonio che non la rendeva felice. Un personaggio femminile che non ha paura di essere violento persino verso il figlio e di rivoltare la situazione del tradimento fratricida a suo vantaggio. Una donna terribile, certo, ma non ingabbiata in uno stereotipo pesante e datato. E, per questo, decisamente più interessante di quanto mi sarei aspettata.

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2021 Biopic Dramma storico Drammatico Film Nuove Uscite Film Oscar 2022

Spencer – La favola della principessa triste

Il cinema semplice road to oscar 2022 che si svolgeranno il 28 marzo 2022

Candidature Oscar 2022 per Spencer (2021)

(in nero le vittorie)

Migliore attrice protagonista a Kristen Stewart

Spencer è l’ultima opera di Pablo Larraín, cineasta cileno che si era già fatto notare nel cinema occidentale per Jackie (2016). In questo caso la pellicola racconta di Diana, la Principessa Triste.

Una pellicola che mi ha convinto appieno, con un comparto tecnico di primo livello e un taglio narrativo che mi ha sorpreso.

Poi c’è Kristen Stewart.

E quello è tutto un altro discorso.

Di cosa parla Spencer

Per chi seguisse The Crown, la storia prende temporalmente le mosse dal finale della quarta stagione, ovvero la famosa cena di Natale del 1991. Spencer ci porta in medias res, quando i rapporti fra Diana e Carlo sono già tesi, anche per via della relazione, ormai nota a tutti, fra il primogenito di Elisabetta e Camilla.

La narrazione si svolge nei tre giorni passati da Lady Diana durante le vacanze invernali nella tenuta della regina a Sandringham, con la famiglia reale al completo.

Vi lascio il trailer per farvi un’idea.

Perché Spencer funziona

Il film non ha alcuna pretesa di realismo in senso stretto, quindi non aspettatevi qualcosa come The Crown appunto (anche se anche la serie stessa inventa a sua volta). Il taglio della pellicola è molto intimo e favolistico, con elementi pseudo-magici, anche se ben contestualizzati.

La narrazione ruota praticamente tutta attorno alla figura di Diana e al suo dramma personale, tanto che non arriva a parlare con altri personaggi della famiglia prima di quasi metà del film. Durante la maggior parte del tempo viene accentuata la sofferenza della sua solitudine, del suo essere lasciata da parte, con grandi inquadrature profondamente vuote.

Un casting azzeccato

Stella Gonet nei panni della Regina Elisabetta in una scena del film di Pablo Larraín, con Kristen Stewart candidata come miglior attrice protagonista agli oscar 2022

In particolare la sua diversità viene raccontata dai colori: nella maggior parte dei casi Diana indossa colori brillanti e carichi, che emergono dal grigiume delle tinte desaturate degli altri personaggi in scena.

Differentemente da The Crown, tuttavia, i membri della famiglia reale non sono rappresentati come persone deprecabili, ma semplicemente come freddi e distanti, ingabbiati in un rigido protocollo a cui Diana non riesce ad adeguarsi. Le scelte di casting in questo senso sono azzeccatissime: attori che già di per sé hanno dei volti taglienti e aristocratici, in particolare la Regina Elisabetta e il Principe Carlo.

Nota di merito anche a Timothy Spall, ottimo caratterista noto al grande pubblico per aver interpretato il personaggio di Codaliscia, il tirapiedi di Voldemort, nella saga di Harry Potter. In questo caso interpreta il maggiordomo Alistar Gregory, agli occhi di Diana estensione della rigidità delle regole della famiglia reale.

Poi c’è Kristen Stewart.

Il mio problema con Kristen Stewart

Kristen Stewart in una scena del film Spencer (2021) di Pablo Larraín, con Kristen Stewart candidata come miglior attrice protagonista agli oscar 2022

Partiamo dal presupposto che mi sono approcciata a questa pellicola con la stessa tranquillità del suocero di Giacomo in Tre uomini e una gamba (1997), quando lo aspetta all’entrata della casa col fucile in mano.

Io sono personalmente piuttosto scettica nei riguardi delle capacità recitative di Kristen Stewart. Dopo Twilight, a differenza di Robert Pattinson, non è mai riuscita a decollare. Ha preso pure parte a pellicole di importanti autori, come Café society (2016), dimenticabilissima pellicola di Woody Allen dove ha dato una dimenticabilissima interpretazione. Ma, a differenza di Gal Gadot, che nonostante tutte si impegna, ma almeno non viene esaltata, Kristen Stewart ha pure una schiera di sostenitori che rivendicano la sua capacità recitativa contro ogni evidenza.

Scomparire nel personaggio

Kristen Stewart in una scena del film Spencer (2021) di Pablo Larraín, con Kristen Stewart candidata come miglior attrice protagonista agli oscar 2022

Per comprendere il livello della recitazione di Kristen Stewart in questa pellicola bisogna pensare dell’annosa questione degli attori che interpretano se stessi: i casi più celebri sono Will Smith e Dwayne Johnson. In molte pellicole dove sono coinvolti questi non devono fare lo sforzo di entrare nei personaggi, perché i personaggi sono loro.

Non voglio dire che Kristen Stewart faccia parte di questo gruppo (anche perché non ha il carisma necessario), ma risulta evidente il motivo per cui Pablo Larraín l’abbia scelta. Il regista cileno voleva appunto raccontare la storia della principessa triste. E chi meglio di Kristen Stewart, la cui espressione naturale del viso è un misto di disperazione e confusione?

Tuttavia appunto la capacità di un buon attore è quello di riuscire a scomparire dietro al personaggio che interpreta. I più talentuosi sono ovviamente capaci di destreggiarsi nei ruoli più diversi, come l’ottimo Joaquin Phoenix, capace di raccontare un ingenuo solitario in Her (2013) e uno squilibrato delirante in Joker (2019).

Do nuovo, questo non è il caso di Kristen Stewart.

In Spencer funziona?

Kristen Stewart in una scena del film Spencer (2021) di Pablo Larraín, con Kristen Stewart candidata come miglior attrice protagonista agli oscar 2022

Nel complesso, mentirei se vi dicessi che Kristen Stewart in Spencer è stata pessima. Come spiegherò meglio nella parte spoiler, riesce ad essere complessivamente convincente nelle parti in cui deve essere genericamente triste, ma semplicemente perché questo non le richiede un grande sforzo interpretativo: quella è semplicemente la sua espressione normale.

Stesso potrei direi per la recitazione corporea, impacciata e rigida, che non è tanto diversa del suo normale portamento. Tuttavia quando deve cimentarsi in espressioni più complesse, quando deve piangere o essere in qualche modo spiritosa (per fortuna non succede spesso) non è per nulla convincente.

Io avrei preferito senza dubbio che fosse stata scelta un’altra attrice, possibilmente inglese (la differenza fra l’accento reale degli attori britannici e il suo affettato si sente) e che avesse una potenza espressiva ben più convincente.

Per me in definitiva Kristen Stewart non ha veramente nulla a che vedere con l’ottima Emma Corrin in The Crown, che riusciva perfettamente a modulare la sua recitazione per una perfetta Diana.

Spencer fa per me?

Se siete già fan di The Crown come me, molto probabilmente sì, anche se, come spiegato, la pellicola ha un taglio un po’ diverso. Non aspettatevi una pellicola scandalistica (come in parte immaginavo) che copra i principali momenti della seconda parte della vita di Diana e del suo rapporto con Carlo. Aspettatevi piuttosto una pellicola molto intima e profonda, con una messinscena ottima e una fotografia che lo fa sembrare un film veramente risalente agli anni in cui è ambientato.

Non un film perfetto, ma sicuramente da vedere.

Due parole in più con spoiler

Fin dall’inizio ci viene mostrata la freddezza della situazione contro la spensieratezza di Diana: da una parte rigidi militari che trasportano il cibo per famiglia reale, con pure regole severissime da seguire per i cuochi. E dall’altra parte opposta Diana, che si perde, che sogna la sua infanzia, che vuole ritornarci.

Tutto il film non è infatti altro che il racconto di come Lady D riesca a riappropriarsi della propria identità, quindi del suo cognome, che ha ovviamente perso con il matrimonio con Carlo. Non a caso, appunto, il film sia chiama Spencer e non Diana. Nel contesto storico, il film racconta la scelta di Diana divorziare da Carlo.

La solitudine

Kristen Stewart in una scena del film Spencer (2021) di Pablo Larraín, con Kristen Stewart candidata come miglior attrice protagonista agli oscar 2022

La solitudine di Diana è potente per tutta la pellicola: come detto, la vediamo conversare con un membro della famiglia reale solamente dopo 50 minuti di film. Per il resto del tempo è isolata, sola nella sua stanza, al massimo conversa coi domestici, che sono i suoi principali interlocutori.

La casa sembra una prigione: è opprimente, tutti i personaggi intorno a lei sono distanti e freddi, la rimproverano, la umiliano, la forzano. Lei è davvero ingenua, disperata e, molto spesso, delirante.

La malattia

Uno dei temi principali è la malattia di Diana: la vediamo in una sola scena mangiare effettivamente, il resto del tempo vomita o scappa dai pasti imposti dalla famiglia. O, peggio, si ingozza di nascosto. E Kristen Stewart ha proprio quel volto emaciato e magrolino che la rende molto credibile.

Eppure il tema del cibo è sempre presente: Diana è sempre richiamata ai pasti, le scene dei cuochi sono molte, e continuano costantemente a parlare del prossimo pasto da cucinare.

L’unica scena in cui mangia è veramente potente: Diana cerca di strapparsi quella collana, quasi una catena al collo, e ingioia sofferente la zuppa, che noi spettatori vediamo piena di perle, che sono come sassi di cui si ingozza.

L’unica scena che non mi è davvero piaciuta è il montaggio quando nella sua casa natale e sta per cadere dalle scale, una sorta di flusso di pensieri. Oltre a non esserne riuscita a coglierne la logica, avrebbe decisamente potuto durare di meno ed è essere molto più efficace.

Due parole in più su Kristen Stewart

Ci sono un paio di scene che mi hanno particolarmente colpito, e non positivamente. Anzitutto la scena iniziale alla tavola calda: Diana si comporta come se fosse una scolaretta impacciata, in maniera così caricata che ero in imbarazzo per lei.

Così riesce a fallire anche in una scena di sofferenza: quando parla col cuoco dei suoi sogni, sembra che cerchi di forzare l’espressione del viso, in maniera totalmente innaturale. Probabilmente complice anche il fatto che non riesce a parlare naturalmente con l’accento britannico.

Ma la cosa peggiore è la scena della notte di Natale con i due figli. Provate a fare questo esperimento: fate partire quella scena e ascoltatela senza guardare. Poi guardatela normalmente: sembra che siano due attrici diverse. Per quanto riesca a modulare adeguatamente la voce, la sua espressività risulta rigida e per nulla eloquente. Quasi come si fosse ridoppiata.

Sul resto mi sono già espressa, ma in conclusione posso affermare con grande sicurezza non gli andava riconosciuto alcunché.

La questione degli Oscar 2022

Kristen Stewart in una scena del film Spencer (2021) di Pablo Larraín, con Kristen Stewart candidata come miglior attrice protagonista agli oscar 2022

Come anticipato, Kristen Stewart non doveva essere premiata per nulla, neanche con una candidatura. È stata vagamente meglio del solito, ma presenta una recitazione veramente altalenante. Comunque infine non ha vinto, ma il premio è andato alla ben più meritevole Jessica Chastain per Gli occhi di Tammy Faye (2021).

Questo film poteva essere invece candidato a Miglior colonna sonora e anche Miglior fotografia. Un peccato, secondo me, che venga presentato con la sua parte più difettosa.

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2022 Biopic Dramma storico Film Oscar 2022

Belfast – Ti ricordi quando…

Il cinema semplice road to oscar 2022 che si svolgeranno il 28 marzo 2022

Candidature Oscar 2022 per Belfast (2021)

(in nero le vittorie)

Miglior film
Miglior regista
Migliore sceneggiatura originale
Miglior attore non protagonista a Ciarán Hinds
Migliore attrice non protagonista a Judi Dench
Miglior sonoro
Migliore canzone

Belfast (2021) è l’ultima pellicola scritta e diretta da Kenneth Branagh, che abbiamo visto recentemente come regista ed interprete in Assassinio sul Nilo (2021). Belfast è una lettera d’amore alla sua città natale, da cui il film prende il titolo, il racconto di un episodio particolarmente sentito della sua infanzia, sullo sfondo della guerra civile che scoppiò nel suo quartiere nel 1969.

Di cosa parla Belfast

Come anticipato, Belfast è un racconto semi autobiografico: Buddy, protagonista della pellicola interpretato dal giovanissimo e talentuoso Jude Hill, vive a Belfast, nell’Irland del Nord. Davanti ai suoi occhi sgomenti scoppia la terribile guerra civile dei lealisti protestanti, che si accaniscono con violenza contro i cattolici del suo quartiere. La vita procede fra i problemi familiari e i piccoli drammi personali di Buddy, in un bozzetto di quotidianità d’altri tempi veramente ben riuscito.

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Un racconto d’infanzia

Jude Hill in una scena del film Belfast (2021) film di Kenneth Branagh candidato agli oscar 2022

La particolarità della pellicola risiede soprattutto nel taglio narrativo, che mi ha ricordato molto Il buio oltre la siepe (1960, Harper Lee) e Quel che sapeva Maisie (1887, Henry James): la visione infantile e ingenua della vita, un mondo adulto lontano e incomprensibile. Infatti in quasi ogni scena, anche se a lato e come semplice spettatore, Buddy è lì, che guarda e ascolta. E ci offre le sue ingenue e semplici interpretazioni.

Il tema della guerra civile non è altro che lo sfondo della vera vicenda, ovvero la famiglia di Buddy, con le sue diverse vicissitudini. Di fatto un susseguirsi di quadretti familiari e bozzetti realistici, semplici scene di quotidianità in un quartiere come tanti. Un casting ottimo, con le facce giuste e attori di primo livello, che raccontano un’Irlanda dei tempi che furono.

Proprio come si addice ad un racconto infantile, i personaggi non hanno nome: sono la madre e il padre, la nonna e il nonno. Persino Buddy, il protagonista, non ha un vero nome: buddy in inglese è infatti un appellativo affettivo per indicare un amico.

Lo sguardo profondo

Jude Hill (Buddy), Ciarán Hinds (Nonno) e Judi Dench (Nonna) in una scena del film  in una scena del film Belfast (2021) film di Kenneth Branagh candidato agli oscar 2022

Per rappresentare la semplicità e la familiarità degli ambienti e delle scene, Branagh privilegia inquadrature fisse, in cui la scena si compone da sé e i personaggi esplorano l’ambiente. Uno spazio scenico fra l’altro ristretto ma profondo, con figure messe in primo, secondo e terzo piano nella stessa inquadratura

Ambienti sempre animati e popolati da diverse figure, anche semplici comparse, che passano sullo sfondo o addirittura in mezzo alla scena, donandogli una grande verosimiglianza e vivacità. Addirittura per simulare il punto di vista di Buddy che origlia, in una scena Branagh sperimenta con la camera a mano, rendendo l’inquadratura leggermente (e volutamente) traballante.

Nonostante questo, lo scorrimento del tempo è abbastanza serrato: gli eventi si svolgono uno dietro l’altro, anche con stacchi improvvisi, proprio a simulare l’andamento della memoria del protagonista.

Belfast può fare per me?

Jude Hill in una scena del film Belfast (2021) film di Kenneth Branagh candidato agli oscar 2022

Per quanto sia un ottimo prodotto registico, Belfast è tutt’altro che un prodotto complesso, anzi.

Si guarda con grande facilità, ci si appassiona abbastanza istintivamente alle vicende dei personaggi e alla storia raccontata. Persino io, che non sono una grande fan dei drammi familiari, sono comunque riuscita a sentirmi coinvolta della storia e commossa per le scelte sofferte dei personaggi.

Diciamo che se si apprezza il genere dei drammi familiari, è un film che sicuramente può fare per voi, mentre se li mal sopportate, potrebbe non appassionarvi. È l’unico discrimine che mi sentirei di dare in questo caso.

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Assassinio sul Nilo o la saga maledetta

Una recente uscita nelle nostre sale, Assassinio sul Nilo (2022) è una pellicola maledetta sotto molti punti di vista. In senso più ampio, questa intera operazione di revival di Poirot si porta dietro un’aurea oscura: due film su due di questo franchise hanno hanno fra gli attori principali personaggi travolti da scandali sessuali. Per Assassinio sull’Orient Express (2017) c’era Johnny Depp, ancora oggi in un intricatissimo caso di violenza domestica (apparentemente) subita e data dalla ex-moglie Amber Heard, scoppiato poco prima dell’uscita del film. Questo scandalo ha portato fino al licenziamento di Depp dal cast del franchise di Animali Fantastici. In questo caso, però, il film non ne era stato toccato, anzi era stato un successo non indifferente al botteghino (352 milioni contro 55 di budget).

Per Omicidio sul Nilo, invece, lo scandalo sessuale di Harmie Hammer (tutto ancora da chiarire), ha danneggiato fortemente la pellicola. Il film sarebbe infatti dovuto uscire a fine 2019, poi, fra la pandemia e il caso Hammer, è arrivato in sala solamente all’inizio di quest’anno. Tuttavia, la pellicola sta andando abbastanza bene al botteghino: nonostante l’alto budget di 90 milioni, ne ha già incassati 38. E chissà dove può arrivare.

Incrociamo le dita.

Di cosa parla Assassinio sul Nilo (2022)

Assassinio sul Nilo (2022) porta in scena un noto caso di Erculè Poirot, il fortunatissimo personaggio di Agatha Christie. Questa volta il famoso detective si trova in Egitto, testimone prima di un particolare triangolo amoroso e poi di un misterioso omicidio.

Un cast abbastanza scoppiettante, anche se non stellare come in Assassinio sull’Orient Express: la fascinosa Gal Gadot, per la prima volta in un ruolo rilevante sul grande schermo dopo Wonder Woman, la stella nascente Emma Mackey, nota soprattutto come Maive in Sex Education, e, appunto, Harmie Hammer, prima dello scandalo noto soprattutto per Chiamami con il tuo nome (2017).

Lascio la parola al trailer per farvi un’idea.

Cosa funziona

Una cosa che proprio non mi aveva convinto dello scorso film era la plasticosità degli ambienti, che sembravano veramente cartoonesschi, complice anche la fotografia a mio parere poco azzeccata. Al contrario, questa pellicola, forse anche per il budget quasi raddoppiato, porta sullo schermo della ambientazioni convincenti e dal grande fascino. Una regia piuttosto indovinata e che non manca di qualche guizzo e soluzione scenica interessante.

La vicenda è intrigante e, nonostante tutto, lo spettatore (a differenza del primo) può diventare facilmente investigatore lui stesso e risolvere il mistero prima della rivelazione finale.

Un plus del film, che davvero non mi aspettavo, è la bravura di Emma Mackey, che supera di molte lunghezze la sua ben più famosa collega Gal Gadot, soprattutto nelle scene dove recitano insieme. Davvero promossa.

Farà strada.

Cosa non funziona

In qualche modo il film soffre dello stesso problema del suo predecessore, ovvero la sua fedeltà all’opera di partenza: una trama che ci mette parecchio a partire sulla parte investigativa. Non annoia per forza, ma parte pre-omicidio potevano essere tolti almeno un quindici minuti. Una sottotrama che sembra apparire di punto in bianco e che interessa fino ad un certo punto. Una messinscena piuttosto caricata e irrealistica (dico solo, la passerella alla fine).

Gal Gadot, ma meno di quello che mi aspettavo: considero personalmente l’attrice di Wonder Woman come davvero poca talentuosa, con una bella presenza scenica, ma una capacità recitativa davvero scarsa. Le devo riconoscere però un miglioramento evidente rispetto al primo Wonder Woman, complice forse anche la buona direzione di Branagh, ma Emma Mackay recitativamente la seppellisce.

La risoluzione è piuttosto fantasiosa, e può piacere o non piacere. A me ha convinto a metà. Ma non mi voglio mettere a discutere con Agatha Christie e le sue scelte di trama.

Assassinio sul Nilo fa per me?

Gal Gadot e Emma Mackay in una scena del film Assassinio sul nilo 2021 diretto da Kenneth Branagh

Per apprezza Assassinio sul Nilo deve piacere un certo tipo di narrazione delle investigazioni vecchio stile, simile a Knives Out (2019). Non sono una lettrice di Agatha Christie, quindi non mi posso esprimere per i fan dei romanzi, ma ho notato un fandom molto diviso.

In generale, penso possa essere un film abbastanza piacevole per tutti.

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2022 Dramma storico Film Oscar 2022 Thriller

The Nightmare Alley: una vera illusione

Il cinema semplice road to oscar 2022 che si svolgeranno il 28 marzo 2022

Candidature Oscar 2022 per The Nightmare Alley (2021)

(in neretto le vittorie)

Miglior film
Miglior fotografia
Migliori costumi
Migliore scenografia

Partiamo mettendo un po’ di mani avanti: The Nightmare Alley non è un brutto film. Non è un film eccelso, ma non è il film che mi aspettavo.

Parlando in generale, io ultimamente ho un problema con Del Toro. Infatti non è la prima volta che mi capita questa situazione di non ritrovarmi in una sua pellicola. Era già successo con La forma dell’acqua (2017): io mi aspettavo più un film del tipo Il gigante di ferro (1999), quindi con uno dei miei trope preferiti, ovvero quello di un umano che si trova a contatto con una creatura che deve difendere o proteggere, e intanto si crea un rapporto di amicizia.

Se avete visto il film sapete che non è così: La forma dell’acqua parla di una storia d’amore. E in realtà in quel caso la campagna marketing era stata piuttosto esplicativa in quel senso, quindi è stata colpa mia. Con The Nightmare Alley, invece, mi sento giustamente illusa.

Di cosa parla The Nightmare Alley

La trama è un po’ il punto di tutto. Senza andare troppo nel dettaglio, la pellicola parla di Stan, un vagabondo con un passato oscuro, che viene assunto all’interno di un circo. Qui imparerà i segreti dei poteri psichici, o meglio di come riuscire a raggirare ignari spettatori fingendo di avere poteri psichici. E su questo costruirà la sua vita.

Vi lascio al trailer per farvi un’idea.

Cosa non funziona (secondo me)

L’elemento principale che mi ha dato fastidio di questo film sono state le aspettative che il trailer e la pellicola stessa cercano di creare: entrambi ti danno molto l’idea che ci sia un grande mistero dietro al personaggio di Stan, probabilmente, conoscendo Del Toro nell’ambito fantastico e orrorifico. Niente di tutto ciò: The Nightmare Alley è fondamentalmente un thriller, e secondo me un thriller che funziona fino ad un certo punto.

Valutando il film di per sé, a mio parere non è una pellicola particolarmente interessante, non un livello che mi aspetterei da questo regista: la trama non è per nulla originale, le dinamiche sono piuttosto tipiche e prevedibili, così come il finale, che è davvero telefonato.

Non bucare lo schermo

Bradley Cooper e Rooney Mara in una scena del film Nightmare Alley di Guillermo Del Toro

Un ulteriore problema secondo me riguarda gli attori scelti: perfetta Cate Blanchett nei panni della fascinosa psicologa che appare nella seconda parte del film, convincente William Dafoe come presentatore del circo spietato e senza scrupoli. Molto meno convincente Bradley Cooper e, soprattutto, Rooney Mara.

Del Toro ha scelto per Bradley Cooper un personaggio che non gli si addice: a mio parere se siamo abituati a vedere questo attore in ruoli comici o comunque in cui parla moltissimo (soprattutto ne Il lato positivo, 2012), c’è un motivo. Come figura tragica e silente non è riuscito a convincermi, nonostante fosse ben diretto e la regia lo premiasse continuamente. Ha fatto indubbiamente del suo meglio, ma Cate Blanchett lo seppellisce, recitativamente parlando.

Per Rooney Mara è un altro discorso: questa attrice ha interpretato su molti ruoli nella sua carriera, anche di successo come Carol (2015), ma non è mai riuscita a dirmi molto. È un ottimo materiale registico, e infatti le sue scene sono quelle forse più riuscite a livello scenico. Ma finisce lì: non è tanto espressiva e interessante da interpretare un ruolo importante nella storia in maniera convincente.

Del Toro è sempre Del Toro

Cate Blanchett e Bradley Cooper in una scena del film The Nightmare Alley di Gulliermo del Toro

La pellicola ha degli innegabili pregi tecnici: la regia è, come sempre, veramente ottima ed ispirata, la fotografia è ben modulata e incornicia perfettamente le scene. La scenografia, per cui è stato candidato all’Oscar, è sicuramente un pregio della pellicola che riporta in scena gli Statui Uniti degli gli Anni Quaranta e Cinquanta.

Tanta bellezza sprecata, per quanto mi riguarda.

Perché guardare comunque The Nightmare Alley

Come già detto, non penso sia un film da buttare: oltre all’ottima regia, la trama non è malvagia. Tuttavia non dove aspettarvi molto, soprattutto se siete amanti di Del Toro. È un film di medio livello, che può allietarvi una serata annoiata. Ma non molto di più.

Evidentemente non sono l’unica a cui la pellicola non ha convinto: il film è stato un flop clamoroso al botteghino (35 milioni contro 60 di budget), davanti appunto ad una produzione neanche troppo costosa. Anche se di solito i suoi film non fanno mai incassi mostruosi, mi spiace per questo passo falso.

Previsioni Oscar 2022

Il film è stato candidato come Miglior Film, Miglior fotografia, Migliori costumi e Migliore scenografia. In tutte le categorie si scontra con contendenti veramente tosti, per cui penso che sia più probabile che vinca Migliore scenografia. Dubito che possa vincere per Migliori costumi: sono sicuramente belli, ma rimangono molto meno nella memoria rispetto a Cruella (2021), che credo appunto vincerà.

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2022 Avventura Azione Dramma storico Film Nuove Uscite Film

The King’s man – Le origini grottesche e ridicole

Penso che il titolo sia già piuttosto esplicativo di cosa ne penso di The King’sman – Le origini. Sono una discreta fan della saga King’s Man: ho recuperato il primo fuori tempo massimo, il secondo al cinema alla sua uscita. Il primo l’ho apprezzato e non poco, nel secondo sentivo già scricchiolare qualcosa. Per questo mi sono davvero cadute le braccia.

Di cosa parla The King’sman – Le origini

The King’s Man – Le origini è un prequel della fortunata saga King’s Man appunto, che racconta la nascita del gruppo di agenti segreti britannici. In questo caso i protagonisti sono Orlando (interpretato da Ralph Finnes) e il figlio Conrad (interpretato da Harris Dickinson, che interpretava il principe Filippo nella saga di Maleficent). Orlando ha dedicato la sua vita a portare aiuto nelle zone di guerra e realtà del terzo mondo. E ora, da pacifista convinto, cerca di intervenire nell’intrigo di eventi che scatenanti della Prima Guerra Mondiale, cercando di portarla alla più veloce conclusione. Per questo si oppone alla scesa sul campo del figlio, il quale, da bravo giovane patriota del suo tempo, non vede l’ora di mettersi in gioco per il suo paese.

Lascio il resto al trailer.

Cosa funziona.

Qualcosa, incredibilmente, funziona. L’ambientazione è davvero affascinante, ben curata e anche, quando vuole, storicamente credibile. Gli attori sono generalmente convincenti e la trama, nonostante zoppichi vistosamente, sulla carta ha degli elementi intriganti. Sulla carta, appunto.

Cosa non funziona

Tutto. Per essere un film di intrattenimento, l’ho trovato veramente estenuante. La trama si perde in sé stessa, prende una strada, poi cambia idea, e torna indietro. La risoluzione è ridicola, i villain sono da mani nei capelli.

Rasputin è un pessimo antagonista. È grottesco, ridicolo, financo disgustoso. La regia per il suo personaggio è ambiziosa, non posso dire di no, ma per me è semplicemente inaccettabile. La riscrittura storica degli eventi sembra fatta da un bambino di 10 anni molto fantasioso. Soprattutto per quanto riguarda le scene post-credit. Ralph Finnes come protagonista action non è convincente. Viene mostrato fino ad un certo momento in un modo, e alla fine occupa tutta la scena, nella maniera meno credibile che possiate immaginare.

The King’sman – Le origini fa per me?

Dipende. Se vi piacciono le cose pesantemente trash, proprio stile primi anni 2000, livello American Pie però negli Anni Venti, The King’sman – Le origini potrebbe piacervi. Se vi estasiate per riscritture storiche fantasiose stile la serie Hunters, anche. Se siete fan della saga, non saprei dirvi: io sono discretamente fan e l’ho odiato, ma ho sentito altri che ne sono rimasti convinti.

Io comunque vi ho avvertito.

Mi tolgo qualche sassolino con spoiler

rasputin interpretato da Rhys Ifans nel film The King'sman - Le origini del 2022

La scena di Rasputin è fra le scene più disgustose che abbia visto in tempi recenti. Mi ha fatto volare con la mente agli anni d’oro della commedia americana primi anni 2000, come quel capolavoro di Dodgeball (2004), e a più recenti e discutibili film come Pitch Perfect (2014). Ci vuole davvero genio per scrivere un personaggio così stupidamente volgare.

Inoltre inserisce velatamente l’elemento magico, visto che alla fine la gamba di Orlando è stata curata effettivamente grazie alla lingua di Rasputin. Il tutto però sembra solamente un meccanismo per mandare avanti la trama.

Non ho mai visto un patriottismo britannico così sfacciato: dalla dichiarazione iniziale della compianta Emily su come aiutino gli altri e quanto siano bravi, alla dichiarata superiorità del re di Inghilterra, che rispetto agli altri capi di stato appare saggio e maturo, mentre gli altri sono dei poveri infanti. Inoltre, a chi è venuta l’idea di far interpretare lo zar, il kaiser e il re allo stesso attore?

Poi, ci sono un paio di cose che danno fastidio a me personalmente.

Le cose che danno fastidio a me personalmente

daniel bruhl in King's man le origini film del 2022 su DIsney Plus

Non sono totalmente contraria alla riscrittura storica fantasiosa: la già citata Hunters a me è complessivamente piaciuta, lo stesso per la serie The Great che è dichiaratamente storicamente inesatta. In questo caso, però, ridurre tutto il conflitto a dei dispetti fra bambini l’ho trovato veramente ridicolo.

Non sarebbe ora di smetterla di far interpretare personaggi non anglofoni da attori che non parlano la lingua che dovrebbero parlare? Il senso di mettere nel cast un attore di grande valore come Daniel Bruhl, che è tedesco, e farlo recitare in inglese per la parte di un tedesco non la capisco proprio. Dover ancora sentire personaggi che parlano fra loro non in inglese, ma in inglese con accento caricato (soprattutto in un doppiaggio italiano da piangere), è insostenibile. Soprattutto se mi trovo pellicole incredibilmente mainstream come The Forever Purge (2021) dove ci sono personaggi messicani che parlano giustamente nella loro lingua madre. Non è difficile.

Eppure questo film non è l’unico che ancora continua a fare questo errore.

Ultimo ma non meno importante, l’inclusione forzata e fuori luogo. In un epoca dominata da uomini bianchi, la produzione ha deciso che era una buona idea mettere dei token per rappresentare una donna e un uomo nero. Nelle parti dei buoni, ovviamente. La non storicità del personaggio nero la posso anche accettare in un contesto di riscrittura fantasiosa, ma è assolutamente insostenibile la strada che ha preso certo cinema contemporaneo nel rappresentare le donne come delle insopportabili Mary Sue.

È ora di dire basta.

Per i più coraggiosi, vi lascio con la videoclip ufficiale di Rasputin.

Buona visione.