Pinocchio (2022) di Guillermo del Toro, prodotto e distribuito da Netflix, è una piccola sorpresa dell’animazione.
Un prodotto che ha avuto una produzione molto travagliata: pensato fin dal lontano 2008, si è potuto realizzare solo recentemente per l’acquisto dei diritti da parte della piattaforma, a causa degli alti costi, dovuti all’uso della tecnica stop motion (la stessa di Fantastic Mr. Fox, per capirci).
Candidature Oscar 2023 per Pinocchio (2022)
(in nero i premi vinti)
Miglior film d’animazione
Di cosa parla Pinocchio?
A sorpresa, non di Pinocchio.
L’opera di del Toro riprende alcuni elementi della favola originale, ma li reinventa in direzioni differenti, con anche una morale e un’ambientazione del tutto diversa.
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Pinocchio?
Assolutamente sì.
Dopo essermi asciugata le copiose lacrime che mi ha fatto versare, mi sono resa conto dell’incredibile qualità che il Pinocchio di Guillermo del Toro può vantare, allontanandosi anche molto dall’omonimo Classico Disney.
Ma da questo regista non mi aspettavo niente di meno
Oltre alla bellezza dell’animazione, l’originalità dei disegni, ho semplicemente adorato la preziosa reinterpretazione da parte di del Toro, che è riuscito a riportare in scena un classico italiano con un’opera di rara bellezza.
Guardatelo, e non ve ne pentirete.
Il Pinocchio di Guillermo del Toro doppiato o in originale?
Meglio guardare il film doppiato o in originale?
Alcuni di voi potrebbero sentirsi personalmente infastiditi dal modo in cui vengono pronunciati alcuni termini italiani, fra cui i nomi dei personaggi.
Io preferisco sempre guardare i film in lingua originale a prescindere, in particolare i prodotti animati che hanno solitamente alle spalle un voice casting di alto livello.
Nel caso di Pinocchio, meno che non siate particolarmente sensibili, non avrete più fastidio di quanto ve ne avrebbe potuto dare Luca (2021), con la differenza che in questo caso il cast vocale proviene da attori inglesi e non statunitensi.
E vi assicuro che solo questo ci salva da molte storpiature…
Non il solito Pinocchio
Nell’opera di Collodi, Pinocchio era un bambino totalmente scapestrato e ribelle, che non voleva andare a scuola, ma solo divertirsi, anche frequentandosi con personaggi poco raccomandabili...
Il Pinocchio di Guillermo del Toro mantiene l’idea di base, ma la sviluppa in altre direzioni. In questo caso Pinocchio non è semplicemente un bambino da rieducare, ma un bambino che deve riscoprire il mondo dall’inizio, e non ha idea di come lo stesso funzioni.
E per questo si comporta in maniera incontrollabile, nella sua incontrollabile voglia di scoprire e osare.
Tuttavia tutto viene portato su un piano più storicamente realistico quando si accorge di essere un peso per il padre adottivo – secondo lo stesso Grillo – e per questo abbandona il tetto familiare con l’illusione di poter lavorare e sostenere Geppetto.
Il dramma di Geppetto
Probabilmente la parte più straziante del Pinocchio di Guillermo del Toro è il dramma di Geppetto.
La sua tragicità prende le mosse anzitutto dall’insensata morte del figlio Carlo, che non riesce a superare, e che lo porta a creare un burattino che ne riprenda le forme. Ma solo grazie ad uno spirito della foresta – una fata turchina molto reinventata – riesce a ritrovare, dopo tanti anni, una luce nella sua vita.
E per tutto il film perde più e più volte il figlio adottivo, per la morte o per la fuga, distruggendosi – anche economicamente – per ritrovare l’unica cosa che poteva dargli felicità, nonostante non fosse proprio il figlio che voleva…
E qui si trova una grande sorpresa della pellicola.
Un bambino vero?
Per tutta la pellicola mi aspettavo un finale analogo a quello di Collodi, in cui l’umanità di Pinocchio era una sorta di premio per la sua buona condotta. Nell’opera originale infatti l’idea era di insegnare ai bambini della neonata Italia unita che, se avessero seguito la retta via, avrebbero trovato anche una sorta di riconoscimento sociale.
Al contrario, nel Pinocchio di del Toro il protagonista non diventa mai umano.
Ed è lo stesso film che spiega perché questa scelta andrebbe a snaturare la pellicola, quando Pinocchio, davanti alle parole di Geppetto che gli dice che non vuole che sia niente di diverso da sé stesso, risponde:
Perché in realtà questo finale racconta Geppetto deve finalmente accettare la morte di Carlo, e essere felice del dono che nonostante tutto la vita gli ha concesso.
Da un punto di vista più storico-politico, il Fascismo accetta Pinocchio perché è immortale e, soprattutto, perché è fatto di vero pino italiano, quindi di una buona materia prima che può essere plasmata.
Invece, anche con le sue azioni, Pinocchio rifiuta di sottomettersi, non diventando veramente un bambino della Gioventù Fascista, e quindi non snaturando in alcun modo la sua vera natura.
E qui si apre un altro elemento interessante.
Raccontare il fascismo
Mentre guardavo la pellicola mi sono resa conto di quanto questa rappresentazione del fascismo, semplice ma molto diretta, mi lasciava un po’ contraddetta.
E ripensandoci mi sono resa conto che – per diversi motivi che potete immaginare da soli – il Nazismo e l’Olocausto sono portati anche sul piccolo e grande schermo fino alla nausea, con prodotti di minore o maggiore qualità.
Assolutamente non si può dire lo stesso con il fascismo italiano.
Ovviamente non nego che ci siano anche delle produzioni dedicate a quel periodo storico ancora oggi, magari in un cinema europeo meno esplorato, ma a livello di produzioni mainstream è un tema del tutto assente.
E come scelta in questo caso è stata del tutto azzeccata e interessante.
Il Pinocchio di Guillermo del Toro Il simbolismo della pigna
Il simbolismo della pigna è più sottile, ma diventa assolutamente chiaro alla fine della pellicola.
La pigna è un elemento di vita e di morte insieme.
È un elemento di vita quando diventa un giocattolo per Carlo, per l’albero che nasce dalla stessa, con le pigne cresciute sullo stesso che rappresentano il ciclo della vita, quindi sempre la vita e la morte insieme.
Ma è definitivamente un simbolo di morte per la sua drammatica somiglianza con la granata, con un angosciante foreshadowing già nei momenti prima della morte di Carlo…
Ma la morale del Pinocchio di del Toro non vive di opposti.
Il Pinocchio di Guillermo del Toro La morale amara
La morale finale del Pinocchio di del Toro è molto amara, ma al contempo confortante.
Il regista ci nega totalmente un finale da favola, senza quella tipica e indefinita felicità, ma preferendo un racconto su come la vita continui, felice anche se profondamente caduca.
E ci racconta come anche la morte, probabilmente arrivata alla fine per Pinocchio, sia l’amara ma giusta conclusione per una vita soddisfacente, proprio perché ha avuto una fine…