The Green Knight (2021) di David Lowery è la pellicola forse più strana ed ambiziosa della sua produzione (finora). Tratta da un poema cavalleresco anonimo del XIV sec., è una storia dal taglio medievaleggiante e fantastico.
A fronte di un budget anche abbastanza ambizioso per un prodotto indie – 15 milioni di dollari – come prevedibile per periodo ed il tipo di film, è stato un discreto flop: meno di 20 milioni di dollari in tutto il mondo.
Di cosa parla The Green Knight?
Il giovane Ser Gawain viene costretto dalla madre a partecipare ad una festa della Tavola Rotonda, organizzata da suo zio, Re Artù. In questa occasione si scontrerà con una sfida inaspettata…
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere The Green Knight?
Assolutamente sì.
Per quanto sia un film incredibilmente complesso – tanto che mi ha ricordato per certi versi un’altra produzione della A24, Men (2022) – è anche una pellicola incredibilmente affascinante: un’avventura di stampo folkloristico, medievaleggiante, ma anche quasi surreale.
La sua bellezza è anche l’aprirsi a diverse chiavi di lettura, fornite in realtà dal regista stesso, ma che lasciano ampio spazio anche alla libera interpretazione allo spettatore, vista la complessità dell’opera di partenza in primo luogo.
Insomma, se vi affascinano storie complesse ed estremamente simboliche, guardatelo assolutamente.
Il punto di partenza
La personalità del protagonista è chiara fin da subito.
Si intrattiene con la sua amante, passa le notti fuori casa, ma non riesce ancora ad essere un cavaliere, nonostante sia nipote di Re Artù nonché, come si vede nella scena della festa, il suo prediletto e il suo sicuro erede.
E, nel momento del lancio della sfida del Green Knight, mostra anche un altro lato della sua personalità: l’irriverenza e il desiderio di mostrare il suo valore, ma senza la saggezza e l’equilibrio che dovrebbe distinguere i Cavalieri di Artù.
E infatti quella è solo la prima prova.
La responsabilità della Madre
La Madre di Gawain invoca il Green Knight.
Ma perché lo fa?
La risposta è più chiara a visione conclusa: la donna – che dovrebbe essere una rivisitazione di Morgana del ciclo arturiano – è consapevole dell’immaturità del figlio, il quale dovrebbe compiere il passaggio fondamentale alla vita adulta – diventare cavaliere e erede di Artù – ma non ha ancora la maturità necessaria, appunto.
Infatti al figlio mancano due capacità fondamentali.
Il senso di responsabilità e l’intraprendenza positiva.
Ser Gerwig dimostra di essere intraprendente, ma in maniera non positiva: si può parlare meglio di avventatezza, irriverenza, appunto. Infatti accetta la sfida del Green Knight, ma non ne capisce minimamente la valenza: per lui è solo un modo per mostrare la sua virilità.
Il vero significato della sfida è dimostrare di saper saggiare la situazione: essere intraprendenti e pronti a mettersi alla prova, ma sapere anche meditare al meglio le proprie azioni – e quindi essere capaci anche di affrontare le conseguenze.
Il classismo?
Il primo ostacolo – anche se non ne è inizialmente consapevole – è il villano che Ser Gerwig incontra all’inizio del suo viaggio.
Nonostante il personaggio di Barry Keogan sia indubbiamente fastidioso e insistente, fornisce comunque informazioni fondamentali al protagonista per il suo viaggio. Ma, quando il ragazzo gli richiede qualcosa in cambio per la sua gentilezza, il protagonista lo tratta con grande arroganza e superiorità.
Appare qui evidente come Gerwig abbia vissuto fino a questo momento nella sicurezza e comodità della sua città, in una posizione di potere e prestigio, approfittandosi anche evidentemente delle persone a lui inferiori.
Ma il mondo esterno è molto più pericoloso.
Infatti il protagonista rimane vittima di un’imboscata, in cui perde la maggior parte dei suoi averi e dei suoi simboli – l’ascia e il cavallo. E, in un certo senso, il ragazzo sceglie di prendere il suo posto, quindi sottrargli la sua posizione che il protagonista considerava intoccabile.
Se fosse stato più generoso non sarebbe stato attaccato?
Forse no, ma, nel simbolismo della pellicola, è quantomai evidente che questa sia un momento di passaggio per il futuro re, che avrebbe dovuto mostrare saggezza e generosità nel trattare col popolo, soprattutto potendoselo permettere.
E proprio in quel momento sarebbe potuto anche morire…
L’incontro con Santa Winifred
Il personaggio di Santa Winifred è meno casuale di quanto sembri.
Apparentemente l’incontro con la ragazza sembra solo una side quest portata avanti dal protagonista, impietosito dalla situazione della sfortunata. In realtà, oltre ad essere un racconto piuttosto fedele al mito originale, è una prova fondamentale per Ser Gerwig.
Infatti per la prima volta il protagonista si impegna nell’aiutare il prossimo, senza pensare ad un guadagno futuro – per esempio giacere con la ragazza – che in realtà diventa un aiuto fondamentale per la il suo viaggio, anche se sotto altra forma.
Nelle sue identità – la donna e la volpe – Winifred è un’effettiva guida per Ser Gerwig: grazie a lei capisce – o, meglio, lo spettatore capisce – che è la stessa madre ad aver invocato il Green Knight, e viene anche messo in guardia sulla pericolosità della prova finale.
Il misterioso castello
Dopo un viaggio piuttosto stancante e faticoso, Ser Gerwig diventa ospite del misterioso lord dell’altrettanto misterioso castello, la cui moglie ha le sembianze proprio della sua amante, Essel.
Il castello è infatti una sorta di rappresentazione – con le dovute differenze – della vita presente e futura del protagonista. Sotto alla protezione di un benevolente signore – come era Re Artù – vivendo una vita sessuale piuttosto libertina con la lady del castello – come con Essel – ma sotto la stretta e minacciosa sorveglianza della madre – qui nei panni dell’anziana bendata.
Ma per la relazione con la lady le parti si invertono.
Nonostante sia sempre la sua amante, in questo caso è Essel a starsi approfittando di Gerwig, e non il contrario. Infatti il protagonista in questo caso sta sfruttando dell’ospitalità del lord, mentre a casa era lui che si approfittava della ragazza, senza darle nulla in cambio.
Questo passaggio è insomma un modo per mettere il protagonista non solo davanti alla sua vita miserabile vista da un altro punto di vista, ma anche a comprendere quanto le fortune possano essere alterne: un giorno Re, un giorno straccione.
The Green Knight finale
Il finale di The Green Knight è doppio.
Nel primo finale Ser Gerwig rimane saldamente legato alla sua cintura di protezione per tutta la sua vita, sottraendosi alla sua prova e alle sue responsabilità.
E questo lo porta ad una vita per nulla felice.
Continua ad approfittarsi di Essel, le strappa di braccia il figlio appena nato, si sposa con una moglie di convenienza, e il primo figlio gli muore in battaglia. E, nonostante tutto, alla fine deve comunque affrontare la morte che aveva cercato di fuggire.
E questa vita è quella che gli passa apparentemente davanti agli occhi nel secondo finale, in cui capisce che non potrà fuggire dal suo destino, ma che è arrivata l’ora di affrontarlo. Ma, soprattutto, di affrontarlo senza una perpetua protezione.
Così viene ricompensato, con una vita – si spera – più saggia e felice.
La cintura verde The Green Knight significato
La cintura donata dalla madre a Ser Gerwig è fondamentale.
È uno strumento che la donna offre al figlio per proteggersi, come per portare con sé sempre una parte della maternità che fino a questo momento l’ha guidato e protetto – una sorta di coperta di Linus ante-litteram.
Proprio intorno a questo elemento in realtà gira l’insegnamento della madre: il protagonista deve essere capace di liberarsi da una protezione – vera o immaginaria – che sia della madre o della sua posizione, e diventare capace di agire autonomamente.
E infatti il protagonista alla fine sceglie in entrambi i finali di togliersi la cintura, arrivando in un modo o nell’altro ad affrontare le sue responsabilità. Ma solo facendolo nel momento giusto può evitare una vita di vigliaccheria e violenza, e di sola apparente sicurezza…