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Il Padrino: Parte III – L’ultimo momento

Il Padrino: Parte III (1990) è l’ultimo capitolo dell’iconica trilogia omonima di Francis Ford Coppola. Un film arrivato a quindici anni di distanza dal precedente, con una produzione estremamente infelice.

Fra tutte le vicissitudini, la più amara fu sicuramente il fatto che Coppola non volle continuare con il terzo capitolo fin dall’inizio e negli anni si susseguirono diversi autori che vennero coinvolti nella produzione. E infine Coppola accettò probabilmente più per questioni economiche: al tempo era sommerso dai debiti per l’enorme flop di Un sogno lungo un giorno (1982).

Il successo al botteghino fu minore dei precedenti, ma soddisfacente: 136 milioni contro 54 di budget. Ricevette critiche positive, ma non entusiaste come per i precedenti capitoli. E non potrei essere più d’accordo.

Di cosa parla Il Padrino III

Ormai da tanti anni a capo dell’Impero Corleone, Michael Corleone cerca finalmente di traslare il suo business verso la legalità. Al contempo deve gestire la sua turbolenta famiglia, con la figlia ribelle Mary e cercando di riallacciare i rapporti con la ex moglie Kay.

Vi lascio il trailer per farvi un’idea.

Vale la pena di vedere Il Padrino: Parte III

Al Pacino in Il Padrino: Parte III (1990) di Francis Ford Coppola

In generale, non è un film che vi direi di saltare, ma va approcciato nel modo giusto e con la consapevolezza di quello che ci si trova davanti. Per me Il Padrino: Parte III è un film che evidentemente Coppola non voleva inizialmente fare, dove ha cercato di dare il meglio, ma in cui non è riuscito a mettere la passione dei primi due.

Infatti l’ho trovato nel complesso un buon film gangster, che però non raggiunge la soglia del capolavoro come i primi due. Soprattutto, non aspettatevi un Michael Corleone come ve lo ricordate: a me è parso un personaggio diverso.

Nota a margine per la visione: non ho trovato lo stesso problema dei sottotitoli su Prime segnalato nel precedente capitolo, ma i sottotitoli in inglese nelle parti in italiano sono sbagliati. Insomma, come fanno, sbagliano.

Quando manca una storia

Andy Garcia in Il Padrino: Parte III (1990) di Francis Ford Coppola

Nei precedenti capitoli ho trovato che la storia personale dei personaggi fosse molto più organica all’interno dell’intrigo politico: nel primo si rappresenta l’ascesa di Michael, nel secondo la sua intelligenza e spietatezza, anche davanti alle persone più vicine a lui.

In questo caso invece la trama l’ho trovata più concentrata sul dramma personale di Michael che cerca di tenere insieme la sua famiglia e i suoi affari, quest’ultimi però mi sono parsi più secondari, una sorta di scheggia impazzita che crea poi dei problemi nella sua sfera personale. Una dinamica in realtà abbastanza tipica per film di questo genere, ma da Coppola mi aspettavo di più.

Un film in parte forse più intimo, più pensato per chiudere una storia, pur riciclando dinamiche già viste in precedenza. Un film necessario? Forse no, ma non per questo inutile.

Michael Corleone in Il Padrino: Parte III

Michael Corleone è stata la parte che più mi ha deluso di questa pellicola. Per quanto sia stato abbastanza bistrattato, per me Al Pacino nei primi due film era mostruoso, riuscendo a portare un personaggio magnetico e intrigante in entrambi i capitoli.

Non ho trovato lo stesso in Il Padrino: Parte III: non so se Al Pacino volesse andare verso alla recitazione di Marlon Brando in Il Padrino (1974), ma per me non ci va minimante vicino. Ho visto un Pacino spento e incapace di rientrare nel personaggio, mancante della potenza che aveva portato in passato. E sicuramente il fatto di non aver ricevuto il compenso inizialmente richiesto per il ruolo non ha aiutato.

Manca fra l’altro per me una storia interessante riguardo al suo personaggio, che sembra solo che cerchi affannosamente di tenere insieme la famiglia e i suoi affari, fallendo tragicamente. Con un finale che mi è parso troncato e che ha cercato di mandare un messaggio simile al precedente capitolo, per me non riuscendoci.

Vincent Corleone in Il Padrino: Parte III

Vincent Corleone è interpretato da un attore di grande valore come Antony Garcia, che fu anche candidato all’Oscar per questo ruolo. Purtroppo, per quando l’attore assomigli anche nella recitazione a quella di Al Pacino nei primi capitoli, per me Pacino ha fissato un livello troppo alto e, di fatto, irraggiungibile. E per me Garcia non l’ha raggiunto.

Oltre a questo, non ho ritrovato la stessa crescita e trasformazione di Micheal, per quanto il film cerchi di citarla e riportarla in scena. Invece ho trovato Vincent più vicino al personaggio di Sonny, il padre illegittimo, soprattutto all’inizio, e non mi sono sentita coinvolta nella sua storia.

Un film più edulcorato?

Andy Garcia in Il Padrino: Parte III (1990) di Francis Ford Coppola

Ho ammirato Il Padrino e il suo seguito per la capacità di Coppola di creare una tensione da brividi e la violenza esplosiva, ma gestita con una mano attenta e raffinata. Nel Il Padrino: Parte III la violenza è molto più rara, molto impressionante in alcune scene, ma manca di quel tratto interessante di cui sopra.

Purtroppo questo film fu una delle prime pietre tombali di Coppola: dopo il flop di Raiman (1997), il regista lasciò il cinema per un decennio, per poi riapparire sporadicamente in progetti che non ebbero la risonanza dei suoi capolavori degli Anni Settanta e Ottanta.

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Il Padrino: Parte II – La grande eredità

Il Padrino: Parte II (1974) è il secondo capitolo dell’iconica trilogia di Francis Ford Coppola con protagonista Al Pacino e, in questo film, anche l’allora stella nascente di Robert De Niro. Nonostante De Niro abbia un minutaggio decisamente minore rispetto a Pacino, il film fu un buon trampolino di lancio per l’attore, pochi anni prima di cominciare il proficuo sodalizio con Scorsese nell’iconico Taxi Driver (1976).

Con un budget più che raddoppiato (13 milioni contro i 6 del primo film), la pellicola incassò decisamente di meno rispetto al precedente capitolo (solo 47 milioni, contro l’incasso di 243 milioni de Il Padrino). Fu tuttavia acclamato dalla critica e vinse sei Oscar con 11 candidature, fra cui il primo Oscar di De Niro come Miglior attore non protagonista.

Purtroppo, ancora una volta, la grandezza dell’interpretazione di Al Pacino non ottenne il risultato previsto: venne candidato come Miglior attore protagonista, ma non si portò a casa la statuetta.

Di cosa parla Il Padrino: Parte II

Il Padrino: Parte II è ambientato a circa sette anni di distanza dal primo capitolo, raccontando le vicende di Michael Corleone, che ha ormai assodato il proprio potere come nuovo Padrino, ma è comunque continuamente insidiato da nemici interni ed esterni. Al contempo, pur con un minutaggio molto più ridotto, si raccontano le origini di Vito Corleone, da quando venne mandato ancora bambino negli Stati Uniti alla sua scalata al potere a New York.

Vi lascio il trailer per farvi un’idea.

Vale la pena di guardare Il Padrino: Parte II?

Assolutamente sì, soprattutto se vi è piaciuto Il Padrino (1972). Per me Il Padrino: Parte II è un’ottima conferma delle capacità di Coppola di portare in scena una storia complessa e avvincente, all’interno di un film dalla durata monumentale. A questo proposito, il mio consiglio è di guardarlo quando avete tempo da spenderci, in quanto non è un film semplice da seguire e da digerire, oltre ad avere appunto una durata piuttosto importante.

Tuttavia è ancora una volta un film che non può mancare nel vostro bagaglio cinefilo. Tuttavia, prima delle visione, è bene che siate coscienti di un problema non da poco.

La mia terribile esperienza con Prime Video

Qui si apre una polemica fra me e la sottoscritta, ma che può essere utile a chi si approccia per la prima volta alla pellicola. Ho guardato il film su Prime Video e ho avuto immense difficoltà a seguire le parti in cui i personaggi, in particolare De Niro, parlano in italiano con forte accento dialettale. Potete immaginare, con tutto lo sforzo che indubbiamente ci ha messo De Niro, come possa suonare un americano che cerca di parlare in italiano dialettale: una combo micidiale.

Il problema è che non solo queste parti all’interno del film rappresentano interi ed importanti dialoghi, ma, almeno sulla piattaforma di Prime Video, in quelle scene non sono presenti i sottotitoli. Con la poco piacevole conseguenza che ho trovato al limite dell’impossibile seguire certe scene.

Non so se sia una scelta autoriale del regista stesso e non ho idea del tipo di distribuzione che avuto questo film ai tempi e su altre piattaforme. Tuttavia, è bene arrivare alla visione con la consapevolezza di questo problema.

Perché Il Padrino: Parte II è anche migliore del primo film

Al Pacino nei panni di Micheal Corleone in una scena de Il Padrino: Parte II (1974) diretto da Francis Ford Coppola

Per quanto abbia apprezzato Il Padrino, ho trovato il seguito addirittura superiore: oltre all’altissimo livello della recitazione, la storia è ancora più intrigante, in quanto arricchita da un maggiore trasporto emotivo per via del tradimento non più di un nemico esterno, ma del fratello di Michael stesso.

Una vicenda ancora più intricata, spezzata da uno sguardo (meno ampio di quanto mi aspettassi) sulle origini di Vito Corleone e dell’impero da lui creato. Una regia sempre di altissimo livello, cadenzata da momenti al cardiopalma e una violenza cruda e ben dosata, che rende le scene vive e indimenticabili.

Michael Corleone

Per quanto sia stata al tempo maggiormente apprezzata la recitazione di Robert De Niro, per me Al Pacino in questa pellicola è mostruoso. Riesce infatti a dosare la sua recitazione per questo personaggio spietato e calcolatore, con il suo iconico sguardo gelido e omicida. Tuttavia, non un uomo senza sentimenti: poche ma fondamentali le scene in cui perde la calma, di solito quando non ha il controllo sulla situazione.

Così ha una reazione terribile quando Kay gli rivela di aver abortito alle sue spalle, altrettanto perde il controllo quando gli annunciano la perdita del suo nascituro e infine stampa un bacio ferocissimo sul volto sconvolto del fratello Fredo quando gli rivela che conosce il suo tradimento.

Ma ancora più terribile è come allontana da sé le persone, con una freddezza terrificante e frasi lapidarie: così chiude la porta in faccia a Kay quando torna per rivedere i figli, così congeda Fredo, dicendogli Tu non sei più nulla per me.

Ma in fondo è un uomo che soffre terribilmente, rimasto solo dopo aver assassinato il fratello che aveva finto di perdonare. La pellicola si chiude un commovente flashback con cui Michael ricorda quando la sua famiglia era ancora viva e unita.

Ora, invece, è un uomo solo.

Vito Corleone

Per quanto Robert De Niro sia un attore che apprezzo moltissimo e che in questa pellicola ci regali una performance più che ottima, non mi ha del tutto convinto la sua scelta per questo ruolo. Al tempo delle riprese De Niro aveva già trent’anni, mentre avrebbe dovuto essere massimo uno sbarbato ventenne. E, in generale, non sono riuscita ad associare il suo volto a quello del Vito Corleone di Marlon Brando.

Tuttavia ho apprezzato la sua recitazione, perfettamente coerente rispetto a quella di Marlon Brando nel precedente capitolo. A differenza del figlio, Vito Corleone, soprattutto all’inizio, si pone come un boss assolutamente bonario, furbo e convinto delle sue capacità di ottenere il rispetto degli altri.

Così riesce ad ingannare Don Fanucci e ucciderlo a sangue freddo, così accoltella senza pietà Don Ciccio, il boss siciliano che aveva attentato alla sua famiglia quando era ancora un bambini indifeso. Un momento di passaggio al pari di quello del figlio nel primo capitolo della trilogia, con l’omicidio Sollozzo.

Fredo Corleone

La figura di Fredo emerge prepotentemente rispetto al fratello, da cui non potrebbe essere più diverso. Come Michael è abile e calcolatore, Fredo si getta all’interno di un disgustoso tradimento per pura gelosia del fratello minore, che ha inaspettatamente preso potere a suo svantaggio.

Si vede la sua inettitudine quando cerca di scappare disordinatamente dal fratello a Cuba, così si fida dello stesso quando, al funerale della madre, lo abbraccia come un bambino, fingendo di perdonarlo.

In seguito a questo evento, Fredo non sembra avere il minimo sospetto che Michael stia cercando infine di attentare alla sua vita. E pronuncia la sua ultima preghiera, del tutto inconsapevole di star celebrando la sua estrema unzione.

Cosa non mi ha convinto, nonostante tutto

Al di là della questione linguistica, non sono stata del tutto convinta dalla scelta della storia da raccontare. Non mi ha infastidito il fatto che la trama fosse fondamentalmente identica a quella del primo capitolo, ma più che altro non ho trovato del tutto vincente l’inserimento della storia delle origini di Vito Corleone.

Infatti mi aspettavo che la sua storia avesse decisamente più spazio, mentre è contenuta in un minutaggio piuttosto limitato e, anche per questo, mi è sembrata molto accessoria. Avrei preferito piuttosto che il film non la includesse, parlando solamente della storia di Michael. Tuttavia, come detto, non per questo non l’ho apprezzata.

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Il Padrino – L’origine di un cult

Il Padrino (1972) è il primo film della trilogia cult omonima, diretta da Francis Ford Coppola. Considerato uno dei maggiori capolavori della Storia del Cinema, il film rilanciò Marlon Brando come attore e fece al contempo conoscere Al Pacino, fino a quel momento sostanzialmente sconosciuto, a livello internazionale.

Al tempo fu un incredibile successo commerciale: 243 milioni di incasso a fronte di un budget ridottissimo, circa 6 milioni. Fu candidato anche a ben 10 oscar, vincendone tre, e divenne un cult immortale nell’immaginario collettivo.

Di cosa parla Il Padrino

New York, 1946. Vito Corleone è a capo di una importante e potentissima famiglia mafiosa. La sua vita è scandita da una intricata rete di scambio di favori criminali, che terminano spesso con atti violenti…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea.

Perché guardare Il Padrino anche oggi?

Marlon Brando nei panni di Vito Corleone in una scena di Il Padrino (1972) di Francis Ford Coppola

Il Padrino è un’opera irrinunciabile. Non solamente perché è un film assolutamente iconico ancora oggi, ma perché è un prodotto di altissimo livello, con interpreti che hanno regalato prove attoriali indimenticabili.

E, soprattutto, rivedere le frasi e le scene iconiche nel contesto del film gli dà tutto un altro sapore.

Tuttavia, Il Padrino non è un film per nulla semplice: oltre alla durata decisamente importante della pellicola, è un film che va seguito con molta attenzione per non perdersi nel marasma di nomi e di rapporti racconti.

Tuttavia, prendetevi un pomeriggio e regalatevi questa esperienza: non ve ne pentirete.

Vito Corleone: Il primo padrino

Come detto, Vito Corleone appare inizialmente come il centro dell’azione. Parallelamente alla realtà festosa e felice del matrimonio della figlia, il Padrino deve gestire la processione di persone che gli chiedono i favori più disparati, la maggior parte con una componente violenta e omicida.

A primo impatto lo spettatore non assocerebbe mai a questa figura così contenuta e riflessiva a degli atti di tale violenza, come la famosa testa di cavallo nel letto.

Proprio per questo probabilmente Vito si è capo della famiglia, divenendo punto di riferimento come figura saggia e imperscrutabile. Riuscendo in ultimo anche a salvare la vita del figlio, Michael, rivelandogli come scovare il chi l’ha tradito.

Marlon Brando è riuscito a regalare una performance che è divenuta immediatamente iconica, per l’incredibile posatezza e particolarità del personaggio, che gli valse infatti la statuetta agli Oscar come Miglior Attore Protagonista.

Michael Corleone: l’erede

Michael Corleone viene sapientemente presentato come personaggio di contorno, che decide consapevolmente di non partecipare agli affari di famiglia.

Il primo momento di azione è l’omicidio di Sollozzo: Michael si presenta alle sue vittime come le persone al di fuori dei fatti, assolutamente innocuo, a differenza dell’animoso fratello, Sonny.

E infatti tutta la scena dimostra un Michael impacciato, con la mano tremante e indecisa sul da farsi.

Ma che infine agisce.

La trasformazione definitiva avviene durante il periodo in Sicilia. Il suo primo scambio da boss è con il padre della sua prima moglie, Apollonia. Michael aveva infatti notato la ragazza e che l’aveva subito scelta come sua sposa.

Così, adottando l’atteggiamento posato e la fermezza dello sguardo del padre, contratta.

E vince.

Da qui in poi il suo volto diventerà sempre più imperscrutabile, con questi occhi vitrei e minacciosi.

L’atto finale è il ritorno a New York: dopo la morte di Sonny, Michael acquista sempre più potere e comincia a riordinare gli affari di famiglia: prima il giuramento davanti al prete per il battesimo della sorella, con un montaggio alternato che mostra tutti gli omicidi a sangue freddo di cui è il mandante.

E infine la scena di chiusura, in cui viene definitivamente riconosciuto come il nuovo Padrino, con gli astanti gli baciano le mani.

La rappresentazione degli italoamericani

Al Pacino nei panni di Michael Corleone in una scena di Il Padrino (1972) di Francis Ford Coppola

Uno scoglio non da poco per il film era raccontare la realtà della mafia italo americana in maniera che non fosse stereotipata e appiattita, come abbiamo visto anche in prodotti come House of Gucci (2021).

Cominciamo col dire che ovviamente alcuni passaggi faranno sanguinare le orecchie a qualunque italiano, anche solamente per Corleone pronunciato Corleoni.

Tuttavia, ne Il Padrino comunità italo americana è in realtà ben raccontata. Infatti nella maggior parte delle scene si parla in inglese, con qualche parola e frase in italiano di tanto in tanto.

L’unica eccezione sono alcuni personaggi che parlano principalmente in italiano, ma che sono attori effettivamente italiani e in un contesto, come quello della fuga siciliana di Michael, che lo giustifica. Una rappresentazione per una volta credibile, insomma.

Anzi, nota di merito alla scelta di rendere la difficoltà di Michael di parlare in italiano quando appunto si trova in Sicilia, con una pronuncia stentata e inquinata dalla sua parlata americana.

Cosa, complessivamente, non mi ha convinto

Al Pacino nei panni di Michael Corleone in una scena di Il Padrino (1972) di Francis Ford Coppola

Ci sono due aspetti che non mi hanno del tutto convinto della pellicola o che comunque mi hanno reso difficoltosa la visione.

Anzitutto, la quantità di nomi e personaggi raccontati, in cui ho fatto fatica ad orientarmi. Ho infatti avuto qualche problema nel finale a capire quali fossero i personaggi più importanti del tradimento.

Così, lo scorrere del tempo.

Nonostante sia abbastanza chiaro, se non fosse per gli indizi visivi in scena (come il bambino di circa un anno di Michael e Kay) non avrei mai percepito effettivamente il passaggio del tempo, di cui non ho colto appieno il senso di alcune ellissi, che mi sono parse futili.

Le citazioni iconiche

All’interno della pellicola ci sono due momenti assolutamente iconici, ma che acquisiscono veramente significato quando vengono contestualizzati nella pellicola.

Marlon Brando nei panni di Vito Corleone in una scena di Il Padrino (1972) di Francis Ford Coppola

My father made him an offer he couldn’t refuse

Mio Padre gli ha fatto un’offerta che non poteva rifiutare.

Questa famosissima citazione è quanto più interessante se contestualizzata: non si può rifiutare l’offerta del Padrino non perché sia assolutamente conveniente, ma perché, se non la si accetta la prima volta, si avranno delle conseguenze, solitamente molto sanguinose. E infatti nel dialogo in cui viene citato questo elemento si dice anche

Luca Brasi held a gun to his head, and my father assured him that either his brains – or his signature – would be on the contract.

Luca gli puntò una pistola alla testa e mio padre disse che su quel documento ci sarebbe stata la sua firma, oppure il suo cervello. 

Un’altra scena assolutamente iconica è quella della testa del cavallo nel letto. Una sequenza ottimamente costruita, introducendo prima il cavallo e mostrandolo come qualcosa di prezioso per la vittima, che pagherà le conseguenze per il rifiuto alle richieste del Padrino.

La scena è un climax sensazionale, sia per la regia che dalla musica utilizzata, con infine la chiusa incorniciata dalle urla di orrore di John Marley. Una scena di una tale violenza visiva e sonora che non poteva non rimanere nell’immaginario collettivo, per poi essere citata da innumerevoli prodotti successivi.