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Assassinio sul Nilo o la saga maledetta

Una recente uscita nelle nostre sale, Assassinio sul Nilo (2022) è una pellicola maledetta sotto molti punti di vista. In senso più ampio, questa intera operazione di revival di Poirot si porta dietro un’aurea oscura: due film su due di questo franchise hanno hanno fra gli attori principali personaggi travolti da scandali sessuali. Per Assassinio sull’Orient Express (2017) c’era Johnny Depp, ancora oggi in un intricatissimo caso di violenza domestica (apparentemente) subita e data dalla ex-moglie Amber Heard, scoppiato poco prima dell’uscita del film. Questo scandalo ha portato fino al licenziamento di Depp dal cast del franchise di Animali Fantastici. In questo caso, però, il film non ne era stato toccato, anzi era stato un successo non indifferente al botteghino (352 milioni contro 55 di budget).

Per Omicidio sul Nilo, invece, lo scandalo sessuale di Harmie Hammer (tutto ancora da chiarire), ha danneggiato fortemente la pellicola. Il film sarebbe infatti dovuto uscire a fine 2019, poi, fra la pandemia e il caso Hammer, è arrivato in sala solamente all’inizio di quest’anno. Tuttavia, la pellicola sta andando abbastanza bene al botteghino: nonostante l’alto budget di 90 milioni, ne ha già incassati 38. E chissà dove può arrivare.

Incrociamo le dita.

Di cosa parla Assassinio sul Nilo (2022)

Assassinio sul Nilo (2022) porta in scena un noto caso di Erculè Poirot, il fortunatissimo personaggio di Agatha Christie. Questa volta il famoso detective si trova in Egitto, testimone prima di un particolare triangolo amoroso e poi di un misterioso omicidio.

Un cast abbastanza scoppiettante, anche se non stellare come in Assassinio sull’Orient Express: la fascinosa Gal Gadot, per la prima volta in un ruolo rilevante sul grande schermo dopo Wonder Woman, la stella nascente Emma Mackey, nota soprattutto come Maive in Sex Education, e, appunto, Harmie Hammer, prima dello scandalo noto soprattutto per Chiamami con il tuo nome (2017).

Lascio la parola al trailer per farvi un’idea.

Cosa funziona

Una cosa che proprio non mi aveva convinto dello scorso film era la plasticosità degli ambienti, che sembravano veramente cartoonesschi, complice anche la fotografia a mio parere poco azzeccata. Al contrario, questa pellicola, forse anche per il budget quasi raddoppiato, porta sullo schermo della ambientazioni convincenti e dal grande fascino. Una regia piuttosto indovinata e che non manca di qualche guizzo e soluzione scenica interessante.

La vicenda è intrigante e, nonostante tutto, lo spettatore (a differenza del primo) può diventare facilmente investigatore lui stesso e risolvere il mistero prima della rivelazione finale.

Un plus del film, che davvero non mi aspettavo, è la bravura di Emma Mackey, che supera di molte lunghezze la sua ben più famosa collega Gal Gadot, soprattutto nelle scene dove recitano insieme. Davvero promossa.

Farà strada.

Cosa non funziona

In qualche modo il film soffre dello stesso problema del suo predecessore, ovvero la sua fedeltà all’opera di partenza: una trama che ci mette parecchio a partire sulla parte investigativa. Non annoia per forza, ma parte pre-omicidio potevano essere tolti almeno un quindici minuti. Una sottotrama che sembra apparire di punto in bianco e che interessa fino ad un certo punto. Una messinscena piuttosto caricata e irrealistica (dico solo, la passerella alla fine).

Gal Gadot, ma meno di quello che mi aspettavo: considero personalmente l’attrice di Wonder Woman come davvero poca talentuosa, con una bella presenza scenica, ma una capacità recitativa davvero scarsa. Le devo riconoscere però un miglioramento evidente rispetto al primo Wonder Woman, complice forse anche la buona direzione di Branagh, ma Emma Mackay recitativamente la seppellisce.

La risoluzione è piuttosto fantasiosa, e può piacere o non piacere. A me ha convinto a metà. Ma non mi voglio mettere a discutere con Agatha Christie e le sue scelte di trama.

Assassinio sul Nilo fa per me?

Gal Gadot e Emma Mackay in una scena del film Assassinio sul nilo 2021 diretto da Kenneth Branagh

Per apprezza Assassinio sul Nilo deve piacere un certo tipo di narrazione delle investigazioni vecchio stile, simile a Knives Out (2019). Non sono una lettrice di Agatha Christie, quindi non mi posso esprimere per i fan dei romanzi, ma ho notato un fandom molto diviso.

In generale, penso possa essere un film abbastanza piacevole per tutti.

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Gli occhi di Tammy Faye, o quello che poteva succedere solo in USA

Il cinema semplice road to oscar 2022 che si svolgeranno il 28 marzo 2022

Candidature Oscar 2022 per Gli occhi di Tammy Faye (2021)

(in nero le vittorie)

Migliore attrice protagonista a Jessica Chastain
Migliore trucco e acconciatura

Gli occhi di Tammy Faye (2022) è film un po’ passato in sordina, uscito nelle nostre sale questa settimana, con due brillanti protagonisti: Andrew Garfield e Jessica Chastain. Lui, tornato alla ribalta per Spiderman No Way Home (2021), ma che si sta facendo notare anche per Tik, tik…Boom! (2021) su Netflix, per cui ha anche ricevuto una candidatura agli Oscar di quest’anno. Lei, splendida fin da quella parte in The Help (2011), ma che ha avuto anche parti importanti anche in due film spaziali come Interstellar (2014) e The Martian (2015).

Di cosa parla Gli occhi di Tammy Faye

Cresciuta in un’umilissima e cristianissima famiglia americana, la giovane Tammy Faye al collage si innamora di Jim Bakker. Insieme i due diventano una fortunata coppia di predicatori on the roadIn breve tempo approdano anche sugli spazi televisivi, diventando i più famosi e ricchi televangelisti degli anni Settanta-Ottanta.

Tratto da una storia vera, verissima, che poteva accadere solamente negli USA.

Lascio il resto al trailer.

Perché Gli occhi di Tammy Faye funziona

Anzitutto, le interpretazioni pazzesche dei protagonisti: perfettamente in parte, in ruoli per nulla semplici. Ti tengono sulle spine, si amano e si respingono, ti riportano ad un’epoca lontana e un mondo sconosciuto. Jessica Chastain, soprattutto, è davvero incredibile: mantiene perfettamente il personaggio senza sbavature dall’inizio alla fine, ne segue l’evoluzione e la interpreta magistralmente.

La fotografia è un vero tocco da maestro: modulata perfettamente col passare dei decenni, riesce a trasmetterti proprio il mondo attraverso gli occhi di Tammy Faye, con colori esplosivi ma spesso anche freddi, di una ricchezza tanto bella quanto triste.

Il film non è per nulla breve, ma non di meno riesce ad appassionarti sinceramente alla loro coppia e soprattutto a lei, Tammy Faye, che nonostante ogni cosa riesce sempre a rimanere fedele a se stessa, a compiere azioni e gesti incredibili per la sua epoca e mantenere un irremovibile ottimismo anche nei momenti più bui.

Rimango un po’ in dubbio sulla questione trucco: per certi versi i protagonisti sembrano veramente dei pupazzoni, ma è anche vero che riesce a renderteli veramente simili ai personaggi reali.

Perché il film potrebbe non piacerti

Gli occhi di Tammy Faye Jessica Chastain in una scena del film

La storia ha delle connotazioni al limite del grottesco, sia per gli ambienti che descrive, sia per la storia in sé, che per fortuna non si perde nel melodramma più smaccato. Deve piacerti un tipo di ambientazione, profondamente statunitense, ma davvero aliena per uno spettatore europeo.

Inoltre il film è una vera chicca per chi apprezza i racconti delle storie vere e del folklore americano. Io, per esempio, sono una grande fan.

Previsioni sugli Oscar 2022

Per quanto riguarda la candidatura come Miglior Attrice, Jessica Chastain se la batte con altre grandi attrici come Penelope Cruz per Madres Parallelas (2021) e Olivia Coleman per La figlia oscura (2021). Purtroppo, non avendo visto gli altri film, non posso dare un’opinione. Diciamo solo che io tifo per lei, perché a mio parere è una grande attrice che ha bisogno della spinta finale per brillare.

Invece per la candidatura per Miglior trucco e acconciatura sono indecisa, in quanto, come ho detto, in questa pellicola non mi ha convinto del tutto. Ho idea che vincerà House of Gucci, per una semplice questione di popolarità.

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The King’s man – Le origini grottesche e ridicole

Penso che il titolo sia già piuttosto esplicativo di cosa ne penso di The King’sman – Le origini. Sono una discreta fan della saga King’s Man: ho recuperato il primo fuori tempo massimo, il secondo al cinema alla sua uscita. Il primo l’ho apprezzato e non poco, nel secondo sentivo già scricchiolare qualcosa. Per questo mi sono davvero cadute le braccia.

Di cosa parla The King’sman – Le origini

The King’s Man – Le origini è un prequel della fortunata saga King’s Man appunto, che racconta la nascita del gruppo di agenti segreti britannici. In questo caso i protagonisti sono Orlando (interpretato da Ralph Finnes) e il figlio Conrad (interpretato da Harris Dickinson, che interpretava il principe Filippo nella saga di Maleficent). Orlando ha dedicato la sua vita a portare aiuto nelle zone di guerra e realtà del terzo mondo. E ora, da pacifista convinto, cerca di intervenire nell’intrigo di eventi che scatenanti della Prima Guerra Mondiale, cercando di portarla alla più veloce conclusione. Per questo si oppone alla scesa sul campo del figlio, il quale, da bravo giovane patriota del suo tempo, non vede l’ora di mettersi in gioco per il suo paese.

Lascio il resto al trailer.

Cosa funziona.

Qualcosa, incredibilmente, funziona. L’ambientazione è davvero affascinante, ben curata e anche, quando vuole, storicamente credibile. Gli attori sono generalmente convincenti e la trama, nonostante zoppichi vistosamente, sulla carta ha degli elementi intriganti. Sulla carta, appunto.

Cosa non funziona

Tutto. Per essere un film di intrattenimento, l’ho trovato veramente estenuante. La trama si perde in sé stessa, prende una strada, poi cambia idea, e torna indietro. La risoluzione è ridicola, i villain sono da mani nei capelli.

Rasputin è un pessimo antagonista. È grottesco, ridicolo, financo disgustoso. La regia per il suo personaggio è ambiziosa, non posso dire di no, ma per me è semplicemente inaccettabile. La riscrittura storica degli eventi sembra fatta da un bambino di 10 anni molto fantasioso. Soprattutto per quanto riguarda le scene post-credit. Ralph Finnes come protagonista action non è convincente. Viene mostrato fino ad un certo momento in un modo, e alla fine occupa tutta la scena, nella maniera meno credibile che possiate immaginare.

The King’sman – Le origini fa per me?

Dipende. Se vi piacciono le cose pesantemente trash, proprio stile primi anni 2000, livello American Pie però negli Anni Venti, The King’sman – Le origini potrebbe piacervi. Se vi estasiate per riscritture storiche fantasiose stile la serie Hunters, anche. Se siete fan della saga, non saprei dirvi: io sono discretamente fan e l’ho odiato, ma ho sentito altri che ne sono rimasti convinti.

Io comunque vi ho avvertito.

Mi tolgo qualche sassolino con spoiler

rasputin interpretato da Rhys Ifans nel film The King'sman - Le origini del 2022

La scena di Rasputin è fra le scene più disgustose che abbia visto in tempi recenti. Mi ha fatto volare con la mente agli anni d’oro della commedia americana primi anni 2000, come quel capolavoro di Dodgeball (2004), e a più recenti e discutibili film come Pitch Perfect (2014). Ci vuole davvero genio per scrivere un personaggio così stupidamente volgare.

Inoltre inserisce velatamente l’elemento magico, visto che alla fine la gamba di Orlando è stata curata effettivamente grazie alla lingua di Rasputin. Il tutto però sembra solamente un meccanismo per mandare avanti la trama.

Non ho mai visto un patriottismo britannico così sfacciato: dalla dichiarazione iniziale della compianta Emily su come aiutino gli altri e quanto siano bravi, alla dichiarata superiorità del re di Inghilterra, che rispetto agli altri capi di stato appare saggio e maturo, mentre gli altri sono dei poveri infanti. Inoltre, a chi è venuta l’idea di far interpretare lo zar, il kaiser e il re allo stesso attore?

Poi, ci sono un paio di cose che danno fastidio a me personalmente.

Le cose che danno fastidio a me personalmente

daniel bruhl in King's man le origini film del 2022 su DIsney Plus

Non sono totalmente contraria alla riscrittura storica fantasiosa: la già citata Hunters a me è complessivamente piaciuta, lo stesso per la serie The Great che è dichiaratamente storicamente inesatta. In questo caso, però, ridurre tutto il conflitto a dei dispetti fra bambini l’ho trovato veramente ridicolo.

Non sarebbe ora di smetterla di far interpretare personaggi non anglofoni da attori che non parlano la lingua che dovrebbero parlare? Il senso di mettere nel cast un attore di grande valore come Daniel Bruhl, che è tedesco, e farlo recitare in inglese per la parte di un tedesco non la capisco proprio. Dover ancora sentire personaggi che parlano fra loro non in inglese, ma in inglese con accento caricato (soprattutto in un doppiaggio italiano da piangere), è insostenibile. Soprattutto se mi trovo pellicole incredibilmente mainstream come The Forever Purge (2021) dove ci sono personaggi messicani che parlano giustamente nella loro lingua madre. Non è difficile.

Eppure questo film non è l’unico che ancora continua a fare questo errore.

Ultimo ma non meno importante, l’inclusione forzata e fuori luogo. In un epoca dominata da uomini bianchi, la produzione ha deciso che era una buona idea mettere dei token per rappresentare una donna e un uomo nero. Nelle parti dei buoni, ovviamente. La non storicità del personaggio nero la posso anche accettare in un contesto di riscrittura fantasiosa, ma è assolutamente insostenibile la strada che ha preso certo cinema contemporaneo nel rappresentare le donne come delle insopportabili Mary Sue.

È ora di dire basta.

Per i più coraggiosi, vi lascio con la videoclip ufficiale di Rasputin.

Buona visione.