Categorie
Azione Cult rivisti oggi Drammatico Film Gangster Movie Giallo Non ho mai visto Il Padrino Thriller

Il Padrino: Parte II – La grande eredità

Il Padrino: Parte II (1974) è il secondo capitolo dell’iconica trilogia di Francis Ford Coppola con protagonista Al Pacino e, in questo film, anche l’allora stella nascente di Robert De Niro. Nonostante De Niro abbia un minutaggio decisamente minore rispetto a Pacino, il film fu un buon trampolino di lancio per l’attore, pochi anni prima di cominciare il proficuo sodalizio con Scorsese nell’iconico Taxi Driver (1976).

Con un budget più che raddoppiato (13 milioni contro i 6 del primo film), la pellicola incassò decisamente di meno rispetto al precedente capitolo (solo 47 milioni, contro l’incasso di 243 milioni de Il Padrino). Fu tuttavia acclamato dalla critica e vinse sei Oscar con 11 candidature, fra cui il primo Oscar di De Niro come Miglior attore non protagonista.

Purtroppo, ancora una volta, la grandezza dell’interpretazione di Al Pacino non ottenne il risultato previsto: venne candidato come Miglior attore protagonista, ma non si portò a casa la statuetta.

Di cosa parla Il Padrino: Parte II

Il Padrino: Parte II è ambientato a circa sette anni di distanza dal primo capitolo, raccontando le vicende di Michael Corleone, che ha ormai assodato il proprio potere come nuovo Padrino, ma è comunque continuamente insidiato da nemici interni ed esterni. Al contempo, pur con un minutaggio molto più ridotto, si raccontano le origini di Vito Corleone, da quando venne mandato ancora bambino negli Stati Uniti alla sua scalata al potere a New York.

Vi lascio il trailer per farvi un’idea.

Vale la pena di guardare Il Padrino: Parte II?

Assolutamente sì, soprattutto se vi è piaciuto Il Padrino (1972). Per me Il Padrino: Parte II è un’ottima conferma delle capacità di Coppola di portare in scena una storia complessa e avvincente, all’interno di un film dalla durata monumentale. A questo proposito, il mio consiglio è di guardarlo quando avete tempo da spenderci, in quanto non è un film semplice da seguire e da digerire, oltre ad avere appunto una durata piuttosto importante.

Tuttavia è ancora una volta un film che non può mancare nel vostro bagaglio cinefilo. Tuttavia, prima delle visione, è bene che siate coscienti di un problema non da poco.

La mia terribile esperienza con Prime Video

Qui si apre una polemica fra me e la sottoscritta, ma che può essere utile a chi si approccia per la prima volta alla pellicola. Ho guardato il film su Prime Video e ho avuto immense difficoltà a seguire le parti in cui i personaggi, in particolare De Niro, parlano in italiano con forte accento dialettale. Potete immaginare, con tutto lo sforzo che indubbiamente ci ha messo De Niro, come possa suonare un americano che cerca di parlare in italiano dialettale: una combo micidiale.

Il problema è che non solo queste parti all’interno del film rappresentano interi ed importanti dialoghi, ma, almeno sulla piattaforma di Prime Video, in quelle scene non sono presenti i sottotitoli. Con la poco piacevole conseguenza che ho trovato al limite dell’impossibile seguire certe scene.

Non so se sia una scelta autoriale del regista stesso e non ho idea del tipo di distribuzione che avuto questo film ai tempi e su altre piattaforme. Tuttavia, è bene arrivare alla visione con la consapevolezza di questo problema.

Perché Il Padrino: Parte II è anche migliore del primo film

Al Pacino nei panni di Micheal Corleone in una scena de Il Padrino: Parte II (1974) diretto da Francis Ford Coppola

Per quanto abbia apprezzato Il Padrino, ho trovato il seguito addirittura superiore: oltre all’altissimo livello della recitazione, la storia è ancora più intrigante, in quanto arricchita da un maggiore trasporto emotivo per via del tradimento non più di un nemico esterno, ma del fratello di Michael stesso.

Una vicenda ancora più intricata, spezzata da uno sguardo (meno ampio di quanto mi aspettassi) sulle origini di Vito Corleone e dell’impero da lui creato. Una regia sempre di altissimo livello, cadenzata da momenti al cardiopalma e una violenza cruda e ben dosata, che rende le scene vive e indimenticabili.

Michael Corleone

Per quanto sia stata al tempo maggiormente apprezzata la recitazione di Robert De Niro, per me Al Pacino in questa pellicola è mostruoso. Riesce infatti a dosare la sua recitazione per questo personaggio spietato e calcolatore, con il suo iconico sguardo gelido e omicida. Tuttavia, non un uomo senza sentimenti: poche ma fondamentali le scene in cui perde la calma, di solito quando non ha il controllo sulla situazione.

Così ha una reazione terribile quando Kay gli rivela di aver abortito alle sue spalle, altrettanto perde il controllo quando gli annunciano la perdita del suo nascituro e infine stampa un bacio ferocissimo sul volto sconvolto del fratello Fredo quando gli rivela che conosce il suo tradimento.

Ma ancora più terribile è come allontana da sé le persone, con una freddezza terrificante e frasi lapidarie: così chiude la porta in faccia a Kay quando torna per rivedere i figli, così congeda Fredo, dicendogli Tu non sei più nulla per me.

Ma in fondo è un uomo che soffre terribilmente, rimasto solo dopo aver assassinato il fratello che aveva finto di perdonare. La pellicola si chiude un commovente flashback con cui Michael ricorda quando la sua famiglia era ancora viva e unita.

Ora, invece, è un uomo solo.

Vito Corleone

Per quanto Robert De Niro sia un attore che apprezzo moltissimo e che in questa pellicola ci regali una performance più che ottima, non mi ha del tutto convinto la sua scelta per questo ruolo. Al tempo delle riprese De Niro aveva già trent’anni, mentre avrebbe dovuto essere massimo uno sbarbato ventenne. E, in generale, non sono riuscita ad associare il suo volto a quello del Vito Corleone di Marlon Brando.

Tuttavia ho apprezzato la sua recitazione, perfettamente coerente rispetto a quella di Marlon Brando nel precedente capitolo. A differenza del figlio, Vito Corleone, soprattutto all’inizio, si pone come un boss assolutamente bonario, furbo e convinto delle sue capacità di ottenere il rispetto degli altri.

Così riesce ad ingannare Don Fanucci e ucciderlo a sangue freddo, così accoltella senza pietà Don Ciccio, il boss siciliano che aveva attentato alla sua famiglia quando era ancora un bambini indifeso. Un momento di passaggio al pari di quello del figlio nel primo capitolo della trilogia, con l’omicidio Sollozzo.

Fredo Corleone

La figura di Fredo emerge prepotentemente rispetto al fratello, da cui non potrebbe essere più diverso. Come Michael è abile e calcolatore, Fredo si getta all’interno di un disgustoso tradimento per pura gelosia del fratello minore, che ha inaspettatamente preso potere a suo svantaggio.

Si vede la sua inettitudine quando cerca di scappare disordinatamente dal fratello a Cuba, così si fida dello stesso quando, al funerale della madre, lo abbraccia come un bambino, fingendo di perdonarlo.

In seguito a questo evento, Fredo non sembra avere il minimo sospetto che Michael stia cercando infine di attentare alla sua vita. E pronuncia la sua ultima preghiera, del tutto inconsapevole di star celebrando la sua estrema unzione.

Cosa non mi ha convinto, nonostante tutto

Al di là della questione linguistica, non sono stata del tutto convinta dalla scelta della storia da raccontare. Non mi ha infastidito il fatto che la trama fosse fondamentalmente identica a quella del primo capitolo, ma più che altro non ho trovato del tutto vincente l’inserimento della storia delle origini di Vito Corleone.

Infatti mi aspettavo che la sua storia avesse decisamente più spazio, mentre è contenuta in un minutaggio piuttosto limitato e, anche per questo, mi è sembrata molto accessoria. Avrei preferito piuttosto che il film non la includesse, parlando solamente della storia di Michael. Tuttavia, come detto, non per questo non l’ho apprezzata.

Categorie
Azione Cult rivisti oggi Dramma storico Drammatico Film Gangster Movie Non ho mai visto Il Padrino Thriller

Il Padrino – L’origine di un cult

Il Padrino (1972) è il primo film della trilogia cult omonima, diretta da Francis Ford Coppola. Considerato uno dei maggiori capolavori della Storia del Cinema, il film rilanciò Marlon Brando come attore e fece al contempo conoscere Al Pacino, fino a quel momento sostanzialmente sconosciuto, a livello internazionale.

Al tempo fu un incredibile successo commerciale: 243 milioni di incasso a fronte di un budget ridottissimo, circa 6 milioni. Fu candidato anche a ben 10 oscar, vincendone tre, e divenne un cult immortale nell’immaginario collettivo.

Di cosa parla Il Padrino

New York, 1946. Vito Corleone è a capo di una importante e potentissima famiglia mafiosa. La sua vita è scandita da una intricata rete di scambio di favori criminali, che terminano spesso con atti violenti…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea.

Perché guardare Il Padrino anche oggi?

Marlon Brando nei panni di Vito Corleone in una scena di Il Padrino (1972) di Francis Ford Coppola

Il Padrino è un’opera irrinunciabile. Non solamente perché è un film assolutamente iconico ancora oggi, ma perché è un prodotto di altissimo livello, con interpreti che hanno regalato prove attoriali indimenticabili.

E, soprattutto, rivedere le frasi e le scene iconiche nel contesto del film gli dà tutto un altro sapore.

Tuttavia, Il Padrino non è un film per nulla semplice: oltre alla durata decisamente importante della pellicola, è un film che va seguito con molta attenzione per non perdersi nel marasma di nomi e di rapporti racconti.

Tuttavia, prendetevi un pomeriggio e regalatevi questa esperienza: non ve ne pentirete.

Vito Corleone: Il primo padrino

Come detto, Vito Corleone appare inizialmente come il centro dell’azione. Parallelamente alla realtà festosa e felice del matrimonio della figlia, il Padrino deve gestire la processione di persone che gli chiedono i favori più disparati, la maggior parte con una componente violenta e omicida.

A primo impatto lo spettatore non assocerebbe mai a questa figura così contenuta e riflessiva a degli atti di tale violenza, come la famosa testa di cavallo nel letto.

Proprio per questo probabilmente Vito si è capo della famiglia, divenendo punto di riferimento come figura saggia e imperscrutabile. Riuscendo in ultimo anche a salvare la vita del figlio, Michael, rivelandogli come scovare il chi l’ha tradito.

Marlon Brando è riuscito a regalare una performance che è divenuta immediatamente iconica, per l’incredibile posatezza e particolarità del personaggio, che gli valse infatti la statuetta agli Oscar come Miglior Attore Protagonista.

Michael Corleone: l’erede

Michael Corleone viene sapientemente presentato come personaggio di contorno, che decide consapevolmente di non partecipare agli affari di famiglia.

Il primo momento di azione è l’omicidio di Sollozzo: Michael si presenta alle sue vittime come le persone al di fuori dei fatti, assolutamente innocuo, a differenza dell’animoso fratello, Sonny.

E infatti tutta la scena dimostra un Michael impacciato, con la mano tremante e indecisa sul da farsi.

Ma che infine agisce.

La trasformazione definitiva avviene durante il periodo in Sicilia. Il suo primo scambio da boss è con il padre della sua prima moglie, Apollonia. Michael aveva infatti notato la ragazza e che l’aveva subito scelta come sua sposa.

Così, adottando l’atteggiamento posato e la fermezza dello sguardo del padre, contratta.

E vince.

Da qui in poi il suo volto diventerà sempre più imperscrutabile, con questi occhi vitrei e minacciosi.

L’atto finale è il ritorno a New York: dopo la morte di Sonny, Michael acquista sempre più potere e comincia a riordinare gli affari di famiglia: prima il giuramento davanti al prete per il battesimo della sorella, con un montaggio alternato che mostra tutti gli omicidi a sangue freddo di cui è il mandante.

E infine la scena di chiusura, in cui viene definitivamente riconosciuto come il nuovo Padrino, con gli astanti gli baciano le mani.

La rappresentazione degli italoamericani

Al Pacino nei panni di Michael Corleone in una scena di Il Padrino (1972) di Francis Ford Coppola

Uno scoglio non da poco per il film era raccontare la realtà della mafia italo americana in maniera che non fosse stereotipata e appiattita, come abbiamo visto anche in prodotti come House of Gucci (2021).

Cominciamo col dire che ovviamente alcuni passaggi faranno sanguinare le orecchie a qualunque italiano, anche solamente per Corleone pronunciato Corleoni.

Tuttavia, ne Il Padrino comunità italo americana è in realtà ben raccontata. Infatti nella maggior parte delle scene si parla in inglese, con qualche parola e frase in italiano di tanto in tanto.

L’unica eccezione sono alcuni personaggi che parlano principalmente in italiano, ma che sono attori effettivamente italiani e in un contesto, come quello della fuga siciliana di Michael, che lo giustifica. Una rappresentazione per una volta credibile, insomma.

Anzi, nota di merito alla scelta di rendere la difficoltà di Michael di parlare in italiano quando appunto si trova in Sicilia, con una pronuncia stentata e inquinata dalla sua parlata americana.

Cosa, complessivamente, non mi ha convinto

Al Pacino nei panni di Michael Corleone in una scena di Il Padrino (1972) di Francis Ford Coppola

Ci sono due aspetti che non mi hanno del tutto convinto della pellicola o che comunque mi hanno reso difficoltosa la visione.

Anzitutto, la quantità di nomi e personaggi raccontati, in cui ho fatto fatica ad orientarmi. Ho infatti avuto qualche problema nel finale a capire quali fossero i personaggi più importanti del tradimento.

Così, lo scorrere del tempo.

Nonostante sia abbastanza chiaro, se non fosse per gli indizi visivi in scena (come il bambino di circa un anno di Michael e Kay) non avrei mai percepito effettivamente il passaggio del tempo, di cui non ho colto appieno il senso di alcune ellissi, che mi sono parse futili.

Le citazioni iconiche

All’interno della pellicola ci sono due momenti assolutamente iconici, ma che acquisiscono veramente significato quando vengono contestualizzati nella pellicola.

Marlon Brando nei panni di Vito Corleone in una scena di Il Padrino (1972) di Francis Ford Coppola

My father made him an offer he couldn’t refuse

Mio Padre gli ha fatto un’offerta che non poteva rifiutare.

Questa famosissima citazione è quanto più interessante se contestualizzata: non si può rifiutare l’offerta del Padrino non perché sia assolutamente conveniente, ma perché, se non la si accetta la prima volta, si avranno delle conseguenze, solitamente molto sanguinose. E infatti nel dialogo in cui viene citato questo elemento si dice anche

Luca Brasi held a gun to his head, and my father assured him that either his brains – or his signature – would be on the contract.

Luca gli puntò una pistola alla testa e mio padre disse che su quel documento ci sarebbe stata la sua firma, oppure il suo cervello. 

Un’altra scena assolutamente iconica è quella della testa del cavallo nel letto. Una sequenza ottimamente costruita, introducendo prima il cavallo e mostrandolo come qualcosa di prezioso per la vittima, che pagherà le conseguenze per il rifiuto alle richieste del Padrino.

La scena è un climax sensazionale, sia per la regia che dalla musica utilizzata, con infine la chiusa incorniciata dalle urla di orrore di John Marley. Una scena di una tale violenza visiva e sonora che non poteva non rimanere nell’immaginario collettivo, per poi essere citata da innumerevoli prodotti successivi.

Categorie
2021 Drammatico Film Thriller

The card counter – È solo un gioco

The Card Counter è l’ultima pellicola di Paul Schrader, noto soprattutto per essere sceneggiatore di uno dei capisaldi della filmografia di Martin Scorsese, ovvero Taxi Driver (1976). Il film è stato presentato al Festival di Venezia 2021, poi è uscito nelle sale italiane lo scorso settembre.

Purtroppo una pellicola che ha avuto poca risonanza, soprattutto nelle premiazioni internazionali, dove è stato ingiustamente ignorato: a parte la prestigiosa candidatura al Leone D’oro a Venezia, il nulla. Un vero peccato, per una pellicola di alto valore artistico e con un Oscar Isaac davvero sorprendente.

Il film ha incassato davvero pochissimo (appena 5 milioni a livello internazionale), e in parte la colpa potrebbe anche essere della campagna marketing.

Ma andiamo con ordine.

Di cosa parla The Card Counter

William Tell, interpretato da Oscar Isaac, che abbiamo visto recentemente in Dune (2021) e attualmente in Moon Knight, è un giocatore d’azzardo, che si guadagna da vivere giocando a carte nei casinò. Pur non interessato a guadagnare più del necessario, viene coinvolto in un circuito di partite di alto livello da La Linda, cacciatrice di talenti che decide di finanziarlo.

Dietro alla sua scelta in realtà si celeranno importanti questioni del suo tenebroso passato, riguardanti anche il giovane Cirk, interpretato da Tye Sheridan, noto soprattutto per essere stato protagonista di Ready player one (2018).

Vi lascio il trailer, ma, prima di vederlo, vi consiglio di proseguire con la lettura.

Trailer ingannevoli (di nuovo)

Oscar Isaac in una scena del film The card counter, Il collezionista di carte (2021) diretto da Paul Schrader, sceneggiatore di Taxi Driver di Martin Scorsese

In generale, vi sconsiglio di guardare il trailer, perché è davvero ingannevole. Non come quello di Dune, ma ci andiamo vicino. La campagna marketing è stato il motivo per cui non ho recuperato il film al tempo: dà un’idea del tutto sbagliata della pellicola, oltre a spoilerare la maggior parte delle scene clou. Visto così sembra la storia di un giocatore d’azzardo con un passato oscuro, in un filmetto di seconda categoria di Canale Cinque.

Invece, oltre al fatto che il poker è fondamentalmente solo la cornice delle storia, il film è profondo, riflessivo, piuttosto enigmatico nel suo andamento fino alle battute finali. Tuttavia, The card counter è anche un film poco spendibile per il grande pubblico, soprattutto nel mercato italiano. Per questo si è scelto di presentarlo per quello che non è (e non sarà né la prima né l’ultima volta che succede, purtroppo). Oltre a questo, il titolo, che ha un significato specifico all’interno della pellicola, è totalmente stravolto nella traduzione: Il collezionista di carte non ha nessun significato, perché il protagonista conta le carte a poker, non le colleziona.

Per questo, lasciate che vi spieghi io se è un film che fa per voi, senza dovervi far raggirare dal suddetto trailer.

The card counter fa per me?

Oscar Isaac in una scena del film The card counter, Il collezionista di carte (2021) diretto da Paul Schrader, sceneggiatore di Taxi Driver di Martin Scorsese

Anzitutto, ed è quasi ovvio, se vi è piaciuto Taxi Driver, è probabile che vi piaccia anche The card counter. Infatti lo scheletro narrativo è simile, così come le dinamiche. In generale, come anticipato, aspettatevi un film molto riflessivo, il cui andamento è di difficile prevedibilità, oltre che con un Oscar Isaac in forma smagliante.

Se vi intrigano i film con trame davvero imprevedibili, con colpi di scena intelligenti e anche scene di violenza piuttosto forti, è il film che fa per voi. Se invece preferite stare lontani da contenuti troppo spinti sul lato della violenza, fisica e psicologica, e che non sono immediati nel messaggio, scegliete altro.

L’imprevedibilità

Oscar Isaac in una scena del film The card counter, Il collezionista di carte (2021) diretto da Paul Schrader, sceneggiatore di Taxi Driver di Martin Scorsese

Se c’è una cosa che davvero apprezzo in un film è quando non riesco a prevederne l’andamento, arrivando quasi ad esserne confusa sulle prime. Per me è stato il caso de Il potere del cane, e per The card counter fino agli ultimissimi momenti non avevo veramente idea della piega del film.

In particolare sono rimasta scioccata sia per la scena in Bill minaccia Cirk, sia per quando il ragazzo gli manda la foto della casa della madre, e subito Bill capisce che sta ingannando.

Inoltre, a mio parere, la pellicola si presta a più interpretazioni.

La mia interpretazione

Willem Dafoe in una scena del film The card counter, Il collezionista di carte (2021) diretto da Paul Schrader, sceneggiatore di Taxi Driver di Martin Scorsese in una scena del film The card counter, Il collezionista di carte (2021) diretto da Paul Schrader, sceneggiatore di Taxi Driver di Martin Scorsese

Secondo la mia visione, Bill era un soldato messo in una situazione in cui è riuscito a perdere se stesso, lasciandosi tentare da una violenza disumana proprio dal Maggior Gordo.

Tuttavia proprio la sua punizione l’ha portato a ricostruire la propria persona, adottando uno stile di vita ordinato e preciso al limite dell’ossessione, come si vede bene già anche solo nelle scene della prigione.

E, non a caso, vediamo sempre un personaggio riflessivo e calcolatore, che non si lascia mai prendere dalla rabbia, tranne in due momenti: quando minaccia Cirk e quando uccide Gordo. Ma, anche in quel caso, si tratta di momenti di passaggio, piccoli scatti d’ira per poi tornare alla posa iniziale.

Ricostruire il presente

Tye Sheridan in una scena del film The card counter, Il collezionista di carte (2021) diretto da Paul Schrader, sceneggiatore di Taxi Driver di Martin Scorsese in una scena del film The card counter, Il collezionista di carte (2021) diretto da Paul Schrader, sceneggiatore di Taxi Driver di Martin Scorsese

Penso che la conoscenza di Cirk sia stata un trigger per il protagonista, che per tutta la pellicola sembra voler mettere in pratica lui stesso il piano del ragazzo. Invece il suo progetto è quello di salvare Cirk, come lui non è riuscito a salvare se stesso

Un piano obbiettivamente complesso, degno di una mente così complessa. Infatti, proprio per evitare di ricadere in nuovi problemi, Bill si guadagna da vivere giocando a carte, ma rimanendo, come lui stesso dice, sotto al radar. L’unico motivo per cui sceglie di puntare più in alto è quello di aiutare Cirk, guadagnando dei soldi che altrimenti non significherebbero nulla per lui.

Perché alla fine, appunto, le carte non erano altro che un gioco, un modo per sopravvivere che si adattasse alla sua mente geniale, senza voler andare oltre, anzi odiando la realtà dei casinò, come dice anche esplicitamente a La Linda.

Oscar Isaac: l’attore che non ci meritiamo

Oscar Isaac in una scena del film Il collezionista di carte (2021) diretto da Paul Schrader, sceneggiatore di Taxi Driver di Martin Scorsese

Indipendentemente dal fatto che Oscar Isaac sia un attore incredibile, qui è riuscito ancora a sorprendermi: riesce a dipingere in volte delle espressioni al contempo annoiate e schifate davvero eloquenti, per rendere un personaggio freddo e calcolatore, che non si lascia turbare da nulla.

La voce ben modulata per ogni singola battuta, così ben dosata e con i tempi giusti: un fuoriclasse. Riesce ad essere tutto: calmo, schifato, indifferente, e, infine, rabbioso.

Per non parlare della calcolatissima recitazione corporea: se notate in molte scene, soprattutto quando gioca a carte, tiene una mano a metà del braccio, come se volesse trattenerlo, mentre l’altra mano è puntata aggressivamente in avanti, come sul punto di scattare, come un artiglio.

Dove sta la vergogna

Oscar Isaac in una scena del film The card counter, Il collezionista di carte (2021) diretto da Paul Schrader, sceneggiatore di Taxi Driver di Martin Scorsese

La vergogna sta sulla testa di chi ha ignorato non solo questo film, ma soprattutto Oscar Isaac. La pellicola è stata infatti candidata al Festival del Cinema di Venezia, ma non altrove. Penso che come minimo probabilmente la miglior prova attoriale di Oscar Isaac in tempi recenti meritasse quantomeno una candidatura. Ma come minimo.

Anche la regia avrebbe potuto ricevere qualche riconoscimento: piuttosto originale in molte scene, sperimentando con piani sequenza, grandangoli e splendide dissolvenza incrociate.

Cosa tutto sommato non mi ha convinto di The card counter

Oscar Isaac in una scena del film Il collezionista di carte (2021) diretto da Paul Schrader, sceneggiatore di Taxi Driver di Martin Scorsese

In generale lo svolgimento della trama mi ha davvero appassionato, tanto che, come già detto, non mi aspettavo certe svolte. Tuttavia alla fine dei conti per certe cose lo scheletro narrativo l’ho trovato un po’ banale, forse mi sarei aspettata qualcosa di più profondo.

La profondità certamente non manca a questo film, che è leggibile su più livelli, in un insieme che ben si amalgama in una risultato di tutto rispetto. Tuttavia a fine visione mi è sembrato che gli mancasse quel quid per fare il passo definitivo nella giusta direzione.

Ma a dire così mi sembra di fargli inutilmente le pulci. Quindi mi accontento di aver visto un film di alto livello, diretto con grande passione e con un Oscar Isaac che non penso di aver mai visto così in parte. E parliamo di accontentarci…

Categorie
2022 Avventura Azione Batman Cinecomic DCU Film Noir Nuove Uscite Film Oscar 2023 The Batman Thriller

The Batman – Il noir inaspettato

The Batman (2022) di Matt Reeves è il nuovo film dedicato ad uno dei personaggi più iconici della DC, dopo le ottime prove di Nolan e la poca simpatia invece per quello di Ben Affleck.

Un film che, soprattutto per il periodo, ha incassato benissimo: 770 milioni di dollari a fronte di un budget di 200 milioni.

Il cinema semplice road to oscar 2022 che si svolgeranno il 28 marzo 2022

Candidature Oscar 2023 per The Batman (2022)

(in nero i premi vinti)

Miglior sonoro
Miglior
trucco e acconciatura
Migliori effetti visivi

Di cosa parla The Batman?

Batman è in attività da soli due anni e collabora strettamente con Jim Gordon, uno dei pochi poliziotti non corrotti. Si affaccia improvvisamente il caso del misterioso Enigmista…

Vi lascio il trailer per farmi un’idea:

Vale la pena di vedere The Batman?

Matt Reeves ce l’ha fatta.

Potrei anche chiudere direttamente la recensione qui.

The Batman è un film che riesce a portare sulla scena un’investigazione noir, a citare due capisaldi della storia cinematografica di Batman, ovvero Nolan e Burton, e ad ispirarsi splendidamente ai fumetti, con continui riferimenti. Il tutto in soli tre ore.

Cosa vi posso dire di più?

Un Batman diverso

Robert Pattinson nei panni di Batman in una scena del film The Batman 2022 diretto da Matt Reeves

Reeves invece porta in scena un Batman acerbo, profondamente violento e fallibile, in una Gotham sporca e cattiva.

La sporcizia la percepiamo in ogni inquadratura, che gioca appunto su questa regia e fotografia sporcate, che paiono quasi amatoriali. The Batman è un noir di tutto rispetto, con delle scene thriller anche abbastanza disturbanti, degli antagonisti di prima categoria e un amore sentito per il personaggio.

Infatti Reeves non solo è debitore a Nolan, che è cita parecchio, ma anche a Burton e soprattutto ai cicli fumettistici de Il lungo Halloween (1998, cui si ispirò anche Nolan per Il cavaliere oscuro) e Batman: Hush (2003) – di cui parlerò alla fine della recensione.

Il Batman contemporaneo

Robert Pattinson nei panni di Batman in una scena del film The Batman 2022 diretto da Matt Reeves

Fin dall’inizio The Batman introduce ad un noir che si ispira profondamente al ciclo fumettistico cult de Il lungo Halloween.

La costruzione dell’indagine è ben condotta e ti guida passo passo nella scoperta del mistero. Tornano anche in scena alcuni degli antagonisti politici più interessanti di Batman, ovvero il Pinguino, interpretato dall’ottimo Colin Farrell, e Carmine Falcone, interpretato da John Turturro.

Un elemento davvero vincente della pellicola è la totale assenza di tempi morti.

Anche le parti meno interessanti – come la storia di Catwoman – hanno un suo ruolo importante nello svelamento della vicenda, che riesce a tenerti attaccato allo schermo per tre ore, pur soffrendo di qualche discontinuità di ritmo, soprattutto fra la prima e la seconda parte.

Riscoprire Paul Dano

Paul Dano nei panni di dell'Enigmista in una scena del film The Batman 2022 diretto da Matt Reeves

Il cast è la vera punta di diamante

Non vorrei dire che io amavo Paul Dano ben prima che fosse di moda, ma permettetemi almeno di consigliarvi di recuperare al più presto una delle sue prove attoriali giovanili, ovvero Little miss sunshine (2006) e il suo esordio registico, Wildlife (2018), un dramma familiare piuttosto tipico ma con una mano registica veramente capace.

Paul Dano ci ha regalato una performance davvero incredibile, con e senza maschera.

Con la maschera è un killer sanguinario e spietato, completamente allucinato e davvero pauroso. Il suo monologo ad Arkham rivela tutta la sua potenza recitativa con cui è riuscito a regalarci un villain pazzo ma non sopra le righe, con un piano ben costruito e una profonda sofferenza interiore.

Non dico che possa essere paragonato al Joker di Heath Ledger, ma ci va molto vicino.

Sad Batman

Robert Pattinson nei panni di Batman in una scena del film The Batman 2022 diretto da Matt Reeves

Pattinson ha portato in scena un Batman acerbo.

Ma per davvero questa volta: nonostante il Batman di Christian Bale fosse comunque fallibile, si dimostrava fin da subito padrone della situazione. In questo caso è invece un Batman profondamente depresso e insicuro in cerca ancora una sua identità, lugubre e tenebroso con o senza maschera.

E per me Pattinson ha fatto veramente centro.

Spero che tutti i suoi detrattori si siano finalmente ricreduti.

Un perfetto Pinguino

Colin Farrel nei panni del Pinguino in una scena del film The Batman 2022 diretto da Matt Reeves

Il Pinguino ha uno screen time abbastanza ridotto, ma si fa notare.

Un uomo viscido, avido e, a suo modo, anche abbastanza ridicolo. Come spiegherò più avanti, per me è una delle maggiori citazioni a Burton. Un Colin Farrell perfettamente in parte, che è riuscito a portare in scena un Pinguino praticamente perfetto, grottesco al punto giusto, regalandoci anche un sorriso in una pellicola complessivamente piuttosto tragica.

I secondari minori

Catwoman non mi ha stregato.

Temevo un personaggio molto più sopra le righe e vicino a concetti ormai stantii di girl power e simili. Invece mi sono trovata davanti ad un personaggio complessivamente interessante, che però non è riuscito a catturarmi.

E per quando riguarda Alfred…

Sono consapevole che riuscire ad eguagliare la classe di Michael Caine è quasi impossibile, però questo Alfred, fra lo screen time ridottissimo e l’interpretazione poco interessante, non mi ha detto proprio nulla.

Matt Reeves si porta Andy Serkis dietro dalla trilogia de Il pianeta delle scimmie, dove interpretava – o, meglio, dava le movenze – alla scimmia protagonista Cesare. Un’ottima prova attoriale, probabilmente Serkis è il miglior interprete in circolazione a saper padroneggiare questa tecnica.

Ma oltre a quello non mi ha mai convinto.

Questa voglia pazza di politicizzare tutto

Robert Pattinson nei panni di Batman e Jayme Lawson nei panni di Bella Reàl futura sindaca di Gotham in una scena del film The Batman 2022 diretto da Matt Reeves

La saga di Batman, per come è raccontata nei fumetti, ha un problema abbastanza pesante: è dominata da personaggi maschili e bianchi.

Per questo va, anche giustamente, attualizzata.

Quindi niente di male, anzi, a cambiare etnia dei personaggi di Catwoman e Gordon, fra l’altro con due attori di livello. Meno bello è inserire messaggi smaccati, fra cui l’unico teppista non violento all’inizio che è afroamericano e così l’unica politica buona della situazione che è una donna nera.

Non so se si può parlare in questo caso di token, ma sicuramente una simpatica strizzata d’occhio ad un pubblico molto spesso poco rappresentato. Però questa non è rappresentazione, ma un messaggio politico molto preciso e veramente ingenuo.

Ma di questo non posso incolpare Reeves: è un andamento generale delle grandi produzioni, quindi facilissimo che abbia ricevuto certe indicazioni dall’alto.

Alcune inezie…

Avrei voluto un finale diverso, più maestoso e di impatto.

Avrei quasi preferito che finisse con Joker e l’Enigmista, mentre il finale l’ho trovato abbastanza banale.

Il ritmo, come detto, è un po’ discontinuo, e la prima parte del film è più interessante della seconda per molte cose, ma nel complesso ti tiene. Questo film mi ha confermato i miei problemi con gli inseguimenti in auto, che purtroppo non riescono mai a catturarmi.

Non proprio un’inezia è la sensazione della mancanza di una origin story strutturata come era quella di Nolan in Batman Begins, visto che mi ha un po’ stranito il rapporto fra Gordon e Batman, per nulla introdotto.

Ma sono difetti su cui posso assolutamente soprassedere.

Perché ho paura per Joker di The Batman

La presenza di Joker interpretato da Barry Keoghan era già stata praticamente confermata, quindi non è stata una grande sorpresa.

Tuttavia io ho molta paura.

Per quanto l’attore mi piaccia moltissimo (e per questo vi consiglio di recuperare American Animals, uno dei migliori heist movie degli ultimi anni), Joker è un personaggio pericoloso da portare in scena.

È un attimo cadere nello squallido con interpretazioni da galera come quella di Jared Leto in Suicide Squad (2016). Si possono anche avere delle ottime prove come quella più recente di Joaquin Phoenix, ma il livello che è stato messo da lui e da Ledger a suo tempo è veramente alto e difficile da raggiungere.

Oltre a questo, sarebbe anche ora di dire basta a Joker. È un personaggio veramente incredibile, ma a questo punto siamo anche un po’ saturi: nel giro di dieci anni abbiamo avuto tre interpretazioni.

Staremo a vedere.


Aggiornamento postumo

Dopo aver visto questa meraviglia di scena, mi sento di ritirare tutto quello di cui sopra. Sono già innamorata.

I riferimenti in The Batman

Il film è pregno di riferimenti a Nolan, ai fumetti e in parte anche a Burton.

Da qui in poi parlerò di alcuni cicli fumettistici e dei film di Nolan e Burton, senza però fare spoiler importanti. Però se non volete sapere niente non proseguite con la lettura.

I riferimenti a Nolan

Christian Bale in una scena di Il cavaliere oscuro (2008) diretto da Christopher Nolan

Tutta la storia in un certo senso si ispira a Il cavaliere oscuro, con un killer fuori controllo che uccide personaggi importanti di Gotham per mandare un messaggio. In particolare il primo video che l’Enigmista fa vedere in diretta televisiva è praticamente quello del Joker di Nolan, anche se molto più cruento.

Poi la scena di Batman inseguito dalla polizia che sale le scale col rampino è identica ad una analoga scena di Batman Begins. E infine tutto l’inseguimento del Pinguino, che, per quanto sia coerente al personaggio, è veramente simile a quando Joker cerca di farsi colpire da Batman in macchina.

E, ovviamente, la Bat Caverna che è letteralmente una caverna con pipistrelli dentro.

I riferimenti a Burton

Burton è citato più sottilmente, ma secondo me si può ritrovare nelle caratterizzazioni fortemente gotiche di alcuni ambienti, come Villa Wayne e la chiesa del funerale del sindaco Mitchell.

Ma secondo me Burton è vivo soprattutto nel Pinguino, unico personaggio vagamente umoristico, ma anche e soprattutto grottesco, esattamente come in quello di Batman Returns (1992):

Ovviamente si tratta di due stili registici e di un design differente, ma le somiglianze sono innegabili.

I riferimenti fumettistici

The Batman si ispira fondamentalmente a due cicli fumettistici: Il lungo Halloween e Batman: Hush.

Anzitutto, ovviamente, il primo delitto avvenga ad Halloween, come ne Il lungo Halloween, così anche come tutta l’impostazione noir e hard boiled, che permea le pagine del fumetto. Inoltre Catwoman che ferisce Falcone sul viso richiama l’aspetto caratteristico del personaggio nel fumetto:

E così anche la parentela di Catwoman con Falcone, che è lasciata in sospesa in questo ciclo, ma viene rivelata nel suo sequel, Batman: vittoria oscura (1999)

Per quanto riguarda Hush, l’Enigmista riprende molto il suo aspetto:

E ad un certo punto quando parla del Caso Wayne utilizza proprio la parola Hush, che è fondamentalmente un’onomatopea come il nostro shh.

Più sottilmente, quando Catwoman vuole uccidere il poliziotto corrotto e Batman la ferma, la macchina da presa indugia su Gordon. Nel fumetto infatti Batman si trovava in una situazione analoga e Gordon interveniva per fermarlo proprio con le stesse parole del film.

Non credo di aver mai visto un amore così profondo per i fumetti e per il personaggio come The Batman, che riesce a battere quasi Nolan.

Categorie
2022 Dramma storico Film Oscar 2022 Thriller

The Nightmare Alley: una vera illusione

Il cinema semplice road to oscar 2022 che si svolgeranno il 28 marzo 2022

Candidature Oscar 2022 per The Nightmare Alley (2021)

(in neretto le vittorie)

Miglior film
Miglior fotografia
Migliori costumi
Migliore scenografia

Partiamo mettendo un po’ di mani avanti: The Nightmare Alley non è un brutto film. Non è un film eccelso, ma non è il film che mi aspettavo.

Parlando in generale, io ultimamente ho un problema con Del Toro. Infatti non è la prima volta che mi capita questa situazione di non ritrovarmi in una sua pellicola. Era già successo con La forma dell’acqua (2017): io mi aspettavo più un film del tipo Il gigante di ferro (1999), quindi con uno dei miei trope preferiti, ovvero quello di un umano che si trova a contatto con una creatura che deve difendere o proteggere, e intanto si crea un rapporto di amicizia.

Se avete visto il film sapete che non è così: La forma dell’acqua parla di una storia d’amore. E in realtà in quel caso la campagna marketing era stata piuttosto esplicativa in quel senso, quindi è stata colpa mia. Con The Nightmare Alley, invece, mi sento giustamente illusa.

Di cosa parla The Nightmare Alley

La trama è un po’ il punto di tutto. Senza andare troppo nel dettaglio, la pellicola parla di Stan, un vagabondo con un passato oscuro, che viene assunto all’interno di un circo. Qui imparerà i segreti dei poteri psichici, o meglio di come riuscire a raggirare ignari spettatori fingendo di avere poteri psichici. E su questo costruirà la sua vita.

Vi lascio al trailer per farvi un’idea.

Cosa non funziona (secondo me)

L’elemento principale che mi ha dato fastidio di questo film sono state le aspettative che il trailer e la pellicola stessa cercano di creare: entrambi ti danno molto l’idea che ci sia un grande mistero dietro al personaggio di Stan, probabilmente, conoscendo Del Toro nell’ambito fantastico e orrorifico. Niente di tutto ciò: The Nightmare Alley è fondamentalmente un thriller, e secondo me un thriller che funziona fino ad un certo punto.

Valutando il film di per sé, a mio parere non è una pellicola particolarmente interessante, non un livello che mi aspetterei da questo regista: la trama non è per nulla originale, le dinamiche sono piuttosto tipiche e prevedibili, così come il finale, che è davvero telefonato.

Non bucare lo schermo

Bradley Cooper e Rooney Mara in una scena del film Nightmare Alley di Guillermo Del Toro

Un ulteriore problema secondo me riguarda gli attori scelti: perfetta Cate Blanchett nei panni della fascinosa psicologa che appare nella seconda parte del film, convincente William Dafoe come presentatore del circo spietato e senza scrupoli. Molto meno convincente Bradley Cooper e, soprattutto, Rooney Mara.

Del Toro ha scelto per Bradley Cooper un personaggio che non gli si addice: a mio parere se siamo abituati a vedere questo attore in ruoli comici o comunque in cui parla moltissimo (soprattutto ne Il lato positivo, 2012), c’è un motivo. Come figura tragica e silente non è riuscito a convincermi, nonostante fosse ben diretto e la regia lo premiasse continuamente. Ha fatto indubbiamente del suo meglio, ma Cate Blanchett lo seppellisce, recitativamente parlando.

Per Rooney Mara è un altro discorso: questa attrice ha interpretato su molti ruoli nella sua carriera, anche di successo come Carol (2015), ma non è mai riuscita a dirmi molto. È un ottimo materiale registico, e infatti le sue scene sono quelle forse più riuscite a livello scenico. Ma finisce lì: non è tanto espressiva e interessante da interpretare un ruolo importante nella storia in maniera convincente.

Del Toro è sempre Del Toro

Cate Blanchett e Bradley Cooper in una scena del film The Nightmare Alley di Gulliermo del Toro

La pellicola ha degli innegabili pregi tecnici: la regia è, come sempre, veramente ottima ed ispirata, la fotografia è ben modulata e incornicia perfettamente le scene. La scenografia, per cui è stato candidato all’Oscar, è sicuramente un pregio della pellicola che riporta in scena gli Statui Uniti degli gli Anni Quaranta e Cinquanta.

Tanta bellezza sprecata, per quanto mi riguarda.

Perché guardare comunque The Nightmare Alley

Come già detto, non penso sia un film da buttare: oltre all’ottima regia, la trama non è malvagia. Tuttavia non dove aspettarvi molto, soprattutto se siete amanti di Del Toro. È un film di medio livello, che può allietarvi una serata annoiata. Ma non molto di più.

Evidentemente non sono l’unica a cui la pellicola non ha convinto: il film è stato un flop clamoroso al botteghino (35 milioni contro 60 di budget), davanti appunto ad una produzione neanche troppo costosa. Anche se di solito i suoi film non fanno mai incassi mostruosi, mi spiace per questo passo falso.

Previsioni Oscar 2022

Il film è stato candidato come Miglior Film, Miglior fotografia, Migliori costumi e Migliore scenografia. In tutte le categorie si scontra con contendenti veramente tosti, per cui penso che sia più probabile che vinca Migliore scenografia. Dubito che possa vincere per Migliori costumi: sono sicuramente belli, ma rimangono molto meno nella memoria rispetto a Cruella (2021), che credo appunto vincerà.