Quando c’era Marnie (2014) è un film dello Studio Ghibli diretto da Hiromasa Yonebayashi, recentemente tornato alla regia con Mary e il fiore della strega (2018).
Il film si colloca in un momento abbastanza drammatico per lo studio: dopo lo scarso successo de Il racconto della principessa splendente (2013), la casa di produzione decise di prendersi una pausa.
È tornata recentemente con Earwig e la strega (2020), primo film in animazione 3D, stroncato da pubblico e critica.
A fronte di un budget abbastanza risicato – 10,5 milioni, circa 1,15 miliardi di yen – incassò abbastanza bene: 36 milioni di dollari in tutto il mondo.
Di cosa parla Quando c’era Marnie
Anna è una ragazzina di tredici anni, chiusa in sé stessa e con molti drammi interiori irrisolti. La madre adottiva, preoccupata anche per la sua salute, decide di mandarla in campagna dalla zia, così da respirare aria fresca e rimettersi in forma.
In questa occasione Anna incontrerà una misteriosa e bellissima ragazza, Marnie.
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Quando c’era Marnie?
Assolutamente sì.
Ho recuperato abbastanza recentemente Quando c’era Marnie, ma è subito diventato uno dei miei film preferiti.
Sarà per la storia che sento molto vicina, per tutti momenti davvero toccanti della pellicola e la profondità della vicenda raccontata, ma anche ad una seconda visione è riuscito ancora ad emozionarmi e coinvolgermi.
Una pellicola racconta in maniera matura e profonda il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, del ritrovare sé stessi e venire a patti col proprio passato, con piglio molto drammatico, anche a livelli strazianti, ma complessivamente ben equilibrato.
Marnie dei miei ricordi
In originale Quando c’era Marnie si intitola 思い出のマーニー, che significa Marnie dei miei ricordi.
Quando l’ho scoperto, non ho potuto che apprezzare ancora di più la bellezza e la profondità di questa pellicola.
Il film gioca sul limite fra il magico e il reale, senza volerlo spiegare fino in fondo. Semplicemente la nonna di Anna, Marnie, ha voluto ritornare in contatto con la nipote, legata a questo particolare luogo della sua memoria e che amava molto: la villa della sua infanzia.
In realtà Marnie è sempre stata nella vita di Anna, anche se lei non lo sapeva: da notare in particolare la bambola con le sembianze della nonna che la piccola Anna abbraccia nelle scene di flashback.
Anna, non conoscendo finora la vera storia della sua famiglia, ha sofferto terribilmente, sentendosi abbandonata.
In realtà, proprio dopo un passato di reale abbandono, Marnie cercò di crearsi una famiglia migliore, ma tutto le crollò addosso con la morte del marito e poi della figlia, portandola ad una profonda depressione, che infine la vinse.
Ma, nonostante tutto, ci viene raccontato come non si perse mai d’animo e cercò fino alla fine (e oltre) di essere felice e ricostruire la sua vita.
Un’emotività problematica
Anna viene fin da subito raccontata come un personaggio molto problematico.
Un’emotività fragilissima, che non si sente per nulla amata dalla sua madre adottiva, soprattutto dopo la scoperta dei sussidi ricevuti dalla sua famiglia. Oltre a questo, odia i suoi genitori e sua nonna per averla abbandonata, anche se sa che non era colpa loro.
E si odia per questo.
Il contatto con Marnie, ragazza che la ama incondizionatamente e che sente da subito vicina a sé, la porta a volerla salvare dalle sue fragilità e debolezze.
Aiutare sé stessi
Aiutando la Marnie del passato, Anna aiuta sé stessa.
In questo riesce a ritrovare pian piano la propria felicità e a venire a patti con il proprio passato e col proprio presente. Particolarmente toccante e significativo il momento in cui Anna si sente abbandonata da Marnie, sia effettivamente che metaforicamente, ma che infine riesce a perdonarla per la sua debolezza e per non esserle stata vicino.
Infatti, Marnie evidentemente desiderò accoglierla fin da subito nella sua casa con affetto e amore, anche per colmare i suoi sbagli passati. E, finalmente, ha la sua occasione di riscatto: regalare alla nipote una vita felice e appagante.