The Darjeeling Limited (2007) è uno dei titoli un po’ meno noti della filmografia di Wes Anderson: forse non la sua opera più memorabile, ma comunque impreziosita dalla sua peculiare tecnica e cura registica, oltre ad un’ottima scelta di casting.
Con un budget abbastanza contenuto – 17,5 milioni di dollari – non ottenne grande successo al botteghino: appena 35 milioni in tutto il mondo.
DI cosa parla The Darjeeling Limited?
Francis, Peter e Jack sono tre rampolli figli di una ricca famiglia, che intraprendono un viaggio per ricostruire i rapporti familiari ormai spezzati…
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere The Darjeeling Limited?
In generale, sì.
Anche se, come detto, non è il titolo più di pregio della filmografia di Wes Anderson, è comunque una pellicola molto piacevole, che ricorda molto da vicino una delle sue prime opere, The Royal Tenenbaums (2001), di cui condivide la tematica principale.
Un film con una durata contenuta e con una storia molto semplice, ma portata in scena con la nota maestria di Anderson nel riuscire a viaggiare fra la commedia e il dramma, con un particolare focus sull’immancabile elemento della morte.
Insomma, non un titolo imperdibile, ma sicuramente essenziale per conoscere a fondo questo fantastico autore.
Uniti per forza
Nel suo primo atto, The Darjeeling Limited riesce a raccontare in maniera precisa e sottile il rapporto fra i tre fratelli.
Francis è l’entusiasta, che vuole a tutti i costi rimettere insieme questi rapporti familiari ormai spezzati, proprio a causa – ma non solo – della morte del padre e dell’ennesimo abbandono della madre.
Ma prende la via totalmente sbagliata.
Anche in aperta ironia verso la visione occidentale dell’utilizzare l’India come meta per recuperare la propria spiritualità perduta, il piano di Francis si rivela estremamente fragile, quasi infantile nella sua esecuzione, con il picco rappresentato dal furto dei passaporti dei fratelli…
Ritornare ai simboli
La visione infantile si perpetua anche per altri elementi.
Anzitutto con il comportamento di Peter, che cerca di appropriarsi, come dei feticci, degli oggetti del padre perduto, insistendo nella puerile idea di essere il suo preferito, come cercando di ottenere, anche da morto, l’affetto forse mai ricevuto.
Non solamente gli occhiali, ma anche la tanto desiderata cintura, che continua a passare di mano in mano, e, soprattutto, le valigie, il simbolo più forte di tutta la storia, rappresentante l’ingombrante bagaglio emotivo che i protagonisti devono portarsi dietro.
Anche se sono evidentemente dei bagagli troppo pesanti…
Il risveglio della morte
Quando il terzetto viene cacciato dal treno, simbolicamente perde del tutto una guida, un percorso prestabilito, e decide di abbandonare il viaggio.
La mancanza di una via sicura è simboleggiata già dalla scena in cui il treno, che dovrebbe essere il mezzo di trasporto più sicuro del suo percorso, sbaglia strada e per molto tempo non sa dove andare.
Ma, proprio quando sembra tutto perduto, la famiglia si riunisce nella morte.
La morte del ragazzino è infatti fondamentale per la risoluzione del trauma: trovandosi nel mezzo di una drammatica situazione familiare, pur essendone inevitabilmente una parte fondamentale, i tre decidono inizialmente di allontanarsene.
Ma, con l’improvvisa e inaspettata inclusione in questa sconosciuta famiglia, distrutta ma unita nel lutto, i tre rivivono l’analogo momento funereo che avrebbe dovuto rimettere insieme il gruppo familiare, ma che non ha fatto altro che confermarne la totale divisione.
Una divisione che si riflette anche nel comportamento degli stessi fratelli nelle loro rispettive relazioni: nessuno di loro riesce a tenere insieme queste neonate famiglie, neanche nei momenti che dovrebbero renderle più unite – come la nascita di un figlio.
Affrontare i traumi
Il terzo atto si definisce in tre momenti fondamentali.
Il primo è la scelta di Louis di mettersi definitivamente a nudo davanti ai propri fratelli, mostrando le ferite e le cicatrici che rappresentano in maniera simbolica, nonché assai cruda, il deterioramento del loro rapporto.
Infatti, il momento in cui l’uomo si lascia mettere nuove bende dai suoi fratelli, arrivando anche ad ammettere di essersi fatto del male solamente per attirare l’attenzione – e riunire la famiglia – è il motore che porta i protagonisti al confronto fondamentale.
Ovvero, l’incontro con la madre.
Come ci aspettavamo una madre fredda e distante, scopriamo invece una donna estremamente affettuosa con i propri figli, che li tratta anzi come se fossero ancora dei bambini – in particolare nella scena della buonanotte.
Tuttavia, riuscendo a superare il proprio stato infantile e trovando la forza per affrontare la genitrice, i tre fratelli si trovano davanti alla dura quanto schietta verità, raccontata dalla madre stessa: un affetto intenso, ma momentaneo, che può scomparire da un momento all’altro.
E, infatti, il giorno dopo Patrica esce nuovamente dalle loro vite.
Ma in questo modo i tre riescono a non essere più dipendenti dal suo affetto.
The Darjeeling Limited finale
Ma il momento fondamentale è la liberazione dall’ossessione paterna.
Proprio mentre stanno per risalire sul treno – quindi metaforicamente pronti a continuare la loro vita – i protagonisti decidono di abbandonare per sempre questo bagaglio emotivo così pesante che si sono portati dietro per tutta la vita – e per tutto il viaggio.
E così, dire finalmente addio al padre.
E, proprio per piccoli elementi, ritroviamo i fratelli finalmente riuniti: si interessano finalmente alla storia di Jack – e indirettamente lo comprendono – e lasciano i propri passaporti in mano a Francis, così che sia libero di riorganizzare il viaggio, e, di conseguenza, di consolidare i nuovi legami.