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Kinds of Kindness – Le maschere della dipendenza

Kinds of Kindness (2024) è una raccolta di mediometraggi ad opera di Yorgos Lanthimos, uscita a poca distanza da Poor Things (2023).

Di cosa parla Kinds of Kindness?

Attraverso tre storie con un terzetto di attori che si scambiano di ruolo, il regista porta in scena storie di dipendenza emotiva: un uomo che cerca la sua indipendenza, una crisi matrimoniale piuttosto carnale e una donna bloccata fra due ossessioni.

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Kinds of Kindness?

Assolutamente sì.

Mi permetto di sbilanciarmi nel consigliarvelo, perché Kinds of Kindness rappresenta tutto quello che avrei voluto vedere da Lanthimos dai tempi de La Favorita (2018): una commedia grottesca che porta in scena storie surreali ma, al contempo, verosimili.

Proprio per questo, se vi aspettate qualcosa di simile a Poor Things, ne rimarrete assai delusi: il regista greco torna sotto la direzione del suo sceneggiatore storico per lanciare – dopo tanto tempo – una zampata provocatoria che ricorda molto lo splendido Alps (2011).

Insomma, arrivare preparati.

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Poor Things – La femme sauvage

Poor Things (2023) rappresenta la seconda collaborazione dopo La Favorita (2018) fra Tony McNamara e Yorgos Lanthimos, regista greco ormai affermato nel panorama hollywoodiano.

A fronte di un budget piuttosto contenuto – appena 35 milioni di dollari – dopo un mese di programmazione negli Stati Uniti ha incassato appena 17 milioni…

Il cinema semplice road to oscar 2022 che si svolgeranno il 28 marzo 2022

Candidature Oscar 2024 per Poor Things (2023)

in neretto le vittorie

Miglior film
Migliore regista
Miglior sceneggiatura non originale
Migliore attrice protagonista a Emma Stone
Migliore attore non protagonista a Mark Ruffalo
Miglior montaggio
Migliore fotografia
Migliore scenografia
Migliori costumi
Miglior colonna sonora
Miglior trucco e acconciatura

Di cosa parla Poor Things?

In una Londra vittoriana ucronica, Godwin Baxter è un chirurgo di grande fama, particolarmente avvezzo alla sperimentazione umana…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Poor Things?

Dipende.

Poor Things è un film incredibilmente ambizioso e squisitamente provocatorio, facilmente avvicinabile a Barbie (2023) per tematiche e dinamiche, pur con un taglio molto più maturo e sfacciato, soprattutto per l’importante presenza di nudi e di scene erotiche.

Per questo, non la considero una pellicola esattamente per tutti i palati.

In generale, il messaggio di fondo è ben raccontato, pur inciampando in certi momenti in un didascalismo quasi pedante – ma pur sempre ben contestualizzato – e in qualche sbavatura di eccessivo virtuosismo che non mi ha del tutto convinto.

Ma, se questi elementi non vi disturbano, lo potreste facilmente amare.

Nascita

Emma Stone in una scena di Poor Things (2023) di Yorgos Lanthimos

Poor Things è quasi del tutto sorretto dalla splendida recitazione vocale e corporea di Emma Stone.

Soprattutto nel primissimo atto era fondamentale rendere credibile il comportamento di Bella, una bambinona incapace di muoversi senza barcollare, con un vocabolario limitato a poche parole e un linguaggio sgrammaticato e stentato.

Particolarmente in questo senso efficace la messinscena dei suoi capricci, propri di un qualunque bambino che cerca costantemente di capire i propri limiti sociali, e che per questo si comporta in maniera quasi selvaggia pur di ottenere quello che vuole.

Willem Dafoe in una scena di Poor Things (2023) di Yorgos Lanthimos

Ovvero, nel caso di Bella, la libertà.

Piccata e piuttosto graffiante la sua scoperta della sessualità – in un contesto in cui nessuno si è preoccupato di spiegargliela – fra l’altro rappresentata da un simbolo piuttosto eloquente e che ben si integra nella simbologia piuttosto intuitiva del Paradiso Terrestre prima della Caduta.

Non a caso Bella, novella Eva, si masturba per la prima volta con una mela, simbolo della Conoscenza, mentre sia il suo creatore – che lei chiama God, Dio – sia il futuro marito, Max – Adamo – cercano di limitarla e rinchiuderla all’interno di uno stringente regolamento sociale.

Scoperta

Il secondo atto è il momento della scoperta.

Del tutto ignara delle dinamiche sociali che le impedirebbero di vivere al di fuori del futuro matrimonio, Bella si sottrae all’eden di Godwin – che le concede benevolmente il libero arbitrio – e si lascia conquistare dalle tentazioni di Duncan, che le promette la tanto ricercata libertà.

In realtà, questo ingannevole casanova vorrebbe solamente approfittarsi di lei, usandola come la classica amante usa-e-getta, cercando fra l’altro fin da subito di porre un ulteriore controllo su di lei – piuttosto tipico per le figure femminili di oggi e di ieri.

Ovvero, il controllo sul cibo.

Emma Stone in una scena di Poor Things (2023) di Yorgos Lanthimos

Non a caso, fra le prime esperienze che Bella si concede mentre vaga nella città, vi è il rimpinzarsi di quei dolci che Duncan gli aveva negato, finendo per utilizzare il suo amante solamente come strumento per esplorare e godere delle meraviglie dell’esperienza sessuale.

Ma al di sotto della maschera da bambina capricciosa, la protagonista è semplicemente una donna che si rifiuta sistematicamente di sottostare a qualunque tipo di norma sociale – nel sesso quanto nelle chiacchiere futili – desiderando solamente esplorare il mondo terreno ed erotico.

Per questo, Duncan cerca ancora di più di rinchiuderla.

Recinto

Emma Stone e Mark Ruffalo in una scena di Poor Things (2023) di Yorgos Lanthimos

Facendola entrare con l’inganno dentro ad un baule, Duncan cerca di riportare Bella in un recinto.

In realtà la crociera è il momento di maggiore esplorazione di Bella, che comincia anche il suo viaggio intellettuale, arrivando fino alla scoperta del lato più marcio di una società macchiata da un profondo e apparentemente insanabile classismo.

Tuttavia, in questa sequenza si trova anche uno dei pochi elementi che non mi hanno convinto nel film.

Emma Stone in una scena di Poor Things (2023) di Yorgos Lanthimos

Per quanto evidentemente Poor Things voglia abbracciare un femminismo intersezionale e anticapitalista, fallisce nel portare una narrazione incisiva al riguardo, soprattutto considerando quanto spazio invece concede al tema dell’esplorazione sessuale.

La perdita dei soldi sembra infatti quasi un meccanismo della trama per passare all’atto successivo, ripreso solamente dai discorsi proto-socialisti in cui la protagonista si imbatte, ma che vengono affrontati in maniera molto superficiale e senza un adeguato approfondimento.

Identità

Emma Stone e Mark Ruffalo in una scena di Poor Things (2023) di Yorgos Lanthimos

Il penultimo atto è per certi versi quello più difettoso.

Il punto più interessante è rappresentato dalla varietà delle esperienze di Bella, che si sottrae ancora una volta alla dicotomia sociale che la vorrebbe incasellare solamente in un ruolo – o madre di famiglia o troia – scegliendo invece di utilizzare il suo corpo come fonte di guadagno – e senza alcuna vergogna.

Così il film ci mette davanti ad una delle sue più graffianti provocazioni.

Emma Stone in una scena di Poor Things (2023) di Yorgos Lanthimos

Secondo Poor Things, se non vivessimo in una società così bigotta, la prostituzione – in questo caso ovviamente idealizzata – potrebbe essere lo strumento attraverso il quale le donne otterrebbero la propria libertà – sessuale e, soprattutto, economica.

Messaggio indubbiamente interessante – articolato anche nelle ulteriori rivendicazioni di Bella riguardo la scelta del partner – che però è stato forse eccessivamente diluito all’interno di un atto che a tratti sembra quasi un intermezzo non così essenziale all’economia narrativa…

Vendetta

Emma Stone in una scena di Poor Things (2023) di Yorgos Lanthimos

L’ultimo atto è il momento della verità.

Bella si ricongiunge con la sua famiglia, soprattutto con i due goffi personaggi maschili – Godwin e Max – che si rivelano benevoli nei suoi confronti, riuscendo infine ad arrivare al matrimonio, ma finalmente con condizioni non opprimenti come quelle inizialmente pensate.

Questo momento di apparente ricongiunzione viene però interrotto dall’inizio dell’avventura definitiva della protagonista, che sceglie volontariamente di reimmergersi nel suo misterioso quanto doloroso passato, pur decisa di non farsi nuovamente sottomettere dallo stesso.

Emma Stone in una scena di Poor Things (2023) di Yorgos Lanthimos

Infatti, il suo alter ego viveva il più classico dei drammi di una nobildonna dell’epoca.

Ovvero, essere intrappolata in matrimonio violento ed opprimente, con un marito crudele ed oppressivo, a cui si era trovata ancora più legata per via del parto imminente, riuscendo a salvare sé stessa solo tramite il suicidio.

La sua condizione – come quella di Bella – era ancora più aggravata dal peso della colpa che le veniva messa sulle spalle, legata prima e dopo alla sua sessualità, talmente esuberante da essere considerata sostanzialmente isterica e, per questo, da domare.

Tuttavia, lo scioglimento della vicenda sembra più che altro ideologico.

Morale

Emma Stone in una scena di Poor Things (2023) di Yorgos Lanthimos

Se fino a questo momento Bella era un personaggio sostanzialmente positivo, diventa incredibilmente grigio quando sceglie di sparare al marito ed infine di sottoporlo ad un trattamento simile a quello che lei stessa aveva subito, ma in maniera molto più crudele.

Anche se questo finale narrativamente parlando è del tutto coerente, rappresenta anche una scelta che, soprattutto nel contesto del finale in cui evidentemente il femminile è infine dominante, offre forse il fianco ad un tipo di femminismo più radicale e vendicativo che non mi sento di accogliere…

Emma Stone in una scena di Poor Things (2023) di Yorgos Lanthimos

Al riguardo, si viaggia nel periglioso terreno dell’interpretazione personale.

Se infatti da una parte si potrebbe dire che non è corretto considerare Bella come un personaggio effettivamente positivo e rappresentativo del femminile, proprio per la sua apatia e a tratti anche crudeltà…

…allo stesso modo sarebbe stato molto più intelligente inserire un elemento veramente mancante nella pellicola.

Ovvero, un’effettiva maturazione di Bella dal punto di vista relazionale, non solo attraverso la liberazione sessuale, ma anche con la presa di consapevolezza del rispetto necessario fra le parti all’interno di una relazione sana.

Invece alla fine sembra che Bella voglia più sminuire Max che riappacificarsi con lui, in un finale in cui i ruoli sembrano definiti all’interno di una gerarchia, e non di uno stato di parità…

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La Favorita – Pennellate di distruzione

La Favorita (2018) è la prima produzione di Yorgos Lanthimos in cui non appare anche come sceneggiatore e la prima collaborazione con la sua futura musa, Emma Stone.

A fronte di un budget abbastanza contenuto – 15 milioni di dollari – è stato un enorme successo commerciale, con 95 milioni di dollari di incasso.

Di cosa parla La Favorita?

Inghilterra, 1708. Sul trono siede la Regina Anna, insidiata dalla sua vecchia amica e amante Lady Marlborough, che tiene in mano le redini del regno. Ma qualcosa sta per cambiare…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere La Favorita?

Emma Stone in una scena di La Favorita (2018) di Yorgos Lanthimos

In generale, sì.

Per quanto l’abbia in generale rivalutato ad una seconda visione, non è un film che comunque mi entusiasma, ma se riuscirete a lasciarvi rapire dall’estetica barocca e da una storia per molti versi estremamente trucida, lo apprezzerete molto.

Personalmente per un period drama io preferisco una rappresentazione più romantica e dall’estetica più ricercata come in Marie Antoinette (2006), ma è indubbio che questo prodotto sia un passo avanti per l’opera di Lanthimos a livello di scrittura.

Peccato che non l’abbia scritto.

Controllo

Olivia Colman in una scena di La Favorita (2018) di Yorgos Lanthimos

La Favorita si basa sulla naturale debolezza che definiva la scena politica con al centro il potere regale.

Si poteva avere una regina che comandava con consapevolezza come un secolo prima Elisabetta I, oppure un personaggio molto più fragile come Anna Stuart, costantemente in balia dagli stimoli di personaggi esterni come Lady Marlborough, che di fatto governa al suo posto.

Olivia Colman e Rachel Weisz in una scena di La Favorita (2018) di Yorgos Lanthimos

E sono inutili i tentativi di Robert Harley di prendere di petto questa intraprendente nobildonna, e altrettanto futile provare a far ragionare una regnante del tutto incapace di comprendere la scena politica che dovrebbe essere in grado di governare.

Ma, come ci ricorda lo stesso Harley, il favore è un vento che facilmente cambia direzione…

Pennellata

Rachel Weisz in una scena di La Favorita (2018) di Yorgos Lanthimos

Come per tutto il terzetto di protagonisti, Lady Marlborough non è un personaggio del tutto negativo.

Sulle prime sembra abbozzato come il villain della storia, come una serpe che si approfitta dalle debolezze di Anna, lusingandola con l’attrattiva sessuale e approfittandosene per guidare le sorti del regno a vantaggio della sua famiglia.

Rachel Weisz in una scena di La Favorita (2018) di Yorgos Lanthimos

Al contempo, la sua posizione sembra talmente inscalfibile che può persino permettersi di maltrattare e insultare la sua stessa regina, con un comportamento che stupidamente rende spesso infelice la stessa, che vorrebbe essere semplicemente adorata e coccolata come una bambina.

E proprio in questo problema si insidia Abigail.

Insidia

Emma Stone in una scena di La Favorita (2018) di Yorgos Lanthimos

Inizialmente, Abigail è un personaggio passivo.

Una nobile decaduta ridotta ad essere una sguattera della cucina, costantemente vessata, nonostante le sue buone intenzioni, riuscendo a salvarsi grazie alla sua inventiva e alla sua intelligenza, che le permette di diventare improvvisamente interessante per Lady Marlborough.

Comincia così un’apparentemente timida risalita, in cui, come una bambina, la donna osserva attentamente le dinamiche e le tattiche della sua nuova padrona, e rimane sulle prime restia, anzi quasi imbarazzata dalla malignità e i sotterfugi che affiggono la corte.

Infatti, sulle prime non vuole partecipare.

 Robert Harley la tenta immediatamente al suo grande gioco politico, avvertendola anche sulla fragilità della sua posizione, su come i modi per rafforzarla e renderla definitiva ci sono, se solo li volesse accettare – altrimenti…

L’ultimo atto di questa resistenza è il confronto con Lady Marlborough, che, sorprendentemente si mostra del tutto allergica a questa presunta fedeltà della sua sottoposta, e la minaccia in maniera non dissimile dal suo nemico.

E allora è il momento di cambiare.

Spazio

Abigail deve trovare il suo spazio.

E la sua tattica è rendersi prima di tutto un’alternativa allettante all’attuale favorita della Regina, sia per l’amabilità del suo carattere – mai ostile né punitivo come quello di Lady Marlborough – sia per la sua attrattiva sessuale – mostrandosi casualmente nuda davanti alla sua preda.

E se la sua padrona cerca di cacciarla in fondo alle scale, la giovane donna non ci sta, e tenta il tutto e per tutto: mostrarsi anche lei vittima delle angherie della terribile Lady Marlborough, rendendosi uno specchio doloroso,- ma al contempo allettante – della condizione stessa della regina.

Rachel Weisz in una scena di La Favorita (2018) di Yorgos Lanthimos

Ma la Favorita non è un ruolo facile da ottenere.

Proprio quando sembra essersi presa il suo posto accanto alla Regina, Abigail si rende facilmente conto che non sarà semplice scalzare la sua contendente, che può godere di una relazione profonda e duratura con Anna.

Così sceglie di metterla forzatamente fuori scena, diventando la protagonista della vita della Regina, acquisendo alleati politici fruttuosi che le permettono di ottenere quello che ormai sente di possedere di diritto: il titolo che gli è stato rubato.

E ormai fa parte del gioco.

Status

Rachel Weisz in una scena di La Favorita (2018) di Yorgos Lanthimos

Abigail e Lady Marlborough non hanno gli stessi obbiettivi.

Nell’ultimo atto le loro posizioni assumono dei contorni più netti: per quanto il principale risultato del suo status favorito per la Regina fosse una posizione politica chiave per la sua famiglia, Lady Marlborough aveva anche altri interessi in gioco.

Nella sua apparentemente malvagità e sfacciataggine, era evidentemente legata con un rapporto di profondo affetto per Anna, che sceglie infine di allontanarla non tanto per le sue ruberie, ma per averla costantemente tradita, per non aver mai cercato di risaldare i rapporti – o almeno così sembra…

Olivia Colman in una scena di La Favorita (2018) di Yorgos Lanthimos

Invece Abigail è fin troppo sicura.

Mentre si gode la sua nuova posizione nell’ultimissima scena del film, la donna dimostra un’assoluta predominanza della situazione, che la porta fisicamente a schiacciare uno dei figli di Anna – e, per estensione, Anna stessa – semplicemente perché può farlo.

A questo punto arriva la drammatica realizzazione della Regina, spogliata del suo status e derubata di un effettivo affetto al suo fianco, che cerca di riportare al suo posto quella terribile sanguisuga, in un disperato tentativo di rivalsa…