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Cyberpunk: Edgerunners – Tutto e subito

Cyberpunk: Edgerunners (2022) è una serie tv ispirata al videogioco omonimoCyberpunk 2077. La serie è stata distribuita in tutto il mondo da Netflix e, come abbastanza prevedibile, non avrà una seconda stagione.

Un aspetto che ha influito non poco sulla riuscita del prodotto…

Di cosa parla Cyberpunk: Edgerunners?

Nella città autonoma di Night City, dominata dalla criminalità e dalla dipendenza cybernetica, David Martinez è un ragazzo di appena 17 anni che cerca di vivere una vita normale. Un incidente mortale cambierà per sempre la sua vita…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Cyberpunk: Edgerunners?

Davide e Lucy in una scena di Cyberpunk: Edgerunners (2022)

In generale, sì.

Per quanto non manchino i difetti, Cyberpunk: Edgerunners è una serie molto piacevole da guardare, con ambientazioni affascinanti e personaggi intriganti, le cui vicende sono raccontate in maniera scorrevole e coinvolgente.

L’unico problema è l’evidente intenzione – o necessità – di comprimere una storia piuttosto lunga in soli dieci episodi da poco più di venti minuti, andando in certi punti a sacrificare la possibilità di essere davvero coinvolti con i personaggi in scena e le loro dinamiche.

Tuttavia, non per questo non è una serie da recuperare, anzi.

Posso guardare Cyberpunk: Edgerunners se non ho giocato al videogioco?

Posso godermi la serie anche senza conoscere il videogioco?

Assolutamente sì.

Ovviamente come tutti i prodotti derivativi, conoscere l’opera originale permette di comprendere più immediatamente quanto mostrato in scena. Tuttavia, personalmente, anche senza aver giocato al videogioco, non ho avuto problemi di fruizione – anche perché la storia è del tutto indipendente.

Un unico avvertimento: la maggior parte della lore del mondo non viene esplicitamente spiegata, ma si possono intendere abbastanza facilmente i concetti raccontati partendo dal contesto.

Un’animazione particolare

Davide e Lucy in una scena di Cyberpunk: Edgerunners (2022)

I disegni e l’estetica della serie mi sono piaciute a tratti.

I disegni di per sé non mi hanno entusiasmato: come in certe scene erano molto dettagliati e con un character design molto interessante, in altre mi sembravano molto abbozzati e poco poco d’impatto.

Niente da dire invece per l’estetica generale del prodotto: oltre a riprendere – per quello che ho potuto vedere – piuttosto fedelmente il taglio artistico del videogioco, riesce efficacemente a raccontare una città degradata, ma anche piena di fascino, da cui emergono per contrasto i colori accesi delle insegne neon e dei vestiti stravaganti dei personaggi…

Piuttosto particolare la scelta, in alcune scene, di utilizzare una messinscena di immagini immobili, in cui magari si muove solamente il fumo di una sigaretta, mentre si susseguono dialoghi in scena attraverso voci fuori campo. Al contempo, è molto ben riuscita la resa della follia dei personaggi, particolarmente quella di David.

Gli occhi che si sdoppiano, il tratto di matita molto calcato sui tratti del volto, il montaggio psichedelico delle scene: tutti elementi di grande impatto e fascino.

Una storia semplicemente lunga

Davide in una scena di Cyberpunk: Edgerunners (2022)

La storia è piuttosto semplice e prevedibile per certi versi, ma nondimeno piuttosto coinvolgente.

Infatti, il problema principale non è la storia in sé, ma la sua gestione. A posteriori appare piuttosto evidente che si aveva a disposizione un’unica stagione, e per questo si è dovuto raccontare in poco tempo una storia che avrebbe avuto bisogno in realtà di almeno due stagioni.

Infatti, nel corso di appena dieci episodi, conosciamo il protagonista, lo vediamo crescere, diventare capo di una gang, rimanere per sempre segnato dalla morte di personaggi che abbiamo visto per pochissimo tempo…

Maine in una scena di Cyberpunk: Edgerunners (2022)

In particolare, gli elementi per cui sono andati più di fretta sono il personaggio di Maine – che ci viene raccontato in un paio di episodi e che muore a metà stagione – e il rapporto fra David e Lucy. Quest’ultimo è stato l’elemento più problematico, dal momento che molto del coinvolgimento emotivo del finale è legato alla loro relazione.

In un mondo ideale, l’idea migliore sarebbe sarebbe stata di spalmare la narrazione su venti episodi e dividerla in due stagioni, e gettando i semi della relazione con Lucy nella prima stagione e facendola sbocciare solamente in seguito, e al contempo chiudendo il primi ciclo di episodi con la morte di Maine.

Iconici (e non)

Faraday in una scena di Cyberpunk: Edgerunners (2022)

Il character design dei personaggi è uno degli elementi che mi ha più convinto della serie.

Tutti i personaggi, anche quelli più secondari e che vediamo per pochi episodi, hanno il loro aspetto particolare e iconico, che li rende subito riconoscibili e davvero affascinanti. Il mio personaggio preferito in questo senso è Lucy, nonostante – come per tutte le altre donne della serie – sia una stereotipo su gambe.

Un aspetto che in realtà un po’ mi aspettavo da un prodotto di questo tipo, dove spesso i personaggi femminili sono stereotipati, oltre ad essere ipersessualizzati in maniera quasi ridicola. In questo caso, la caratterizzazione di Lucy mi ha semplicemente mi ha un po’ guastato il coinvolgimento col suo personaggio – che non mi ha personalmente detto molto – e, sopratutto, con la sua relazione con David.

Ed è un peccato, perché il finale l’ho comunque apprezzato.

La lotta impossibile di Cyberpunk

Ho avuto la fortuna di poter inserire questo piccolo contributo di Matteo, che ha giocato al videogioco e che ha voluto raccontarci il tema portante dell’opera.

“Preferiresti vivere in pace da signor nessuno, e morire vecchio, puzzando di piscio, oppure andartene col botto, profumare di fiori, ma non arrivare al tuo trentesimo compleanno?”

Dexter DeShawn, adagiato sul sedile posteriore della sua auto, aspira profondamente dal suo sigaro ed esala una densa nube di fumo bianco. Il primo incontro con uno dei più celebri fixer di Night City introduce uno dei temi portanti affrontati sia nel gioco sia nella serie: ontologia, come la definisce Dex.

Qual è il posto dell’individuo in una società distopica come quella di Cyberpunk 2077?

Dexter DeShawn in Cyberpunk 2077

Che differenza può fare il singolo contro il potere delle megacorporazioni che, a poco a poco, invadono ed erodono la libertà personale, finché nemmeno la propria mente è un luogo sicuro e non ci si può fidare più neanche della propria memoria?

In un mondo in cui è preferibile rimanere a digiuno piuttosto che andare in giro senza armi all’avanguardia e in cui è comune integrare il proprio corpo con innesti cybernetici finché il sistema nervoso non collassa a causa dell’eccessivo sforzo richiesto per gestirli (dando origine all’inquietante fenomeno della cyberpsychosis), non è difficile immaginare come l’obiettivo di molti non sia sopravvivere il più possibile, bensì vivere più intensamente ed essere ricordati più a lungo.

È questa la vita di molti di coloro che scelgono la via del mercenario (merc), saltando di lavoro in lavoro e rischiando la pelle quotidianamente per guadagnarsi da vivere, facendo il possibile per ostacolare le corporazioni in una lotta disperata.

Mr V Cyberpunk

Mr V in Cyberpunk 2077

Ma quella contro le megacorporazioni è una resistenza futile.

Chi le combatte non può sperare di vincere, di sfuggire al loro giogo, ma solo di causare il maggior danno possibile ed essere ricordato dai sopravvissuti per aver trovato una morte gloriosa. Prima di venire catturato da Adam Smasher, Johnny Silverhand riesce a piazzare un ordigno esplosivo nel cuore dell’Arasaka Tower, ma, dopo averla rasa al suolo nel 2023, scopre che un’altra ne ha preso il posto cinquant’anni dopo.

Inamovibile simbolo del potere delle corporazioni che si staglia, nero ed immutabile, contro le sagome colorate al neon che compongono lo scenario cittadino.

Davide e Lucy in una scena di Cyberpunk: Edgerunners (2022)

David Martinez riesce a liberare Lucy dal nuovo quartier generale del colosso economico gestito da Saburo Arasaka, ma anche lui viene fermato per mano di Smasher. Appena un anno dopo, anche V intraprende la stessa strada, quando il suo destino e quello della corporazione giapponese finiscono per diventare inevitabilmente legati dopo che un lavoro prende una direzione inaspettata.

Tutto ciò che rimane dei più celebri mercenari di Night City è un drink sul menù dell’Afterlife con il loro nome.

“Un’ultima cosa, mister V. Vita tranquilla, o finale esplosivo?”

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Animazione Satira sociale Serie tv

South Park: Guida alla visione

South Park è una serie d’animazione satirica statunitense, giunta quest’anno alla venticinquesima stagione. Una serie che mi ha accompagnato per la maggior parte della mia vita, da quanto la scoprì ancora forse troppo giovane per capirne le battute, rimanendone una fan fedele ancora oggi.

Una serie incredibile per molti motivi: non va confusa con prodotti apparentemente simili come I Simpson e I Griffin, che in realtà non c’entrano assolutamente nulla. South Park è infatti una serie sui generis, che gode di ottima salute e che ha una durata potenzialmente infinita.

Di cosa parla South Park

Cartman, Kyle, Wendy, Red, Clyde in una scena della serie South Park

Partiamo dalle base: South Park non è una sitcom.

Almeno non in senso stretto.

È più che altro una serie satirica di stampo comico: si concentra tramite i suoi protagonisti sugli argomenti di più stringente attualità con una tecnica di animazione molto particolare (di cui parlerò più avanti).

La serie vede come protagonisti un quartetto di ragazzini che abitano nella città di South Park in Colorado. Il più importante dei quattro è Cartman, che rappresenta l’americano medio e spesso al centro delle storie più assurde.

Tuttavia, la serie spazia anche su trame e personaggi molto diversi.

Come è possibile essere così attuali

Kyle e Stan in una scena della serie South Park

La particolarità di South Park è appunto essere sempre così attuale: a differenza delle altre serie (animate e non) che richiedono di essere programmate dall’inizio alla fine con mesi di anticipo, South Park può godere di maggiore flessibilità.

Infatti, la tecnica di animazione utilizzata permette di creare le puntate in poco tempo.

Non a caso i disegni sono estremamente stilizzati ed i movimenti dei personaggi molto meccanici. Ad oggi sono sicuramente più fluidi e con maggiori particolari, ma all’inizio erano veramente dei pezzi di carta che si muovevano su uno sfondo statico. Un apparente limite, ma che in realtà diventa quasi un vantaggio per la natura stessa della serie.

Un umorismo veramente pesante

Topolino e i Jonas Brother in una scena della serie South Park

South Park si caratterizza da un umorismo veramente pesante. Al di là delle parolacce, che ormai sono la norma nelle produzioni statunitensi, la serie si spinge davvero molto in là con l’umorismo, giocando col surreale e l’assurdo nei suoi momenti migliori, scadendo anche (e per fortuna non troppo spesso) in battute riguardanti le feci, i genitali e simili.

Oltre a questo, chi pensava che I Simpson e I Griffin fossero serie per adulti, non ha mai visto South Park: come nelle prime due serie le scene di sesso vengono solo suggerite, al contrario in South Park ci sono talvolta anche scene di sesso piuttosto esplicite. Ovviamente non fanno grande effetto per la qualità dell’animazione, ma comunque ci sono.

Non mancano ovviamente le battute, anche piuttosto pesanti, su argomenti sensibili, su organizzazioni religiose e anche ad personam, che hanno sollevato diverse proteste negli anni.

Censura

Come anticipato, negli anni South Park è stato al centro di importanti polemiche e censure.

Tom Cruise in una scena della serie South Park

Una delle polemiche più famose riguardò Scientology e particolarmente Tom Cruise per la puntata Trapped in the closet (9×12).

Infatti, in tale puntata non solo si definiva l’organizzazione religiosa come una truffa globale, ma si insinuava che Tom Cruise fosse segretamente omosessuale. Per questo l’attore richiese che non vi fossero ulteriori repliche della puntata.

Uno dei bersagli preferiti è ovviamente la religione cattolica: nella puntata Bloody mary (9×14) viene rappresentato il miracolo del sanguinamento della statua della Madonna come legato alle sue mestruazioni, e così vi è una scena in cui il Papa ispeziona la statua e viene spruzzato dal suo sangue.

Questo ha ovviamente suscitato pesanti polemiche, con la richiesta ufficiale di scuse e di rimozione dell’episodio da parte di un importante gruppo cattolico statunitense.

Uno dei momenti più alti della censura fu l’autocensura applicata nella puntata 200 (5×14), nella quale, a seguito di moltissime polemiche e persino minacce di morte per la rappresentazione di Maometto, i creatori di South Park censurarono per protesta interi dialoghi.

Perché guardare South Park

Kyle e Stan in una scena della serie South Park

Se tutto questo non vi ha ancora convinto, vi dico che dovete guardare South Park perché nella vostra vita non vedrete probabilmente mai un prodotto mainstream così tanto geniale. Questa serie, oltre ad essere genuinamente divertente, ci permette al contempo di ridere e riflettere sulla nostra società e sull’attualità in generale, in maniera spesso anche molto sottile.

I prodotti a cui potrei associare questa serie non sono molti, ma vi direi che se vi piace un prodotto come The Suicide Squad (2021) o, abbassando di più il livello, This is the end (2009), probabilmente vi piacerà South Park. Ovviamente se non potete sopportare un certo tipo umorismo e di volgarità molto pesante, lasciate stare.

Tuttavia, se decidete di guardarla, potete facilmente recuperare quasi tutte le puntate gratuitamente sul loro sito ufficiale, anche se ovviamente sono in lingua originale e con i sottotitoli in inglese. In generale vi consiglio di guardare la serie in lingua originale, per apprezzarla appieno.

Trey Parker e Matt Stone, i creatori della serie, oltre ad essere splendidamente geniali, sono degli abilissimi doppiatori, che si occupano della maggior parte dei personaggi.

Per farvi capire di che tipo di persone stiamo parlando: nel 2000 South Park Il film (1999) venne candidato come miglior Canzone Originale. Per l’occasione i due decisero di presentarsi vestiti da donne e, come se questo non bastasse, erano anche fatti di LSD.

E, per evitare di essere cacciati, indossarono due vestiti già presentati agli Oscar anni prima da Jennifer Lopez e Gwyneth Paltrow, così, nel caso qualcuno avesse avuto qualcosa da dire, avrebbero detto A loro non avete fatto problemi, perché a noi sì? Tutto ciò è sessista e omofobo!

Trey Parker e Matt Stone creatori di South Park agli oscar del 2000

Una foto di repertorio

Tuttavia, i doppiatori italiani fanno comunque un ottimo lavoro:

Come guardare South Park

Mr Garrison in una scena della serie South Park

Questa è probabilmente la domanda più difficile, per due motivi: la mole di episodi e la qualità crescente. Si contano ad oggi 317 episodi (episodi da 20 minuti, ma comunque tanti). Oltre a questo, a mio parere, più si prosegue, più la qualità visiva e di scrittura migliora. Quindi possiamo dire che è un investimento che ripaga nel tempo.

Tuttavia, ci sono tre modi in cui ci si può approcciare a South Park.

Il metodo purista

Cominciare dall’inizio, semplicemente. E poi proseguire passo passo, prendendosi tutto il tempo necessario, fino ad essere in pari. Questo perché, a differenza di altre serie come I Griffin, le vicende non sono strettamente autoconclusive, ma spesso personaggi e questioni vengono ripresi a distanza anche di diverse puntate.

Inoltre, certe tematiche onnipresenti si comprendono e si apprezzano nella loro interezza guardando l’intero arco evolutivo della serie.

In particolare la morte di Kenny era una gag ricorrente nelle prime stagioni, ma col tempo è divenuta meno frequente, per poi essere a volte ripresentata a sorpresa. E, non avendo in mente cosa significava questo elemento per la serie agli inizi, non fa lo stesso effetto.

Quindi, se ne avete il tempo, cominciate così.

Il metodo pigro

Il metodo pigro consiste nel cominciare a recuperare la serie cominciando dalle stagioni più recenti, così da mettersi al passo e venire a contatto con tematiche più attuali. Io vi consiglio di cominciare almeno dalla ventesima stagione, a mio parere una delle più geniali e ancora profondamente attuale.

Tuttavia, per i motivi sopra detti, non è un metodo che vi consiglio. Una cosa molto importante è non partire dagli speciali dedicati al Covid che sono usciti negli ultimi due anni: per la maggior parte si basano su delle battute che possono essere comprese solo avendo almeno un’idea generale delle dinamiche della storia e dei personaggi.

Il metodo toe in the water

Cominciare a mettere un piede nell’acqua, ovvero avere un assaggio della serie per capire di cosa si tratta. E, solo in seguito, cominciare a guardarla in maniera organica.

Io non posso dirvi da che puntata partire, ma posso darvi la mia classifica delle puntate, secondo diversi parametri.

La mia puntata preferita

World War Zimmerman (3×17)

Cartman in una scena della serie South Park

La puntata fa riferimento a un caso di cronaca nera del 2012 che fece molto scalpore: George Zimmerman sparò ad un ragazzo afroamericano disarmato e dichiarò in tribunale di averlo fatto per legittima difesa. La puntata fa inoltre riferimento al film World War Z (2013).

La puntata più strana

You’re Getting Old (15×07)

Stan in una scena della serie South Park

Stan compie dieci anni e viene colpito da un profondo cinismo. Da vedere insieme alla puntata successiva, che ne è il seguito.

La puntata che non riesco a rivedere

HumancentiPad (15×01)

Ispirato al film The Human Centipede (2009), che già da solo mi disturba tantissimo.

La puntata che cito continuamente

Dance with the Smurfs (13×13)

Cartman in una scena della serie South Park

Cartman riesce a diventare la voce che dà gli annunci al mattino nella scuola, ma ne approfitta per esporre le sue idee politiche.

La puntata che mi fa più ridere

Fishsticks (15×03)

La puntata ha come protagonista l’assolutamente non permaloso Kanye West.

La puntata più devastante

Scott Tenorman Must Die (5×04)

Cartman viene bullizzato crudelmente da un ragazzo più grande di lui.

La puntata più sorprendente

Woodland Critter Christmas (8×14)

Stan in una scena della serie South Park

In italiano, Il Natale degli animaletti del bosco. Sembra molto tenero vero? Non lo è.

La puntata più graffiante

The Tale of Scrotie McBoogerballs (14×02)

Cartman, Kenny, Kyle e Stan in una scena della serie South Park

I protagonisti scrivono un libro volgarissimo e, una volta scoperti, danno la colpa a loro amico Butters. Tuttavia, la situazione non va come si aspettavano…

E potrei andare avanti. Ma lascio che siate voi a scoprire le puntate migliori.

Buona visione!

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2021 Animazione Avventura Cinegame Netflix Serie tv

The Cuphead Show! – Divertimento d’altri tempi

The Cuphead Show! è una serie tv Netflix ispirata all’omonimo videogioco (Cuphead, 2017), piccolo cult del genere che ha colpito i videogiocatori per l’altissima qualità grafica e per la grande originalità, anche del gameplay: Cuphead si colloca nel sottogenere degli sparatutto popolare negli Anni Ottanta-Novanta, run ‘n’ gun.

Inoltre per la grafica è ispirato ai cartoni per bambini degli Anni Trenta-Quaranta, con personaggi assurdi e caricaturali, ma comunque splendidi a vedersi.

Aveva senso fare una serie su questo prodotto?

Di cosa parla The Cuphead Show!

La serie ruota intorno ai due fratelli, Cuphead e Mugman, i quali, come si può intuire dal nome, sono due tazze antropoforme. Così anche il resto dei personaggi sono animali, cibi o oggetti dalle forme umanoidi.

La storia ha una trama orizzontale e verticale: è composto da brevissimi episodi autoconclusivi, con dinamiche tipiche delle sitcom e i cartoni dell’epoca, ma presenta anche una piccola trama orizzontale. Il fil rouge sono le assurde avventure dei due fratelli scavezzacollo, che arrivano persino a scontrarsi con il Diavolo in persona.

Non vi dirò di più per non rovinarvi la sorpresa, ma vi lascio il trailer per farvi un’idea.

Perché vale la pena di guardare The Cuphead Show!

Cuphead e Mugman in un scena della serie The Cuphead Show (2021) serie tv Netflix dal videogioco Cuphead

Sulla scia di ottimi prodotti tratti da videogiochi (a cominciare da Arcane), Netflix si conferma la casa di produzione vincente per il genere. The Cuphead Show! è una serie di ottima qualità, che parte da una base già molto solida, ma riesce a imbastire delle piccole trame dal grande potere intrattenitivo.

In particolare, se siete cresciuti con i cartoni come Tom & Jerry e di Willy il Coyote, probabilmente troverete un prodotto di vostro gusto. L’unica differenza sostanziale dai prodotti più datati è il fatto che i personaggi parlano, come non sempre succedeva al tempo.

Tutte le vicende, anche se assolutamente prevedibili come dinamiche perché partono da topoi piuttosto consolidati, sono gustose e di grande intrattenimento, portando in scena personaggi e situazioni piuttosto variegate.

The Cuphead Show! è una serie che fa per me?

Cuphead e Mugman in un scena della serie The Cuphead Show (2021) serie tv Netflix dal videogioco Cuphead

Come anticipato, se avete ancora nel cuore un certo di animazione vecchio stile, è probabile che sia un prodotto per voi. E non fatevi ingannare dal fatto che si tratta di una serie di animazione: The Cuphead Show! è tutto tranne che un prodotto per bambini (come spiegherò più avanti).

Tuttavia appunto si tratta di una serie molto specifica e ispirata ad uno specifico periodo: non esattamente un prodotto per tutti. Se siete dei fan del videogioco, semplicemente l’amerete: pur senza averlo giocato in prima persona, ho sentito grande entusiasmo da parte fan del prodotto videoludico, anche per la quantità di citazioni e easter egg presenti.

Animazione per adulti?

Cuphead in una scena della serie The Cuphead Show (2021) serie tv Netflix dal videogioco Cuphead

Non posso dire che The Cuphead Show! sia del tutto una serie pensata per un pubblico adulto: non stiamo insomma parlando di Bojack horseman. Tuttavia l’animazione destinata ad un pubblico molto giovane è oggi molto più castigata (anche giustamente), e non include quella violenza smaccata e a tratti quasi inquietante dell’animazione più datata. Quindi il gap fra prodotti per adulti e prodotti per bambini si è fatto, a mio parere, ancora più ampio.

In questo caso non è presente tantissima violenza gratuita, ma quando c’è si sente, e certe volte fa venire i brividi. Il tutto comunque all’interno di in un contesto genuinamente divertente e comico, con dinamiche davvero spassose e personaggi molto sopra le righe.

Mi sento quindi di classificarla come una serie abbastanza trasversale come target, andando ad includere dai ragazzi non troppo giovani ad un pubblico più maturo. Insomma, eviterei di mettere davanti a questo prodotto ragazzi al di sotto dei 14 anni.

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Castlevania: un incontro vincente

Castlevania è una serie di produzione mista fra USA e Giappone, tratta dal popolarissimo videogioco omonimo. Una saga videoludica talmente pionieristica che viene utilizzata per indicare un genere di videogiochi: si usa il termine Metroidvania (unione fra Castlevania e Metroid, altro videogioco fondamentale ) per indicare un sottogenere di azione avventura, solitamente platform, accumunato da mappe interconnesse e aree da sbloccare. Un prodotto di tale portata meritava assolutamente una serie tv dedicata, con ben quattro stagioni, tutte disponibili su Netflix.

Castlevania è un ottimo prodotto e un incontro vincente fra animazione occidentale e orientale, prendendo il meglio da entrambe.

Ma andiamo con ordine.

Di cosa parla Castlevania

L’antefatto racconta di Lisa, giovane scienziata in epoca pseudo-rinascimentale, che chiede aiuto al Conte Dracula per apprendere le arti della medicina e aiutare il popolo di Wallachia a progredire nella scienza. Tuttavia per questo viene bruciata come strega. E così la terribile ira di Dracula si abbatterà sul mondo umano, deciso a distruggerlo definitivamente con il suo esercito infernale.

A questo punto interviene il cacciatore di mostri rinnegato Trevor Belmont, affiancato dalla speaker Sypha, in un’improbabile alleanza con Alucard, figlio di Dracula, determinato a fermare il folle progetto del padre.

Vi lascio il trailer della prima stagione per farvi un’idea:

Castlevania: n incontro vincente

La serie ha un’animazione e delle dinamiche che si ispirano al panorama orientale, ma è sicuramente più digeribile per un pubblico occidentale. In particolare mette in scena un protagonista accessibile e alla mano, che diventa l’eroe improbabile della storia. Un trope molto utilizzato, ma che funziona.

I personaggi sono estremamente vari e prendono dall’una e dall’altra cultura.

Alucard in una scena della serie Castlevania 2021 Netflix

Per esempio Alucard è un personaggio di forte ispirazione orientale, per il design e per le movenze.

Trevor Belmont in una scena della serie Castlevania 2021 Netflix

Invece Trevor, l’altro protagonista, è più vicino ad un’impostazione occidentale, per come è disegnato (anche solo per il fatto che abbia la barba, elemento quasi assente nell’animazione nipponica) e soprattutto per l’ironia che lo caratterizza insieme a Sypha.

Infatti il rapporto fra Sypha e Trevor, coppia fissa per tutte le stagioni, è sempre fresco e simpatico, ha una evoluzione nè forzata né smaccatamente romantica, anzi. Sono fra i personaggi che ho apprezzato di più, anche per le storie in cui sono coinvolti.

Un climax crescente fra azione e riflessione

Trevor, Sypha e Alucard in una scena della serie Castlevania 2021 Netflix

La struttura delle stagioni è abbastanza peculiare: la prima stagione è sostanzialmente un prologo di quattro puntate, la seconda è una storia abbastanza lineare e con poche divagazioni. Le ultime due sono un crescendo di azione e storie sempre più interessanti e diversificate, con un finale assolutamente soddisfacente.

In ogni stagione vengono introdotti nuovi personaggi e nuove storie, alcuni con natura abbastanza episodica e circoscritta a certe puntate, ma in generale con una scrittura convincente e intrigante. La serie infatti presenta molti momenti azione, anche abbastanza violenti, ma anche molti e bellissimi momenti riflessivi ed esistenziali fra i personaggi. Questo può essere un difetto per alcuni: soprattutto all’inizio la trama procede molto lentamente, e sono più appunto le scene di riflessione e dialogo che quelle di azione o eventi importanti per la trama.

Castlevania può fare per me?

Sypha e Trevor in una scena della serie  Castlevania 2021 Netflix

Se ci si è già approcciati felicemente all’animazione nipponica, Castlevania può facilmente essere la serie per voi. Tuttavia se siete più puristi e appassionati dell’animazione orientale dura e pura, non è il prodotto più adatto per voi, soprattutto se siete fan di prodotti con grandi scene di azione ogni puntata. In questo caso ce ne sono, soprattutto verso il finale, ma molte meno rispetto ad altri prodotti mainstream.

Se vi piacciono le storie di avventura, con creature mostruose e cacciatori di vampiri, ma con un sottofondo riflessivo di grande importanza, fiondatevi a recuperarla.