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Ozark: iniziare bene e finire malissimo

Sono una grande fan di Ozark. Ho adorato la serie di Jason Bateman fin dalla prima puntata. Poi, è arrivata la quarta stagione.

Ozark ha debuttato nel 2017 su Netflix, ed è sempre stata una serie un po’ di nicchia: abbastanza chiacchierata e con un suo fandom solido, resistendo per quattro stagioni, ma non di grande popolarità come Stranger Things Squid Game, per capirci.

Prima di parlare dell’ultima e, a mio parere, vergognosa stagione, parlerò senza spoiler delle prime tre.

Disclaimer doveroso

Questa recensione è stata scritta in due momenti: una volta conclusa la prima parte dell’ultima stagione (quando avevo ancora qualche speranza) e una volta conclusa la seconda parte.

Di cosa parla Ozark

La serie parla di Marty, interpretato da Jason Bateman (che è anche regista e produttore), che da anni lavora per un cartello della droga messicano. Improvvisamente si trova costretto a traslocare tutta la famiglia da Chicago a Ozark, una tristissima località del Missouri, per continuare a riciclare il denaro del cartello.

Lascio il resto al trailer della prima stagione.

Cosa funziona

Jason Bateman e Laura Linney in una scena della serie tv Ozark (2017-2022) di Netflix

Ozark è una serie fuori dal comune: ricorda moltissimo Breaking Bad come tematiche, ma è per molti aspetti molto più dark, a partire dalla stessa fotografia gelida che domina tutte le scene. Inoltre è iper realistica, ovvero realistica nella maniera più cruda possibile, rappresentando dei personaggi molto credibili e spesso, per questo, anche spaventosi.

Le vicende, per loro stessa natura, sono incredibilmente intriganti, piene di colpi di scena, tensione, voltafaccia. Soprattutto la terza stagione, dove si arriva ad un punto focale della trama, è incalzante e intrattiene splendidamente per tutta la sua durata.

La regia è pazzesca: oltre alla fotografia che ti trasmette continuamente quel senso di freddezza e di terrore in ogni scena, ci sono guizzi registici non indifferenti e una messa in scena davvero convincente.

Personaggi gelidi

Jason Bateman e Laura Linney in una scena della serie tv Ozark (2017-2022) di Netflix

I personaggi in generale sono gelidi, hanno dei rapporti contradditori, snervanti, distruttivi, e, soprattutto, incredibilmente realistici. Le prove attoriali sono davvero di alto livello: a partire dalla stella nascente Julie Garner, vista recentemente nella serie Inventing Anna, che interpreta Ruth, uno dei personaggi principali e anche meglio scritti della serie.

Poi Jason Bateman, che finalmente si smarca dai suoi ruoli comici. In Ozark interpreta Marty, un personaggio silenzioso e calcolatore, portato in scena con così tanta bravura che a malapena sembra che stia effettivamente recitando.

Così anche Laura Linney, che interpreta Wendy, personaggio per tanto tempo relegato al ruolo di moglie e madre, ma che riesce finalmente a diventare protagonista della sua vita. Per questo ruolo l’attrice riesce a dosare splendidamente la sua espressività, giocando sui suoi sorrisi apparentemente rassicuranti, ma che in realtà nascondono un personaggio maligno e spietato.

Perché Ozark potrebbe non piacervi

Jason Bateman in una scena della serie tv Ozark (2017-2022) di Netflix

Ozark non è una serie per tutti. E i motivi sono abbastanza evidenti: alcune delle vicende sono davvero crude, una sofferenza da vedere. Il ritmo è davvero strano: succedono moltissime cose, ma al contempo sembra che tutta la vicenda proceda molto lentamente.

Soprattutto all’inizio, è difficile empatizzare coi personaggi: hai bisogno di tempo per conoscerli, perché all’inizio ti appaiono freddi e distanti. Diciamo che se vi piace Breaking Bad Narcos avete già un piede dentro la porta, ma non è comunque detto che faccia per voi.

Io la consiglio molto, nonostante tutto.

Perché la quarta stagione è una vergogna (secondo me)

Jason Bateman e Laura Linney in una scena della serie tv Ozark (2017-2022) di Netflix

La terza stagione, come ho detto, è veramente intrigante per la trama e i personaggi: Helen è in assoluto il mio villain preferito e Ben l’ho veramente adorato. Mi piaceva lo sfondo del casinò appena aperto, e anche tutta la dinamica fra Frank Jr. e Ruth.

Diciamo che la morte di Helen avrebbe già dovuto essere un campanello d’allarme: il villain che la dovrebbe sostituire, ovvero Javi, è fra i più banali e peggio scritti della storia delle serie tv. La trama politica ho fatto veramente fatica a seguirlaOzark non ha brillato per trame semplici, proprio per il fatto che voleva introdurre concetti verosimili, ma in questo caso è stato veramente difficile appassionarsi.

La trama di Navarro, semplicemente, non ha senso: hanno esasperato in maniera inverosimile il rapporto con Maya, quando era così ben bilanciato nella scorsa stagione. Infatti la serie continua a perdersi in sé stessa da questo punto di vista.

Marty e Wendy sono snervanti, Johan prende il posto di Charlotte come figlio ribelle in maniera poco interessante, tutta la trama di Ruth è esagerata e Marlene è davvero diventata un personaggio fuori controllo. Come se non bastasse, chi ha scritto questa stagione vuole molto poco bene ai suoi personaggi, visto che non fa altro che ammazzarli.

Aspettiamo fiduciosi la seconda (e per fortuna ultima) parte.

Due parole conclusive sull’ultima parte 

Julia Garner in una scena della serie tv di Netflix

Come si può facilmente immaginare, ero veramente poco interessata a questo ultimo ciclo di episodi. In generale, mi sembra si confermino tutti i problemi della prima parte, e aggiungendone pure di nuovi.

Si parte con uno degli episodi per me peggio scritti della serie: un tirata lunghissima sulla vendetta di Ruth, con tantissime ed estenuanti scene oniriche e una conclusione che arriva all’improvviso senza alcuna costruzione. Una puntata fra l’altro che conferma Javi come personaggio inutilmente violento e di pochissimo spessore. Quindi ero pure contenta l’avessero finalmente fatto uscire di scena.

Si continua sempre con la trama politica poco coinvolgente e che porta in scena un nuovo personaggio, Camila, che dovrebbe riprendere vesti di Helen, fallendo miseramente. Infatti viene fatta passare come avida e calcolatrice, ma relegandola ancora alla figura abusata della madre vendicativa. Niente di esaltante, insomma.

Jason Bateman e Laura Linney in una scena della serie tv Ozark (2017-2022) di Netflix

Nota di merito per la bruttezza della trama del padre di Wendy, personaggio al limite del disgustoso e con le motivazioni più stupide possibili, che riesce a portare la figlia al suo punto più basso. Fra l’altro divenendo protagonista di una insulsissima sottotrama che si conclude improvvisamente e senza una degna costruzione.

Infatti alla fine i personaggi della famiglia sembrano ricongiungersi, senza che però i loro rapporti si siano veramente risaldati. E festeggiano questa ritrovata unione con il cadavere di Ruth ancora caldo e una chiusa che probabilmente Bateman considerava geniale, ma che io trovato al limite dell’imbarazzante.

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Pieces of her – Un mistero da manuale

Pieces of her è una serie tv di genere mistery in otto puntate, disponibile su Netflix. Un buon esempio di un prodotto che coniuga ottimamente il genere mistery con l’investigativo e il thriller. Una costruzione da manuale, nonostante qualche inciampo sulla strada.

Ma andiamo con ordine.

Di cosa parla Pieces of her

Pieces of her parla di Laura, una madre vedova che interviene per difendere la figlia, Andy, in un situazione di pericolo, rivelando capacità di combattimento inaspettate. Per via di questo episodio la figlia comincerà a scoprire il passato oscuro della madre, svelando segreti che non avrebbe mai potuto immaginare.

Vi lascio il trailer per farvi un’idea.

Perché guardare Pieces of her

Toni Colette in una scena della serie tv netflix con Toni Colette

Come anticipato, Pieces of her è una serie mistery da manuale: la storia è molto interessante e gode di una struttura narrativa generalmente solida. La trama si svela poco a poco, disseminando indizi più o meno palesi fin dalle prime puntate, riuscendo a tenerti ottimamente sulle spine fino alle ultime sequenze.

Infatti, per quanto non riesca fino in fondo a gestire il mistero che tratta (come spiegherò nella parte spoiler), la costruzione è vincente: circa a metà della stagione si conosce la maggior parte della backstory. E da lì è un crescendo per scoprire l’intero mistero.

Toni Collette, mon amour

Toni Colette in una scena della serie tv Pieces of Her (2022) serie tv netflix con Toni Colette

La madre protagonista della serie è interpretata da Toni Collette, una delle mie attrici preferite fin da Little miss sunshine (2006). Il personaggio sembra essergli stato cucito addosso, sfruttando ancora una volta la particolarissima espressività di questa attrice e rendendola solo apparentemente apatica e calcolatrice.

Non male neanche l’attrice che interpretata la sua versione giovane: Jessica Barden, già vista in The end of the f*cking world, altra serie di Netflix. Non era per niente facile misurarsi con la recitazione monumentale di Toni Collette, ma nonostante tutto questa giovane attrice si è dimostrata all’altezza.

La protagonista inconsapevole

Bella Heathcote in una scena della serie tv Pieces of Her (2022) serie tv netflix con Toni Colette

Un altro elemento vincente, che di fatto regge l’intera serie, è la protagonista, Andy. Il classico personaggio ingenuo ed inconsapevole che accompagna lo spettatore nella visione e nello svelamento del mistero. Questo processo funziona quasi fino alla fine (come spiegherò meglio nella parte spoiler), ma rende più semplice il coinvolgimento, nonostante alcune scelte molto stupide e poco credibili che la coinvolgono.

Ovviamente, come per le migliori serie mistery, la trama poteva essere risolta in dieci minuti di orologio se i protagonisti si fossero seduti ad un tavolo a parlare, ma non di meno è bello seguire il suo personaggio, assolutamente ingenuo e fallibile, in cui possiamo anche facilmente identificarci. Perché, al suo posto, probabilmente ci saremmo comportati allo stesso modo.

Sospendere l’incredulità

Bella Heathcote in una scena della serie tv Pieces of Her (2022) serie tv netflix con Toni Colette

Come in ogni prodotto, soprattutto quelli mistery e investigativi, dobbiamo sospendere la nostra incredulità. Tuttavia, ci sono dei momenti in questa serie che sono veramente troppo poco credibili.

In particolare, ho trovato davvero assurdo che Andy riesca a sabotare gli aiutanti di Nick, prima bucandogli le gomme e poi intrufolandosi nella loro auto, senza che questi si accorgano di alcunché. Il classico caso dei criminali più stupidi della storia della criminalità.

Oltre a questo, è altrettanto poco credibile è il comportamento di Andy da bambina: come si oppone testardamente all’idea di seguire la madre, allo stesso modo si sarebbe dovuta opporre ad un uomo sconosciuto e con un aspetto anche poco rassicurante che cercava di portarla via nel bosco. E invece in quel caso sembra pronta a seguirlo senza battere ciglio.

Qualche capitombolo

Jessica Barden e Joe Dempsie in una scena della serie tv  Pieces of Her (2022) serie tv netflix con Toni Colette

Nonostante la scrittura sia appunto generalmente buona, ci sono delle scelte di trama che mi hanno convinto poco. Anzitutto, il comportamento di Nick con Jane: per quanto evidentemente il loro rapporto si fosse gustato dopo l’attentato di Oslo, è tuttavia troppo improvviso il fatto che Nick la picchi con così tanta violenza. Sembra più un meccanismo della trama per farle prendere definitivamente la scelta di scappare.

Così anche ho capito fino ad un certo punto la scelta del finale: la vicenda sembra lasciata abbastanza in sospeso, come se nonostante tutto Jane abbia ancora qualcosa da nascondere, e che debba ancora vivere con il peso della sua scelta e la minaccia del fratello. Così il modo in cui ci viene svelato l’ultimo segreto di Jane è a mio parere poco convincente: la questione era già stata rivelata esplicitamente per bocca di Nick, che dice proprio Io non ho dato quella pistola a Grece Juno, guardando negli occhi Jane in maniera piuttosto eloquente.

Non mi ha convinto neanche il rapporto fra Andy e Jane, che sembra conflittuale fino all’ultima scena, si risolve con una sequenza consolatoria ma che lascia, ancora una volta, la questione in sospeso. Avrei preferito un percorso più convincente e che giungesse ad un finale più credibile e conclusivo, appunto.

Tuttavia rimane comunque una serie che mi sento di promuovere.

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Fondazione – Una scommessa vincente?

Fondazione è una serie di Apple TV+ uscita lo scorso autunno, liberamente ispirata (e sottolineo liberamente) alla saga letteraria omonima di Asimov, uno dei più importanti autori fantascientifici di tutti i tempi.

La serie risulta una scommessa vincente per la qualità visiva e della mitologia, con una produzione di altissimo livello e una scrittura generalmente buona. Tuttavia presenta un problema non da poco: una trama poco solida.

Di cosa parla Fondazione?

La serie è ambientata in un mondo immaginario e futuristico, in cui l’universo è dominato dall’Impero Galattico, minacciato dalle teorie di Hari Seldon, scienziato e inventore della piscostoria, materia che permette di prevedere gli eventi futuri tramite calcoli matematici.

Vi lascio un trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Fondazione?

Laura Birn in una scena della serie  tv Fondazione (2021-) di Apple TV+ ispirata al Ciclo della fondazione di Isaac Isamov

In generale, sì.

Partiamo dal fatto che se siete fan di Asimov e soprattutto della saga letteraria del Ciclo della Fondazione, molto probabilmente non vi piacerà. Dagli apprezzatori dell’opera letteraria partenza non ho sentito altro che pareri davvero aspri, per via della mancanza di fedeltà all’opera originaria. Siete avvertiti.

Tuttavia, se non siete fan di Asimov e vi piace una fantascienza di stampo abbastanza classico, con una narrazione piena di colpi di scena e con una mitologia piuttosto solida, abbastanza simile a Dune, probabilmente farà per voi.

Una produzione monumentale

Jared Harris in una scena della serie tv Fondazione (2021-) di Apple TV+ ispirata al Ciclo della fondazione di Isaac Isamov

Come anticipato, Fondazione può godere di una produzione monumentale: effetti speciali strabilianti, fotografia da far girare la testa con colori pienissimi, campi lunghi sui panorami spaziali che fanno sognare.

Insomma dal punto di vista tecnico è un prodotto che potrebbe tranquillamente rivaleggiare, dal punto di vista tecnico, con Dune (2021), confermando un nuovo livello di qualità per il genere. Al contempo anche un ottimo cast, con Jared Harris, Lee Pace, e la nuova scoperta Lou Llobell.

Una mitologia incredibile ma…

Terrence Mann in una scena della serie  tv di Apple TV+ ispirata alall'opera Isaac Isamov

Fondazione gode di una costruzione della mitologia davvero incredibile.

L’immensità dell’Impero ci permette di venire a contatto, in sole dieci puntate, con quattro diverse culture. E chissà cos’altro potremo scoprire. Inoltre tutta la storia della dinastia imperiale e dei cloni è davvero interessante e ben esplorata.

Ma non basta.

Il primo (non) problema della serie è l’andamento narrativo: profondamente scostante e talvolta episodico. Si fanno balzi avanti, balzi indietro e si dedica molto tempo all’approfondimento della lore e dei personaggi. Una narrazione strana, non nelle corde di tutti.

A me personalmente ha colpito.

Jared Harris in una scena della serie tv Fondazione (2021-) di Apple TV+ ispirata al Ciclo della fondazione di Isaac Isamov

Un problema effettivo è invece la gestione della trama: inizialmente sembra andare in una direzione, poi ne prende una tutta diversa, che in conclusione sembra più una larga parentesi in una narrazione ben più ampia che si allargherà nelle prossime stagioni.

Di per sé questo potrebbe anche non essere un problema, ma lo diventa quando prendono piede personaggi poco convincenti e una trama non così interessante. E, in parte, il calo di interesse è dovuto anche alla qualità recitativa di alcuni personaggi, che diventano protagonisti della scena da una puntata all’altra e che, appunto, non sono sempre vincenti.

Una brusca svolta

Leah Harvey in una scena della serie tv Fondazione (2021-) di Apple TV+ ispirata al Ciclo della fondazione di Isaac Isamov

Nonostante nel complesso sia coerente, la parte di Terminus mi è sembrata del tutto superflua per la narrazione complessiva.

Oltre a quello, è stato davvero un dolore passare dalla recitazione esplosiva di Lou Llobell (Gaal) a quella statica di Leah Harvey (Salvor). Il suo personaggio, complice anche appunto la sua espressività veramente limitata, non mi ha proprio coinvolto.

Kubbra Sait in una scena della serie tvdi Apple TV+ ispirata all'opera di Isaac Isamov

Ancora di meno mi ha coinvolto la storia dell’attacco di Anacreon e della Grande Cacciatrice, su cui fra l’altro hanno calcato troppo la mano, rendendola quasi macchiettistica. Oltre a questo, anche la vicenda di Fratello Alba non mi ha appassionato, a parte nel finale e sugli effetti che avrà sul futuro.

Diciamo che secondo me partire da una storia monumentale come quella iniziale, con attori di un certo tipo e passare da una storia locale con attori meno in parte non è stata la più brillante delle idee.

Ma nel complesso non sono affatto pentita di averla vista, e sono anzi curiosa di vedere come proseguirà.