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Stranger Things 4 – La grande abboffata

Stranger Things 4 è la quarta stagione di una delle serie più amate di Netflix.

Un nuovo ciclo di episodi tornato dopo tre anni di assenza, e con una veste del tutto nuova: episodi dalla durata monumentale (minimo un’ora l’uno) e una distribuzione spezzata, con gli ultimi due episodi rilasciati a distanza di un mese.

Con questa stagione i Duffer Brother hanno voluto fare un grande passo avanti, anche se non riuscendoci fino in fondo.

Anzi, fallendo in alcuni aspetti fondamentali.

Di cosa parla Stranger Things 4?

In Stranger Things 4 ritroviamo per la prima volta i personaggi divisi, dopo il trasferimento della famiglia di Will, con a seguito anche Eleven, in California. Ma una nuova minaccia sembra farsi largo ad Hawkins, quando alcuni adolescenti sono ritrovati con il corpo devastato da una forza misteriosa…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Stranger Things 4?

In generale, assolutamente sì.

Nonostante non sia per nulla la mia stagione preferita (in un’ipotetica classifica occuperebbe un dignitoso terzo posto), tuttavia questi nuovi episodi hanno suscitato un enorme successo proprio per il fattore novità.

In particolare, la apprezzerete di certo se vi piace lo splatter, quello neanche troppo spinto, ma tipico di certa cinematografia horror Anni Ottanta.

Tuttavia se siete molto impressionabili e questo genere vi è davvero allergico, considerate che in questi episodi si è spinto molto di più sul versante horror, tanto da non renderlo più tanto un prodotto per ragazzi.

Io vi ho avvertito.

Top Stranger Things 4

Body horror e un villain accattivante

L’aspetto indubbiamente migliore di questa stagione è l’utilizzo quasi smaccato del body horror.

È ridicolmente facile in questo tipo di produzioni rendere scene di questo tipo banali e stupide (il riferimento alla più recente produzione di horror mainstream è voluta).

In questo caso invece le morti terrificanti dei personaggi sono veramente spaventose e finalmente Stranger Things abbraccia in tutto per tutto il genere horror.

Allo stesso modo il villain di questa stagione è indubbiamente il migliore finora. All’inizio sembrava un po’ un more of the same delle scorse stagioni, anche per l’utilizzo di topoi molto tipici dell’horror per ragazzi.

Tuttavia l’incredibile rivelazione finale mi ha davvero sorpreso, anche perché risulta totalmente coerente nel complesso della storia raccontata. Così, sia per le morti violente, sia per il design del villain, la CGI utilizzata è davvero ottima e credibile.

Anche la retcon riguardo al fatto che Vecna fosse in realtà stato sempre il villain di tutte le stagioni tutto sommato non mi è dispiaciuta: era questa obbligatorio tirare le fila a questo punto, in vista del finale dell’intera serie che arriverà con la prossima stagione.

Un’ottima costruzione della trama

Priah Ferguson (Erica), Gaten Matarazzo (Dustin), Caleb McLaughlin (Lucas) in una scena di Stranger Things 4 uscita su Netflix il 27 Maggio 2022

Nonostante qualche forzatura, di cui parlerò nella parte flop, nel complesso la trama principale è ottimamente costruita: le prime morti di personaggi secondarissimi, il coinvolgimento di personaggi principali, l’investigazione, le rivelazioni passo passo e, infine, lo scontro finale.

Un racconto lungo e molto ampio, ma assolutamente necessario.

La scelta di dividere la grande mole di personaggi è stata a tratti fastidiosa (la storia di Mike, Will e Jonathan era la meno interessante), ma assolutamente fondamentale per riuscire a gestire al meglio la storia e a dare il giusto spazio a tutti.

In particolare, anche per l’utilizzo di un trope molto comune per il genere: ragazzini contro un nemico enorme e a cui nessuno crede, con gli adulti che cercano di ostacolarli.

Semplice, ma sempre vincente.

La storia di Eleven

Bobbie Millie Brown (Eleven) in una scena di Stranger Things 4 uscita su Netflix il 27 Maggio 2022

I am different. I do not belong

Sono diversa. Non appartengo a questo posto.

La storia di Eleven prende veramente senso solamente alla fine: all’inizio tutta la questione del bullismo sembra veramente forzata (ed è sicuramente molto tipizzata), ma è un punto di partenza per raccontare il suo dramma interiore.

Il primo ciclo di episodi sono infatti preparatori per lo scontro finale: Eleven deve recuperare la sua identità, i suoi ricordi e poteri perduti, e così accettare sé stessa, con le sue luci e le sue ombre.

E spero, anche alla luce del finale, che questa stagione sia un punto di partenza per la maturazione del personaggio, che all’inizio della stagione (e comprensibilmente) appare spaesata e molto immatura.

In questo senso la chiusura del rapporto con papa è stato un buon punto di arrivo: non eccessivamente drammatico, nonostante lo scivolone un po’ imbarazzante della frase sei tu il vero mostro.

Una chiusura onesta e credibile, per cui Eleven si libera finalmente del peso di quello che, di fatto, è stato il suo aguzzino.

La rivalsa di Hopper

David Harbour (Jim Hopper) in una scena di Stranger Things 4 uscita su Netflix il 27 Maggio 2022

In questa stagione hanno voluto dare un ruolo molto più centrale ad Hopper, uno dei personaggi più amati della serie.

Dopo averci fatto piangere la sua morte, qui ritroviamo il nostro sceriffo prigioniero in Russia. E troviamo anche un personaggio pieno di risorse e astuzie, capace di salvarsi praticamente da solo, nonostante tutti gli ostacoli.

Fra l’altro per fortuna si è scelto di offrire una rappresentazione equilibrata dei due blocchi, senza sbilanciarsi né sulla crudeltà russa né su quella statunitense.

E facendo parlare i russi in russo, cosa per nulla scontata.

Vivere nel proprio tempo

Bobbie Millie Brown (Eleven), Finn Wolfhard (Mike) e Noah Schnapp (Will) in una scena di Stranger Things 4 uscita su Netflix il 27 Maggio 2022

Un grave difetto della terza stagione di Stranger Things era il fatto che per molti tratti si metteva in bocca ai personaggi discorsi e parole assolutamente fuori dal tempo (e non è solo un problema di Stranger Things, ovviamente).

In questo caso invece (e per fortuna) hanno deciso di tornare sui loro passi e far parlare i personaggi in maniera realistica e credibile.

Oltre a questo, si è continuato sulla buona strada di rappresentare personaggi di tutti i tipi, e soprattutto un gruppo di personaggi femminili piuttosto sfaccettati.

Ottima anche l’introduzione dei nuovi personaggi: Enzo, interpretato dall’ottimo Tom Wlaschiha, che abbiamo già visto in L’incredibile storia dell’Isola delle Rose (2020), e ovviamente di Eddie, che si è pure visto meno di quanto avrei voluto.

Ed ovviamente è morto.

Flop Stranger Things 4

Forzature e pesantezza

Joe Keery (Steve), Gaten Matarazzo (Dustin), Maya Hawke (Robin), Natalia Dyer (Nancy), Caleb McLaughlin (Lucas) e Sadie Sink (Max) in una scena di Stranger Things 4 uscita su Netflix il 27 Maggio 2022

La scelta di portare un minutaggio così importante non è stata del tutto vincente, in quanto la pesantezza, alla lunga, si è sentita.

Personalmente avrei la storia di Jason e del gruppo dei bulli, fondamentalmente inutile, e avrei fatto prendere altre strade al gruppo di Will. Così magari avrei anche semplificato la storia di Eleven, e in generale avrei distribuito la storia su più puntate.

Così ci sono anche non poche forzature: al di là dell’idea veramente idiota di mandare Eleven in una città sconosciuta lontano dai suoi amici (la stessa bambina, ricordiamolo, traumatizzata che non sa vivere nel mondo), tutta la sua storia ha delle forzature importanti.

In particolare, veramente poco credibile che venga arrestata e mandata in galera senza che un tutore venga interpellato, per un crimine neanche così grave.

Perché il finale non mi ha convinto

Jamie Campbell Bower nei panni di Vecna in una scena di Stranger Things 4 uscita su Netflix il 27 Maggio 2022

Molto banalmente, ho testato le mie reazioni al finale della stagione rispetto a quelle per la fine del primo ciclo di episodi.

E non sono riuscita a trovare effettivo trasporto ed interesse. L’unica eccezione è stato il riconciliamento fra Eleven e Hopper, che stavo aspettando con grande interesse.

Per il resto, non ho apprezzato il finale né nei suoi contenuti né per come è stato strutturato. Ho trovato abbastanza stancante questa durata infinita, quando, nella maniera più evidente, l’ultima puntata poteva essere divisa in due parti, dando un po’ di respiro allo spettatore.

Il momento in cui effettivamente Eleven sconfigge Vecna l’ho trovato improvviso e per nulla ben costruito, basato esclusivamente su una situazione al cardiopalma in cui lo spettatore teme per la morte di Max.

Ma per me ci vuole ben altro, e sicuramente ci voleva di più di Mike che incoraggia Eleven, la cui relazione non mi ha mai veramente coinvolto.

Oltre a questo, la tecnica di mostrare un’apparente calma per poi mettere un colpo di scena finale l’ho trovato più che scioccante, molto anti climatico. Sarebbe stato molto più intelligente costruire un climax drammatico che raccontava il fallimento, per una volta davvero, di Eleven.

Le morti gratuite

Joseph Quinn nei panni di Eddie in una scena di Stranger Things 4 uscita su Netflix il 27 Maggio 2022

Una scelta che mi ha fatto veramente arrabbiare di questa stagione è stata la morte di Eddie.

I Duffer Brothers hanno preso questa brutta abitudine di introdurre personaggi secondari amatissimi e ucciderli alla fine della stagione. Ovviamente Eddie è un personaggio adorato dai fan (me compresa) e ovviamente non poteva stare in vita per più di una stagione.

Tuttavia, come nelle scorse stagioni Bob e Alexei erano stati evidentemente eliminati perché, da un certo punto in poi, troppo ingombranti per la narrazione, la morte di Eddie è totalmente gratuita. Infatti non aggiunge veramente nulla alla trama, non era utile alla stessa, e l’ho trovata anche piuttosto smaccata.

Non era forse invece ora di sfoltire il gruppo di personaggi principali?

E no, non credo che Max sia veramente morta nella maniera più assoluta…

Robin e Nancy: la coppia che scoppia

Maya Hawke (Robin) e Natalia Dyer (Nancy) in una scena di Stranger Things 4 uscita su Netflix il 27 Maggio 2022

Un’idea poco vincente per me è stata quella di mettere Nancy e Robin nella stessa scena.

Nancy, personaggio già insipido e profondamente antipatico, ne emerge ancora più sconfitta davanti alla spettacolare performance di Maya Hawke, un personaggio invece divertente e frizzante, con un’attrice che sta dimostrando le sue capacità eccelse.

Niente di tutto questo ha né il personaggio di Nancy né l’attrice che la interpreta, purtroppo.

Nancy in generale mi ha dato meno fastidio del solito, se non fosse per il richiamo ancora a Barb, personaggio assolutamente sopravvalutato, così il tentativo di creare un triangolo amoroso fra lei, Steve e Jonathan.

Veramente insostenibile.

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The Umbrella Academy 3 – Sapersi rinnovare?

The Umbrella Academy è una serie mistery-fantascientifica di Netflix, giunta quest’anno alla sua terza stagione. Un prodotto piuttosto particolare, non per tutti i palati, ma di cui potreste facilmente innamorarvi.

La cominciai all’uscita della prima stagione, ma la abbandonai dopo il primo episodio, per poi recuperarla su consiglio di amici. E divorandomi le prime due stagioni.

Se non sapete niente di The Umbrella Academy e non siete sicuri che possa fare per voi, continuate a leggere. Se invece volete solo sentir parlare della terza stagione, cliccando qui potete passare direttamente alla parte spoiler.

The Umbrella Academy: Guida alla visione

Di cosa parla The Umbrella Academy?

Aidan Gallagher, Emmy Raver-Lampman, Robert Sheehan, David Castañeda, Elliot Page e Tom Hopper in una scena della seconda stagione di The Umbrella Academy, serie tv netflix

Il 1° ottobre 1989 43 donne in tutto il mondo partoriscono contemporaneamente, senza però essere mai state incinte. Un misterioso miliardario, Sir Reginald, adotta sette dei neonati per addestrarli ad usare i loro poteri speciali nella Umbrella Academy.

Se vi sembra la trama degli X-Man, ricredetevi: la serie prende da subito tutta un’altra direzione. Il gruppo infatti si divide piuttosto velocemente, rincontrandosi in occasione della morte del loro patrigno. E fin dalla prima puntata si comincia a parlare di Fine del Mondo…

Ha senso fare più stagioni?

La serie si dipana su più stagioni, che hanno ognuna una trama a sé stante, pur perfettamente collegata con il ciclo di episodi precedenti. In ogni stagione vi è una minaccia differente e spesso i personaggi partono divisi, per poi rincontrarsi alla fine.

Vi è comunque una trama di fondo che collega tutti gli episodi, che ancora alla terza stagione non è stato del tutto svelata. Quindi prevale molto il tono mistery e ovviamente fantascientifico, ma quel fantascientifico alla Guida intergalattica per autostoppisti e quindi alla Dirk Gently. Insomma, una fantascienza molto surreale e con diversi momenti comici.

The Umbrella Academy può fare per me?

Elliot Page e Adam Godley in una scena di The Umbrella Academy, serie tv Netflix

Per apprezzare The Umbrella Academy deve sicuramente piacervi il genere della fantascienza e del mistery, anche piuttosto intricato e surreale, che però non si prende mai sul serio.

Se avete in mente gli esempi sopra fatti, ovvero Guida intergalattica per autostoppisti e la serie Dirk Gently, avete sicuramente capito di cosa state parlando. E se vi piace questo tipo di prodotti, molto probabilmente farà per voi.

Nel dubbio, vi lascio il trailer della prima stagione.

Di cosa parla la terza stagione di The Umbrella Academy

Nella terza stagione il gruppo si trova subito a scontarsi con la Sparrow Academy, il gruppo supereroistico che sembra aver preso il loro posto. La scoperta della verità su questa nuova dimensione porterà anche allo svelamento di una nuova minaccia.

Vale la pena di vedere The Umbrella Academy 3?

Aidan Gallagher, David Castañeda,Tom Hopper e Robert Sheehan in una scena della seconda stagione di The Umbrella Academy, serie tv netflix

In generale, sì. Fra le stagioni è per me la più debole: pur mantenendo il suo tono e le sue dinamiche, vi è una grande problematica di dispersione della trama, che fino alla fine non sembra avere una direzione chiara. Oltre a questo, vi è un peggioramento terribile di alcuni personaggi, così come le dinamiche di coppie vecchie e nuove che ho trovato a tratti nauseanti.

Tuttavia, a parte questo, non è una stagione che mi sento del tutto di sconsigliare: nonostante tutti i difetti, sono contenta di averla vista e aver scoperto il prosieguo della trama, che comunque nel complesso è anche interessante. E andiamo avanti con la quarta stagione.

Non avere una direzione

Aidan Gallagher, Emmy Raver-Lampman, Robert Sheehan, David Castañeda, Elliot Page e Tom Hopper in una scena della seconda stagione di The Umbrella Academy, serie tv netflix

Come anticipato, per me il grande problema della stagione è stata proprio la sua dispersività: ho avuto la sensazione per la maggior parte del tempo che i personaggi vagassero in scena, senza avere una direzione precisa, incappando incidentalmente in delle storyline.

E vi sono state una marea di scena e dinamiche che per me sono state una grandissima perdita di tempo, per poi correre sul finale, lasciando un sacco di dubbi irrisolti. Oltre a questo, mi è personalmente mancata la presenza della Commissione come villain o comunque minaccia, che desse un po’ più di tridimensionalità alla vicenda.

La Sparrow Academy

La Sparrow Academy è stata una delle parti che mi ha più convinto della serie: mi sono piaciuti i personaggi che, a parte Sloane, sono tutti terribilmente sgradevoli. In particolare mi è piaciuto come è stato caratterizzato Ben, il fratello sempre rimpianto, che in questa veste è invece un personaggio estremamente negativo.

Tuttavia mi è al contempo dispiaciuto che la loro storia non sia stata più di tanto approfondita, lasciando un po’ di buchi ed eliminando sistematicamente i suoi componenti. Evidentemente la scena sembrava troppo affollata, tanto che per certi versi questi personaggi, tranne Ben e Sloane, mi sono sembrati un po’ usa-e-getta.

Due relazioni a confronto

Le due relazioni più forti della stagione sono quelle di Diego e Lila e di Luther e Sloane. Come ho trovato insopportabile la prima, ho adorato la seconda: Diego e Lila li ho davvero trovati estenuanti, non sono per niente stata coinvolta dalle loro dinamiche, e in certe scene le ho trovate anche eccessivamente melense.

Al contrato il nuovo amore fra Luther e Sloane a sorpresa mi è piaciuto moltissimo, nella sua semplicità e ingenuità. Un amore fra l’altro messo continuamente alla prova dalle continue sparizioni dell’uno e dell’altro. Spero sinceramente che questa storia sia portata avanti, e che non scelgano invece di riesumare la coppia di Luther e Allison.

Il vero problema: Allison

Emmy Raver-Lampman in una scena della terza stagione di The Umbrella Academy, serie tv netflix

Allison è stata la parte peggiore dell’intera stagione. Non so esattamente cosa avessero in mente con questo personaggio, ma io l’ho trovato insostenibile, sia nei momenti in cui dovremmo empatizzare con lei, sia quanto entra totalmente nella sua spirale negativa.

Alla millesima volta in cui si lamentava di aver perso la figlia e il marito, sempre come se tutti i problemi al mondo fossero solo i suoi, non ne potevo davvero più. Così la sua spirale negativa l’ho trovata eccessiva, e, soprattutto, non perdonabile, nonostante Victor le continui a correrle dietro e tutti i personaggi siano sempre pronti a perdonarla.

Nell’ordine Allison ha ucciso una persona cara a suo fratello, ha cercato di forzare Luther ad avere una relazione con lei, ha mentito a tutta la sua famiglia e si è alleata alle spalle della stessa, mettendo tutti in pericolo per il proprio tornaconto. Direi che è oltre il perdonabile. Ma, purtroppo, sono sicura che verrà reintegrata facilmente.

La questione di Elliot Page

L’attore di Victor, Elliot Page, ha recentemente fatto coming-out, dicendo di sentirsi un uomo e cambiando anche il suo nome. Nella prime due stagioni interpretava un personaggio femminile, mentre in questa stagione anche il suo personaggio cambia genere e nome, diventando appunto Victor.

Per quanto per certi versi l’ho trovata un po’ tirata, penso che sia stato più che giusto questo cambiamento, e in certi passaggi l’ho trovato anche toccante il modo in cui è stato messo in scena.

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Stranger Things 3 – Finalmente l’horror

Stranger Things 3 ovvero la terza stagione di una delle serie di maggior successo di Netflix, fu la prima che ebbe il sapore di evento.

Il nuovo ciclo di episodi uscì dopo che i fan erano rimasti a bocca asciutta per ben due anni. E questa volta i Duffer Brothers vollero puntare sul fattore novità, dopo una seconda stagione che, pur ottima, sembrava un more of the same della prima.

In questa stagione invece ci si concentra molto di più sull’entrata dei protagonisti nell’età adolescenziale, proprio nell’estate prima del loro approdo al liceo, con tutte le conseguenze del caso (e non sempre piacevoli).

Ma la novità più importante, ulteriormente confermata dalla stagione successiva, è finalmente la scelta di puntare davvero sul genere horror.

Di cosa parla Stranger Things 3?

Nella terza stagione i protagonisti, ormai adolescenti, si districano nelle loro relazioni sentimentali appena sbocciate, con tutto il dramma che solo l’adolescenza può regalare…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di guardare Stranger Things 3?

Sadie Sink, Caleb McLaughlin, Finn Wolfhard, Noah Schnapp e Millie Bobbie Brown in una scena di Stranger Things 3 (2019) serie tv Netflix dei Duffer Brothers

Assolutamente sì.

La terza stagione di Stranger Things è fra le mie preferite, seconda solo alla prima. Sicuramente, se vi è piaciuta la serie fino a qui, non potete perdervi questa terza stagione, che porta grande freschezza al prodotto, smarcandosi dall’atmosfera di Halloween come le prime due.

Inoltre, come anticipato, ci si avvicina definitivamente al genere orrorifico, ispirandosi meravigliosamente alle atmosfere de La Cosa (1982), il principale riferimento dell’intera stagione.

E già questo è tutto un programma.

Top Stranger Things 3

Robin: una scelta vincente

Maya Hawke in una scena di Stranger Things 3 (2019) serie tv Netflix dei Duffer Brothers

Robin è stata la scelta migliore che Stranger Things potesse mai fare. Per chi non lo sapesse, questa splendida attrice è figlia di Uma Thurman e Ethan Hawke, e questo ci dice già molte cose.

Un personaggio davvero stupendo, che in una sola stagione è entrata nel cuore dei fan dal primo minuto, confermando la capacità dei Duffer Brothers di saper introdurre e creare sapientemente nuovi personaggi, soprattutto femminili.

Robin viene da subito inclusa nella coppia esplosiva di Dustin e Steve, dimostrandosi immediatamente capace e di fatto fondamentale per sciogliere il mistero. Così è adorabile il suo rapporto con Steve: ci hanno illuso per un’intera stagione, introducendo invece a sorpresa il primo personaggio queer (dichiarato) della serie.

Un mistero ben costruito

Il Mind Flayer in una scena di Stranger Things 3 (2019) serie tv Netflix dei Duffer Brothers

Dopo un tentativo di cambiare rotta nella seconda stagione, in questo ciclo di episodi si è deciso di tornare alle dinamiche della prima stagione, in cui i personaggi scoprono autonomamente un pezzo del mistero, per poi incontrarsi per il combattimento finale.

Ho decisamente preferito che il mistero fosse presente fin dalla prima puntata, così che le trame secondarie, soprattutto quelle teen, non siano così pressanti, ma anzi portino dei momenti importanti della trama. Proprio come nella prima stagione, appunto.

Inoltre, finalmente il personaggio di Billy, che avevo poco apprezzato alla sua introduzione, ha un senso di esistere. E in generale la trama horror l’ho trovata veramente ottima, terrificante al punto giusto, senza mai scadere nello splatter troppo spinto.

La follia dell’adolescenza

Caleb McLaughlin, Finn Wolfhard e Noah Schnapp in una scena di Stranger Things 3 (2019) serie tv Netflix dei Duffer Brothers

Max dumped me like five times

Per quanto la parte teen sia quella che mi interessa di meno in assoluto, devo riconoscere che, a differenza di come era stata trattata la trama di Nancy nella prima stagione, in questo caso si procede con uno sferzante e quasi folle realismo.

Infatti, è assolutamente credibile che i protagonisti, comunque ancora molto giovani (dovrebbero avere ancora quattordici anni) non riescano a districarsi agevolmente in queste relazioni nuove di zecca.

Anche se, come spiegherò nella parte flop, su alcune cose hanno esagerato, tutto sommato è ben scritta.

La parte più triste è l’altro lato della medaglia, Will.

Indipendentemente da quello che viene rivelato nella quarta stagione, il suo personaggio si sente totalmente tradito dal nuovo atteggiamento dei suoi amici, che sono saltati sul carro dell’adolescenza prima di quanto lui si aspettasse e prima che fosse pronto a sua volta.

L’evoluzione di Eleven

Millie Bobbie Brown in una scena di Stranger Things 3 (2019) serie tv Netflix dei Duffer Brothers

Per me questa non è la stagione migliore per il personaggio di Eleven. Tuttavia, secondo lo stesso ragionamento di quanto detto sopra, il suo comportamento è assolutamente credibile e realistico.

Lei infatti è sicuramente il personaggio più spaesato dalla sua relazione con Mike, e anche quella che ha il piglio più ribelle fin dalla prima stagione.

Purtroppo, come spiegherò dopo, il suo personaggio è davvero inquinato dalla presenza di Max, ma è quantomeno bello vederla evolversi in strade che non riguardino solamente i suoi poteri.

Oltre a questo, il rapporto con Hopper, per quanto faccia un passo indietro, è davvero esilarante, soprattutto per la scena in cui minaccia Mike. E per questo vi lascio qua sotto i bloopers, gustosissimi soprattutto per la scena appunto in cui Hopper cerca di parlare con Mike e El.

Personaggi secondari esplosivi

Oleh Yutgof e Priah Ferguson in una scena di Stranger Things 3 (2019) serie tv Netflix dei Duffer Brothers

Come nella scorsa stagione, anche in questa sono stati introdotti (o reintrodotti) dei bellissimi personaggi secondari.

Anzitutto Erica, che era già presente nella scorsa stagione ma che in questo ciclo di episodi è diventata qui molto più protagonista. Io, personalmente, la trovo davvero esilarante. E mi piace molto anche il discorso che lei cerca di essere la cool girl che vuole prendere in giro di nerd, pur essendolo lei stessa.

E alla fine accettando questa parte di sé.

Ma la grande sorpresa di questa stagione è stato sicuramente Alexei, che segue purtroppo la stessa via di Bob nella scorsa stagione: un personaggio chiave, che adori fin dal primo minuto, che raggiunge il suo climax, e viene brutalmente eliminato appena ha concluso la sua funzione.

Flop Stranger Things 3

Max: la difficoltà di portare avanti un personaggio

Sadie Sink e Millie Bobbie Brown in una scena di Stranger Things 3 (2019) serie tv Netflix dei Duffer Brothers

Per me Max rappresenta il problema principale della stagione: non sapersi dare dei limiti.

Il suo personaggio diventa inutilmente aggressivo e fondamentalmente stupido, facendosi portavoce in maniera del tutto insensata di ideali anche giusti, inquinati dal suo isterismo e dalla sua irrazionalità.

Oltre a questo, il fatto che Max stia sbagliando è evidente da quanto la regia indugi su Mike, che non sa come comportarsi davanti alla sua amica che sbotta cose assurde su come lui non sia a capo delle decisioni di Eleven.

Oltretutto Mike è un personaggio evidentemente positivo, che evidentemente si preoccupa di Eleven e della sua incolumità. E, dopo averla persa già una volta, è del tutto comprensibile. Insomma,

Max è una grande occasione persa di un personaggio introdotto molto bene, ma del tutto appiattito in questa stagione.

Il punto più basso di Nancy

Natalia Dyer in una scena di Stranger Things 3 (2019) serie tv Netflix dei Duffer Brothers

Non è un mistero che per me Nancy sia la parte più debole di tutto Stranger Things, e in questa stagione raggiunge il suo punto più basso.

In questi episodi è infatti associata ad una dinamica se possibile ancora più ridicola e assurda di quelle di Max, in cui è fortemente bullizzata dalla redazione nel giornale.

Ma, appunto, per la dinamica poco credibile, non sono riuscita né a credere a quello che vedevo né ad esserne coinvolta.

I suoi atteggiamenti li trovo sempre al limite dell’estenuante, perché sembra sempre che faccia le cose non per un obbiettivo, ma per dimostrare qualcosa. Sicuramente è un personaggio in cui tante giovani donne possono identificarsi, soprattutto rendendola (a mio parare in maniera ridicola) la donna forte e protagonista dell’azione.

Non è il mio caso.

Devo piangere?

David Harbour e Winona Ryder in una scena di Stranger Things 3 (2019) serie tv Netflix dei Duffer Brothers

Per quanto la trama di Hopper e Joyce mi sia piaciuta molto, ho davvero mal sopportato, anche se a posteriori, l’apparentemente morte di Hopper, che è stata smentita immediatamente dalla scena post credit dell’ultima puntata.

Mi è sembrata la classica scelta che porta alla lacrima facile dello spettatore, togliendo di mezzo uno dei personaggi più amati della serie, con una costruzione anche abbastanza raffazzonata.

Il mio problema con La storia infinita

Questo non è di per sé un flop, ma una mia confessione.

La scena di Suzie e Dustin che, totalmente a sorpresa, cantano la canzone di La storia infinita (1984), ha fatto impazzire moltissimi.

Purtroppo, non è il mio caso: quel film non è per nulla un cult della mia infanzia. Ed è stato micidiale non trovarsi nel target per una scena che evidentemente voleva emozionare.

La stessa sensazione che si potrebbe provare quando, guardando Spiderman No Way Home (2021), vedere arrivare gli Spiderman di Garfield e Mcguire senza conoscerli per nulla.

Come in tutte le stagioni di Stranger Things, anche questa è piena di riferimenti a fenomeni culturali e sociali del periodo.

Ma in questo caso vale la pena di spenderci due parole.

Il primo riferimento importante riguarda i centri commerciali: l’apertura del nuovo shopping centre a Hawkins diventa la maggiore attrattiva per i protagonisti, ancora di più della Sala Giochi nella scorsa stagione.

Ed è assolutamente realistico: per centri così piccoli come Hawkins, avere a portata di mano un luogo in cui, a poca distanza, si potesse godere di tutti i benefici di vivere in una grande città, era una bellissima ed emozionante novità.

Ma ancora più interessante è inserire la New Coke, un caso studio di marketing fallimentare.

Nell’aprile del 1985 la Coca Cola provò a rilanciarsi cambiando la formula della sua bevanda iconica, scatenando delle asprissime polemiche (le stesse che vediamo nella serie, appunto).

Un esperimento brevissimo: l’11 luglio 1985 (pochi giorni dopo la conclusione della terza stagione) venne ripristinata la formula originale, denominata Coca Cola Classic.

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Stranger Things 2 – Niente cambia, tutto cambia

Stranger Things 2 è la seconda stagione di una delle serie tv di punta di Netflix, cresciuta di pubblico e popolarità nel corso degli anni.

La seconda stagione arrivò a solo un anno di distanza dal primo ciclo di episodi (a differenza delle successive), cercando di proporre qualcosa di nuovo per un seguito che non era stato originariamente veramente pensato.

Non avevo un ricordo del tutto positivo della seconda stagione. Per fortuna ad una seconda visione mi sono dovuta ricredere, apprezzandola quasi quanto la prima.

Tuttavia, questa stagione ha un problema fondamentale: compie un tentativo incredibilmente fallimentare di ampliare la narrazione, dimenticandosi ingenuamente dei suoi punti di forza.

Di cosa parla Stranger Things 2

Stranger Things 2 si concentra su diverse storyline, la cui principale riguarda Will: ad un anno di distanza dal suo terribile viaggio nel Sottosopra, il ragazzino è tormentato da una nuova minaccia…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea.

Vale la pena di vedere Stranger Things 2?

Noah Schnapp, Finn Wolfhard, Gaten Matarazzo e Caleb McLaughlin in una scena di Stranger Things 2 la seconda stagione di Stranger Things per Netflix

In generale, sì.

Se avete apprezzato la prima stagione e se soprattutto vi siete appassionati ai protagonisti, non potete perdervi il secondo ciclo di episodi.

Per quanto in parte sia un po’ la stagione minore di quelle finora uscite, continua a non sbagliare un colpo e ad essere un ottimo prodotto di intrattenimento, colmo di citazioni alla cultura pop e alla produzione cinematografica degli Anni Ottanta.

Se non avete mai visto Stranger Things, che cosa ci fate qui? Ho scritto un articolo apposta per voi.

Top Stranger Things 2

Will: l’inaspettato

Noah Schnapp in una scena di Stranger Things 2 la seconda stagione di Stranger Things per Netflix

Non è stato per nulla facile scegliere il mio personaggio preferito per questa stagione.

La mia scelta è infine ricaduta su Will.

Rimasto praticamente fuori scena per la maggior parte nel primo ciclo di episodi, nella seconda stagione diventa quasi più protagonista di Eleven. Ho davvero apprezzato la costruzione della sua storia, temendo davvero per la vita di Will, personaggio apparentemente inerme davanti al Mind Flayer che lo domina.

Inoltre, davvero inaspettata la recitazione di Noah Schnapp, che a soli dodici anni è riuscito a portare una performance veramente convincente e al contempo straziante, utilizzando ottimamente tutte le sue capacità per la recitazione corporea.

Peccato che alla fine della stagione il suo personaggio venga di nuovo messo da parte, tendendo un po’ a dimenticarselo nelle stagioni successive.

Max: the new girl

Sadie Sink in una scena di Stranger Things 2 la seconda stagione di Stranger Things per Netflix

Max è la grande introduzione della stagione.

I Duffer Brothers avevano l’arduo compito di portare in scena un nuovo personaggio femminile in un cast ancora principalmente maschile, con il rischio di appiattirla come la ragazza del desiderio dei protagonisti.

Ammetto che Max non è mai stato un personaggio con cui mi sono affezionata, sia perché è una ragazza chiusa e con cui è difficile empatizzare sulle prime, sia perché l’ho poco apprezzata nella terza stagione.

Sadie Sink in una scena di Stranger Things 2 la seconda stagione di Stranger Things per Netflix

Tuttavia, Mad Max è un personaggio interessante, che non vuole essere una Eleven parte 2, ma al contrario una ragazzina con un passato tormentato e all’interno di una relazione violenta con il fratello adottivo.

E che è infine capace di mettere i giusti paletti nella loro relazione, dopo una stagione passata ad essere terrorizzata da Bill.

Oltre a questo, ancora vincente la sua relazione con i protagonisti, abbastanza simile per dinamiche a quelle di Eleven: cerca di essere il più possibile realistica e credibile, sia per la sua riluttanza ad entrare nel gruppo, sia per la sua incredulità rispetto al Sottosopra.

Dustin, Steve & Dart

Joe Keery e Gaten Matarazzo in una scena di Stranger Things 2 la seconda stagione di Stranger Things per Netflix

Una bella scoperta della stagione è stato Steve, personaggio comunque non del tutto appiattito neanche nella scorsa stagione, ma che finalmente diventa un personaggio interessante.

E chi poteva portarlo lontano dall’inutilità della quota teen della serie se non Dustin, che non a caso è, insieme ad Hopper, il mio personaggio preferito di Stranger Things. Letteralmente Dusty, quando Steve si sta recando da Nancy per riconciliarsi, lo prende per mano e lo coinvolge nell’avventura.

E, inaspettatamente, Steve si rivela buon amico e fratello maggiore per Dustin, cercando di aiutarlo a farlo sentire più sicuro di sé stesso e per riuscire a conquistare Max.

Nonostante gli dia dei consigli veramente stupidi, è adorabile lo sbocciare del loro rapporto, che ha il suo climax nelle scene finali del ballo della scuola.

Al contempo, per quanto secondario, ho trovato davvero piacevole l’arco narrativo di Dustin e Dart, il demodog che Dustin alleva come un suo piccolo animaletto, e che riesce a tenerlo a bada fino all’ultimo, in una scena davvero adorabile.

Bob: eroe o carne da macello?

Sean Austin e Winon Ryder in una scena di Stranger Things 2 la seconda stagione di Stranger Things per Netflix

Da questa stagione in poi i Duffer Brother hanno cominciato a prendere la fastidiosa abitudine di introdurre personaggi a cui il pubblico si affeziona immediatamente, per poi farli morire nel peggior modo possibile.

Bob è infatti una parte bellissima e terribile di questa stagione: un’occasione per Joyce di trovare una felicità e una vita semplice altrove, un personaggio fondamentale nella risoluzione del mistero, ma evidentemente anche un personaggio sacrificabile quando smette di essere utile.

E non è stato certo un caso la scelta di un attore così amato dal grande pubblico: Sean Astin è l’indimenticabile Sam della trilogia de Il signore degli anelli, personaggio entrato nel cuore di molti.

Hopper e Eleven: un rapporto in divenire

David Harbour e Millie Bobbie Brown in una scena di Stranger Things 2 la seconda stagione di Stranger Things per Netflix

Il rapporto fra Hopper e Eleven è probabilmente la parte più toccante della stagione: per quanto non mi abbia convinto del tutto il modo in cui inizia, in quanto non adeguatamente spiegato, la loro relazione è potente quanto straziante.

Di fatto troviamo un padre che cura una ragazza sconosciuta come se fosse sua figlia e al contempo la stessa che si crede invincibile ed è, per questo, incontrollabile. E questo porta anche ad un antagonismo e ad una mancanza di fiducia tipica dei rapporti del periodo dell’adolescenza, che si evolverà ulteriormente nella prossima stagione.

Tuttavia, infine i due riescono felicemente a riconciliarsi, ammettendo in maniera molto matura le rispettive colpe, gettando le basi per un nuovo e importante rapporto.

Flop Stranger Things 2

Uno spin-off mancato

La settima puntata di questa stagione è universalmente considerata la peggiore ed è un evidente tentativo di mettere le basi per uno spin-off della serie. Le motivazioni dietro a questo fallimento sono diverse, e riguardano sia la puntata in sé sia il percorso che è stato fatto per arrivarci.

Per la puntata di per sé, i Duffer Brother (o chi se ne è occupato) sembrano essersi dimenticati il punto di forza di Stranger Things: i suoi personaggi.

Qui veniamo introdotti ad un gruppo di personaggi uno più stereotipato dell’altro, con dinamiche che nulla c’entrano con la serie e sembrano, appunto, di un altro prodotto.

Oltre a questo, il personaggio di Eleven ha una storyline non inutile, ma certamente troppo distaccata dalla trama generale, tanto che il suo intervento alla fine ha un forte sapore di deus ex machina: non esattamente indice di una buona scrittura.

Vicende accessorie

Sempre su questa idea, anche la trama di Nancy e Jonathan sembra piuttosto accessoria e distaccata dal resto della trama. Non inutile, anche perché ha una conseguenza importante nel finale.

Non fastidiosa come mi ricordavo, tuttavia la parte meno interessante dell’intera stagione, anche perché la quota teen rimane per me quella meno vincente.

Oltre a questo, nella scorsa stagione era già troppo tardi per dimenticarsi di Barb, personaggio che per motivi misteriosi continua ad essere riportato in qualche modo in scena.

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Stranger Things – Il trionfo del binge watching

Stranger Things è una delle serie di punta di Netflix: uscita nel lontano 2016, è diventata immediatamente (e inaspettatamente) un prodotto di culto, mantenendo la sua popolarità nel tempo.

Alla sua uscita ero molto scettica verso questo prodotto, ma infine mi convinsi a vederlo.

E guardai tutte le puntate nel giro di una giornata.

Per chi non avesse mai visto Stranger Things, qui sotto trovate una pratica guida per approcciarsi alla visione. Se invece siete già veterani di questo prodotto, passare direttamente alla parte spoiler.

Di cosa parla Stranger Things?

Bobbie Millie Brown, Gaten Matarazzo, Finn Wolfhard e Caleb McLaughlin in una scena della prima stagione di Stranger Things, serie tv Netflix scritta e diretta dai Duffer Brothers

Stranger Things è una serie tv che si rifà in maniera quasi maniacale ai film d’avventura per ragazzi degli Anni Ottanta. La trama ruota intorno a Eleven, ragazzina di appena undici anni che ha vissuto tutta la sua vita in un laboratorio, sviluppando poteri straordinari.

Si unirà al gruppo di ragazzini protagonisti per sconfiggere, di volta in volta, con una trama abbastanza ciclica, i vari mostri provenienti dal cosiddetto Sottosopra, realtà orrorifica e oscura parallela al nostro mondo.

Perché Stranger Things è una serie di culto?

Joe Keery, Natalia Dyer e Shannon Purser in una scena della prima stagione di Stranger Things, serie tv Netflix scritta e diretta dai Duffer Brothers

Le motivazioni riguardo all’enorme popolarità di Stranger Things sono in realtà sono abbastanza evidenti.

Prima di tutto, la serie si inserì in un periodo in cui la nostalgia per gli Anni Ottanta era fortissima, e cavalcò (e intensificò) questa tendenza, con un prodotto scritto da persone che dimostrano un amore sincero per quel periodo e la cultura pop e cinematografica annessa.

In secondo luogo, è un prodotto intergenerazionale: un cast corale di personaggi di diverse età, sia maschi che femmine, tutti a modo loro con importanza e presenza per le vicende narrate. Quindi, come il miglior prodotto di culto, è una serie che tutti possono guardare e trovare qualcosa che gli piace e che lo rappresenta.

In ultimo, Stranger Things utilizza sapientemente dei topoi molto tipici della cinematografia Anni Ottanta, appunto. Schemi narrativi che, se sfruttati con consapevolezza, funzionano sempre molto bene. E questa serie ci riesce benissimo.

Stranger Things fa per me?

Noah Schnapp in una scena della prima stagione di Stranger Things, serie tv Netflix scritta e diretta dai Duffer Brothers

Senza dubbio per apprezzare Stranger Things deve piacervi il già citato tipo di avventura mistery per ragazzi Anni Ottanta alla Stand by me (1986).

La serie, pur toccando tangenzialmente anche il genere teen drama, è principalmente questo: una storia di fantascienza che coinvolge dei ragazzini contro un potere molto più grande di loro.

Un tipo di schema visto già in prodotti anche recenti come Ready Player One (2018), ma scritta molto meglio.

Se vi ho convinto, ci vediamo dall’altra parte!

Di cosa parla la prima stagione di Stranger Things?

Nella prima stagione scompare uno dei ragazzini protagonisti, Will e i suoi amici si mettono ad investigare la sua scomparsa. Faranno così la conoscenza di una misteriosa ragazzina con poteri di telecinesi. Eleven…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea.

Top

Un realismo devastante

Bobbie Millie Brown, Gaten Matarazzo, Finn Wolfhard e Caleb McLaughlin in una scena della prima stagione di Stranger Things, serie tv Netflix scritta e diretta dai Duffer Brothers

Non ricordavo sinceramente quanto fosse devastante il taglio della serie per alcune sequenze: assolutamente credibile e realistico, nonostante si rifaccia a degli schemi narrativi piuttosto tipici.

In particolare, i ragazzini non accettano per nulla Eleven da subito, anzi Lucas ne parla molto male e inizialmente la tengono con loro più per paura di farsi scoprire e per farsi aiutare a trovare Will.

Così le dinamiche fra i ragazzini sono dolorosamente realistiche: un feroce antagonismo, derivato anche da una tipica gelosia fra migliori amici per la nuova entrata nel gruppo, dinamica in cui tutti possono riconoscersi.

Millie Bobbie Brown in una scena della prima stagione di Stranger Things, serie tv Netflix scritta e diretta dai Duffer Brothers

Così anche una grande ingenuità e sincerità nella loro amicizia per come la raccontano ad Eleven, fondata su una fiducia reciproca e la capacità di guardarsi le spalle a vicenda.

Oltre a questo, il linguaggio utilizzato è fortemente realistico: si utilizzano liberamente termini che ad oggi sono considerati (anche giustamente) ben più volgari e pesanti. Fra queste, queer (in senso spregiativo), fag (frocio), pussy (fighetta) e sissy (frocetto), fra le altre.

Personaggi vincenti

David Harbour in una scena della prima stagione di Stranger Things, serie tv Netflix scritta e diretta dai Duffer Brothers

Morning are for coffee and contemplation

Le mattine sono fatte per caffè e contemplazione

La bellezza di Stranger Things sta proprio nei personaggi: per quanto ce ne siano alcuni più protagonisti di altri, tutti hanno il loro interesse e la loro profondità.

Eleven: un’eroina diversa

Millie Bobbie Brown in una scena della prima stagione di Stranger Things, serie tv Netflix scritta e diretta dai Duffer Brothers

Un grande punto di forza di Stranger Things è sicuramente la protagonista, Eleven.

Anzitutto per la strepitosa performance di Millie Bobbie Brown, che a soli undici anni è riuscita a regalarci un personaggio interessante ed enigmatico.

La forza del suo personaggio sta proprio nel fatto di essere molto grigio: un passato doloroso e tormentato, dei poteri terribili che la rendono di fatto un’arma da guerra. Ma al contempo un personaggio insicuro, incapace di rapportarsi con il mondo esterno e soprattutto, davvero fallibile.

Un bell’esempio di una protagonista e un personaggio femminile tridimensionale in cui il pubblico di giovanissimi può immedesimarsi.

Non la solita Mary Sue, insomma.

I quattro bambini

Noah Schnapp, Gaten Matarazzo, Finn Wolfhard e Caleb McLaughlin in una scena della prima stagione di Stranger Things, serie tv Netflix scritta e diretta dai Duffer Brothers

Il quartetto di protagonisti è fantastico: ragazzini davvero adorabili, appunto con atteggiamenti assolutamente credibili e in cui ci si può facilmente immedesimare, anche come spettatori adulti.

Soprattutto perché non vengono per nulla appiattiti in ruoli standard, come spesso avviene in prodotti del genere.

Come anticipato, è ben raccontata la sincerità della loro relazione, in particolare in uno scambio fra Mike e Dustin, in cui il primo sostiene come consideri tutti quelli del loro gruppo come migliori amici, nonostante i dubbi dell’amico. Una sequenza che mi ha davvero stretto il cuore.

La coppia di adulti

Il personaggio che preferisco di questa stagione è sicuramente Hopper.

Viene inizialmente presentato come un personaggio menefreghista e spaccone, ma più va avanti più rivela la sua vera natura di uomo tormentato, ma che si mette totalmente in gioco per aiutare Joyce a ritrovare suo figlio e fare giustizia.

Ottima anche l’interpretazione di Winona Ryder, icona degli Anni Novanta, che torna con un personaggio che le è stato cucito addosso. Nonostante tutti i suoi difetti, si dimostra una madre affettuosa e instancabile, con Will e poi anche con Eleven.

La quota teen

Natalia Dyer in una scena della prima stagione di Stranger Things, serie tv Netflix scritta e diretta dai Duffer Brothers

Devo fare un mea culpa: non mi è mai piaciuto il personaggio di Nancy, né la sua linea narrativa in generale.

In questa stagione è evidentemente la quota teen che non poteva mancare per attirare quella fetta di pubblico, e per me è anche la parte più debole (e ne parlerò nella parte flop).

Tuttavia, ad una seconda visione, ho apprezzato il tentativo di smarcarla dallo stereotipo della brava ragazza che vuole ribellarsi.

In realtà la parte teen drama vincente è quella di Steve: viene rappresentato fin da subito come un bad boy mancato, che si atteggia anche in un certo modo anche perché circondato da pessime influenze.

Tuttavia, piano piano si allontana dal suo stereotipo, e sboccia come personaggio nelle successive stagioni.

Poi c’è Barb.

Flop

Il problema di Barb

La stagione ha un unico, ma abbastanza pesante, problema: la parte teen e in particolare il personaggio di Barb.

Come detto, la serie cerca di smarcarsi da certi stereotipi che pure mette in scena, in maniera anche interessante. L’unica eccezione è appunto Barbara e il suo rapporto con Nancy.

Barbara è un personaggio veramente antipatico, petulante e moralista senza motivo, che incarna uno stereotipo piuttosto noioso che va a condannare ingiustamente la vita sessuale di quella che dovrebbe essere la sua amica, bollando Steve e i suoi amici preventivamente.

E il tutto in un personaggio apparentemente positivo, della cui morte dovremmo dispiacerci.

In realtà Barb è una delle vittime sacrificali tipiche di questo genere, che muore nella seconda puntata senza che a nessuno sia tanto dispiaciuto (persino Nancy se ne preoccupa abbastanza poco).

Purtroppo, il suo personaggio ha avuto un inspiegabile successo su internet, facendoci portare il suo ricordo fino all’ultima stagione.

In generale la parte teen è quella meno interessante e su cui la trama si sofferma anche troppo, tornandoci di tanto in tanto anche nelle stagioni successive, purtroppo.

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Ozark: iniziare bene e finire malissimo

Sono una grande fan di Ozark. Ho adorato la serie di Jason Bateman fin dalla prima puntata. Poi, è arrivata la quarta stagione.

Ozark ha debuttato nel 2017 su Netflix, ed è sempre stata una serie un po’ di nicchia: abbastanza chiacchierata e con un suo fandom solido, resistendo per quattro stagioni, ma non di grande popolarità come Stranger Things Squid Game, per capirci.

Prima di parlare dell’ultima e, a mio parere, vergognosa stagione, parlerò senza spoiler delle prime tre.

Disclaimer doveroso

Questa recensione è stata scritta in due momenti: una volta conclusa la prima parte dell’ultima stagione (quando avevo ancora qualche speranza) e una volta conclusa la seconda parte.

Di cosa parla Ozark

La serie parla di Marty, interpretato da Jason Bateman (che è anche regista e produttore), che da anni lavora per un cartello della droga messicano. Improvvisamente si trova costretto a traslocare tutta la famiglia da Chicago a Ozark, una tristissima località del Missouri, per continuare a riciclare il denaro del cartello.

Lascio il resto al trailer della prima stagione.

Cosa funziona

Jason Bateman e Laura Linney in una scena della serie tv Ozark (2017-2022) di Netflix

Ozark è una serie fuori dal comune: ricorda moltissimo Breaking Bad come tematiche, ma è per molti aspetti molto più dark, a partire dalla stessa fotografia gelida che domina tutte le scene. Inoltre è iper realistica, ovvero realistica nella maniera più cruda possibile, rappresentando dei personaggi molto credibili e spesso, per questo, anche spaventosi.

Le vicende, per loro stessa natura, sono incredibilmente intriganti, piene di colpi di scena, tensione, voltafaccia. Soprattutto la terza stagione, dove si arriva ad un punto focale della trama, è incalzante e intrattiene splendidamente per tutta la sua durata.

La regia è pazzesca: oltre alla fotografia che ti trasmette continuamente quel senso di freddezza e di terrore in ogni scena, ci sono guizzi registici non indifferenti e una messa in scena davvero convincente.

Personaggi gelidi

Jason Bateman e Laura Linney in una scena della serie tv Ozark (2017-2022) di Netflix

I personaggi in generale sono gelidi, hanno dei rapporti contradditori, snervanti, distruttivi, e, soprattutto, incredibilmente realistici. Le prove attoriali sono davvero di alto livello: a partire dalla stella nascente Julie Garner, vista recentemente nella serie Inventing Anna, che interpreta Ruth, uno dei personaggi principali e anche meglio scritti della serie.

Poi Jason Bateman, che finalmente si smarca dai suoi ruoli comici. In Ozark interpreta Marty, un personaggio silenzioso e calcolatore, portato in scena con così tanta bravura che a malapena sembra che stia effettivamente recitando.

Così anche Laura Linney, che interpreta Wendy, personaggio per tanto tempo relegato al ruolo di moglie e madre, ma che riesce finalmente a diventare protagonista della sua vita. Per questo ruolo l’attrice riesce a dosare splendidamente la sua espressività, giocando sui suoi sorrisi apparentemente rassicuranti, ma che in realtà nascondono un personaggio maligno e spietato.

Perché Ozark potrebbe non piacervi

Jason Bateman in una scena della serie tv Ozark (2017-2022) di Netflix

Ozark non è una serie per tutti. E i motivi sono abbastanza evidenti: alcune delle vicende sono davvero crude, una sofferenza da vedere. Il ritmo è davvero strano: succedono moltissime cose, ma al contempo sembra che tutta la vicenda proceda molto lentamente.

Soprattutto all’inizio, è difficile empatizzare coi personaggi: hai bisogno di tempo per conoscerli, perché all’inizio ti appaiono freddi e distanti. Diciamo che se vi piace Breaking Bad Narcos avete già un piede dentro la porta, ma non è comunque detto che faccia per voi.

Io la consiglio molto, nonostante tutto.

Perché la quarta stagione è una vergogna (secondo me)

Jason Bateman e Laura Linney in una scena della serie tv Ozark (2017-2022) di Netflix

La terza stagione, come ho detto, è veramente intrigante per la trama e i personaggi: Helen è in assoluto il mio villain preferito e Ben l’ho veramente adorato. Mi piaceva lo sfondo del casinò appena aperto, e anche tutta la dinamica fra Frank Jr. e Ruth.

Diciamo che la morte di Helen avrebbe già dovuto essere un campanello d’allarme: il villain che la dovrebbe sostituire, ovvero Javi, è fra i più banali e peggio scritti della storia delle serie tv. La trama politica ho fatto veramente fatica a seguirlaOzark non ha brillato per trame semplici, proprio per il fatto che voleva introdurre concetti verosimili, ma in questo caso è stato veramente difficile appassionarsi.

La trama di Navarro, semplicemente, non ha senso: hanno esasperato in maniera inverosimile il rapporto con Maya, quando era così ben bilanciato nella scorsa stagione. Infatti la serie continua a perdersi in sé stessa da questo punto di vista.

Marty e Wendy sono snervanti, Johan prende il posto di Charlotte come figlio ribelle in maniera poco interessante, tutta la trama di Ruth è esagerata e Marlene è davvero diventata un personaggio fuori controllo. Come se non bastasse, chi ha scritto questa stagione vuole molto poco bene ai suoi personaggi, visto che non fa altro che ammazzarli.

Aspettiamo fiduciosi la seconda (e per fortuna ultima) parte.

Due parole conclusive sull’ultima parte 

Julia Garner in una scena della serie tv di Netflix

Come si può facilmente immaginare, ero veramente poco interessata a questo ultimo ciclo di episodi. In generale, mi sembra si confermino tutti i problemi della prima parte, e aggiungendone pure di nuovi.

Si parte con uno degli episodi per me peggio scritti della serie: un tirata lunghissima sulla vendetta di Ruth, con tantissime ed estenuanti scene oniriche e una conclusione che arriva all’improvviso senza alcuna costruzione. Una puntata fra l’altro che conferma Javi come personaggio inutilmente violento e di pochissimo spessore. Quindi ero pure contenta l’avessero finalmente fatto uscire di scena.

Si continua sempre con la trama politica poco coinvolgente e che porta in scena un nuovo personaggio, Camila, che dovrebbe riprendere vesti di Helen, fallendo miseramente. Infatti viene fatta passare come avida e calcolatrice, ma relegandola ancora alla figura abusata della madre vendicativa. Niente di esaltante, insomma.

Jason Bateman e Laura Linney in una scena della serie tv Ozark (2017-2022) di Netflix

Nota di merito per la bruttezza della trama del padre di Wendy, personaggio al limite del disgustoso e con le motivazioni più stupide possibili, che riesce a portare la figlia al suo punto più basso. Fra l’altro divenendo protagonista di una insulsissima sottotrama che si conclude improvvisamente e senza una degna costruzione.

Infatti alla fine i personaggi della famiglia sembrano ricongiungersi, senza che però i loro rapporti si siano veramente risaldati. E festeggiano questa ritrovata unione con il cadavere di Ruth ancora caldo e una chiusa che probabilmente Bateman considerava geniale, ma che io trovato al limite dell’imbarazzante.

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Pieces of her – Un mistero da manuale

Pieces of her è una serie tv di genere mistery in otto puntate, disponibile su Netflix. Un buon esempio di un prodotto che coniuga ottimamente il genere mistery con l’investigativo e il thriller. Una costruzione da manuale, nonostante qualche inciampo sulla strada.

Ma andiamo con ordine.

Di cosa parla Pieces of her

Pieces of her parla di Laura, una madre vedova che interviene per difendere la figlia, Andy, in un situazione di pericolo, rivelando capacità di combattimento inaspettate. Per via di questo episodio la figlia comincerà a scoprire il passato oscuro della madre, svelando segreti che non avrebbe mai potuto immaginare.

Vi lascio il trailer per farvi un’idea.

Perché guardare Pieces of her

Toni Colette in una scena della serie tv netflix con Toni Colette

Come anticipato, Pieces of her è una serie mistery da manuale: la storia è molto interessante e gode di una struttura narrativa generalmente solida. La trama si svela poco a poco, disseminando indizi più o meno palesi fin dalle prime puntate, riuscendo a tenerti ottimamente sulle spine fino alle ultime sequenze.

Infatti, per quanto non riesca fino in fondo a gestire il mistero che tratta (come spiegherò nella parte spoiler), la costruzione è vincente: circa a metà della stagione si conosce la maggior parte della backstory. E da lì è un crescendo per scoprire l’intero mistero.

Toni Collette, mon amour

Toni Colette in una scena della serie tv Pieces of Her (2022) serie tv netflix con Toni Colette

La madre protagonista della serie è interpretata da Toni Collette, una delle mie attrici preferite fin da Little miss sunshine (2006). Il personaggio sembra essergli stato cucito addosso, sfruttando ancora una volta la particolarissima espressività di questa attrice e rendendola solo apparentemente apatica e calcolatrice.

Non male neanche l’attrice che interpretata la sua versione giovane: Jessica Barden, già vista in The end of the f*cking world, altra serie di Netflix. Non era per niente facile misurarsi con la recitazione monumentale di Toni Collette, ma nonostante tutto questa giovane attrice si è dimostrata all’altezza.

La protagonista inconsapevole

Bella Heathcote in una scena della serie tv Pieces of Her (2022) serie tv netflix con Toni Colette

Un altro elemento vincente, che di fatto regge l’intera serie, è la protagonista, Andy. Il classico personaggio ingenuo ed inconsapevole che accompagna lo spettatore nella visione e nello svelamento del mistero. Questo processo funziona quasi fino alla fine (come spiegherò meglio nella parte spoiler), ma rende più semplice il coinvolgimento, nonostante alcune scelte molto stupide e poco credibili che la coinvolgono.

Ovviamente, come per le migliori serie mistery, la trama poteva essere risolta in dieci minuti di orologio se i protagonisti si fossero seduti ad un tavolo a parlare, ma non di meno è bello seguire il suo personaggio, assolutamente ingenuo e fallibile, in cui possiamo anche facilmente identificarci. Perché, al suo posto, probabilmente ci saremmo comportati allo stesso modo.

Sospendere l’incredulità

Bella Heathcote in una scena della serie tv Pieces of Her (2022) serie tv netflix con Toni Colette

Come in ogni prodotto, soprattutto quelli mistery e investigativi, dobbiamo sospendere la nostra incredulità. Tuttavia, ci sono dei momenti in questa serie che sono veramente troppo poco credibili.

In particolare, ho trovato davvero assurdo che Andy riesca a sabotare gli aiutanti di Nick, prima bucandogli le gomme e poi intrufolandosi nella loro auto, senza che questi si accorgano di alcunché. Il classico caso dei criminali più stupidi della storia della criminalità.

Oltre a questo, è altrettanto poco credibile è il comportamento di Andy da bambina: come si oppone testardamente all’idea di seguire la madre, allo stesso modo si sarebbe dovuta opporre ad un uomo sconosciuto e con un aspetto anche poco rassicurante che cercava di portarla via nel bosco. E invece in quel caso sembra pronta a seguirlo senza battere ciglio.

Qualche capitombolo

Jessica Barden e Joe Dempsie in una scena della serie tv  Pieces of Her (2022) serie tv netflix con Toni Colette

Nonostante la scrittura sia appunto generalmente buona, ci sono delle scelte di trama che mi hanno convinto poco. Anzitutto, il comportamento di Nick con Jane: per quanto evidentemente il loro rapporto si fosse gustato dopo l’attentato di Oslo, è tuttavia troppo improvviso il fatto che Nick la picchi con così tanta violenza. Sembra più un meccanismo della trama per farle prendere definitivamente la scelta di scappare.

Così anche ho capito fino ad un certo punto la scelta del finale: la vicenda sembra lasciata abbastanza in sospeso, come se nonostante tutto Jane abbia ancora qualcosa da nascondere, e che debba ancora vivere con il peso della sua scelta e la minaccia del fratello. Così il modo in cui ci viene svelato l’ultimo segreto di Jane è a mio parere poco convincente: la questione era già stata rivelata esplicitamente per bocca di Nick, che dice proprio Io non ho dato quella pistola a Grece Juno, guardando negli occhi Jane in maniera piuttosto eloquente.

Non mi ha convinto neanche il rapporto fra Andy e Jane, che sembra conflittuale fino all’ultima scena, si risolve con una sequenza consolatoria ma che lascia, ancora una volta, la questione in sospeso. Avrei preferito un percorso più convincente e che giungesse ad un finale più credibile e conclusivo, appunto.

Tuttavia rimane comunque una serie che mi sento di promuovere.

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The Cuphead Show! – Divertimento d’altri tempi

The Cuphead Show! è una serie tv Netflix ispirata all’omonimo videogioco (Cuphead, 2017), piccolo cult del genere che ha colpito i videogiocatori per l’altissima qualità grafica e per la grande originalità, anche del gameplay: Cuphead si colloca nel sottogenere degli sparatutto popolare negli Anni Ottanta-Novanta, run ‘n’ gun.

Inoltre per la grafica è ispirato ai cartoni per bambini degli Anni Trenta-Quaranta, con personaggi assurdi e caricaturali, ma comunque splendidi a vedersi.

Aveva senso fare una serie su questo prodotto?

Di cosa parla The Cuphead Show!

La serie ruota intorno ai due fratelli, Cuphead e Mugman, i quali, come si può intuire dal nome, sono due tazze antropoforme. Così anche il resto dei personaggi sono animali, cibi o oggetti dalle forme umanoidi.

La storia ha una trama orizzontale e verticale: è composto da brevissimi episodi autoconclusivi, con dinamiche tipiche delle sitcom e i cartoni dell’epoca, ma presenta anche una piccola trama orizzontale. Il fil rouge sono le assurde avventure dei due fratelli scavezzacollo, che arrivano persino a scontrarsi con il Diavolo in persona.

Non vi dirò di più per non rovinarvi la sorpresa, ma vi lascio il trailer per farvi un’idea.

Perché vale la pena di guardare The Cuphead Show!

Cuphead e Mugman in un scena della serie The Cuphead Show (2021) serie tv Netflix dal videogioco Cuphead

Sulla scia di ottimi prodotti tratti da videogiochi (a cominciare da Arcane), Netflix si conferma la casa di produzione vincente per il genere. The Cuphead Show! è una serie di ottima qualità, che parte da una base già molto solida, ma riesce a imbastire delle piccole trame dal grande potere intrattenitivo.

In particolare, se siete cresciuti con i cartoni come Tom & Jerry e di Willy il Coyote, probabilmente troverete un prodotto di vostro gusto. L’unica differenza sostanziale dai prodotti più datati è il fatto che i personaggi parlano, come non sempre succedeva al tempo.

Tutte le vicende, anche se assolutamente prevedibili come dinamiche perché partono da topoi piuttosto consolidati, sono gustose e di grande intrattenimento, portando in scena personaggi e situazioni piuttosto variegate.

The Cuphead Show! è una serie che fa per me?

Cuphead e Mugman in un scena della serie The Cuphead Show (2021) serie tv Netflix dal videogioco Cuphead

Come anticipato, se avete ancora nel cuore un certo di animazione vecchio stile, è probabile che sia un prodotto per voi. E non fatevi ingannare dal fatto che si tratta di una serie di animazione: The Cuphead Show! è tutto tranne che un prodotto per bambini (come spiegherò più avanti).

Tuttavia appunto si tratta di una serie molto specifica e ispirata ad uno specifico periodo: non esattamente un prodotto per tutti. Se siete dei fan del videogioco, semplicemente l’amerete: pur senza averlo giocato in prima persona, ho sentito grande entusiasmo da parte fan del prodotto videoludico, anche per la quantità di citazioni e easter egg presenti.

Animazione per adulti?

Cuphead in una scena della serie The Cuphead Show (2021) serie tv Netflix dal videogioco Cuphead

Non posso dire che The Cuphead Show! sia del tutto una serie pensata per un pubblico adulto: non stiamo insomma parlando di Bojack horseman. Tuttavia l’animazione destinata ad un pubblico molto giovane è oggi molto più castigata (anche giustamente), e non include quella violenza smaccata e a tratti quasi inquietante dell’animazione più datata. Quindi il gap fra prodotti per adulti e prodotti per bambini si è fatto, a mio parere, ancora più ampio.

In questo caso non è presente tantissima violenza gratuita, ma quando c’è si sente, e certe volte fa venire i brividi. Il tutto comunque all’interno di in un contesto genuinamente divertente e comico, con dinamiche davvero spassose e personaggi molto sopra le righe.

Mi sento quindi di classificarla come una serie abbastanza trasversale come target, andando ad includere dai ragazzi non troppo giovani ad un pubblico più maturo. Insomma, eviterei di mettere davanti a questo prodotto ragazzi al di sotto dei 14 anni.

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Castlevania: un incontro vincente

Castlevania è una serie di produzione mista fra USA e Giappone, tratta dal popolarissimo videogioco omonimo. Una saga videoludica talmente pionieristica che viene utilizzata per indicare un genere di videogiochi: si usa il termine Metroidvania (unione fra Castlevania e Metroid, altro videogioco fondamentale ) per indicare un sottogenere di azione avventura, solitamente platform, accumunato da mappe interconnesse e aree da sbloccare. Un prodotto di tale portata meritava assolutamente una serie tv dedicata, con ben quattro stagioni, tutte disponibili su Netflix.

Castlevania è un ottimo prodotto e un incontro vincente fra animazione occidentale e orientale, prendendo il meglio da entrambe.

Ma andiamo con ordine.

Di cosa parla Castlevania

L’antefatto racconta di Lisa, giovane scienziata in epoca pseudo-rinascimentale, che chiede aiuto al Conte Dracula per apprendere le arti della medicina e aiutare il popolo di Wallachia a progredire nella scienza. Tuttavia per questo viene bruciata come strega. E così la terribile ira di Dracula si abbatterà sul mondo umano, deciso a distruggerlo definitivamente con il suo esercito infernale.

A questo punto interviene il cacciatore di mostri rinnegato Trevor Belmont, affiancato dalla speaker Sypha, in un’improbabile alleanza con Alucard, figlio di Dracula, determinato a fermare il folle progetto del padre.

Vi lascio il trailer della prima stagione per farvi un’idea:

Castlevania: n incontro vincente

La serie ha un’animazione e delle dinamiche che si ispirano al panorama orientale, ma è sicuramente più digeribile per un pubblico occidentale. In particolare mette in scena un protagonista accessibile e alla mano, che diventa l’eroe improbabile della storia. Un trope molto utilizzato, ma che funziona.

I personaggi sono estremamente vari e prendono dall’una e dall’altra cultura.

Alucard in una scena della serie Castlevania 2021 Netflix

Per esempio Alucard è un personaggio di forte ispirazione orientale, per il design e per le movenze.

Trevor Belmont in una scena della serie Castlevania 2021 Netflix

Invece Trevor, l’altro protagonista, è più vicino ad un’impostazione occidentale, per come è disegnato (anche solo per il fatto che abbia la barba, elemento quasi assente nell’animazione nipponica) e soprattutto per l’ironia che lo caratterizza insieme a Sypha.

Infatti il rapporto fra Sypha e Trevor, coppia fissa per tutte le stagioni, è sempre fresco e simpatico, ha una evoluzione nè forzata né smaccatamente romantica, anzi. Sono fra i personaggi che ho apprezzato di più, anche per le storie in cui sono coinvolti.

Un climax crescente fra azione e riflessione

Trevor, Sypha e Alucard in una scena della serie Castlevania 2021 Netflix

La struttura delle stagioni è abbastanza peculiare: la prima stagione è sostanzialmente un prologo di quattro puntate, la seconda è una storia abbastanza lineare e con poche divagazioni. Le ultime due sono un crescendo di azione e storie sempre più interessanti e diversificate, con un finale assolutamente soddisfacente.

In ogni stagione vengono introdotti nuovi personaggi e nuove storie, alcuni con natura abbastanza episodica e circoscritta a certe puntate, ma in generale con una scrittura convincente e intrigante. La serie infatti presenta molti momenti azione, anche abbastanza violenti, ma anche molti e bellissimi momenti riflessivi ed esistenziali fra i personaggi. Questo può essere un difetto per alcuni: soprattutto all’inizio la trama procede molto lentamente, e sono più appunto le scene di riflessione e dialogo che quelle di azione o eventi importanti per la trama.

Castlevania può fare per me?

Sypha e Trevor in una scena della serie  Castlevania 2021 Netflix

Se ci si è già approcciati felicemente all’animazione nipponica, Castlevania può facilmente essere la serie per voi. Tuttavia se siete più puristi e appassionati dell’animazione orientale dura e pura, non è il prodotto più adatto per voi, soprattutto se siete fan di prodotti con grandi scene di azione ogni puntata. In questo caso ce ne sono, soprattutto verso il finale, ma molte meno rispetto ad altri prodotti mainstream.

Se vi piacciono le storie di avventura, con creature mostruose e cacciatori di vampiri, ma con un sottofondo riflessivo di grande importanza, fiondatevi a recuperarla.