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She-Hulk: Attorney at Law – L’offesa finale

She-Hulk è una serie tv MCU creata da Jessica Gao per Disney+. Una serie che si propone di abbracciare il genere comedy e legal, fallendo clamorosamente su entrambi i fronti. Ancora una volta ci troviamo davanti ad un prodotto Marvel sciatto, poco pensato, in questo caso ancora più aggravato dalla presenza di un male sociale: il sessismo interiorizzato e la sottile misandria socialmente accettabile.

Un prodotto vuoto e offensivo.

Ma di cui c’è moltissimo di cui parlare.

Di cosa parla She-Hulk?

Jennifer Walters è un’avvocata, nonché cugina di Bruce Banner, AKA Hulk. Per una serie di condizioni, una più improbabile dell’altra, anche lei acquisirà i poteri. Fra una perdita di identità e l’altra, cercherà di fare i conti con la sua nuova identità da supereroina.

Vi lascio il trailer, con cui vi farete esattamente un’idea del tipo di serie:

Vale la pena di vedere She-Hulk: Attorney at law?

Tatiana Maslany nei panni di She-Hulk in una scena di She-Hulk: Attorney at law, serie tv Disney+ e MCU

No.

Non sono solita a non consigliare in toto le serie: persino per quella schifezza di Obi-Wan Kenobi ho provato a dare qualche motivazione sui motivi per cui potrebbe piacervi. In questo caso, a meno che i vostri gusti non siano rasoterra, difficilmente vi potrà piacere, non veramente.

Con questo intendo dire che se la tenete come sottofondo mentre rassettate casa, chiudete entrambi gli occhi, vi lasciate strappare una risata con battute da asilo nido, allora forse la potrete sopportare.

Ma, se mai avrete il coraggio di guardarla con convinzione, capirete l’immensità del nulla che questa serie tv rappresenta.

Cominciare male

Tatiana Maslany nei panni di She-Hulk e Mark Ruffalo nei panni di Hulk in una scena di She-Hulk: Attorney at law, serie tv Disney+ e MCU

Cominciamo dall’inizio, e cominciamo subito male.

La prima puntata sarebbe l’origin story del personaggio. E l’origin story più rapida della storia, oltre ad essere drammaticamente forzata. Totalmente a favore di camera, per un rapidissimo momento Bruce non ha i suoi poteri. Senza andare ad analizzare tutti i problemi di retcon di questa scelta, questo elemento è evidentemente fatto apposta e unicamente per creare la situazione di contaminazione del suo sangue con quello di Jennifer.

Perché sì, ovviamente se Bruce fosse stato Hulk non avrebbe potuto tagliarsi.

Da qui parte la sua origin story in cui non abbiamo nessun modo per empatizzare col personaggio e con le sue problematiche nell’accettare i suoi poteri, come sarebbe di fatto normale all’introduzione di un nuovo supereroe. Perché Jennifer è già perfetta così, non ha praticamente neanche il bisogno di essere allenata, né di controllare la sua rabbia.

E perché questo?

Perché è una donna!

Tanti villain, nessun villain

Jameela Jamil in una scena di She-Hulk: Attorney at law, serie tv Disney+ e MCU

La serie cerca continuamente (e con grande incapacità) di imbastire una trama e di raccontare dei villain ricorrenti. Il principale è quella meraviglia di Titania, personaggio che riesce a contenere al suo interno tutti i peggiori stereotipi riguardo agli influencer e alle donne in generale, nella bellissima macchietta della sgallettata.

Un villain inutile, noioso, e messo in scena all’occorrenza solo per dare un po’ di colore.

Ancora più imbarazzanti sono gli uomini che fanno parte del gruppo di odio contro She-Hulk: a parte l’idea veramente poco credibile che questi si incontrino come una specie di convention per rivalersi su She-Hulk, portano in scena tutti gli stereotipi degli uomini tossici.

E infatti il vero villain sono gli uomini in generale.

I veri villain: gli uomini

Tatiana Maslany nei panni di She-Hulk in una scena di She-Hulk: Attorney at law, serie tv Disney+ e MCU

L’imbarazzo supremo di questa serie è proprio nel suo sessismo interiorizzato, che sfocia di fatto in una misandria che io bollo, senza praticamente l’ombra di dubbio, fatta con alcuna malizia (di cui dobbiamo parlare).

Di fatto, in She-Hulk abbiamo due tipi di uomini: il traditore e il miserabile.

La maggior parte degli uomini in scena sono indubbiamente dei miserabili: che sia l’Uomo-Rana, che sia il collega molesto, che sia in parte anche il gruppo di ascolto di Abominio, sono tutti un po’ miserabili a loro modo. Chi ha scritto questa serie sembra ingenuamente raccontare una paura, più comune di quanto pensiate, di totale antagonismo del femminile verso il maschile.

Così questo antagonismo è raccontato dalla figura del traditore, rappresentata fondamentalmente dai diversi uomini che vogliono avere una relazione con She-Hulk, ma non con Jennifer, arrivando ogni volta a tradirla e ad abbandonarla.

Con una splendida eccezione.

Che è comunque un problema.

Daredevil: una luce in fondo al tunnel?

Charlie Cox in una scena di She-Hulk: Attorney at law, serie tv Disney+ e MCU

La penultima puntata è anche la puntata dell’introduzione di Daredevil.

E, con la sorpresa generale di tutti, la stessa non è una schifezza. Questo semplicemente perché, contro ogni aspettativa, Daredevil non è stato quasi per niente adattato allo stile della serie, ma, al contrario, ha imposto una certa drammaticità alla scena. E questo è stato l’unico caso in cui un personaggio maschile non è stato appiattito nelle due categorie di cui sopra.

Ma questo per due motivi, nessuno dei due rassicurante.

La serie ha una writers’ room quasi totalmente femminile, tranne per due persone: Zeb Wells e Cody Ziglar. Il primo si è occupato della settima puntata, considerata unanimemente una delle meno peggio, mentre Ziglar ha scritto l’ottava puntata, quella di Daredevil.

Vedete il problema?

Quella che dovrebbe essere una serie femminile e femminista, fallisce in ogni puntata, tranne in quelle scritte da uomini. In particolare è abbastanza preoccupante che per gestire un personaggio importante come Daredevil si è sentita la necessità di chiamare un uomo che non è neanche uno sceneggiatore, che non si è mai occupato di Daredevil, e che è semplicemente un buon fumettista.

Sentirsi geniali, senza esserlo

Il finale è l’elemento che mi ha fatto veramente definitivamente gettare la spugna su questa serie.

A mio parere, ci sono due realtà nella puntata conclusiva: la realtà percepita dagli autori, e la realtà di cosa ne è venuto fuori. Secondo la percezione di chi ha scritto la puntata, questo era un finale geniale, che portava ad un colpo di scena pazzesco che alzava di diverse tacche la qualità della serie.

Poi c’è la realtà della puntata.

Chi ha scritto questa puntata, e tutta la serie in generale, è incapace di farlo, incapace di imbastire una trama, di creare dei personaggi credibili e degli antagonisti sensati. E questa incapacità è solo che confermata dalla fine di questa puntata.

Come gli autori pensavo di aver risolto il finale, in realtà lo stesso – che, ricordiamo, per loro stessa ammissione, è sconclusionatissimo – di fatto non cambia, portando ad una conclusione vuota, dove nessuna storyline viene veramente chiusa in maniera sensata o anche solo minimamente interessante.

Lo sfondamento della quarta parete

Tatiana Maslany nei panni di She-Hulk in una scena di She-Hulk: Attorney at law, serie tv Disney+ e MCU

Lo sfondamento della quarta parete è uno degli elementi che ho personalmente più odiato di questa serie.

Ovviamente questa tecnica non se l’è inventata She-Hulk né la Marvel, ma ha origini antichissime. Nel teatro è quello si chiama il parlare a parte: banalmente, è il momento in cui un personaggio in scena si rivolge direttamente allo spettatore, di solito con l’inconsapevolezza degli altri personaggi. Un elemento che serve per arricchire la scena e la narrazione, oltre a creare una certa complicità con il pubblico.

E ovviamente in She-Hulk questo aspetto è totalmente fallimentare.

E per ben due motivi.

Lo sfondamento della quarta parete in She-Hulk

Anzitutto, per la mediocrità degli effetti speciali (di cui bisogna fare un discorso a parte): in non poche scene She-Hulk è resa talmente male che non guarda direttamente in camera, quindi non rende comprensibile che stia parlando effettivamente allo spettatore.

E non credo di dover spiegare quanto sia grave questa cosa.

Come se questo non bastasse, questa tecnica è utilizzata nelle intenzioni per rendere la serie più simpatica, in realtà è solamente irritante e in ultimo sembra che serva solo per giustificare le scelte idiote degli sceneggiatori.

Nascondere un’attrice (e male)

Tatiana Maslany nei panni di She-Hulk in una scena di She-Hulk: Attorney at law, serie tv Disney+ e MCU

La pochezza degli effetti speciali utilizzati per She-Hulk è devastante.

Ma lo è ancora di più se si pensa a quale sia la materia prima.

Lasciando da parte il fatto che nella sua forma da Hulk il personaggio non c’entra niente con la sua controparte umana, nella maggior parte dei casi She-Hulk sembra semplicemente un elemento poco credibile della scena. Ed è un grande problema quando lo spettatore non riesce a credere a quello che vede sullo schermo.

Oltre a questo, pur non conoscendo Tatiana Maslany oltre a questo prodotto, posso dire sicuramente che non è per nulla un’attrice scarsa, anzi ha una capacità espressività più che buona, oltre a suscitare una naturale simpatia. E mi sarebbe piaciuto vederla.

E invece ho dovuto vedere She-Hulk.

Non far mai ridere

Tatiana Maslany nei panni di She-Hulk in una scena di She-Hulk: Attorney at law, serie tv Disney+ e MCU

Su questa questione mi sento di andarci di più coi piedi di piombo, perché l’umorismo è una cosa molto soggettiva.

Tuttavia, mi sento anche di dire che ho la costante sensazione che, soprattutto nei prodotti più mainstream (non ho sentito questo problema in Eternals, per dire) il livello di comicità dell’MCU sia in un costante declino, forse per accontentare un pubblico sempre più ampio e anche sempre più giovane.

Perché ho davvero difficoltà nell’immaginarmi una persona sopra i tredici anni (ad essere generosi), che possa veramente sganasciarsi davanti all’umorismo di questa serie. E questo facendo la dovuta differenza fra ridere con la serie (ovvero delle battute che propone) e ridere della serie (ovvero del suo cattivo livello).

Ed è un elemento decisamente più importante quando ci troviamo davanti ad un prodotto che si definisce legal comedy, che quindi dovrebbe, per sua stessa natura, far ridere lo spettatore.

Perché She-Hulk non è una serie femminista

I motivi per cui She-Hulk non è la serie tv femminista tanto decantata si sprecato.

Ed è tanto più importante se si pensa che il femminismo odierno non è e non può essere più un femminismo elitario, in cui al centro del discorso ci sono esclusivamente le donne bianche e che si possono permettere di rivendicare i propri diritti.

Se si vuole essere veramente femministi ad oggi, si deve lottare per i diritti di tutti.

Anche degli uomini.

E se pensate che la narrazione sugli uomini di She-Hulk sia fondamentalmente innocua e per ridere, pensate a quanto può essere tossico il racconto di uomini rappresentati come deboli, miserabili e incapaci di portare avanti relazioni, che non hanno maturità emotiva e che pensano solo all’aspetto estetico e sessuale.

Come nasce questo modo di pensare?

Se c’è qualche uomo all’ascolto, mi dica se si sente rappresentato da questa serie.

Tatiana Maslany nei panni di She-Hulk in una scena di She-Hulk: Attorney at law, serie tv Disney+ e MCU

Ma come nasce questo modo di pensare?

She-Hulk è un caso emblematico di sessismo interiorizzato, ovvero un modo di pensare e di agire basato su una serie di concetti discriminatori (in questo caso di genere) che sono stati così profondamente assimilati che non si è riusciti a superarli.

Da qui nascono concetti di diverse gravità: dall’infantilizzazione (gli uomini non si sanno gestire da soli senza una donna, non sanno sopportare il dolore…) fino a quelli di effettiva demonizzazione (gli uomini non sono capaci di avere relazioni emotive appaganti, pensano solo al sesso…). Tutte cose che avete sentito almeno una volta nella vita, soprattutto da donne.

Questo modo di pensare nasce in parte da una certa tendenza, più o meno violenza, di donne che (anche giustamente) sentono il peso di un’oppressione del maschile oggi come ieri, e vogliono (non giustamente) avere una rivalsa. E per questo rispondono screditando, infantilizzando e attaccando anche direttamente il maschile tutto, senza distinzioni.

Il sessismo interiorizzato in She-Hulk

Tatiana Maslany nei panni di She-Hulk in una scena di She-Hulk: Attorney at law, serie tv Disney+ e MCU

E She-Hulk abbraccia del tutto questo modo di pensare.

A dimostrazione fra l’altro di una mancanza di profondità di pensiero, che porta le autrici a fossilizzarsi su queste idee, anche inconsapevolmente. Tuttavia, rivelando anche un altro elemento sotterraneo e anche derivativo di questo modo di pensare:

La paura per il maschile.

La protagonista si sente continuamente osteggiata e aggredita dagli uomini in scena, che però non sono mai raccontati come effettivamente violenti o cattivi, ma più che altro come dei buzzurri e dei miserabili appunto, proprio per depotenziarli.

E come risultato abbiamo la storia di una donna che vive in funzione del maschile, in quanto sembra riuscire a definire sé stessa e il suo valore solamente tramite le relazioni.

Fra l’altro al contempo mettendosi sola al centro della narrazione, e andando a svalutare altre minoranze per cui dovrebbe invece lottare: l’uomo cinese che vende prodotti tarocchi, lo stilista gay che è una prima donna e femminilizzato nella maniera più stereotipata possibile…

Vogliamo davvero vivere nel mondo di She-Hulk?

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Ms Marvel – Un arco distruttivo

Ms Marvel è l’ultima serie dell’MCU uscita su Disney+ questestate. Un prodotto che sembrava portare un po’ di aria fresca, sperimentando con il genere teen drama e facendo (a parole) espliciti paragoni con lo Spiderman di Tom Holland.

In realtà, ad eccezione delle prime due puntate, sostanzialmente è sempre la stessa minestra: una serie Marvel che segue i soliti schemi, con una produzione molto pasticciata e di grande mediocrità.

Di cosa parla Ms Marvel?

Kamala Khan è una ragazzina che abita nel Queens, parte della vivace comunità musulmana e grandissima fan di Captain Marvel. A sorpresa, grazie ad un amuleto della sua famiglia, acquisirà degli incredibili poteri che cambieranno completamente la sua vita.

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Ms Marvel?

Iman Vellani in una scena di Ms Marvel, serie tv Disney+ parte dell'MCU

Dipende.

A mio parere questa serie vale la pena di essere vista unicamente per due motivi: se non volete (come me) perdervi nessun prodotto dell’MCU e se vi piacciono in generale le serie Marvel uscite finora.

Se avete paura di trovarvi davanti ad un prodotto teen, vi posso rassicurare: questo elemento è presente unicamente nelle prime due puntate, poi si perde con grande facilità.

In generale una serie molto discordante al suo interno, che sembra essere scritta da persone che non sono state in grado di comunicare, piena di contraddizioni e incapace di portare una produzione davvero organica.

Ma, di nuovo, se vi piacciono questo tipo di prodotti, guardatela senza problemi.

Cominciare in un modo, finire…

Iman Vellani in una scena di Ms Marvel, serie tv Disney+ parte dell'MCU

Come anticipato, questa serie manca, ancora più di altre serie di questa produzione, di una coerenza produttiva.

La serie infatti si apre con due puntate con una forte e anche piacevole impronta registica, che gioca sulla creatività della protagonista con toni fortemente teen. Due puntate che mi avevano abbastanza coinvolto. Poi sono andata avanti.

Infatti già dalla terza puntata si sono cominciati a vedere i problemi: una regia che, anche nell’ultimo capitolo, è diventata molto più spenta e anonima, oltre che poco chiara e convincente nelle scene action, dove la chiarezza scenica è fondamentale.

Per quanto riguarda la sceneggiatura, un vero pianto.

L’arco distruttivo

Iman Vellani in una scena di Ms Marvel, serie tv Disney+ parte dell'MCU

Se la regia può essere anche tutto sommato essere perdonata, la sceneggiatura è davvero improbabile. La serie comincia in un modo, raccontandoci i piccoli problemi della protagonista, poi decide totalmente di dimenticarsene, dirigendosi totalmente verso un’altra direzione.

Così ci troviamo una sconclusionatissima parentesi in Pakistan, che presenta i due principali problemi delle serie Marvel: buchi di trama e flashback di poco interesse. Le questioni irrisolte in questo frangente si sprecano: come ha fatto Kamala a convincere la madre ad andare dalla nonna?

I cugini non si sono chiesti niente della cugina che non tornava da loro? Come fanno i Jinn ad arrivare così velocemente in Pakistan e come facevano a sapere che Kamala era lì? E si potrebbe andare avanti.

Non si migliora neanche con l’ultima puntata, che sembra trarre dal genere home invasion e specificatamente da Mamma ho perso l’aereo (1990), ma che appare del tutto anti-climatica e poco coerente con l’insieme della narrazione.

Come detto, un grande pasticcio.

Quando i villain sono di troppo

Nimra Bucha e Iman Vellani in una scena di Ms Marvel, serie tv Disney+ parte dell'MCU

Ms Marvel, se fosse stata coerente con sé stessa, non avrebbe avuto bisogno di villain, sicuramente non di villain così apparentemente importanti e minacciosi. Se si volesse essere coerenti, appunto, avremmo avuto delle piccole minacce di quartiere che permettevano a Kamala di avere un semplice ma efficace arco evolutivo.

Invece si è scelto di raccontare una minaccia per la sopravvivenza dell’universo, con una costruzione fra l’altro del tutto mancante: nel giro di una puntata Najma, il capo dei Jinn, cerca di portare Kamala dalla sua parte, per poi inalberarsi in un attimo quando la stessa non le da subito quello che vuole.

Così in un attimo diventa cattivissima e dice addirittura che Kamala l’ha tradita.

Personaggi che fanno un sacco di giri su sé stessi, con poteri poco chiari (Immortalità? Super forza? Creazione di armi?) e che sono resi ancora più ridicoli dalla società segreta che dovrebbe combatterli, ovvero i Pugnali Rossi: per come è messo in scena, sembra che sia composta da sole due persone.

Probabilmente la serie intendeva raccontare che i ragazzi che Kareem fa conoscere a Kamala al falò sulla spiaggia fanno parte del gruppo, ma non è per nulla chiaro.

Una protagonista interessante, tutto sommato

Iman Vellani in una scena di Ms Marvel, serie tv Disney+ parte dell'MCU

Una delle poche cose buone di questa serie è la protagonista, Kamala. Anzitutto, per la scelta dell’attrice: Iman Vellani non solo è una grande fan di Captain Marvel, ma è anche di per sé molto espressiva, riuscendo ad essere convincente anche alla sua prima apparizione televisiva.

Oltre a questo, Ms Marvel si inserisce nella fruttuosa serie di prodotti ideati da immigrati statunitensi di seconda generazione, pur con prodotti di dubbio gusto come Shang-chi (2021) e Red (2022).

In questo caso la rappresentazione della comunità musulmana è molto interessante: molto legata al proprio credo, ma anche aperta al cambiamento e complessivamente ben integrata nella realtà statunitense.

A guastare la credibilità del personaggio è in primo luogo la scrittura di cui sopra, ma anche la penosa CGI per i suoi poteri (e non solo). Mi ha ricordato molto quella meraviglia (si fa per dire) di Spy Kids, popolare saga di avventura per ragazzi dei primi Anni Duemila.

Cosa succede nel finale di Ms Marvel?

Il finale sembra aver confuso non pochi spettatori, quindi vale la pena di spenderci due parole. A differenza di come hanno pensato alcuni, la stessa showrunner ha confermato che Kamala non è diventata Captain Marvel, ma si è scambiata di posto con lei.

E questo sarà probabilmente uno dei momenti iniziali di The Marvels (2023), che rappresenta il sequel di più ampio respiro di Captain Marvel (2019) e che includerà indubbiamente anche Ms Marvel.

Oltre a questo, Kamala è una mutante: gli sviluppi di questa rivelazione sono ancora tutti da vedere, ma si inseriscono nelle bricioline che Kevin Feige, il capo dell’MCU, sta cercando di spargere per reintrodurre la sua versione degli X-Men.

Riscrivere un personaggio

Captain Marvel è stata introdotta nel film origin-story del 2019 omonimo, che è stato indubbiamente un grande successo commerciale, ma che non ha avuto la risonanza che ci si sarebbe forse aspettati per il film con la prima supereroina dell’MCU in un prodotto tutto suo.

E questo è dovuto probabilmente dal fatto che, molto ingenuamente, l’MCU ha preso come punto di riferimento una tendenza ben rappresentata da quella mediocrata di Wonder Woman (2017): raccontare personaggi femminili forti, testardi e fondamentalmente antipatici.

Come Gal Gadot può suscitare comunque un minimo di simpatia nel pubblico, Brie Larson ha la sfortuna di avere una faccia veramente antipatica. E la caratterizzazione che si è voluto dare nel suo film non l’ha aiutata.

Tuttavia, se andate a guardare le diverse apparizioni in altri film che si sono viste in questi anni, noterete un importante cambio di direzione: dopo Endgame (2019), in tutte le apparizioni Carol Danvers è presentata come decisamente più simpatica e generalmente più sorridente.

Un caso? Io non credo.

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Moon knight – Un nuovo livello di mediocrità

Moon Knight è l’ultima serie Marvel uscita su Disney+, conclusasi questa settimana. A sorpresa (o forse no) un ulteriore tentativo fallimentare di portare le storie dell’MCU sul piccolo schermo.

Una serie al cui finale sono arrivata indecisa se ridere o essere irritata come dopo la visione di The King’s man (2021), a mio parere una delle peggiori pellicole uscite in tempi recenti.

Di cosa parla Moon Knight?

Moon Knight racconta la storia di Steven, un ingenuo e solitario commesso di un museo egizio che scopre di possedere non solo una seconda personalità, chiamata Marc Spector, ma anche poteri straordinari, datagli da una divinità egizia…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di guardare Moon Knight?

Oscar Isaac in una scena della serie tv Moon Knight (2022) miniserie Marvel per l'MCU con Oscar Isaac

Proprio no.

Per me questa serie è una vera perdita di tempo, visto anche il successo non eccellente che sta riscontrando, non è neanche detto che questo personaggio sia incluso nei prodotti per il grande schermo. Quindi potrebbe non essere essenziale guardarla.

Tuttavia, non è detto che non vi piaccia o che ve ne dobbiate privare: per quanto a mio parere sia una serie assolutamente mediocre, se vi sono piaciuti gli altri prodotti televisivi dell’MCU e le dinamiche che hanno portato in scena, potrebbe essere la serie per voi. Magari partendo con aspettative veramente basse e spegnendo il cervello per tutto il tempo.

Tuttavia, non mi sento assolutamente di consigliarla.

Una serie di fallimenti

Oscar Isaac in una scena della serie tv Moon Knight (2022) miniserie Marvel per l'MCU con Oscar Isaac

Io ho visto tutte le serie tv Marvel uscite finora.

E solitamente va sempre nello stesso modo: inizialmente sono sempre interessata e coinvolta, poi piano piano le serie prende la strada della mediocrità, con un finale stupido e arraffazzonato.

Questo è successo per tutte le serie, con eccezione di Wandavision, che mi ha tenuto incollata allo schermo fino all’ultima (deludente) puntata e Hawkeye, serie che non è mai riuscita particolarmente a prendermi, ma che considero molto innocua.

Nel caso di Moon Knight la mia esperienza con la serie è stata un pendolo fra la noia e la totale indifferenza fin dalla prima puntata, fino a sfociare nel divertimento amaro misto a grande fastidio per la puntata finale.

Quindi, per quanto mi riguarda, un mezzo disastro.

Un problema alla radice

Oscar Isaac in una scena della serie tv Moon Knight (2022) miniserie Marvel per l'MCU con Oscar Isaac

Il problema comune di tutte queste serie, con forse l’esclusione solo di Wandavision, è che nella maniera più evidente sono serie pensate non per essere serie tv, ma dei film, inutilmente allungati e divisi in puntate.

Il pubblico italiano al momento non è molto abituato a serie supereroistiche ad alto budget: l’unica che è arrivata anche in Italia e che ha avuto una buona diffusione è The Boys. Tuttavia io sono convinta che se Peacemaker, una vera e ottima serie di supereroi, arrivasse in Italia, vedrei molte più teste scuotersi con dispiacere davanti a questi prodotti.

Moon Knight è una serie ancora più dispersiva del solito, con una prima puntata che poteva essere riassunta nei primi quindici minuti di un film di due ore, seguita da puntate che sarebbe bello chiamare filler, ma che in realtà non sono altro che stupide e inconcludenti deviazioni dal percorso principale.

La trama principale è infatti portata avanti in maniera davvero estenuante, rimandando continuamente l’ovvio scontro finale con soluzioni di scarsissimo interesse.

Prendi gli attori, buttali via

Ethan Hawke in una scena della serie Moon Knight (2022) miniserie Marvel per l'MCU con Oscar Isaac

E nulla è servito portare in scena attori di primo livello come Oscar Isaac e Ethan Hawke.

Se il primo tutto sommato ha fatto davvero del suo meglio, Hawke appare veramente un villain pallido e spento. E se volete vedere quanto possono essere bravi questi due attori, vi consiglio caldamente di recuperarvi The card counter (2021) per l’uno e The Northman (2022) per l’altro.

Oltre a questo, dominano le sequenze e le scelte di trama veramente infantili e stupide, che la fanno sembrare tutto tranne un prodotto horror e dark (come alcuni critici l’avevano definito), ma al contempo neanche un buon prodotto dell’MCU, produzione che negli anni, coi suoi alti e bassi, ci ha regalato comunque grandi prodotti di intrattenimento.

Marc, Steven e Moon Knight?

Oscar Isaac in una scena della serie tv  miniserie Marvel per l'MCU con Oscar Isaac

Una delle cose che ho più odiato della serie è la puntata flashback.

Per quanto mi riguarda, la storia di Marc è davvero terrificante: non solo perché è prevedibile dal minuto uno, ma perché è assurdamente esagerata, in particolare per la violenza improvvisa e macchiettistica della madre.

Oltre a questo, la questione delle personalità è veramente confusa, già solamente per il fatto che, per come è messa in scena, Marc sembra che crei Steven per fargli prendere le botte della genitrice.

Oltre a questo, non ho in generale apprezzato il rapporto fra i due e il conseguente rapporto con Layla. A parte il contrasto fra le personalità, che si risolve molto facilmente nell’ultima puntata, ho trovato assurdo e imbarazzante il fatto che Steven prova attrazione per Layla e le dinamiche che si creano al riguardo.

Uno splendido esempio di come portare il machismo di due uomini che litigano per una donna ad un nuovo livello.

Il villain

Harrow si rivela fin da subito un villain poco convincente: anzitutto per la dinamica classica in cui cerca di raggirare il protagonista confuso dicendogli che il suo padrone, che crede positivo, lo stia invece ingannando, estremamente abusata e che ha sinceramente stancato.

Oltre a questo, Harrow è un personaggio che per me non ha nessun interesse: semplicemente un invasato religioso che deve portare a termine la sua missione, senza un vero e interessante approfondimento in merito.

Ancora più delirante la figura di Khonshu: inizialmente appare effettivamente come una divinità inquietante e minacciosa, poi sembra essere tutto sommato ragionevole, diventa l’eroe della vicenda quando si scontra con Ammit, per poi ridursi di nuova ad essere un villain nell’inutile colpo di scena finale.

Perdere tempo

May Calamawy in una scena della serie tv Moon Knight (2022) miniserie Marvel per l'MCU con Oscar Isaac

La serie, proprio per il fatto che vive come un film allungato, perde continuamente tempo. Anzitutto la parte del manicomio, che sembra servire solo a buttare fumo negli occhi agli spettatori: prima ti mette prima il dubbio di cosa sia vero e falso nella maniera più goffa possibile, poi diventa la solita puntata spiegone-flashback, come già in Wandavision.

Come ci dimostrano anche serie non di altissimo livello (Pieces of her, per dirne una), i flashback sono possibili anche se non infilati a forza in un’unica puntata, e con risultati anche più soddisfacenti.

Oltre a questo, l’ultima puntata è una continua perdita di tempo, soprattutto per Layla, che si intestardisce più e più volte, per farle fare quello che doveva fare fin dall’inizio, senza che ci venga mostrato il suo cambiamento di idea. Ovvero diventare una brutta copia di Wonder Woman.

Il limite del ridicolo

Sicuramente la Marvel si è sempre distinta dai suoi concorrenti per la capacità di portare film divertenti e frizzanti, con una comicità non sempre sopraffina, ma raramente di basso livello. Anche per questo l’MCU, che è stata capace (ed è ancora capace) di portare avanti un universo compatto e a lungo termine, non va sottovalutata.

Per questo, l’infantilizzazione o comunque la poca credibilità di molti elementi per me non è assolutamente giustificabile. Avrebbero potuto utilizzare molto meglio l’elemento comico e riuscire al contempo a dare un minimo di credibilità a queste divinità, che dovrebbero essere enormi e terribili, ma che al massimo sono goffe e stereotipate.

Il caso peggiore è ovviamente Taweret, la dea del passaggio all’aldilà con l’aspetto di un ippopotamo. Al di là del character design che non mi ha convinto fino in fondo, questa rappresentazione della scolaretta impreparata l’ho trovata veramente imbarazzante.

Come hanno fatto poi con Ammit, che è un poderoso coccodrillo, potevano rendere questa figura, legata fra l’altro ad un elemento così interessante e misterioso della cultura egizia, quantomeno seria ed imponente, invece che questo personaggio ridicolo.

E infatti per me tutta la parte dell’aldilà manca di qualsiasi credibilità e mi è sembrata solo una grande perdita di tempo.

La CGI altalenante

La CGI della Marvel non è sempre stata eccellente, ma comunque a mio parere, almeno in tempi recenti, mai così discontinua. Infatti, oltre al fatto che le ambientazioni delle tombe sono davvero cheap, la tecnologia utilizzata dà dei risultati veramente altalenanti.

A partire dai casi peggiori di quella sorta di lupi che vediamo nelle prime puntate, a quelli complessivamente migliori (anche a livello di character design) della dea Ammit, in generale mi è sembrato di trovarmi davanti ad un risultato piuttosto pupazzoso e generalmente poco credibile.

In particolare non è mai riuscito a convincermi Moon Knight, soprattutto nei momenti della trasformazione.

Un finale?

Per me il finale è al limite del disastroso.

Al di là della quantità di tempo persa all’inizio, al di là di come tutta la parte ultraterrena si riveli fondamentalmente inutile, al di là dello scontro finale che dura pochissimo, gli ultimi minuti sono un vero e proprio delirio.

Si arriva al momento decisivo della trama, quando finalmente (e con una facilità disarmante) Marc e Layla riescono a imprigionare Ammit e questa usa la classica frase da cattivo Io tornerò! A quel punto Marc è messo davanti alla scelta di mettere fine ad un problema enorme che potrebbe potenzialmente tornare da un momento all’altro, oppure intestardirsi.

E sceglie la seconda. E a quel punto perché non metterci un bel taglio netto di montaggio, far concludere il momento totalmente fuori scena, e riportare lo spettatore nel manicomio, così da confonderlo ancora di più.

Il problema della terza personalità

Oscar Isaac in una scena della serie tv Moon Knight (2022) miniserie Marvel per l'MCU con Oscar Isaac

Partiamo dal fatto che questa serie è stata annunciata come miniserie, quindi almeno nelle intenzioni vi era l’idea di fare una storia autoconclusiva.

Possiamo pensare che abbiamo scelto il trucchetto di lasciare qualche spiraglio aperto, come d’altronde si fa spesso con progetti dubbi fin dal primo capitolo di Star Wars. Tuttavia, ameno sulla carta, la serie si è conclusa.

E invece il finale con la scena post-credit è un cliff-hanger pesantissimo: sostanzialmente ci ritroviamo nella situazione iniziale, in cui il protagonista non ha idea di possedere un’identità segreta e di essere controllato da una divinità.

E il ciclo ricomincia.

La terza personalità poteva essere introdotta nella serie ben prima, dando un elemento in più e potenzialmente veramente interessante. E invece la sua presenza viene solo suggerita in diversi momenti, dal terzo sarcofago nel manicomio al blackout di Marc alla fine della terza puntata.

E, oltretutto, la presenza della terza personalità rende totalmente insensata la dichiarazione di Taweret sul fatto che Marc sia completo: a parte come è possibile che la terza personalità non sia percepita dalla dea, ma poi appunto come fa Marc ad essere completo (your heart is full) se non ha conoscenza di una terza personalità?

Domande di cui non avremo mai una risposta. E lo spero: perché altrimenti significherebbe che questa serie dovrebbe avere un seguito.

Ultimo ma non ultimo: Khonshu in smoking è una di quelle cose che farò fatica a dimenticare.

E non in positivo.