Candidature Oscar 2022 per Belfast (2021)
(in nero le vittorie)
Miglior film
Miglior regista
Migliore sceneggiatura originale
Miglior attore non protagonista a Ciarán Hinds
Migliore attrice non protagonista a Judi Dench
Miglior sonoro
Migliore canzone
Belfast (2021) è l’ultima pellicola scritta e diretta da Kenneth Branagh, che abbiamo visto recentemente come regista ed interprete in Assassinio sul Nilo (2021). Belfast è una lettera d’amore alla sua città natale, da cui il film prende il titolo, il racconto di un episodio particolarmente sentito della sua infanzia, sullo sfondo della guerra civile che scoppiò nel suo quartiere nel 1969.
Di cosa parla Belfast
Come anticipato, Belfast è un racconto semi autobiografico: Buddy, protagonista della pellicola interpretato dal giovanissimo e talentuoso Jude Hill, vive a Belfast, nell’Irland del Nord. Davanti ai suoi occhi sgomenti scoppia la terribile guerra civile dei lealisti protestanti, che si accaniscono con violenza contro i cattolici del suo quartiere. La vita procede fra i problemi familiari e i piccoli drammi personali di Buddy, in un bozzetto di quotidianità d’altri tempi veramente ben riuscito.
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Un racconto d’infanzia
La particolarità della pellicola risiede soprattutto nel taglio narrativo, che mi ha ricordato molto Il buio oltre la siepe (1960, Harper Lee) e Quel che sapeva Maisie (1887, Henry James): la visione infantile e ingenua della vita, un mondo adulto lontano e incomprensibile. Infatti in quasi ogni scena, anche se a lato e come semplice spettatore, Buddy è lì, che guarda e ascolta. E ci offre le sue ingenue e semplici interpretazioni.
Il tema della guerra civile non è altro che lo sfondo della vera vicenda, ovvero la famiglia di Buddy, con le sue diverse vicissitudini. Di fatto un susseguirsi di quadretti familiari e bozzetti realistici, semplici scene di quotidianità in un quartiere come tanti. Un casting ottimo, con le facce giuste e attori di primo livello, che raccontano un’Irlanda dei tempi che furono.
Proprio come si addice ad un racconto infantile, i personaggi non hanno nome: sono la madre e il padre, la nonna e il nonno. Persino Buddy, il protagonista, non ha un vero nome: buddy in inglese è infatti un appellativo affettivo per indicare un amico.
Lo sguardo profondo
Per rappresentare la semplicità e la familiarità degli ambienti e delle scene, Branagh privilegia inquadrature fisse, in cui la scena si compone da sé e i personaggi esplorano l’ambiente. Uno spazio scenico fra l’altro ristretto ma profondo, con figure messe in primo, secondo e terzo piano nella stessa inquadratura
Ambienti sempre animati e popolati da diverse figure, anche semplici comparse, che passano sullo sfondo o addirittura in mezzo alla scena, donandogli una grande verosimiglianza e vivacità. Addirittura per simulare il punto di vista di Buddy che origlia, in una scena Branagh sperimenta con la camera a mano, rendendo l’inquadratura leggermente (e volutamente) traballante.
Nonostante questo, lo scorrimento del tempo è abbastanza serrato: gli eventi si svolgono uno dietro l’altro, anche con stacchi improvvisi, proprio a simulare l’andamento della memoria del protagonista.
Belfast può fare per me?
Per quanto sia un ottimo prodotto registico, Belfast è tutt’altro che un prodotto complesso, anzi.
Si guarda con grande facilità, ci si appassiona abbastanza istintivamente alle vicende dei personaggi e alla storia raccontata. Persino io, che non sono una grande fan dei drammi familiari, sono comunque riuscita a sentirmi coinvolta della storia e commossa per le scelte sofferte dei personaggi.
Diciamo che se si apprezza il genere dei drammi familiari, è un film che sicuramente può fare per voi, mentre se li mal sopportate, potrebbe non appassionarvi. È l’unico discrimine che mi sentirei di dare in questo caso.