Dogtooth (2009) è una delle prime opere di Yorgos Lanthimos, quando ancora produceva unicamente film in madrepatria.
A fronte di un budget veramente ridicolo – 250 mila dollari – fu nel complesso un grande successo commerciale, forte anche di diversi premi in festival internazionali: 1,4 milioni di dollari.
Di cosa parla Dogtooth?
Tre fratelli già piuttosto adulti sono tenuti in isolamento dal resto del mondo per volontà del padre, vivendo solamente nel loro piccolo mondo casalingo…
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Dogtooth?
Assolutamente sì.
Nonostante sia un film a tratti veramente disturbante, piuttosto grottesco e profondamente violento, per quanto mi riguarda Dogtooth è una visione veramente rilassante: uno slice of life piuttosto anomalo, che calibra molto bene i suoi toni e i suoi contrasti.
Si passa così da piccole, assurde quotidianità di questa strana famiglia, per poi esplodere improvvisamente in picchi di brutalità, che però sono talmente ben integrati nel tessuto narrativo da non risultare mai fuori luogo.
Insomma, da riscoprire.
Linguaggio
La vera prigionia dei protagonisti di Dogtooth è intellettuale.
E parte dal linguaggio.
La prima scena infatti ci mostra come il terzetto sia sottomesso ad una sorta di tradizione orale del padre, programmaticamente manipolata per rendere il più alienante possibile la condizione dei figli, impossibilitati a comunicare anche nelle forme più basilari.
Così la mancanza di stimoli intellettivi li limita anche nei loro interessi e nelle loro passioni, del tutto confinati all’ambito dei giochi infantili giusto per passare il tempo, ai futili baratti di oggetti senza valore e alle più brutali competizioni, che spesso sfociano anche nella violenza.
Ed infatti proprio la violenza è il cardine del sistema educativo.
Educazione
L’educazione del padre è violenta e fortemente competitiva.
L’uomo incastra i suoi figli in un rigido sistema di premi e punizioni di sua stessa invenzione, in cui sono spinti a scontrarsi l’uno contro l’altro per decidere chi è il migliore dei tre, chi ha collezionato più sticker, chi che ha conquistato più aeroplani…
Ed è genuinamente grottesco quanto questi bambinoni siano interessati a premi che nel mondo reale definirebbero semplicemente il loro tempo libero, e che si riducono spesso ad attività rispettive eppure estremamente eccitanti, come la visione di un video che sanno ormai a memoria.
Ma le punizioni sono anche peggiori.
I tre fratelli conoscono solamente il linguaggio della violenza, così si rapportano fra di loro e così subiscono le conseguenze delle loro azioni, che sia essere schiaffeggiati e rinchiusi in camera, o addirittura essere selvaggiamente picchiati con una videocassetta.
Ma l’educazione passa anche per il sesso.
Sesso
La presunta educazione sessuale è prerogativa unica del figlio maschio
Ed è anche l’unico effettivo rischio che il patriarca si concede, lasciandolo alle cure di una donna estranea che porta il primo elemento caotico e fuori controllo nella famiglia, e che si ingigantisce sempre di più nel corso della pellicola.
Nonostante infatti il sesso sia un’esclusiva del fratello, in realtà è la sorella maggiore quella che lo esplora principalmente, scoprendosi sempre più interessata al dare che al ricevere, anche senza avere niente in cambio.
E infine diventa per forza di cose un tutto in famiglia, con la figlia maggiore costretta a prendere le parti di Christina, anche se le stesse infine passeranno quasi naturalmente alla figlia minore, che si ricongiunge sessualmente col fratello nel finale del film.
Ideale
Il padre ha creato un mondo ideale?
Avendo solo una visione rigida e unilaterale della società in cui vive, l’uomo non ha cresciuto i figli perché fossero migliori di lui, del tutto vergini dalle brutture del mondo esterno, ma piuttosto plasmandoli a propria immagine e somiglianza.
I fratelli sono infatti degli individui vuoti, del tutto incapaci di rapportarsi fra di loro e con l’ambiente, se non tramite un utilizzo sconsiderato della violenza, vivendo nel sogno di una maturazione impossibile legata alla caduta del dogtooth, il canino.
E proprio questa limitatezza di pensiero si vede nel finale.
La sorella maggiore non fa altro che rispettare i rigidi dettami del padre per rendersi pronta per il mondo esterno, forzando quel passaggio con quella stessa violenza con cui è stata cresciuta, per poi andarsi a nascondere nell’unico mezzo permesso per uscire dalle mura domestiche.
E così il film si chiude con una ripresa muta sulla macchina, che porterebbe a chiedersi se effettivamente la donna si è liberata, ma che ci lascia invece con l’amara consapevolezza che in ogni caso il suo personaggio sarà incapace di sfuggire veramente alla pesante eredità che il padre le ha messo sulle spalle…