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Dumbo – La favola triste

Dumbo (1941) di Ben Sharpsteen è il quarto classico Disney, distribuito per recuperare le perdite di Fantasia (1940).

In effetti, a fronte di un budget molto ridotto – meno di un milione di dollari – incassò 1,3 milioni.

Di cosa parla Dumbo?

Il nuovo arrivato del circo, il piccolo Dumbo, viene discriminato e maltrattato per le sue grandi orecchie…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Dumbo?

Dumbo e il topolino Timoteo in una scena di Dumbo (1942) di Ben Sharpsteen

Assolutamente sì.

Anche per la durata veramente ridotta – poco più di un’ora – Dumbo è una visione piacevolissima, nonostante la storia davvero straziante in più momenti, che cerca però di smorzare la tragedia sul finale, inserendo degli intermezzi comici – o presunti tali.

Anche se fu concepito come un prodotto dal basso budget, Walt Disney non smise ancora di sorprendere con la sua animazione splendida pur nella sua semplicità, continuando sulla strada vincente di animare personaggi animali in maniera credibile e mai forzata.

Insomma, da non perdere.

Dumbo tecnica animazione

Dumbo nacque come un Roll-A-Book.

Questo prototipo di giocattolo conteneva otto disegni e poche righe di narrazione, con Dumbo accompagnato da un pettirosso piuttosto che dal topolino Timoteo, e fu portato all’attenzione di Walt Disney nel 1939.

Il progetto fu subito accolto con entusiasmo da Disney, anche se inizialmente intese il progetto come un cortometraggio: la sua natura cambiò non solo quando si capì la necessità di una maggiore lunghezza per riuscire ad adattare la storia…

…ma soprattutto per venire incontro alle perdite finanziarie di Fantasia, il cui insuccesso fu dovuto anche all’impossibilità di distribuirlo in Europa per via dell’inedita situazione bellica.

Infatti Dumbo fu un progetto low-budget: si può ben notare dalla semplicità del design dei personaggi, dagli sfondi poco dettagliati, e da un certo numero di momenti riciclati dell’animazione interna al film.

Inoltre, insieme a Biancaneve (1937), è l’unico Classico Disney con gli sfondi creati con gli acquarelli.

Anche se fu nel complesso un successo, ci furono diversi problemi nella produzione e nella distribuzione.

Anzitutto, il 29 Maggio 1941, dopo che una prima animazione approssimativa del film era stata compiuta, diversi animatori appartenenti al sindacato Screen Cartoonists Guild cominciarono uno sciopero che si concluse solo dopo cinque settimane.

Inoltre la RKO fu inizialmente molto reticente nel distribuire il film nella sua lunghezza di soli 64 minuti, chiedendo inutilmente a Disney di allungarlo o distribuirlo come cortometraggio, dovendo poi cedere e portarlo in sala nella forma proposta.

Umano

Dumbo e la signora Jumbo in una scena di Dumbo (1942) di Ben Sharpsteen

Uno dei grandi pregi di Dumbo è la gestione dei personaggi animali.

Altre produzioni molto meno ispirate avrebbero reso gli elefanti umani in tutto per tutto, facendoli camminare su due zampe e facendogli utilizzare le altre due come normali braccia, magari anche vestendoli di abiti borghesi.

Al contrario, nel quarto Classico Disney si punta moltissimo nell’animare la parte più attiva dei pachidermi: la loro proboscide, che diventa di fatto un braccio che in maniera del tutto credibile interagisce con l’ambiente circostante, afferrando, indicando e persino aggredendo.

Dumbo e la signora Jumbo in una scena di Dumbo (1942) di Ben Sharpsteen

Tuttavia, le dinamiche sociali sono strettamente umane.

Fin dall’inizio si svela tutta la cattiveria del gruppo delle elefantesse, che prima umiliano la Signora Jumbo già solo per il fatto di essere incinta – con un sottosenso piuttosto impegnativo – e a cui basta un elemento fuori posto – le grosse orecchie – per cominciare a bullizzare il nuovo venuto.

Piuttosto audace per una produzione di questo tipo raccontare un lato ben meno felice della realtà circense, in cui gli animali non solo erano sfruttati, ma anche lasciati liberi nelle mani degli avventori, per poi essere puniti quando solo cercavano di difendersi.

E dare il via alla scena più triste di tutte…

Solo

Il topolino Timoteo in una scena di Dumbo (1942) di Ben Sharpsteen

Una volta poste le basi di una situazione ostile e immobile, viene introdotto il motore della vicenda.

Ovvero, il topolino Timoteo.

Si tratta del secondo piccolo aiutante che appare in un Classico di casa Disney, dopo l’ottima sperimentazione con il Grillo Parlante in Pinocchio (1940) e che anche in questo caso diventa elemento fondamentale per la storia, che guida il protagonista nella sua evoluzione.

Il topolino Timoteo e Dumbo in una scena di Dumbo (1942) di Ben Sharpsteen

È infatti opera di Timoteo lo spettacolo con protagonista Dumbo, e sempre Timoteo lo incoraggia costantemente, anche quando viene umiliato e ridotto a pagliaccio, in una condizione di evidente inferiorità, per cui neanche viene considerato un vero elefante.

Ed è a questo punto che si trova la parte più iconica e altresì più enigmatica del film.

Intermezzo

Cosa rappresenta la scena degli Elefanti Rosa?

Secondo alcuni, è un semplice virtuosismo artistico in una pellicola, che per il resto non brilla particolarmente per l’innovazione, per altri una palese introduzione dell’elemento degli stupefacenti in un prodotto per bambini – niente di strano dopo il ben più problematico Pinocchio.

Quello che è indubbio è che ci troviamo davanti all’ennesima dimostrazione della maestria animata della Disney delle origini, capace di impreziosire una storia così in piccolo con una sequenza rimasta indelebile nell’immaginario di diverse generazioni di bambini.

Tanto più che la sequenza sfoggia una tecnica che sembra un retaggio di Fantasia stessa, con un sublime incontro fra musica e animazione, quasi dialogando con lo stesso pubblico di bambini, probabilmente attonito davanti a questa strana parata di inquietanti elefanti rosa.

Scioglimento

I corvi in una scena di Dumbo (1942) di Ben Sharpsteen

Nonostante la breve lunghezza, Dumbo mostra una struttura narrativa piuttosto solida.

Dopo una robusta introduzione, i primi passi del protagonista nella sua salita e caduta precipitosa, viene lasciato adeguato spazio per sciogliere la vicenda in maniera convincente e con non pochi inciampi dello stesso protagonista lungo la strada.

L’unico labile collegamento della parte degli Elefanti Rosa è che rende possibile a Timoteo di iniziare a sospettare le doti incredibili di Dumbo – il saper volare – con il piacevole inserimento dei corvi, che sembrano un po’ fare eco ai pensieri dello spettatore.

Il topolino Timoteo e Dumbo in una scena di Dumbo (1942) di Ben Sharpsteen

Inoltre, la canzoncina Giammai gli elefanti volar costruisce un simpatico climax verso la conclusione, con anche l’inserimento di una apparentemente innocua bugia bianca, che però sembra quasi rivoltarsi contro Timoteo proprio nel momento più sbagliato…

…ma che invece porta ad un finale completo e soddisfacente.

Ritroviamo le elefantesse che, dopo essere state punite per la loro cattiveria, sono felici sul treno del circo, con in coda la Signora Jumbo finalmente riabilitata e libera dalla prigionia, mentre guardia orgogliosa il suo bambino, diventato ormai la nuova star del circo.