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Frozen – Il mediocre di successo

Frozen (2013) di Chris Buck e Jennifer Lee è uno dei lungometraggi animati più redditizi della storia della Disney. Un prodotto che ebbe infatti un successo immenso, tanto che alcune parti del film sono ancora oggi assolutamente iconiche.

Per capire il tipo di riscontro che ebbe, a fronte di un budget di appena 150 milioni di dollari, incassò quasi 1,3 miliardi in tutto il mondo.

Se avete vissuto nel periodo della frozen-mania saprete fino a che punto eravamo bombardati dalle infinite riproposizioni di Let it go e affini, da cui io stessa fui coinvolta. Tuttavia, andando a guardare il prodotto con un giudizio più analitico, e non di pancia, emergono tutte le crepe.

Di cosa parla Frozen?

Elsa e Anna sono due sorelle in un regno immaginario dal sapore germanico, e vivono un’infanzia spensierata. Se non fosse che Elsa possiede dei poteri apparentemente incontrollabili…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di guardare Frozen?

Anna (Kristen Bell) e Elsa (Idina Menzel) in una scena di Frozen (2013) di Chris Buck e Jennifer Lee

No.

E potremmo chiuderla qui.

Ammetto di avere un malcelato fastidio per questa pellicola, che mi portò al tempo a vederlo due volte al cinema, non riuscendo per nulla a capire l’entusiasmo che aveva suscitato. Lo trovai un film assolutamente normale, anzi molto difettoso, una brutta copia di Rapunzel (2010), da cui pescava a piene mani, in maniera anche piuttosto maldestra.

Col tempo, mi resi conto di quanto questo prodotto dovesse il suo successo a pochi elementi di vincenti, che oscurarono tutto il resto. Per me è un film mediocre, mediocrissimo, ma se proprio volete vederlo, non aspettatevi gran che.

Sicuramente i bambini lo ameranno.

Elsa: un’adulta irrequieta

Elsa (Idina Menzel) in una scena di Frozen (2013) di Chris Buck e Jennifer Lee

Elsa non è un bel personaggio.

E con questo intendo dire che la sua figura è stata particolarmente esaltata come un grande passo avanti per la Disney a livello di rappresentazione dei personaggi femminili, dal momento che è forse la prima che non abbia una storia romantica all’interno del suo percorso.

Tuttavia questo non significa che sia un passo veramente avanti né un buon esempio per il target di riferimento.

Infatti il problema non è tanto avere o meno un interesse romantico, ma essere definito dallo stesso: protagoniste come Mulan e Rapunzel vivono indipendentemente dalle loro storie romantiche, e hanno una crescita emotiva molto più interessante.

Elsa è infatti un’adulta irrequieta, prigioniera (per motivi che poi affronteremo) della sua stessa famiglia, e che non è capace di vivere serenamente la sua vita e che, da un momento all’altro, perde la testa e lascia totalmente a briglia sciolta i suoi poteri.

E tutta la sua storia manca di un’evoluzione emotiva degna di questo nome.

I problemi non risolti

Elsa (Idina Menzel) in una scena di Frozen (2013) di Chris Buck e Jennifer Lee

L’evoluzione emotiva di Elsa dovrebbe portare alla risoluzione di un profondo conflitto interiore che la rendeva incapace persino di uscire dalla sua stanza.

Tuttavia questo prende anzitutto una strada del tutto negativa, dove lei sembra quantomeno risolvere (senza che questo abbia una chiara spiegazione) il valore distruttivo dei suoi poteri, rendendoli invece positivi e costruttivi.

Ma nulla si risolve dal punto di vista emotivo.

E infatti la troviamo ancora piuttosto tormentata sia quando Anna la va a trovare, sia dopo, con intere scene in cui mostra la sua irrequietezza. E la risoluzione di tutti i suoi problemi sembra l’accettazione dell’amore della sorella e, per estensione, l’accettazione di tutti gli altri.

Ma senza che di fatto ci sia stata una vera evoluzione o un vero percorso, se non una sorta di terapia d’urto con la morte della sorella. Senza che sappiamo nulla sull’origine dei poteri, di come infine riesca a controllarli.

Nulla.

Anna: il bilanciamento drammatico

Anna (Kristen Bell) in una scena di Frozen (2013) di Chris Buck e Jennifer Lee

Anna è di fatto la vera protagonista della pellicola.

E non è di per sé un personaggio problematico, ma è piuttosto appiattita nella figura della principessa ingenua e ingiustificabilmente positiva, che riesce facilmente a farsi circuire da un personaggio assolutamente ridicolo come Hans.

Ma c’è un chiaro motivo.

Elsa è un personaggio troppo drammatico per un prodotto con target infantile, troppo tormentato per essere effettivamente digeribile ed essere effettivamente protagonista del film.

Per questo ha bisogno di un bilanciamento drammatico da parte di Anna, nonostante il suo comportamento sia totalmente poco credibile, in quanto dovrebbe avere almeno la metà dei drammi emotivi di Elsa.

Invece Anna sostiene tutto il peso emotivo della sorella, la va a cercare e in ultimo la salva effettivamente. E si salva da sola.

Insomma, un personaggio che poteva essere ben più interessante di come è stato scritto.

L’anello debole

Anna (Kristen Bell) e Kristoff (Jonathan Groff) in una scena di Frozen (2013) di Chris Buck e Jennifer Lee

La storia romantica di Anna e Kristoff è uno degli elementi più deboli della pellicola.

Complice anche lo screentime veramente scarso che gli è stato concesso.

Di fatto, Anna e Kristoff si devono innamorare, e devono intraprendere una relazione perché la trama lo richiede. Dal punto di vista emotivo, Anna non ha effettivamente imparato così tanto, perché capisce di amare il suo compagno di viaggio dopo non tantissimo tempo che stanno insieme e dove non sembra che ci sia un’effettiva evoluzione del loro rapporto.

E questo è così tanto diverso dall’apparente rapporto idilliaco con Hans?

Banalmente, basterebbe confrontare l’eccellente costruzione del rapporto fra Flynn e Rapunzel in Rapunzel: i due partono da una relazione incredibilmente antagonistica, vivono una precisa e interessantissima evoluzione, con una relazione romantica va molto oltre il semplice amore, ma che ha un significato ben più profondo.

Possiamo dire lo stesso per Anna o concludiamo che si tratta dell’ennesima principessa che si innamora perché deve innamorarsi?

Alla faccia del passo avanti…

Una relazione quasi grottesca

Inoltre, relazione fra Anna e Kristoff è talmente forzata da risultare quasi grottesca.

Il punto più drammatico è quando i due si recano dai troll per curare Anna, ma la scena si trasforma in una sequenza senza senso, anzi piuttosto fastidiosa, in cui i troll pensano che Kristoff voglia sposare Anna e li costringono quasi a farlo.

Per concludere con la più classica paraculata Disney del vero amore che vince su tutto.

E a questo punto Anna viene riportata a palazzo per essere salvata da Hans, per poi inseguire in maniera anche abbastanza disturbante Kristoff per farsi baciare. E per fortuna questa idea è sventata dal film stesso, in cui mostra che il vero amore è quello fra Anna e Elsa.

Elemento che, però, va ancora più a svalutare la relazione fra Anna e Kristoff.

Un viaggio dispersivo

Anna (Kristen Bell), Kristoff (Jonathan Groff) e Olaf (Josh Gadd) in una scena di Frozen (2013) di Chris Buck e Jennifer Lee

Altro elemento problematico di Anna è la gestione del suo viaggio.

Anna intraprende il viaggio per andare da Elsa, non risolve assolutamente niente, e si lascia inutilmente trasportare da Kristoff verso un siparietto agghiacciante (di cui sopra), e infine si mette in trappola da sola.

Quindi sostanzialmente Anna diventa vittima degli eventi stessi, riesce a salvarsi sul finale, ma di fatto, da circa metà del film in poi, si dimentica del problema principale della pellicola, ovvero sua sorella, e mette (anche comprensibilmente) al centro della trama la sua salvezza personale.

E tutto viene risolto magicamente negli ultimi minuti.

I genitori: i veri villain

La conclusione più surreale di questa pellicola è rendersi conto che i genitori sono i veri villain.

Non stiamo parlando certo di popolani che devono proteggere la figlia dal linciaggio della massa, ma regnanti che potenzialmente potevano rendere la loro figlia una figura di culto, persino un’arma, e modellare l’opinione pubblica a loro uso e consumo.

Invece, giustamente, non solo non cercano neanche di provare ad aiutarla a capire i suoi poteri, magari cercando una persona che potesse darle una mano, ma la fanno sempre più rinchiudere in sé stessa, traumatizzandola definitivamente.

Un meccanismo della trama senza alcun costrutto.

O piuttosto una forzatamente versione positiva del rapporto distruttivo fra Rapunzel e Madre Gothel…

Olaf: un disastro estetico

Olaf (Josh Gadd) in una scena di Frozen (2013) di Chris Buck e Jennifer Lee

So che molti non saranno d’accordo, ma io detesto Olaf.

Le sue canzoni sono veramente di cattivo gusto a livello estetico, plasticose e totalmente fuori contesto, non mi piace l’ironia e il punto chiave della sua personalità, ovvero amare un elemento contrario alla sua natura.

Ma soprattutto detesto il suo character design, che trovo molto abbozzato e sinceramente brutto, secondo solamente a quella mostruosità del mostro marshmallow che caccia Anna e Kristoff dal palazzo di Elsa.

Ed è un problema anche più ampio.

L’unica cosa che funziona

Anna (Kristen Bell) e Elsa (Idina Menzel) in una scena di Frozen (2013) di Chris Buck e Jennifer Lee

Nonostante tutti i difetti, la relazione fra Anna e Elsa è l’elemento più solido della trama, e forse anche quello che tutto sommato la tiene insieme.

Un elemento emotivo molto forte, forse anche più importante da raccontare ad un pubblico infantile piuttosto che replicare nuovamente la questione del vero amore romantico. E infatti una delle canzoni più iconiche della saga è Wanna build a snowman?, con tutto il carico emotivo che si porta dietro.

E la scelta di rendere il salvataggio della protagonista per mano della sorella e non di un uomo appena conosciuto, nonostante si incastri male nel contesto, era una buona idea, almeno sulla carta.

Perché Frozen ha avuto tutto questo successo?

Il successo di Frozen, ovviamente, è stato veicolato dal pubblico infantile che si è innamorato del prodotto, e in particolare del personaggio di Elsa.

Perché, nonostante tutte le mie analisi, è indubbio che Elsa sia un personaggio intrigante e sicuramente diverso dal solito. Ma soprattutto il suo character design è davvero incredibile, ben pensato e davvero vendibile.

E infatti per me ancora rimane un mistero come abbiamo fatto un lavoro creativo così ottimo con questo personaggio e così pessimo col resto.

Stesso discorso vale per Let it go, canzone che personalmente apprezzo, sia per la scena, sia perché è stata cantata da un’artista di grande talento come Idina Menzel, sia per il valore emotivo che l’accompagna.

Un altro elemento molto iconico, in un mare di canzoni, con l’eccezione di Wanna build a snowman?, piuttosto mediocri e dimenticabili.

Insomma, un prodotto con pochi elementi vincenti e iconici in un oceano di mediocrità.

Frozen 2 – La rivelazione

Mi sono fatta delle grassissime risate con Frozen II (2019).

Sia perché il film si presta molto di più (volontariamente o involontariamente) alla risata, sia perché sono state confermate tutte le mie ipotesi sul successo del primo film, di cui sopra.

Se ci avete fatto caso, questo prodotto, nonostante un incasso sempre straordinario, è stato accolto molto più tiepidamente dal pubblico non in target, che invece aveva tanto lodato la prima pellicola.

E questo perché, secondo me, Frozen II è un film che mostra la stessa mediocrità del primo, con la differenza che manca degli elementi iconici che avevano definito il successo del precedente film.

Tuttavia un ottimo modo per vendere nuovi giocattoli, indubbiamente.