Hannah e le sue sorelle (1986) è una delle commedie più conosciute della produzione di Woody Allen, godendo fra l’altro di un cast piuttosto nutrito di star – o future tali – fra cui Carrie Fisher, Michael Caine e Diane West.
Fu anche uno dei più grandi successi economici della produzione di Woody Allen: con un budget di circa 6,4 milioni di dollari – circa 18 milioni ad oggi – incassò ben 40 milioni – circa 110 milioni ad oggi.
Di cosa parla Hannah e le sue sorelle?
La storia ruota intorno alle turbolente vite sentimentali di Hannah e delle sue due sorelle, April e Lee, che si intersecano in maniera piuttosto inaspettata…
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Hannah e le sue sorelle?
In generale, sì.
Hannah e le sue sorelle si va ad incasellare in quel tipo di commedia della produzione di Woody Allen non particolarmente originale nelle tematiche, ma piacevole da fruire, nonché elegante e curata nella messinscena.
I suoi grandi punti di forza sono il cast di grandi attori – quell’anno, fra l’altro, ampiamente premiati agli Oscar – e l’irresistibile ironia di Woody Allen stesso, che, come tipico delle sue commedie, è il punto focale della comicità della pellicola.
Insomma, nel complesso ve la consiglio.
L’inizio di un amore
L’incipit di Hannah e le sue sorelle racconta uno dei temi preferiti di Allen: un amore impossibile.
La voce fuori campo dell’ancora sconosciuto Elliot ci accompagna alla scoperta di Lee e dei suoi sentimenti segreti quanto problematici – niente di meno che per la giovane sorella della moglie.
Tutto sembra essere apparecchiato per lo svolgersi di uno struggente dramma romantico a lieto fine: entrambi sono ingabbiati in relazioni a loro dire insoddisfacenti, e sembrano invece ritrovarsi negli interessi intellettuali comuni.
Ma questa non è una qualunque commedia romantica.
Come aveva già sperimentato sia in Io e Annie (1977) e Manhattan (1979), Allen sceglie un taglio più amaramente realistico: per quanto Elliot si racconti di essere perdutamente innamorato di Lee e di volerla salvare da Frederick, in realtà è divorato dall’angosciante prospettiva di ferire Hannah.
E la troppa attesa preclude per sempre i rapporti.
Alla fine, Lee salva sé stessa: si lascia alle spalle la problematica relazione con Frederick – che era più un padre che un compagno – ed evita di affiancarsi nuovamente ad un uomo così distante da lei per età e per affinità.
Il ritaglio comico
La storia dei Mickey è quella che ho più apprezzato della pellicola.
Con questo personaggio Woody Allen riesce a mantenere la comicità surreale tipica soprattutto della sua prima produzione: un incurabile ipocondriaco, tormentato da un’ansia costante e quasi grottesca.
Tramite un inaspettato crescendo drammatico, sembra veramente che i più tragici sogni del protagonista si siano avverati, e che la morte sia veramente venuta a bussargli alla porta, tanto da immaginarsi l’infausto annuncio del dottore.
Ma ancora più inaspettata – e, per questo, irresistibile – è la crisi esistenziale che lo assale, portandolo a riflettere sulla sua vita e il suo matrimonio finito, ricercando una fede in cui rifugiarsi, con un’ironia che già aveva sperimentato in Prendi i soldi e scappa (1969).
E poi c’è Holly.
Il lato debole
Holly, è a mio parere, la storia più debole del terzetto.
La debolezza risiede nella difficoltà che ho trovato nell’empatizzare con il personaggio: una bisbetica insoddisfatta che insegue amori impossibili e sogni irrealizzabili, ma sembrando più un peso per le sue sorelle che altro.
Ho trovato altresì piuttosto antipatica la sua scelta di umiliare la sorella con una sceneggiatura che svelasse la fallacia del suo matrimonio, idea per fortuna messa da parte e che conduce il personaggio ad un – a mio parere – davvero improbabile lieto fine.
Proprio per il tipo di commedie con finali piuttosto amari tipici della produzione di Allen, ho trovato quasi fuori luogo come Holly e Mickey si ritrovano, arrivando nel giro di poco tempo anche a sposarsi, a fronte di un primo appuntamento divertente quanto rivelatorio della loro incompatibilità.