Il diavolo veste Prada (2006) di David Frankel è uno dei più grandi cult degli Anni Duemila, ricordato soprattutto per la fantastica performance di Meryl Streep e per aver lanciato la carriera cinematografica di Anne Hathaway.
Con un budget medio – 35 milioni di dollari – fu un enorme successo commerciale, con 326 milioni di dollari di incasso in tutto il mondo.
Di cosa parla Il diavolo veste Prada?
Andy è una giovane ragazza con un sogno: diventare una giornalista per le più importanti testate di New York. Ma la strada per arrivarci è strana quanto perigliosa…
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Il diavolo veste Prada?
Assolutamente sì.
Il diavolo veste Prada è un cult imprescindibile, che riesce a raccontare molto di più sul dramma della femminilità dell’inizio del Millennio (e non solo) di quanto appaia ad una prima visione, con delle performance attoriali indimenticabili e una maturazione della protagonista tipica e atipica insieme…
Al contempo, questa pellicola è un racconto molto lucido delle difficoltà del mondo della moda e, più in generale, della realtà lavorativa statunitense – e non solo – soprattutto per una donna in un mondo dominato dalla visione maschile.
Insomma, non ve lo potete perdere.
Una ragazza con un sogno
L’opening de Il diavolo veste Prada è già di per sé iconico.
Si alternano sullo schermo scene di diverse donne senza nome che si preparano per uscire indossando abiti favolosi e molto chic. Tutto il contrario invece della nostra protagonista, che ha un abbigliamento molto più semplice e – se così vogliamo dire – trasandato.
Quindi fin da subito capiamo un concetto fondamentale: Andy è fuori posto.
Ma non per questo si arrende.
Nonostante fin da subito sia osteggiata da ogni parte, nonostante sia redarguita e sbeffeggiata per non essere vestita alla moda e per non venerare Miranda, Andy non si perde d’animo ed affronta a testa alta un colloquio che già capisce essere destinato al fallimento.
E ancora, nonostante Miranda la tratti con sufficienza e superiorità, la protagonista si lancia comunque in un racconto sincero e appassionato riguardo le sue capacità di lavorare sodo e di potersi quindi adattare anche ad un contesto così alieno per lei.
E per questo Miranda la sceglie.
Ostilità e epifania
Fin da subito lavorare per Miranda si rivela un inferno.
Senza alcuna formazione, senza alcuna pietà, Andy viene travolta dal turbine di richieste impossibili e tiranniche che presuppongono che lei conosca già a menadito la rivista, i contatti e le abitudini della sua nuova capa.
Nonostante appaia impacciata, piena di dubbi e fuori posto, la protagonista non si arrende mai, dimostrandosi anzi ben cosciente che tutto quello sforzo è un passaggio necessario per percorrere la via più breve – ma anche più ardua – per conquistare il suo sogno.
L’epifania è l’iconica scena del ceruleo.
Nonostante sembri solo raccontare la cattiveria e la supponenza del personaggio di Miranda, in realtà rivela molto di più.
Miranda non se la prende con Andy perché non ne capisce nulla di moda: piuttosto la critica aspramente per la superficialità con cui sta approcciando il suo nuovo lavoro e l’ambiente di cui fa parte, considerando la moda come una roba che non la riguarda.
Ma proprio la direttrice di Runway le fa comprendere come invece il suo lavoro sia molto più trasversale e penetrante, molto più importante profondo di quanto creda: non solamente uno spreco di soldi per oggetti inutili, ma un’effettiva forma d’arte.
Ma sulle prime Andy questo non lo capisce.
Il diavolo veste Prada Nigel
La vera svolta arriva con il dialogo con Nigel.
Dopo l’amaro confronto con Miranda per non essere riuscita a riportarla a casa in tempo per la recita delle sue figlie, Andy si rivolge al braccio destro del suo capo per un conforto, sperando di trovare in lui una spalla su cui piangere.
Invece Nigel la sorprende.
Con il suo sentito monologo, l’uomo le fa comprendere una volta per tutte la faciloneria con cui ha approcciato il suo nuovo lavoro, scegliendo testardamente di non adattarsi e di continuare a sminuire Runway e tutto quello che – come spiega Nigel – effettivamente rappresenta.
La svolta superficiale?
Con l’atto centrale il film comincia a combattere contro sé stesso.
Se da una parte infatti la sceneggiatura vorrebbe che il cambiamento di abbigliamento di Andy andasse di pari passo con il peggioramento del suo carattere, in realtà questa svolta rappresenta il momento di consapevolezza della protagonista.
Infatti, parallelamente al suo cambio di look, Andy si dimostra anche più spigliata, più sicura, più determinata nello sfruttare effettivamente questa opportunità che le è stata concessa, non scegliendo più di combattere l’ambiente, ma di trarre il meglio dallo stesso.
Ed è anche il momento in cui Miranda la mette maggiormente alla prova.
Se il primo test di fiducia di Miranda fallisce miseramente – Andy è incapace di portare a termine una commissione così semplice come portare a casa il Book – la donna sceglie di metterla nuovamente alla prova con una missione impossibile quanto punitiva.
In questo modo, infatti, Miranda pensa di dimostrare definitivamente come Andy, pur essendosi adattata al suo mondo, sia comunque un’incapace.
E invece la protagonista incassa una vittoria dopo l’altra: prima superando brillantemente la prova impossibile del manoscritto di Harry Potter, poi dimostrandosi anche migliore di Emily alla Festa di Beneficenza.
Amici…serpenti
Sulla carta Il diavolo veste Prada vorrebbe raccontare come Andy abbandoni i suoi ideali e i suoi affetti, diventando una donna superficiale e spietata.
Nella realtà, vediamo tutt’altro.
Come detto, la protagonista si impegna sempre di più nel suo lavoro, ma non abbandona mai veramente i suoi amici o smette di preoccuparsi per loro, anzi cerca costantemente di conciliare la sua difficoltosa vita lavorativa con la sua sfera privata.
E dimostra anche di essere una buona amica quando ricopre i suoi amici di regali e li incoraggia continuamente nei loro sogni, al contrario degli stessi che si dimostrano costantemente ostili e di fatto poco rispettosi dello sforzo che sta compiendo.
Ma Nate è il peggiore di tutti.
Il fidanzato di Andy non si impegna mai ad essere veramente supportivo nei suoi confronti, anzi la ostacola costantemente, la fa sentire in colpa per prendere sul serio il suo lavoro, e infine la accusa perfino di non avere una dignità.
Ma il suo punto più basso è indubbiamente sul finale, quando Andy gli dice che ha voltato le spalle alla sua famiglia e ai suoi amici e si chiede per cosa l’ha fatto, e al che Nate risponde
dimostrando di non aver capito assolutamente nulla.
La vera morale
Invece la vera morale della storia è racchiusa nel viaggio a Parigi.
Quando Miranda sceglie Andy al posto di Emily per la Settimana della Moda, non lo fa per metterla alla prova per un proprio tornaconto, ma per farle veramente comprendere cosa significa la strada che ha intrapreso, e se sia davvero disposta a percorrerla fino in fondo.
E Andy sceglie ancora una volta di mettere sé stessa al primo posto, dimostrando anche una grande maturità – a differenza dei suoi amici – nel capire finalmente l’importanza del lavoro che sta svolgendo e di quali opportunità le si stiano aprendo davanti.
Al contempo, tuttavia, Andy sceglie anche di distaccarsi da quel covo di vipere che è il mondo che ruota intorno a Miranda, fatto di sotterfugi, pugnalate alle spalle e odio intestino mal celato, scegliendo di aiutare la sua capa, con un’umanità anomala per l’ambiente.
Tuttavia, quando alla fine Miranda le spiana definitivamente la strada per continuare a lavorare per Runway, Andy sceglie di non proseguire fino in fondo: la protagonista non vuole smettere di essere una donna determinata, ma non vuole neanche perdere la sua integrità.
Di fatto Andy continua a seguire il suo sogno, ma alle sue regole.