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Inu-oh – La sinfonia delle maschere

Inu-oh (2021) di Masaaki Yuasa è un lungometraggio anime ispirato alle reali figure teatro Sarugaku.

A fronte di un budget sconosciuto, anche per la distribuzione limitata visto il periodo di uscita, ha incassato meno di un milione di dollari in tutto il mondo.

Di cosa parla Inu-oh?

Giappone, XI sec. Nello sfondo della grafica guerra fra clan, due ragazzi estremamente sfortunati saranno capaci di dare nuova linfa al panorama musicale del loro paese…

Vi lascio il trailer per farvi un’idea:

Vale la pena di vedere Inu-oh?

Tomona in una scena di Inu-oh (2021) di Masaaki Yuasa

Assolutamente sì.

Inu-oh è una di quelle perle cinematografiche sostanzialmente sconosciute tranne agli appassionati, capace di distinguersi in maniera significativa dal resto del panorama del genere anime sia per lo stile visivo che per il taglio narrativo scelto.

Per farvi capire, è un po’ come se La storia della Principessa Splendente (2013) e Samurai Champloo (2004) avessero un figlio.

E non vi dirò di più.

Intarsio

Tomona in una scena di Inu-oh (2021) di Masaaki Yuasa

Il primo atto di Inu-oh è un enigmatico intarsio narrativo.

Il panorama politico e militare appena abbozzato serve solo per darci un’infarinatura del mondo in cui si muovono i protagonisti, portando in scena momenti e personaggi apparentemente scollegati fra loro, accomunati da un taglio fra il fantastico e il mistero.

I due protagonisti sono infatti legati da un comune destino di di sofferenza e marginalizzazione, dovuto in entrambi casi all’avidità di personaggi terzi, che cercano di arricchirsi sulle loro pelle senza che loro neanche lo sappiano fino in fondo.

E, da questa maledizione comune, si sviluppano due temi fondamentali.

Memoria

Tomona in una scena di Inu-oh (2021) di Masaaki Yuasa

La memoria è un elemento fondamentale in Inu-oh.

Infatti, nel contesto culturale in cui il sapere popolare è conservato nel ricordo della comunità, il più grande tesoro è in realtà sono proprio le storie da raccontare e da tramandare, capaci di stupire un pubblico ormai dimentico.

Per questo i suonatori biwa, i maggiori possessori di questo tesoro, sono due volte puniti: prima dalla tirannia dello shogun, che cerca di assoggettare questo patrimonio di parole ai propri bisogni politici, riducendo gli stessi a meri esecutori del suo potere – da cui l’aspetto sempre uguale…

…ma soprattutto sono vittime della spietata avidità del padre di Inu-oh, pronto a sacrificare il suo stesso figlio per ottenere il massimo potere su questa inestimabile ricchezza, da utilizzare per sfidare lo stesso governo in carica in una disperata ricerca di popolarità.

E la memoria si intreccia perfettamente con il perno della vicenda.

Identità

Tomona in una scena di Inu-oh (2021) di Masaaki Yuasa

L’identità è il cardine tematico di Inu-oh.

Entrambi i protagonisti sono accomunati da una identità che li rende dei reietti sociali, ma riescono ad incontrarsi proprio grazie alle loro stesse malformazioni: Tomona è infatti l’unico che riesce a vedere la vera bellezza di Inu-oh, del tutto ignaro delle sua terribile deformazione.

La stessa si intreccia profondamente con le storie che i due scelgono di portare sul palco, che permettono gradualmente ad Inu-oh di liberarsi della sua maledizione, riacquistando ad ogni canzone un aspetto più umano

…ad eccezione del volto.

L'ultima maschera di Inu-oh in una scena di Inu-oh (2021) di Masaaki Yuasa

Dal secondo atto sul palco si avvicendano una serie di maschere, da entrambe le parti: vissuto sempre coprirsi il volto, Inu-oh si nasconde ogni volta dietro ad una nuova faccia, fino ad arrivare allo svelamento del suo vero volto, quando però ormai questo è stato sanato dalla sua ultima canzone insieme a Tomona.

Lo stesso Tomona vive una ricerca dell’identità costante sia nell’aspetto che nel nome: il passaggio del tempo è infatti scandito, oltre che dalle maschere di Inu-oh, dal progressivo cambio di aspetto del protagonista, che passa da anonimo biwa a vestire sembianze più prettamente femminili.

Tomona nel finale di Inu-oh (2021) di Masaaki Yuasa

Ma ancora più significativo è il cambio del nome: rimasto senza una famiglia, si sottomette prima al nominativo che lo rende succube dello shogun, per poi scegliere nuovamente di cambiarlo, allontanandosi prima dagli spiriti della sua famiglia, e poi dal suo stesso amico da cui viene separato…

… riuscendo infine a ritrovarsi nel presente, a secoli di distanza, ritrovando l’aspetto primario che li aveva fatti legare, circondati dall’elemento che li aveva resi così affini:

la musica.