Invictus (2009) di Clint Eastwood è un film sportivo e un racconto storico legato ai primi passi da Presidente del Sudafrica di Nelson Mandela.
A fronte di un budget medio – 60 milioni di dollari – è stato nel complesso un discreto successo commerciale: 122 milioni in tutto il mondo.
Di cosa parla Invictus?
Da poco liberato di prigione e appena eletto Presidente, Mandela si trova a gestire una delicata situazione politica in maniera peculiare…
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Invictus?
In generale, sì.
Anche se forse non è fra i film più incisivi della carriera di Eastwood, Invictus è un’opera comunque di valore, in cui l’elemento sportivo non è mai esasperato, ma mantenuto nei limiti della credibilità, reso di fatto strumento per approfondire il progetto di Mandela.
In questo senso il difetto forse più evidente è la questione razziale, appena accennata e risolta fin troppo velocemente, scegliendo di offrire uno scenario fin troppo ottimistico e consolatorio, soprattutto nelle sue battute finali.
Ma, nel complesso, da vedere.
Divisione
L’incipit di Invictus è estremamente simbolico.
Se da una parte troviamo un gruppo di ragazzini neri che si divertono a giocare, che salutano con gioia il passaggio di Mandela, dall’altra una squadra di atleti rigorosamente bianchi che invece accoglie il passaggio del futuro presidente con un sincero disappunto.
E, nel mezzo, appunto, Mandela.
Il suo passaggio fra queste due realtà è emblematico per anticipare il suo progetto futuro di unione e di riappacificazione fra due popoli fino a quel momento profondamente divisi – per legge e per cultura – e che finalmente hanno la possibilità di vivere da pari.
Eppure l’ostacolo sembra incolmabile.
Simbolo
I Springbok non sono una semplice squadra di rugby…
…ma, piuttosto, un simbolo.
Agli occhi dei nativi sudafricani, infatti, il team rappresenta tutto quello che c’era prima, il doloroso ricordo dell’apartheid: non una squadra che sia il simbolo di tutto il paese, ma solamente del potere dominante.
Per questo, dovrebbe essere smantellato immediatamente, con anche un cambio di nome che rappresenti la trasformazione del paese stesso, e la nascita di una nuova realtà più inclusiva – anche se, forse, non davvero per tutti…
Ma Mandela non ci sta.
Vendetta
Proprio per il suo valore simbolico, per Mandela smantellare la squadra sarebbe contro la sua politica.
Infatti, il nuovo presidente non vuole comportarsi come gli stessi invasori che gli hanno tolto la libertà e la voce, vendicandosi direttamente verso una squadra che li rappresenta, così da schiacciarli a sua volta.
Un’impresa virtuosa, anche se…
Il clima politico di Invictus mi ha lasciato qualche perplessità: come anticipato, il discrimine razziale è appena accennato, si notano degli attriti non indifferenti, una divisione piuttosto netta fra due parti che si guardano con ostilità…
…ma forse manca una rappresentazione davvero credibile di quale era il clima di profondo odio, difficile da sradicare, che aveva portato alle leggi così dure e discriminanti dell’apartheid – una sostanziale continuazione della colonizzazione del paese.
Forse, per una scelta politica del regista?
Scoperta
La scelta di Mandela è apparentemente incomprensibile.
In particolare, la scoperta della storia del presidente da parte di Francois è il filo portante della trama, portando Invictus ad avere un taglio molto più politico che sportivo – tanto che, come detto, il rugby è più che altro una continuazione del progetto di Mandale.
In particolare, la visita alla cella è determinante.
La visione di quel piccolo spazio vitale, in cui Mandela non poteva neanche permettersi un vero letto dove stendersi, e la consapevolezza che comunque il suo presidente non ha mai voluto rivalersi sui suoi aguzzini, rappresenta l’epifania del protagonista.
Lo stesso sceglie proprio di chiudersi per un momento dentro la cella, e da quella rinascere come da un bozzolo per diventare l’esecutore materiale del sogno di Mandela, comprendendo finalmente il vero valore della vittoria del campionato per il suo paese.
Invincibile
Ancora di più, il progetto di Mandela è un’affermazione personale.
Proprio nello scegliere di non rivalersi sui suoi nemici, di non ribaltare la situazione politica a favore solamente della sua gente, il presidente si dimostra effettivamente come invincibile, inscalfibile dal clima vendicativo che lo circonda.
E questo proprio perché non è stato piegato dalla prigionia, ma è riuscito a portare abbastanza avanti il suo progetto tanto da potersi godere la visione della sua vera vittoria: un paese unito.