L’ora del lupo (1968) è un’opera minore della filmografia di Ingmar Bergman, in cui il regista svedese sperimenta con l’elemento fantastico e orrorifico.
A fronte di un budget sconosciuto – ma come sempre probabilmente piuttosto basso – incassò 250 mila dollari in tutto il mondo.
Di cosa parla L’ora del lupo?
Johan Borg è un pittore ossessionato dal suo passato. E il suo soggiorno in un’isola sperduta non migliora la situazione…
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere L’ora del lupo?
In generale, sì.
Non posso dire che L’ora del lupo sia uno dei titoli più memorabili della filmografia di Bergman: il regista sembra trovarsi in un momento di passaggio, in cui deve scegliere che taglio dare all’apparato simbolico che caratterizza ogni sua opera.
Tuttavia, il voler sperimentare in maniera così importante con il fantastico e il grottesco, rende questo film una classica opera del regista, ma mancante della brillantezza tematica e filosofica che caratterizzava le sue precedenti pellicole – in particolare, Il posto delle fragole (1957)
Eden
Il primo approccio all’isola è promettente.
Inizialmente infatti Johan sembra riuscire ad apprezzare l’atmosfera idilliaca e bucolica del luogo, come testimoniano i brevi quadretti in cui si intrattiene con la moglie, in scambi di affetto e dialoghi spensierati e sognanti.
Ma l’elemento fondamentale è proprio la pittura, lo strumento con cui il protagonista effettivamente esprime sé stesso e i propri sentimenti: sulle prime, le sue opere sono ispirate alla stessa moglie, Alma, proprio all’interno di quello che è ancora un piacevole eden.
Ma basta poco perché il sogno si spezzi.
Incubo
Già nel giro di poche scene il protagonista appare turbato e scostante, sempre più lontano da quella spensieratezza che l’aveva caratterizzato fino pochi momenti prima, angosciandosi via via sempre maggiormente con l’avvicinarsi delle tenebre.
Così, nella macabra oscurità, comincia a raccontare il suo conflitto interiore, rappresentato da creature deformi ed inspiegabili, dalle forme più strane e raccapriccianti, fra l’umano e il mostruoso.
E in questo modo si inizia anche a delineare l’incolmabile distanza fra il pittore e Alma, che a tratti appare turbata, a tratti prova a dare ascolto alle paranoie di Johan, nonostante queste rimangano per lo più incomprensibili…
Diario
Anche Alma è all’interno dell’incubo.
Su consiglio di uno dei tanti spettri che popolano l’isola – e la mente del marito – sceglie infine di provare a comprenderne i più profondi segreti, proprio andando a scavare nel luogo in cui più direttamente Johan si esprime.
Il diario.
E la memoria più bruciante riguarda Veronica Vogler.
In passato Johan era stato protagonista di uno scandalo di costume, che l’aveva portato negli anni ad essere non tanto ossessionato dalla donna in sé, ma dal suo ruolo nella vicenda, in quella realtà mondana così lontana dal luogo in cui ora si è rifugiato.
E proprio nel diario Alma trova anche il passaggio in cui Johan racconta di essere stato chiamato a far nuovamente parte di quel circolo di personaggi mostruosi, gli stessi che furono – e saranno anche poi – il pubblico di quel particolare episodio.
Fuggire
Fuggire è impossibile.
Nonostante la stessa Alma abbia espresso le sue inquietudini, Johan non riesce a distaccarsi da quella realtà, a cui viene nuovamente e in breve tempo invitato, a rappresentazione proprio del suo desiderio quasi inconscio di farne parte.
Il ritorno sui suoi passi è tanto più destabilizzante quanto segue allo svelamento di un altro segreto, ancora più raccapricciante: l’uccisione del bambino, apparentemente una figura innocente, in realtà un altro personaggio mostruoso del suo tormentato passato.
L’ultima sequenza nel castello è quella più strettamente teatrale.
Johan viene rivestito e riplasmato, come se dovesse prendere parte proprio ad uno spettacolo, uno spettacolo che lui stesso stava ossessivamente cercando, ma che lo rende anche inquieto, proprio per il taglio grottesco, surreale e quasi orrorifico dell’atmosfera che lo circonda.
In questo senso, è emblematico l’incontro con Veronica, prima morta, poi viva, poi mostruosa, che cerca di assalire il protagonista con un amore vorace, fino a renderlo deforme, ma ben adatto alla commedia dell’assurdo di cui ha scelto di far parte.
Colpevole
Alma si sente colpevole.
Nonostante fosse stata ferita e cacciata dal marito a colpi di pistola, ha scelto comunque di stargli accanto mentre riversava sconvolto le sue memorie nel diario, per poi inseguirlo nel bosco, ancora decisa a salvarlo.
E davanti all’impossibilità di scacciare i suoi demoni, davanti all’impossibilità di strapparlo da quell’incubo, comunque nel presente la donna si domanda pensierosa se la sua colpa fosse di non averlo amato abbastanza…