Moneyball (2011) di Bennett Miller, in Italia noto anche come L’arte di vincere, è un film sportivo che racconta la vera storia del GM Billy Beane.
A fronte di un budget abbastanza importante – 50 milioni di dollari – non è stato purtroppo un grande successo: appena 112 milioni di dollari in tutto il mondo.
Di cosa parla Moneyball?
Billy Beane è il General Manager di una squadra di eterni perdenti, gli Oakland Athletics. Ma forse una via alternativa è possibile…
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Moneyball?
Assolutamente sì.
Moneyball si pose come un’alternativa alla narrazione molto romantica del baseball e dello sport in genere, raccontando un dietro le quinte del settore molto più crudo e spietato, in cui i giocatori vengono scambiati come figurine da una squadra all’altra.
Fra l’altro, un’ottima occasione per vedere i primi tentativi di Brad Pitt di cominciare la sua seconda giovinezza artistica, evadendo i ruoli da sex symbol e scegliendo invece delle parti più drammatiche e riflessive, in cui dimostra le sue grandi capacità attoriali.
Insomma, da riscoprire.
Capolinea
All’inizio di Moneyball, la squadra sembra al capolinea.
Trovandosi un team sguarnito e le casse che piangono, Billy Beane comincia a percorrere le più classiche vie del recruiting, intavolando fin da subito dinamiche piuttosto calcolatrici che rappresentano il dietro le quinte del mondo sportivo.
La stessa via viene anche intrapresa dal suo team di consiglieri, che studiano le nuove promesse da portare in campo, ragionando con i soliti sistemi di intuito e di capacità di osservazione per valutare il valore e le potenzialità dei giocatori che hanno davanti.
Ma c’è un’altra via.
Scoperta
Quando sembra ormai essere arrivato alla fine della corsa, si aggiunge un giocatore in campo.
Basta un breve scambio con il giovane Peter Brand per scoprire un’altra, interessante faccia della questione: lasciare da parte intuito, fama e prezzi di mercato, e ridurre i potenziali giocatori a semplici dati su una tabella, da inserire in un sistema che ne valuti non tanto le capacità, ma le potenzialità dell’investimento.
Questo particolare sistema, in cui i giocatori sembrano dei cartellini ambulanti, viene testato immediatamente dal protagonista stesso, che vede confermata la convinzione che lo insegue da una vita: essere un mediocre giocatore di baseball che non avrebbe mai raggiunto il successo.
E allora è la svolta.
Sistema
Al fianco di Peter Brand, Billy mette in campo un sistema chirurgico.
Come il suo team gioca sul campo, così il protagonista gioca con loro nelle retrovie, mettendo in campo un sistema di offerte e di raggiri che assomiglia molto a giocare in borsa, ma in questo caso agendo su una complessa rete di amicizie e rapporti che finiscono per scontrarsi fra loro.
Di fatto Billy vive fuori dal campo – non volendo mai assistere alle partite per scaramanzia – e lontano dai suoi stessi giocatori, con cui parla in pochi momenti della pellicola – per reclutarli o per avvisarli che sono stati venduti ad un’altra squadra.
Appare così come un personaggio apatico, interessato solo al guadagno…
Consapevolezza
…ma, in realtà, la sua è solo paura.
La consapevolezza di non essere un bravo giocatore, e di poter quindi solo aspirare ad essere un recruiter, a vivere ai margini del campo, è stata una ferita talmente profonda da impedirgli di vivere in prima persona la realizzazione del suo progetto, proprio per il timore di fallire.
E così il vedere il suo progetto sgretolarsi davanti ai suoi occhi, vedere un incomprensibile fallimento della sua squadra nonostante il robusto streak di vittorie che ha segnato la storia del baseball, lo porta ad un crollo psicologico che si svolge nell’intimità del campo da baseball.
Ma, proprio come lo stesso Brand gli fa notare, il protagonista stava guardando dalla parte sbagliata: così sicuro del suo fallimento, Billy ha avuto occhi solamente per l’unica sconfitta, e non per la grande vittoria che ha ottenuto, non per quell’home run fenomenale che l’ha consacrato alla storia dello sport.
Eppure, comunque il protagonista non accetta la sua ricompensa…
…forse non sentendosi di meritarla davvero.