Polar Express (2004) è una delle opere più iconiche della filmografia di Robert Zemeckis – il primo dei due film natalizi che produrrà nel giro di pochi anni insieme a A Christmas Carol (2009).
A fronte di un budget piuttosto ingente per un prodotto animato – 150 milioni di dollari – ebbe un riscontro discreto al botteghino: appena 314 milioni di incasso.
Di cosa parla Polar Express?
Un bambino senza nome, proprio la sera della Vigilia, sembra non riuscire più a credere al Natale…
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Polar Express?
Assolutamente sì.
Il motivo per cui probabilmente Polar Express fu un discreto flop è che non è per nulla un film di Natale in senso classico, né un film propriamente per famiglie: le dinamiche sfiorano il surreale, le atmosfere sono più angoscianti che gioiose, e, sopratutto, la morale è molto atipica e non semplicissima da comprendere.
Infatti, Zemeckis sceglie di portare in scena una concezione del Natale che vada oltre il mero ambito materiale, raccontando degli insegnamenti piuttosto importanti e profondi sul vero significato che dovrebbe avere il periodo natalizio.
Insomma, una pellicola da riscoprire.
Il dubbio
I primi minuti di Polar Express sono quelli che forse meglio si adattano ad un pubblico infantile.
Infatti, l’incipit racconta dei dubbi del tutto legittimi e naturali che cominciano ad assalire i bambini quando si approcciano al passaggio all’adolescenza, ovvero il momento più tragico della crescita che rappresenta la fine del mondo dei sogni.
Tuttavia, il protagonista non sembra avere un atteggiamento disilluso e distruttivo, ma piuttosto speranzoso: sembra insomma che cerchi in ogni modo di riuscire a credere al Natale e alla narrativa che lo circonda.
Ma il Polar Express non arriva per convincerlo.
Il conducente del treno gli offre semplicemente la possibilità di salire sul treno e per questo riuscire a vedere con una nuova prospettiva il senso della festività. Tuttavia, non insiste più del dovuto: davanti all’incertezza del bambino, semplicemente, lo lascia a sé stesso.
E infatti è il protagonista che infine decide di accettare questa nuova avventura.
La tasca
Il viaggio in treno è funzionale al mettere alla prova il protagonista – e non solo lui.
Il bambino si immerge in un panorama particolarmente festoso, ma in cui riesce a fatica a prendere parte tanto che, paradossalmente, le scene iniziali di questa sequenza sono quelle più propriamente natalizie e adatte al target di riferimento – nello specifico, il numero musicale della cioccolata.
Al contrario, più sottili le dinamiche riguardo alla tasca bucata rappresentano l’atteggiamento del protagonista: nonostante il biglietto sia presente nella tasca sana, il bambino prima di tutto cerca nella tasca fallata.
Insomma, gli occhi del protagonista sono fissi verso il lato più inevitabilmente e irreparabilmente disilluso del suo animo, sempre alla ricerca di una prova materiale che c’è ancora qualcosa in cui credere.
Per questo, i suoi coprotagonisti sono fondamentali.
I due opposti
La ragazzina senza nome e Billy rappresentano due opposti.
La bambina, che fin da subito guarda il protagonista in maniera divertita e concitata, è l’unica che ha già compreso il vero valore del Natale – e che rappresenta la morale del film: non una semplice festa consumistica e materiale, ma un’occasione per essere migliori.
Non a caso, quando cerca di convincere Billy sulla bellezza delle festività, non cita mai i regali, ma piuttosto fa riferimento ai sentimenti positivi e alle atmosfere che rappresentano il periodo natalizio.
Invece, Billy è molto più simile al protagonista.
Il suo personaggio non è sicuro di voler salire sul Polar Express – e quindi di voler credere al Natale – perché, essendo evidentemente molto povero, si rende conto che il periodo natalizio è molto meno piacevole e festoso di quanto si racconti.
Anche se non viene detto esplicitamente, è evidente che con ogni probabilità il sentimento primario di Billy verso il Natale non sia la gioia, ma l’invidia, l’invidia di non poter veramente vivere il periodo con dolci e balocchi, così da sottolineare ancora di più le differenze fra lui e gli altri bambini.
Il biglietto fantasma
Le dinamiche legate al biglietto e all’arresto del treno sono emblematiche.
In entrambi i casi, il protagonista dimostra di custodire dentro di sé i sentimenti che dovrebbero essere propri del Natale: aiutare gli altri – fermando il treno per far salire Billy – e essere onesti e altruisti – cercando sbadatamente di dare alla bambina il suo biglietto smarrito.
Da questo momento, parte la sequenza più surreale della pellicola.
La bambina scompare misteriosamente con il capotreno, e il protagonista sceglie di seguirla per aiutarla, con un susseguirsi di scene che abbracciano più di tutte il taglio onirico e surreale della pellicola.
In particolare, per quanto riguarda il fantasma.
Si comprende a posteriori che quel fantasma è assimilabile ai tre spettri che visitano Scrooge in A Christmas Carol (1843), ed infatti è uno dei personaggi che mette più alla prova il protagonista, quasi sbeffeggiandolo.
Non a caso, il fantasma chiede al bambino se crede agli spettri – quindi a lui stesso – proprio a dimostrargli come la sua disillusione nei confronti del Natale sia orientata nel verso sbagliato: la sua adesione allo spirito natalizio è sotto i suoi occhi.
Il freddo Natale
Come per la maggior parte del film, la città del Natale è più lugubre che natalizia.
Infatti, i tre protagonisti incidentalmente entrano all’interno della fabbrica di Babbo Natale, e vedono da vicino le dinamiche del dietro le quinte, muovendosi in ambienti freddi e vuoti, spiando gli elfi che si comportano in maniera quasi maligna.
Questa esplorazione è guidata dalla bambina – l’unico personaggio che conosce davvero il senso del Natale – che riesce a sentire il suono delle campanelle, rappresentative appunto dell’essere effettivamente vicini allo spirito natalizio.
Il seguente arrivo di Babbo Natale è un momento genuinamente angosciante, in cui letteralmente il bambino non riesce a vederlo, nonostante questo sia davanti ai suoi occhi – e, allo stesso modo, non riesce a sentire la campanella, nonostante sia accanto al suo orecchio.
E qui avviene la svolta.
Il protagonista, dopo l’avventura rivelatoria che ha appena vissuto, si convince infine a riabbracciare lo spirito del Natale, al punto da chiedere a Babbo Natale proprio di poter portare con sé qualcosa che glielo confermi.
Per questo il finale è rivelatorio.
L’insegnamento immateriale
Ognuno dei protagonisti ha imparato qualcosa.
Anche se la bambina sembrava quella che avesse meno bisogno di apprendere qualcosa, comunque riceve infine un incoraggiamento da parte del capotreno: continuare a credere in sé stessa ed essere una guida per gli altri.
Più complesso è il senso dell’insegnamento di Billy: sul biglietto è scritto count on – fare affidamento: il bambino deve ricominciare a credere nel Natale e sulla buona volontà delle altre persone, smettendo di chiudersi in quella sconsolante disillusione.
Ma, sopratutto, si vuole insegnare a Billy – e agli altri bambini – quanto il Natale non sia solamente una festa materiale, basata sui regali che si riceve – e infatti il bambino deve essere capace di attendere il giusto tempo per aprire il suo regalo.
Ma l’insegnamento più importante è quello del protagonista.
Il bambino deve ricominciare a credere, ma non a credere semplicemente a Babbo Natale, ma piuttosto a saper mantenere nel suo animo gli insegnamenti che il Natale dovrebbe portare, indipendentemente dai suoi simboli più materiali.
Per questo la campanella gli viene ridata con una sorta di ammonimento, un feticcio da conservare per essere sicuro di saper ancora credere, a differenza proprio dei suoi genitori e di sua sorella: chi prima chi dopo, tutti loro smetteranno di sentire il suono della stessa.
In questo senso, è più che altro un insegnamento per gli adulti sul non limitare il senso del Natale all’ambito più materiale, e così di abbandonare in fretta il senso di meraviglia e di speranza che caratterizza l’infanzia, ma di mantenere quei sentimenti – e insegnamenti – per tutta la vita.