Wish (2023) di Chris Buck e Fawn Veerasunthorn rappresenta il punto di arrivo di un centenario disneyano piuttosto drammatico…
…non a caso si prospetta già l’ennesimo flop commerciale per la Disney: a fronte di un budget piuttosto consistente – 200 milioni di dollari – ad un mese dalla sua uscita ha incassato neanche 150 milioni di dollari…
Di cosa parla Wish?
Asha si prepara alla cerimonia in cui il sovrano, Re Magnifico, realizza un desiderio di uno dei suoi cittadini. E la protagonista vorrebbe davvero che il sogno di suo nonno, ormai centenario, fosse esaudito…
Vi lascio il trailer per farvi un’idea:
Vale la pena di vedere Wish?
Dipende.
Personalmente non considero Wish un film particolarmente meritevole, anzi: mi sono trovata davanti ad un disordinato incontro di diverse intenzioni, fra uno sguardo gettato al passato e ai suoi Classici, e l’intenzione evidente di realizzare qualcosa di più al passo coi tempi.
Ne risulta un prodotto piuttosto incolore, che cerca di rifarsi a dinamiche narrative del passato, ma senza portare nulla di significativo, anzi perdendosi in una metanarrativa e in un citazionismo a tratti veramente esasperante.
Insomma, niente di imperdibile.
Wish Disney Animazione
Ci tengo ad inserire questa piccola precisazione per avvertirvi fin da subito: l’animazione di questo film non è niente di significativo.
Anche se apparentemente la Disney sembrava – finalmente – pronta a muoversi verso la nuova tendenza della tecnica mista per l’animazione, il risultato non è niente di paragonabile – ma neanche lontanamente – a quei gioiellini di Il gatto con gli stivali 2 (2022) e Spider-Man: Across the Spider-Verse (2023).
Più che altro ci troviamo davanti ad un risultato che sembra un prodotto pensato per un semplice e banalissimo 3D, in cui è stata appiccata sopra una texture per farlo sembrare qualcos’altro…
Insomma, una discreta delusione.
La volta buona
L’ambientazione di Wish è una delle poche scelte vincenti del film.
Rosas è infatti storicamente piuttosto credibile, pur in un contesto fantastico come quello del film: una metropoli probabilmente tardo-antica, un incontro verosimile fra diverse culture – greca, latina, araba… – come poteva essere, per esempio, Alessandria d’Egitto.
Quindi è del tutto verosimile che, in un panorama del genere, vi sia la presenza di diverse etnie.
Purtroppo, i meriti si fermano qui.
Come già detto in precedenza, fra tutte le case di produzione, la linea puramente politica della Disney negli ultimi anni è quella che meno digerisco, proprio per il fatto che non vi è la minima traccia di genuinità sul lato dell’inclusività.
Così, anche in questo caso, la produzione sembra voler riempire delle caselle per poter accontentare tutti, con una varietà di figure veramente poco interessanti – nello specifico con l’inclusione di un personaggio disabile, inserito unicamente per far presenza.
Un debole incontro
La protagonista di Wish è un pasticciaccio.
Pur con qualche capitombolo lungo la strada, da Rapunzel (2010) in poi si può dire che la Disney abbia almeno tentato di portare in scena protagoniste femminili più tridimensionali ed estranee al concetto più classico di principessa.
Nel caso di Asha, ci troviamo in una drammatica via di mezzo: per molti versi il suo personaggio assomiglia a Rapunzel – e a tutte le principesse da lei derivate – quindi una ragazzina di buon cuore, un po’ sbadata e molto insicura di sé stessa…
…ma, al contempo, si cerca in tutti i modi di ricondurla al prototipo della principessa destinata ad un certo lieto fine – in questo caso dal valore discutibile – cercando anche di renderla più attiva, ma risultando comunque mancante di un effettivo arco evolutivo.
Infatti, il punto di arrivo della sua evoluzione è più che altro il riuscire a riunire la comunità sotto la sua figura di fata madrina ante-litteram, mancando però delle basi consistenti e convincenti in questo senso.
Diciamo che più che un punto di arrivo, sembra un punto d’inizio.
La banalizzazione involontaria
Magnifico è una terribile occasione persa.
Anche in questo caso le intenzioni sono simili a quelle di Asha, con un incontro fra presente – un villain non semplicemente cattivo, ma con un background consistente – e passato – un antagonista volutamente negativo e spaventoso.
Il problema è che Magnifico non è nessuna delle due cose, ma piuttosto un villain piuttosto basilare e poco interessante, con una motivazione veramente banale – la conquista del potere – ed un arco narrativo estremamente prevedibile.
In questo senso, si potevano prendere due strade.
Si sarebbe potuto esplorare maggiormente la sua psicologia, legata ad un concetto genuinamente interessante – il controllo dei desideri delle persone per poterle sottomettere – e non renderlo semplicemente un sovrano frustrato per l’ingratitudine dei suoi sudditi.
Allo stesso modo si poteva aggravare la sua malvagità, magari arricchendola di colpi di scena più consistenti: fra questi, sarebbe stato molto calzante scoprire che Magnifico fosse l’autore della morte del padre di Sasha, agendo magari con la complicità della moglie.
Un vero peccato.
Persi in sé stessi
Più che puntare sulla storia, sembra che Wish voglia semplicemente essere celebrativo della Disney.
Quindi si sottrae moltissimo alla scrittura di una storia originale ed interessante, preferendo invece abbondare fino alla nausea con riferimenti alla storia della casa di produzione, anche con inserimenti veramente fuori luogo.
Infatti, per quanto sarebbe stato interessante raccontare una sorta di origine del mondo Disney – in particolare molto carina l’idea di rendere Magnifico lo Specchio di Grimilde in Biancaneve e i sette nani (1937) – non pochi elementi non tornano.
Anzitutto il riferimento alla fata madrina riguardante Asha – concetto introdotto nel panorama favolistico ben oltre l’epoca in cui è probabilmente ambientata la storia e legato fortemente alle storie Disney…
…e, soprattutto, l’inserimento di Peter Pan e, indirettamente, di Mary Poppins (1964), due personaggi con storie veramente troppo lontane dal contesto raccontato in Wish, e il cui inserimento va a togliere senso ai loro stessi film.
Insomma, non si poteva pensare a qualcosa di più sottile ed elegante, invece che questa sbrodolatura fin troppo entusiastica?