Peacemaker (2022) è la serie sequel del poco fortunato film The Suicide Squad (2021), sempre nelle mani del brillante James Gunn. Proprio per il flop economico del film, probabilmente non ci si aspettava molto da questo prodotto. Invece il riscontro del pubblico è stato ottimo, portando in poco tempo ad un rinnovo per una seconda (e meritatissima) stagione.
Peacemaker è una serie ben realizzata, con una trama semplice ma funzionale, personaggio indovinati, un umorismo geniale ma mai ingombrante, oltre ad un ottimo comparto tecnico. Di fatto Gunn si conferma un eccellente autore e regista, anche capace di reinventarsi: probabilmente per non dover sottostare ad un rating castrante come era stato per The Suicide Squad, la violenza è molto più castigata e l’umorismo meno pesante. Non di meno è sempre una violenza abbastanza fortina e per nulla patinata come per la maggior parte delle serie di questo genere.
Al momento la serie non è arrivata in Italia e non si sa quando arriverà, ma probabilmente sarà trasmessa su Sky.
Di cosa parla Peacemaker
Chris Smith, anche conosciuto come Peacemaker, in ospedale dopo gli eventi di The Suicide Squad, viene nuovamente coinvolto in una missione governativa. Infatti, per evitare di tornare in galera, Peacemaker dovrà collaborare con la Squadra Speciale X, per il misterioso Project Butterfly.
Non aggiungo altro per evitare di spoilerare troppo e vi lascio al trailer.
Perché Peacemaker funziona
Anzitutto, io credo che James Gunn abbiamo imparato la lezione: per quanto non penso fosse quello il motivo principale dell’insuccesso della pellicola, il rating molto alto e la smisurata violenza di The Suicide Squad sicuramente ha allontanato una parte del pubblico. Io, come ho già spiegato, ho amato il film e vorrei che Gunn fosse libero di mettere tutti gli smembramenti che vuole, ma riconosco anche che, se avesse cominciato ad inanellare un flop dietro l’altro, sarebbe probabilmente stato escluso dalle future grosse produzioni. E per il genere sarebbe stata una perdita enorme. Quindi va bene così.
Il reale e il paradosso si incontrano
Il grande punto di forza di questa serie è il suo realismo: James Gunn porta in scena supereroi credibili ed umani, con problemi reali, che spesso vanno oltre al loro ruolo di eroi. Non sono divinità incorruttibili come i personaggi snyderiani, ma persone comuni che hanno scelto una strada diversa dagli altri, non per forza per via di capacità eccezionali. E il fatto che Gunn prediliga o personaggi senza poteri o personaggi con poteri assurdi rende il tutto, incredibilmente, ancora più credibile.
Gunn porta infatti sulla scena situazioni strane e paradossali, ma che in realtà appaiono estremamente realistiche e spogliate di quella narrazione idealizzante che molto spesso permea le narrazioni supereroistiche. La serie gioca molto con gli stereotipi del genere, ma al contempo cerca appunto di riportarle coi piedi per terra, spesso facendo uso di un umorismo parecchio riuscito e che rende la narrazione estremamente credibile nelle sue dinamiche.
L’insospettabile John Cena
Nella mia vita vorrei avere anche solo la metà della convinzione che ha John Cena in questo ruolo. L’ex-wrestler, divenuto per un certo periodo fenomeno della cultura pop all’inizio degli anni 2000, è riuscito splendidamente reinventarsi come attore, sotto l’ottima guida di Gunn, dopo essersi già fatto notare per Fast and furios 9 (2021). Il suo personaggio è stato in parte riscritto rispetto alla pellicola, cercando di renderlo più tridimensionale.
Peacemaker è infatti un eroe ridicolo, nel senso più positivo del termine: è ridicolo perché rappresenta un personaggio fragile, insicuro, fortemente ingenuo, che cerca di fare la cosa migliore secondo lui e spesso per i motivi più sbagliati possibili. È quindi un personaggio assolutamente fallibile e criticabile. E, per questo, una figura in cui possiamo immedesimarci.
La scena è abbastanza divorata da lui e da Vigilante, la sua spalla comica (e non solo), ma anche il resto del cast dà il meglio di sé, anche se talvolta indugia su una recitazione abbastanza stereotipata.
Una trama semplice ma vincente
La trama di per sé non andrebbe neanche esaltata in tempi normali: è piuttosto semplice, con una costruzione da manuale, anche se portata avanti in maniera molto sapiente. Tuttavia, davanti a praticamente tutte le serie della Marvel fatte di buchi di trama, puntate filler e vicende noiose ed inconcludenti, direi che è un aspetto che va riconosciuto.
In generale è una serie pensata per il rilascio settimanale, con costanti cliff-hanger che vengono un po’ depotenziati da una visione in binge watching.
L’inclusività fatta bene
Ormai da anni le case di produzione cercano di inseguire il pubblico sulla (giustissima) questione dell’inclusività. Purtroppo molto spesso si tratta di operazioni fatte con grande superficialità, solamente per non essere accusati di alcunché, includendo quelli che non sono altro che dei token, ovvero dei personaggi non bianchi, non uomini e non eterosessuali per fare presenza (ne abbiamo un esempio recente in The King’s Man).
In Peacemaker (come prima anche in The Suicide Squad) la questione è ben diversa. Anzitutto Gunn è solito mettere in scena moltissimo i corpi maschili, sessualizzandoli anche in maniera ridicola, piuttosto che quelli femminili. È il caso del protagonista della serie, che sia qui che nella pellicola è molto spesso spogliato.
Inoltre in una scena in particolare Gunn dà finalmente l’idea di ascoltare le donne, e non portare sulla scena, come spesso appunto succede, una rappresentazione assolutamente irrealistiche delle stesse. Dal momento che la scena in questione è interpretata dalla sua fidanzata, non escludo che sia stata lei stessa a portare avanti questa idea.
Oltre a questo, i personaggi non bianchi sono ben contestualizzati all’interno di una serie che non vuole portare la narrazione di una società idealistica e totalmente inclusiva come spesso accade, ma include anche le fasce più estreme (ma anche estremamente reali) della società americana, dando voce ai problemi reali ed alle situazioni reali in cui appunto le POC (People of color) si trovano a vivere quotidianamente.
Posso guardare Peacemaker senza aver visto The Suicide Squad?
In generale, sì: all’inizio viene fatto un piccolo recap del film. Però è veramente un peccato, perché vi spoilera i momenti salienti della pellicola e, se siete fan di Gunn, dovreste assolutamente recuperarla. Se avete ancora bisogno di essere convinti su Gunn e non ve ne importa nulla degli spoiler, allora guardatela.
La maggior parte dei personaggi erano presenti anche nel film, ma erano molto secondari, quindi in realtà la pellicola non aggiunge molto su di loro. Anche Peacemaker come personaggio si può cominciare a conoscere direttamente da questa serie. Le vicende fanno riferimento ad alcuni elementi della pellicola, ma in generale è una serie che si può guardare anche da sola.
Soft Gunn
Se non vi è piaciuto The Suicide squad, non è detto che questa serie non vi possa piacere. Dipende da quale sia il vostro problema con il film: se vi ha dato fastidio la violenza eccessiva e l’umorismo troppo pesante, in questo caso entrambi gli aspetti sono molto più castigati, soprattutto il primo.
C’è molta violenza e anche molto pesante, ma è molto meno ostentata e visibile in scena. Quindi se il vostro problema era quello e in generale apprezzate il Gunn col freno a mano tirato come in Guardiani della galassia, allora può piacervi anche questa serie.
Se invece non vi piace Gunn, né come tipo di umorismo né come tipo di scrittura e preferite un tipo di cinecomic più classico, più vicino a serie come la recente Hawkeye della Marvel, molto probabilmente non farà per voi.
In generale se la volete vedere e non avete visto The Suicide Squad vi consiglio di recuperarvi la pellicola nell’attesa che esca ufficialmente in Italia.